Trattasi nel caso di specie della registrazione di una conversazione intrattenuta con il medico di fiducia della società e di un'altra con il dirigente e un collega, all'insaputa degli interlocutori.
A seguito di ricostituzione ope iudicis del rapporto di lavoro, la società procedeva ad una nuova contestazione disciplinare verso il dipendente per avere utilizzato nel precedente giudizio due registrazioni audio effettuate in distinte occasioni (una conversazione con il medico di fiducia della società e l'altra con il dirigente e un collega) all'insaputa degli interlocutori. Su...
Svolgimento del processo
1. A.A., dipendente a tempo indeterminato di F. Italy Spa, con lettera del 10 aprile 2017 veniva licenziato per assenza ingiustificata dal lavoro. Il licenziamento era annullato in sede giudiziale con ordine di reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro. Ricostituito ope iudicis il rapporto di lavoro F. Italy Spa inviava, in data 12 giugno 2018, una nuova contestazione disciplinare con la quale addebitava al dipendente di avere, nel giudizio relativo al primo licenziamento, utilizzato due registrazioni audio effettuate il giorno 12 dicembre 2017, relative la prima ad una conversazione intrattenuta nel corso di una visita di controllo con il medico di fiducia della società e la seconda ad una conversazione con un dirigente ed un collega; entrambe le registrazioni erano state effettuate all'insaputa degli interlocutori; sulla base di tale addebito la società procedeva al licenziamento del dipendente con lettera del 22 giugno 2018;
2. proposto ricorso dal A.A. ex lege n. 92/2012 il giudice della fase sommaria respingeva la impugnazione con ordinanza revocata dal giudice dell'opposizione il quale, rilevata la tardività della contestazione e ritenute legittime le registrazioni in quanto effettuate, come consentito, a fini difensivi, dichiarava la illegittimità del licenziamento e condannava F. Italy Spa alla reintegra del dipendente nel posto di lavoro ed al pagamento della indennità risarcitoria, commisurata alla retribuzione globale di fatto dal licenziamento, nei limiti di dodici mensilità, ed al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali, oltre accessori;
3. la Corte di appello di Roma, in accoglimento del primo motivo del reclamo (principale) della società, assorbito il reclamo incidentale del lavoratore, ha dichiarato risolto il rapporto tra le parti alla data del 22 giugno 2018 e condannato la datrice di lavoro a corrispondere al A.A. un'indennità risarcitoria in misura pari a diciotto mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, oltre accessori;
3.1. la statuizione di parziale riforma della sentenza di primo grado è stata motivata con la valutazione di illegittimità delle registrazioni in quanto effettuate quando non erano ancora insorte esigenze difensive che le potessero giustificare ed in quanto prive, comunque, di sostanziale pertinenza rispetto alla tesi difensiva sviluppata dal lavoratore la quale sul punto era risultata essere del tutto contradditoria; la illegittimità del fatto escludeva pertanto la applicabilità della tutela reintegratoria residuando, a fronte della conferma della valutazione di tardività del recesso datoriale, l'applicabilità della sola tutela indennitaria c.d. forte, ferma la risoluzione del rapporto di lavoro;
4. per la cassazione della decisione ha proposto ricorso F. Italy Spa sulla base di due motivi illustrati con memoria; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso;
Motivi della decisione
1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c., violazione dell'art. 7 L. n. 300/1970, dell'art. 2106 c.c. e dei relativi principi di diritto, censurando la sentenza impugnata in relazione alla conferma della valutazione di tardività della contestazione. Le censure investono sia la circostanza che la conoscenza delle registrazioni da parte della società era avvenuta nel dicembre 2017, in coincidenza con la notifica alla stessa del ricorso di primo grado relativo al primo licenziamento, ricorso al quale erano allegate le registrazioni in questione, sia la circostanza che la Corte di merito non aveva espressamente riconosciuto
