Non importa che l'autovelox abbia superato il collaudo o che sia pienamente funzionante, in quanto detti controlli non hanno la stessa finalità della taratura. Pertanto, nel caso in cui la stessa risulti comunque omessa o non periodicamente effettuata, la sanzione ex art. 142 del D. Lgs. n. 285/1992 deve ritenersi illegittima.
Nel caso riportato nella sentenza n. 12314/2024, riguardante la violazione dell'art. 142, c. 8, c.d.s., la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del...
Svolgimento del processo
Con sentenza del 28.10.2020, il Tribunale di Roma ha rigettato l'appello proposto da SG avverso trentaquattro ordinanze ingiunzione emesse dal X nei confronti del Comune di X , in seguito al rigetto del ricorso amministrativo, per violazione dell'art.142, comma 8 del Codice della Strada.
La sentenza del Tribunale ha ritenuto la legittimazione passiva del Comune di X , ai sensi dell'art.6, comma 9 del D. Lgs 150/2011, ed ha rigettato le censure in ordine alla carenza di motivazione dell'ordinanza- ingiunzione ed al malfunzionamento dell'apparecchiatura rilevatrice della velocità.
Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso GS sulla base di quattro motivi.
Il Comune di X attività difensiva ed il X non hanno svolto attività difensiva
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, la ricorrente ha depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.6 e 7 del D. Lgs n.150 del 2011, dell'art.204 bis del D.L.GS 285/2002, dell'art.39 c.p.c. e 291 c.p.c., dell'art.11 del R.D. 30.10.1933, n.1611, degli artt.113 e 115 c.p.c.; la ricorrente premette che giudizi erano stati introdotti prima dell'entrata in vigore del D. Lgs n.150/2011 e che era applicabile l'art.39, comma 4 bis del Codice della Strada, che prevedeva la legittimazione passiva del X in via diretta e non a mezzo del delegato del Comune. Di conseguenza, sarebbe illegittima in grado d'appello la costituzione del Comune di X quale delegato del X Aggiunge che, secondo la giurisprudenza di legittimità, la notifica dell'atto d'appello andava effettuata presso l'Avvocatura dello Stato e non presso il Comune di X , sicchè il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare la nullità e disporre la rinotifica.
Il motivo è infondato.
Rileva il collegio che GS , in virtù dell'art.205 C. d.S. (nel testo temporalmente vigente, prima della sua sostituzione intervenuta con il D. Lgs 1.8.2011 n. 150, art.34, comma 6, lett. b), aveva proposto opposizione in via giurisdizionale avverso l'ordinanza ingiunzione emessa dal X , sulla scorta del rigetto del ricorso amministrativo formulato, ai sensi dell'art.203 C.d.S, nei confronti del presupposti verbali di accertamento elevati dalla Polizia locale del Comune di X
Nel giudizio di primo grado erano stati evocati in giudizio sia il Comune di X che il X , sebbene l'autorità amministrativa legittimata in via esclusiva a stare in giudizio fosse il X , come correttamente statuito dal Giudice di Pace che aveva dichiarato la carenza di legittimazione passiva del Comune di X
Infatti, secondo il pregresso condivisibile orientamento di questa Corte (ex multis Cass. n. 8344/2013), in tema di violazioni del Codice della Strada, nel giudizio di opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione prefettizia per infrazione accertata dalla polizia municipale, legittimata passiva, a norma della L. 24 novembre n.689, art.23 (ratione temporis ancora applicabile nella fattispecie) è unicamente l'autorità amministrativa che ha irrogato la sanzione, ovvero ilX con la conseguenza dell'inammissibilità dell'impugnazione proposta in tale giudizio dal Comune, per difetto di legittimazione dello stesso.
Di conseguenza, come risulta dallo stesso ricorso e dall'esame degli atti processuali, l'appello è stato correttamente notificato al X che ai sensi del citato art.39, comma 4 bis, ha delegato il Comune di X
La giurisprudenza di questa Corte ha, inoltre, precisato che, sussistendo la legittimazione passiva del X , è irrilevante la circostanza che il X si sia avvalso di funzionario o dipendente municipale al fine di costituirsi in giudizio (Cassazione civile sez. VI, 04/04/2013, n.8344; Sez. 2, 10 novembre 2009, n. 23819).
