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20 novembre 2024
Illegittima la distinzione per genere dei posti a concorso per la qualifica di ispettore di polizia penitenziaria

Lo ha affermato la Corte costituzionale con la sentenza in commento.

di La Redazione

Con sentenza n. 181 del 19 novembre 2024, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 44, commi da 7 a 11, del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 95, dell'allegata Tabella 37 e della Tabella A, allegata al D.Lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, nella parte in cui distinguono secondo il genere, in dotazione organica, i posti da mettere a concorso nella qualifica di ispettore del Corpo di Polizia penitenziaria.

Secondo il Consiglio di Stato, tali disposizioni violano i principi di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3 Cost.) e, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., per il contrasto con il principio di parità di trattamento fra uomo e donna, sancito dal diritto dell'UE.
Nel dichiarare l'ammissibilità delle questioni sollevate, la Corte costituzionale ha ricordato che «Il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e le prescrizioni poste dal diritto dell'Unione europea convergono nel rendere effettiva la parità di trattamento, in una prospettiva armonica e complementare, che consente di cogliere appieno l'integrazione tra le garanzie sancite dalle diverse fonti».
La sentenza ha affermato che «il trattamento differenziato in base al genere nella dotazione organica del ruolo degli ispettori, che si associa alla netta preponderanza della presenza maschile», non trova una ragionevole giustificazione nelle peculiarità del ruolo degli ispettori e non persegue, dunque, un obiettivo legittimo. Tale ruolo, difatti, non ha nel «diretto e continuativo contatto con i detenuti» una sua «connotazione qualificante e indefettibile».

La disciplina censurata non solo non persegue un obiettivo legittimo, «legato all'esigenza di preservare la funzionalità e l'efficienza del Corpo di Polizia penitenziaria», ma si pone anche in contrasto «con il canone di proporzionalità, proprio per l'ampiezza del divario che genera».

Le discriminazioni nell'accesso al ruolo degli ispettori, pertanto, «vìolano il diritto delle donne di svolgere, a parità di requisiti di idoneità, un'attività conforme alle loro possibilità e alle loro scelte e di concorrere così al progresso della società» e, nel discostarsi da criteri meritocratici di selezione del personale, producono «effetti distorsivi che si ripercuotono sull'efficienza stessa dell'amministrazione».

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