alcun pregiudizio derivato al lavoratore dalla pretesa tardività della contestazione. In relazione al primo profilo parte ricorrente evidenzia che il fatto che all'epoca il A.A. non fosse più dipendente della società non consentiva l'esercizio nei confronti del suddetto di alcuna delle prerogative disciplinari di cui all'art. 7 St. lav. e all'art. 2106 c.c., che individua nella violazione delle disposizioni concernenti gli obblighi di diligenza e fedeltà i comportamenti da cui può discendere l'applicazione di sanzioni disciplinari; in relazione al secondo profilo, parte ricorrente evidenzia che la contestazione era stata riconosciuta tardiva pur in difetto del ricorrere in concreto delle finalità alle quali era funzionalizzata l'esigenza di tempestiva contestazione, riconducibili, in sintesi, all'evitare il pregiudizio alle esigenze difensive del lavoratore connesso al decorso del tempo ed all' evitare il protrarsi di incertezze sulla sorte del rapporto di lavoro;
2. con il secondo motivo deduce ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 18 comma 4 l. n. 300/1970, degli artt. 1175 e 1375 c.c. e dei relativi principi di diritto, censurando la sentenza impugnata in punto di conseguenze connesse all'accertamento del vizio riscontrato, rappresentate dall'applicazione della tutela indennitaria cd. forte scaturente dalla configurazione in senso sostanziale e non meramente procedurale del vizio riscontrato;
3. il primo motivo di ricorso è infondato alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale il licenziamento illegittimo non è idoneo a risolvere il rapporto ma determina una sospensione della prestazione dedotta nel sinallagma, a causa del rifiuto del datore di ricevere la stessa, e non esclude che il datore di lavoro possa rinnovare il licenziamento, in base ai medesimi o a diversi motivi del precedente (Cass. n. 19089/2018, Cass. n. 1244/2011, Cass. n. 6055/2008); da tanto consegue che stante la giuridica persistenza del rapporto di lavoro alcun ostacolo era configurabile in ordine alla possibilità per la società di procedere "senza ritardo", come prescritto dall'art. 7 St. lav., alla contestazione dell'addebito una volta venuta a conoscenza dello stesso in coincidenza temporale con la notifica del ricorso relativo al licenziamento in precedenza intimato; le ulteriori censure sviluppate dal ricorrente, intese a contestare nel merito la valutazione di tardività della contestazione, sono inammissibili alla luce dell'affermazione di questa Corte secondo la quale in tema di licenziamento disciplinare, l'immediatezza della contestazione va intesa in senso relativo, dovendosi dare conto delle ragioni che possono cagionare il ritardo (quali il tempo necessario per l'accertamento dei fatti o la complessità della struttura organizzativa dell'impresa), con valutazione riservata al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se sorretta da motivazione adeguata e priva di vizi logici (cfr. tra le altre, Cass. n. 16841/2018, Cass. n. 281/2016, Cass. n. 20719/2013); nello specifico le argomentazioni che sorreggono la valutazione di tardività della contestazione appaiono senz'altro congrue ed adeguate facendo riferimento al momento in cui la parte datoriale aveva avuto conoscenza del fatto disciplinare nei suoi essenziali contenuti di tempo e di luogo e di riferibilità al A.A., conoscenza rispetto alla quale il differimento dell'incolpazione risultava del tutto privo di giustificazione;
4. il secondo motivo di ricorso è infondato. La Corte distrettuale, nello statuire sugli effetti del licenziamento viziato da contestazione tardiva, ha mostrato di condividere il principio enunciato da Cass. Sez. Un. n. 30985/2017 che attribuisce natura sostanziale al vizio in questione in quanto derivante dalla violazione dei principi di correttezza e buona fede, in tal senso qualificandosi come attenente al momento funzionale e non genetico del rapporto di lavoro;
4.1. alla luce dell'arresto delle sezioni unite, seguito da giurisprudenza conforme (v., tra le altre, Cass. n. 12231/2018), non è revocabile in dubbio la natura sostanziale della violazione in oggetto, implicante l'applicazione della tutela indennitaria cd. forte nella misura prevista dal comma 5 dello stesso art. 18, nel testo modificato dalla L. n. 92/2012, laddove l'applicazione della tutela indennitaria cd. debole di cui al comma 6 dell'art. 18 cit. deve ritenersi relegata, in base alla condivisibile giurisprudenza di questa Corte, all'ipotesi di violazione di natura procedurale, cioè di contestazione avvenuta oltre i termini previsti dalla legge o dal contratto collettivo;
5. al rigetto del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna della parte ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma quater D.P.R. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.