Svolgimento del processo
1. Con ordinanza emessa in data 25 settembre 2023 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Busto Arsizio, quale giudice dell'esecuzione, ha rigettato l'opposizione proposta, ai sensi dell'art. 676 cod.proc.pen., dal procuratore della F spa avverso l'ordine di restituzione, in favore di PS di una autovettura "Replica (................) ", previa apposizione sulla carrozzeria stessa di una specifica dicitura attestante la sua natura di replica, a seguito dell'archiviazione del relativo procedimento penale, per insussistenza del fatto.
Secondo il giudice, il provvedimento impugnato ha applicato correttamente Il principio stabilito dalla sentenza della corte di cassazione n. 7940/2019 (rectius n. 7940/2020), che legittima la confisca ai sensi dell'art. 240, comma 2, cod.pen. nel caso di proscioglimento deciso per cause che non incidono sulla materialità del fatto, dal momento che, nel presente caso, il g.i.p. ha archiviato il procedimento affermando la non confondibilità dell'auto con un veicolo originale, e quindi per una causa che attiene alla materialità del fatto-reato.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso CD, nella qualità di procuratore speciale della spa X , per mezzo del difensore avv. (omissis), articolando due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge penale, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), cod.proc.pen., in relazione agli artt. 473e 474-bis cod.pen.
Il giudice dell'esecuzione ha ritenuto che l'archiviazione incida sulla sussistenza del fatto perché nel decreto di archiviazione si dice che la condotta non è idonea a creare confusione sulla riconoscibilità del produttore, ma erra in quanto il fatto di reato non coincide con la lesione del bene giuridico, cioè la confondibilità, ma con l'avvenuta contraffazione, trattandosi di reati di pericolo, come affermato dalla sentenza Cass. Sez. 5, n. 21640 del 02/03/2023. Pertanto l'archiviazione non ha riguardato la materialità del -fatto, mai posta in discussione, e deve essere disposta la confisca, con successiva distruzione, del bene in sequestro.
Il provvedimento erra anche nel concetto di "fede pubblica", stanti le pronunce della giurisprudenza di legittimità che ritengono sussistente il reato di cui all'art. 474, comma 2, cod.pen., e sussistente, quindi, la contraffazione, per il mero uso di forme e colori che possono indurre la confondibilità del prodotto con quello di altra impresa, anche contro le indicazioni dei marchi con cui venga, eventualmente, contrassegnato: è quindi irrilevante, per valutare la sussistenza di una contraffazione, il fatto che il p s abbia sempre presentato la propria autovettura come "replica", nel corso di eventi, gare, e al registro storico.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod.proc.pen., per la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione.
Il g.i.p. ha disposto la restituzione del veicolo affermando che esso non è idoneo a ingenerare confusione con un'autovettura originale X, ma ha ordinato di applicare sulla carrozzeria esterna una dicitura di "replica", al fine di scongiurarne il possibile uso in modo tale da pregiudicare la fede pubblica. È quindi evidente che il giudice ha ritenuto possibile la confondibilità del veicolo in caso di mancanza di tali, esplicite scritte poste all'esterno della carro2zeria. Pertanto, in realtà, secondo li giudice sussisteva la materialità del reato, e addirittura una concreta offesa alla fede pubblica, valutazione da cui consegue la confisca obbligatoria del corpo del reato.
3. Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.
4. L'originario indagato PS, quale avente diritto alla restituzione, ha depositato note d'udienza, redatte dal difensore avv. (omissis), con cui chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, perché l'istante chiede, in realtà, una diversa valutazione in merito alla sussistenza del reato e della contraffazione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato, e deve essere rigettato.
2. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente, apparentemente, contesta l'Interpretazione del provvedimento di archiviazione, negando che il motivo dell'archiviazione attenga alla materialità del fatto-reato, ma di fatto attacca la decisione stessa, sostenendo la sussistenza dei reati originariamente ascritti all'indagato. Nel ricorso si afferma, infatti, che il veicolo costruito dal PS costituisce una contraffazione dell'auto originale, prodotta dalla X spa, stante la oggettiva realizzazione di una copia di quest'ultima, e stante comunque la confondibilità tra i due veicoli.
Il decreto di archiviazione emesso dal giudice per le indagini preliminari in data 08 luglio 2022 non può, però, essere contestato in questa sede, né la decisione assunta può essere in alcun modo riveduta dal giudice dell'esecuzione.