A tal fine si rileva che il D. L. 27 giugno 2003, n.151, art.4 , comma 1 octies, convertito, con modificazioni, dalla Legge 1 agosto 2003, n. 214 aveva introdotto l'art.205 C.d.S, comma 3, che prevedeva che "il prefetto, legittimato passivo nel giudizio di opposizione, può delegare la tutela giudiziaria all'amministrazione cui appartiene l'organo accertatore laddove questa sia anche destinataria dei proventi, secondo quanto stabilito dall'art. 208".
Tale comma è stato poi abrogato a far data dal 13 ottobre 2010 dalla L. 29 luglio 2010, art.39, comma 2, che però ha contestualmente introdotto l'art.204 bis C.d.S., comma 4 bis, che testualmente prevedeva: "La legittimazione passiva nel giudizio di cui al presente articolo spetta al prefetto, quando le violazioni opposte sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti dello Stato, nonchè da funzionari e agenti delle X , delle ferrovie e tranvie in concessione e dell'.X ; spetta a regioni, province e comuni, quando le violazioni sono state accertate da funzionari, ufficiali e agenti, rispettivamente, delle regioni, delle province e dei comuni o, comunque, quando i relativi proventi sono ad essi devoluti ai sensi dell'articolo 208. Il prefetto può essere rappresentato in giudizio da funzionari della prefettura-ufficio territoriale del Governo".
Ne consegue che correttamente è stata affermata la legittimazione passiva del Comune di X sulla base della legislazione vigente.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.203 e 204 del D.L.GS. del 30.4.1992, n. 285, in relazione alla L. N.241 del 1990, oltre all'erronea motivazione della sentenza ed alla violazione dell'art.113 c.p.c. perché la sentenza impugnata avrebbe erroneamente affermato che i vizi di motivazione dell'ordinanza ingiunzione non inficiavano la validità del provvedimento giurisdizionale.
Il motivo è infondato.
Il Tribunale ha fatto applicazione del consolidato principio di diritto in forza del quale in tema di opposizione ad ordinanza ingiunzione per l'irrogazione di sanzioni amministrative - emessa in esito al ricorso facoltativo al X ai sensi dell'art. 204 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, ovvero a conclusione del procedimento amministrativo ex art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 - i vizi di motivazione in ordine alle difese presentate dall'interessato in sede amministrativa non comportano la nullità del provvedimento in quanto il giudizio di opposizione non ha ad oggetto l'atto, ma il rapporto, con conseguente cognizione piena del giudice, che dovrà valutare le deduzioni difensive proposte in sede amministrativa, eventualmente non esaminate o non motivatamente respinte, se riproposte nei motivi di opposizione, decidendo su di esse con pienezza di poteri, sia che le stesse investano questioni di diritto che di fatto ( Cass. Sez. Unite n.1786 del 28.1.2010; conf. Cass. Civ., Sez. II, 21.5.2018, n.12503).
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art.2697 e.e., degli artt.113 c.p.c. e 115 c.p.c., per avere il Tribunale posto a carico dell'opponente l'onere di provare il malfunzionamento del dispositivo di rilevazione della velocità, senza tenere conto dell'esistenza di una serie di elementi, allegati dall'opponente, dai quali sarebbe stato agevole desumere, anche in via indiziaria o presuntiva, il cattivo funzionamento dell'apparecchio. In particolare, alcune fotografie riprodurrebbero l'autovelox disattivato ed ubicato in un tratto di strada non regolato dal limite di velocità, posto in una scatola sostenuta da un palo sul ciglio e priva di segnalazione. La ricorrente contesta, inoltre, che la taratura dell'autovelox risaliva al 2008 sebbene l'art.4 del D.M. 29.10.1997 preveda una verifica periodica annuale. In via indiziaria, sarebbe rilevante la circostanza che l'apparecchio autovelox era stato eliminato dal tratto di strada in cui era avvenuta la violazione e che le infrazioni contestate sarebbero state commesse nell'arco di pochi mesi nonostante la ricorrente percorresse quotidianamente quella strada da oltre due anni.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art.113 c.p.c., dell'art.221 c.p.c e dell'art.476 c.p., per avere la Corte d'appello ritenuto che per contestare il rilevamento dell'eccesso di velocità sulla base della verbalizzazione e dei rilievi delle apparecchiature autovelox dovesse farsi ricorso alla querela di falso.
I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono fondati.
