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22 aprile 2024
Agente penitenziario sottoposto a visita psichiatrica per valutare l’omosessualità: all’angolo il Ministero della Giustizia
Secondo il TAR Piemonte, la condotta del Ministero della Giustizia è idonea a cagionare un danno non patrimoniale risarcibile, sotto forma di sofferenza morale, in quanto veniva messa in discussione l'idoneità del dipendente allo svolgimento delle proprie mansioni in ragione di quello che si presumeva fosse il suo orientamento sessuale, veicolando l'idea per cui l'omosessualità potesse essere ritenuta un disturbo della personalità.
di La Redazione
Con ricorso dinanzi al TAR Piemonte, un agente della Polizia Penitenziaria chiedeva il risarcimento del danno non patrimoniale subito per la condotta dell'amministrazione consistita nell'averlo sottoposto, in relazione ad un procedimento disciplinare instaurato nei suoi confronti sulla base di dichiarazioni spontanee rese da 2 detenuti, relative a presunte avances a sfondo sessuale provenienti dall'agente, a controlli psichiatrici volti all'accertamento della propria omosessualità.
In particolare, il ricorrente precisa che, durante il procedimento disciplinare era stato sottoposto a domande “ambigue” circa il proprio orientamento sessuale ed erano stati disposti accertamenti psichiatrici finalizzati ad accertare la propria omosessualità.
Il procedimento disciplinare veniva archiviato per mancanza di prova dei fatti contestati.
La condotta con cui l'amministrazione aveva “messo alla gogna” il ricorrente, sottoponendolo a penetranti controlli psichiatrici, aveva determinato uno stato di sofferenza nell'agente, considerando anche la diffusione, all'interno dell'ambiente di lavoro, di informazioni relative alla propria vicenda personale.
Pertanto, sussistevano i presupposti per la condanna dell'amministrazione al risarcimento del danno non patrimoniale subito.
 
Il TAR Piemonte, con sentenza n. 353 del 9 aprile 2024, accoglie il ricorso dell'agente penitenziario e condanna il Ministero della Giustizia a pagare 10mila euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.
 
Per l'amministrazione la sottoposizione del ricorrente ai controlli psichiatrici erano finalizzati ad accertare l'idoneità al servizio dell'agente in ragione dello stato di ansia manifestato dal dipendente a seguito della contestazione dei fatti disciplinarmente rilevanti.
Secondo il TAR, invece, la condotta tenuta dall'amministrazione è illecita e foriera, per il ricorrente, di un danno non patrimoniale risarcibile.
Sotto il profilo dell'evento di danno, rileva la circostanza per cui l'amministrazione ha sottoposto il ricorrente ad un colloquio con il medico competente e, successivamente, ad un accertamento psichiatrico, al fine di fare chiarezza sulla “personalità” del dipendente in assenza di elementi concreti che consentissero di ritenere anche solo possibile che il ricorrente fosse affetto da un disturbo della personalità.
Ritiene il Tribunale che tale decisione sia arbitraria e priva di un valido supporto giuridico, oltreché tecnico-scientifico, atteso che l'amministrazione indebitamente ha operato una sovrapposizione tra l'orientamento sessuale del ricorrente e la necessità di “fare chiarezza sulla personalità” di quest'ultimo sul versante psichiatrico, operando un'illegittima inferenza tra la presunta omosessualità dell'agente e l'esistenza di un disturbo della personalità.
Una simile condotta è idonea ad arrecare una lesione non patrimoniale, sotto forma di danno c.d. morale
 

precisazione

In definitiva, il Tribunale ritiene che la circostanza di essere stato sottoposto ad accertamenti psichiatrici finalizzati a valutare l'idoneità al servizio in ragione della presunta omosessualità del ricorrente sia idonea a cagionare un danno non patrimoniale, sotto forma di sofferenza morale, in quanto veniva messa in dubbio l'idoneità del dipendente allo svolgimento delle proprie mansioni in ragione di quello che si presumeva fosse il suo orientamento sessuale, veicolando l'idea per cui l'omosessualità potesse essere ritenuta un disturbo della personalità.

Inoltre, precisa il TAR, in tale prospettiva, non è rilevante la circostanza dell'effettivo orientamento sessuale dell'agente, in quanto ciò a cui si ricollega l'esistenza del danno è la condotta consistita nell'aver attribuito al dipendente uno stato di salute (un disturbo della personalità) «tale da rendere necessario un accertamento psichiatrico, notoriamente connotato da un grado di “invasività” non trascurabile, in particolar modo nei casi in cui tale accertamento attenga ad una sfera strettamente personale quale quella dell'orientamento sessuale».
 
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