Ogni valutazione circa la correttezza del provvedimento di restituzione del bene non può che fondarsi sul dato oggettivo della intervenuta archiviazione dell'accusa di violazione dell'art. 473 cod.pen. mossa nei confronti di PS, disposta con la motivazione «perché il fatto non sussiste», archiviazione che il giudice per le indagini preliminari ha deciso affermando che non sussiste alcuna condotta materiale di contraffazione perché «manca il requisito della confondibilità» tra i due prodotti, con conseguente esclusione anche della qualificabilità della condotta come violazione degli artt. 517-ter cod.pen. o 127, comma 1, d.lgs. n. 30/2005. La ragione dell'archiviazione è quindi esplicita, ed attiene in effetti alla materialità del fatto di reato, avendo il g.i.p. ritenuto insussistente una condotta materiale di contraffazione.
Questo motivo di ricorso, pertanto, è infondato e deve essere rigettato, avendo il giudice dell'esecuzione applicato correttamente il disposto degli artt. 474-bis cod.pen. e 517-ter cod.pen., come interpretati dalla giurisprudenza di legittimità che, nella sentenza Sez. 1, n. 7940 del 12/12/2019, dep. 2020, Rv. 278585, citata anche nell'ordinanza impugnata, ha stabilito che «In materia di delitto di fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, è legittima, in quanto obbligatoria ai sensi dell'art. 474-bis cod. pen., richiamato dall'art. 517-ter, comma terzo, cod. pen., la confisca dei beni oggetto di contraffazione o che, pur non essendo contraffatti, sono messi in commercio da un soggetto sprovvisto della legittimazione a distribuirli, disposta unitamente al decreto di archiviazione emesso per cause che non incidono sulla sussistenza del fatto e non interrompono il rapporto tra la cosa e il reato».
3. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
La motivazione dell'ordinanza impugnata non è contraddittoria, in quanto afferma con chiarezza che la confisca del veicolo prodotto dal PS , richiesta dalla società ricorrente, non può essere disposta a seguito della decisione di archiviazione, intervenuta per la insussistenza della condotta materiale di contraffazione o di usurpazione dei titoli di proprietà industriale, ritenuta dal g.i.p. perché l'autovettura realizzata non è «idonea a creare confusione sulla riconoscibilità del produttore».
La conferma del provvedimento adottato dal medesimo g.i.p. ai sensi dell'art. 85 disp. att. cod.proc.pen. non contraddice tale motivazione, perché quest'ultima non consiste in una valutazione circa la sussistenza o meno della condotta di contraffazione, ma in una valutazione circa il contenuto del decreto di archivia.dune, che è tale da Impedire la confisca del bene perché attiene alla sussistenza del fatto materiale di reato. L'adozione del provvedimento ai sensi dell'art. 85 disp. att. cod.proc.pen. può costituire, al più, una contraddizione rispetto all'affermazione, contenuta nel decreto di archiviazione, della non confondibilità dei due prodotti, ma la motivazione dell'archiviazione esposta dal giudice per le indagini preliminari non può essere contestata in questa sede, né può essere modificata dal giudice dell'esecuzione.
Peraltro l'ordinanza impugnata è corretta, e non contraddittoria, anche nella parte in cui conferma la prescrizione adottata ai sensi dell'art. 85 dlsp. att. cod.proc.pen., imponendo al PS, proprietario del veicolo replicante l'auto modello "(....................) ", di applicare sulla carrozzeria esterna, in corrispondenza dei marchi " X ", delle targhette contenenti l'esplicita dicitura della natura di replica prodotta dalla carrozzeria PS, analoghe a quelle già apposte all'interno del veicolo, sullo sportello del guidatore e nel vano motore. Il giudice dell'esecuzione ha giustificato tale prescrizione in quanto finalizzata a «scongiurare eventuali future condotte di utilizzo del suddetto bene», benché esso non sia di per sé confondibile con l'originale: in effetti, il veicolo prodotto da PS è destinato ad un pubblico specializzato, che verifica I dettagli e quindi, osservando l'interno dell'auto, nota con evidenza le differenze rispetto all'originale e legge anche le targhette ivi già apposte dal costruttore. Esso, però, venendo abitualmente esposto in occasione di manifestazioni e fiere nell'ambito del motorismo storico, come riportato nel decreto di archiviazione, può essere ammirato anche da un pubblico non esperto o che, potendo osservare il mezzo solo da lontano, potrebbe non rilevare con altrettanta evidenza la sua natura di mera replica di un’auto X originale. L'apposizione di targhette anche sulla carrozzeria esterna, in corrispondenza dei marchi " X ', è diretta ad evitare anche solo il generarsi di un dubbio sulla originalità del prodotto, e a scongiurare il pericolo di un uso illecito del veicolo, nonostante la sua non confondibilità con l'originale.
4. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve pertanto essere respinto, e la società ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.