Questa Corte, con una serie di decisioni, ha affermato che, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, del d. lgs. N. 285 del 1992 (Corte Cost. n. 113 del 2015), tutte le apparecchiature di misurazione della velocità devono essere sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura. In caso di contestazioni circa l'affidabilità dell'apparecchio, spetta all'Amministrazione fornire la prova positiva dell'iniziale omologazione e della successiva periodica taratura dello strumento, producendo sia le certificazioni di omologazione e conformità sia le certificazioni di taratura periodica, non potendosi fondare la prova dell'esecuzione delle verifiche sulla funzionalità ed affidabilità dell'apparecchio sulla mera attestazione contenuta nel verbale di contravvenzione, non rivestendo quest'ultimo fede privilegiata (Cass. civ., Sez. II Sent. 06/03/2023 n. 6579; Conforme Cass. Civ. Sez. VI - 2 - Ord.; 17/03/2022 n. 8694). Né è sufficiente il superamento del collaudo da parte delle apparecchiature di misurazione della velocità, nonché l'esito positivo delle verifiche di funzionalità effettuate sullo stesso poiché detti controlli non hanno la stessa finalità della taratura, di talché ove quest'ultima risulti comunque omessa o non periodicamente effettuata la sanzione ex art. 142 del d. lgs. N. 285 del 1992 deve ritenersi illegittima. ( Cass. Civ. Sez. II, 30/10/2023 n. 30126)
La sentenza impugnata non si è conformata ai citati principi di diritto perché, a fronte di precise allegazioni sul malfunzionamento del dispositivo rilevatore della velocità, ha affermato che era onere dell'opponente provare il difetto di costruzione, installazione o funzionalità, senza fornire la prova dell'avvenuta taratura nell'anno anteriore alle accertate violazioni.
La Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 113 del 2015, ha evidenziato la stretta correlazione che intercorre tra la previsione del D. Lgs n.285 del 1992, art.45 ed il successivo art. 142, che attribuisce alle risultanze delle rilevazioni della velocità tramite apparecchiature elettroniche il valore di piena prova delle violazioni.
Tale ultima disposizione realizza, invero, un corretto bilanciamento tra la tutela della sicurezza stradale assicurata anche dall'accertamento delle violazioni e dall'irrogazione delle sanzioni, e le situazioni soggettive dei soggetti sottoposti alle verifiche, i quali, in sede di opposizione al verbale di contestazione, sono, di norma, gravati della prova del cattivo funzionamento dell'apparecchiatura. Tale onere probatorio trova, tuttavia, fondamento nella presunzione fondata sull'affidabilità del mezzo tecnico impiegato, che consente di non ritenere pregiudicati oltre un limite ragionevole la certezza della rilevazione e dei sottesi rapporti giuridici e i diritti di difesa del soggetto sanzionato. Di conseguenza, le rilevazioni della velocità mediante apparecchiature elettroniche possono assumere efficacia probatoria privilegiata solo se ne sia attestato il corretto funzionamento e quindi anche la taratura ed il controllo periodico.
Nel caso di specie, a fronte di contestazioni specifiche in ordine al cattivo funzionamento del mezzo, il Tribunale ha onerato l'opponente della relativa prova senza verificare la corretta installazione e funzionalità dell'apparecchio e senza verificare se il certificato di taratura si riferisse all'anno antecedente alle contestate violazioni.
Il ricorso deve, pertanto, essere accolto.
La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Civitavecchia in persona di altro magistrato.
P.Q.M.
accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, innanzi al Tribunale di Civitavecchia in persona di altro magistrato.
Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato presso il Tribunale di Modica il 31 giugno 2010, PC proponeva tempestivo appello avverso la sentenza del Giudice di pace di X del n. 92/2010, con la quale era stata respinta la sua opposizione avverso il verbale di contestazione elevato nei suoi riguardi per la violazione di cui all'art. 142, comma 8, c.d.s. accertata in data 5 ottobre 2009 dalla Polizia municipale del Comune di X nel territorio di quel Comune mediante rilevazione a mezzo autovelox mod. X
Il Tribunale di Ragusa (al quale, nelle more, era stato accorpato quello di Modica), con sentenza n. 62/1019, respingeva l'appello, confermando la pronuncia impugnata, ritenendo che l'accertamento era stato legittimamente effettuato con il citato apparecchio autovelox di cui era stata riscontrata - con esito positivo - l'intervenuta sottoposizione alle prescritte verifiche periodiche e tarature come da attestazione del 14 marzo 2007, tale da renderlo, perciò, metrologicamente affidabile.
2. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione (illustrato da memoria in prossimità della pubblica udienza), affidato ad un unico motivo, la PC
L'intimato Comune di X non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Motivi della decisione
1. Con il formulato motivo la ricorrente ha denunciato - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. e dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., con riferimento all'art. 45, comma 6, c.d.s., come inciso dalla sentenza della Corte costituzionale n. 113/2005 e dall'art. 2 del D.M. n. 282 del 13 giugno 2017 del Infrastrutture e dei Trasporti.
A sostegno del motivo, la ricorrente ha dedotto l'erroneità della sentenza impugnata con la quale è stata ritenuta la legittimità del verbale di accertamento elevato a suo carico in relazione alla violazione prevista dall'art. 142, comma 8, c.d.s., commessa in data 5 ottobre 2009, con apparecchio autovelox sottoposto (come da documentazione depositata in atti dal Comune di X da cui dipendevano gli agenti accertatori) alle necessarie verifiche e tarature in data 14 marzo 2007, per come evincibile dall'attestazione di società accreditata preposta a tali operazioni.
La ricorrente ha osservato, al riguardo, che, poiché l'apparecchio autovelox utilizzato al momento dell'accertamento della violazione non risultava essere stato sottoposto a preventiva taratura annuale (risalendo quella precedente ad oltre due anni addietro, per quanto documentalmente riscontrato), come poi necessariamente implicato dalla sopravvenuta sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015 e previsto, in via attuativa dall'art. 2 del D.M. n. 282 del 13 giugno 2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, l'accertamento si sarebbe dovuto considerare illegittimo, con il conseguente annullamento del relativo verbale di contestazione.
Il motivo è fondato.
Osserva il collegio che: - come è risaputo, con la sentenza della Corte costituzionale n. 113/2015 è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 45, comma 6, c.d.s., nella parte in cui non prevedeva che tutte le apparecchiature impiegate nell'accertamento delle violazioni dei limiti di velocità fossero sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura; - con la citata previsione attuativa dell'art. 2 del D.M. n. 282 del 13 giugno 2017 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, è stata emanata la disposizione (avente natura prescrittiva\ secondo la quale "Tutti i decreti di approvazione del prototipo, ove non già previsto, devono intendersi modificati con l'aggiunta del seguente periodo: «Il presente dispositivo/sistema, per l'accertamento delle violazioni dei limiti massimi di velocità, deve essere sottoposto a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura con cadenza almeno annuale», da intendersi applicabile anche retroattivamente (proprio perché estende la prescrizione anche ai decreti di approvazione ove tale previsione non era contemplata), oltre a doversi considerare anche l'efficacia retroattiva propria delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale.
Quindi, nel caso di specie, l'accertamento si sarebbe dovuto considerare illegittimo (v., da ultimo, Cass. n. 30126/2023), con il conseguente annullamento del relativo verbale di contestazione, dal momento che l'apparecchio "autovelox" era stato sottoposto a verifica di funzionalità e taratura oltre due anni prima rispetto alla data di accertamento della violazione (peraltro, già precedentemente a quest'ultima data, l'art. 4 del decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Dipartimento per i Trasporti Terrestri, Direttore Generale Motorizzazione n. X del 16.05.2005 prevedeva la necessità di sottoporre gli autovelox del modello di quello utilizzato nel caso di specie alle verifiche periodiche di taratura con intervallo non superiore ad un anno).
Per effetto dell'accoglimento del ricorso la causa - non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto - può essere decisa nel merito, con l'annullamento del verbale di accertamento impugnato dall'odierna ricorrente.
Dovendosi provvedere a regolare le spese dell'intero giudizio, si ritiene che sussistano giuste ragioni - in relazione alla novità e controvertibilità della questione esaminata al momento dell'introduzione del giudizio - per disporne la compensazione in relazione a quelle del primo grado, nel mentre seguono la soccombenza (e vanno, quindi, poste a carico del Comune intimato), sia le spese del giudizio di appello (la cui sentenza è stata emessa nel 2019, allorquando la questione stessa era da intendersi - per quanto in precedenza evidenziato - già chiarita) che quelle del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo, con distrazione in favore del difensore antistatario della ricorrente, avv. AS
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il verbale di accertamento impugnato dalla ricorrente PM
Compensa tra le parti le spese del giudizio di primo grado.
Condanna il Comune diX al pagamento delle spese del giudizio di appello, che sì liquidano in complessivi euro 630,00, oltre accessori di legge, e del giudizio di cassazione, che si quantificano in euro 700,00, di cui euro 100,00 per esborsi, oltre contributo forfettario, iva e cpa, nella misura e sulle voci come per legge, con distrazione in favore del difensore della ricorrente, avv. AS