
Tale regola vale anche nell'ipotesi in cui la richiesta di correzione venga respinta. Sono invece esperibili i mezzi di impugnazione previsti dall'art. 98 l. fall., contro il decreto di esecutività dello stato passivo risultante dalla correzione entro il termine di 30 giorni dalla data di comunicazione dell'ordinanza di correzione o, nel caso di mancata sua notificazione, entro il termine lungo di cui all'art. 327 c.p.c..
Una srl chiedeva al giudice delegato del fallimento di una spa la correzione dell'errore materiale contenuto nel decreto di esecutività dello stato passivo, sostenendo che tale errore sarebbe consistito nel fatto che il credito era stato indicato per un ammontare inferiore a quello effettivamente ammesso, perché non comprensivo...
Svolgimento del processo
1. M. chiedeva al G.D. del fallimento di G. s.p.a. in liquidazione la correzione dell’errore materiale a suo dire contenuto nel decreto di esecutività dello stato passivo, nel quale la sua domanda di ammissione per € 549.897,81 oltre interessi ex d. lgs. n. 231/02 era stata accolta per € 549.897,81, “come richiesto”, con ulteriore specificazione da parte del G.D. che l’importo “deve ritenersi comprensivo degli interessi sulla somma ammessa, come richiesti”.
L’errore sarebbe consistito nel fatto che il credito era stato indicato per un ammontare inferiore a quello effettivamente ammesso, perché non comprensivo degli interessi riconosciuti.
2. Il G.D. escludeva che ricorresse l’errore materiale supposto dall’istante, risultando inequivoca l’ammissione dell’importo di € 549.897,81 già comprensivo degli interessi.
Ravvisava invece l’errore nella proposizione “come richiesti” riferita, per l’appunto, agli interessi e disponeva la correzione ordinando l’eliminazione di tali parole dal decreto di esecutività dello stato passivo riguardante M. s.r.l..
2. Il reclamo proposto dalla società contro il provvedimento è stato respinto dal Tribunale di Lodi, il quale, premesso che M. aveva chiesto, previa revoca della statuizione impugnata, “la correzione del progetto di riparto parziale con conseguente indicazione del proprio credito nella misura di complessivi € 775.795,08”, ha osservato che tale progetto, debitamente comunicato alla reclamante l’11 aprile 2016, era stato dichiarato esecutivo il successivo 9 maggio, una volta decorso, in assenza di reclami, il termine perentorio di quindici giorni previsto dall’art. 110 l. fall. e non poteva pertanto più essere modificato.
3. M. s.r.l. ha proposto ricorso per la cassazione di questo decreto, pubblicato in data 29 settembre 2016, prospettando due motivi di doglianza, ai quali hanno resistito con controricorso il fallimento di G. s.p.a. in liquidazione e A. s.r.l., creditore ammesso al riparto.
La ricorrente e i controricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..
Gli altri creditori ammessi non hanno svolto difese.
Motivi della decisione
1. Con il primo mezzo, che denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., M. lamenta che il tribunale abbia pronunciato su una domanda, di modifica del progetto di riparto parziale depositato dal curatore, da essa mai proposta e non abbia invece pronunciato sui motivi di reclamo avanzati contro il provvedimento del G.D. di rigetto dell’istanza di correzione dell’errore materiale.
2. Col secondo mezzo, che denuncia la violazione dell’art. 98 u. comma l. fall, la ricorrente lamenta che il tribunale l’abbia ritenuta decaduta dal reclamo per l’intervenuto decorso di un termine che non si applica all’istanza di correzione di errore materiale e non abbia pertanto provveduto sulla stessa.
3. Il ricorso va dichiarato inammissibile, anche se, ai sensi dell’art. 384 u. comma c.p.c., va corretta la motivazione che sorregge il provvedimento impugnato.
4. La stessa società ricorrente ha ricordato che il provvedimento assunto al termine delle operazioni di verifica dello stato passivo disponeva l’ammissione dell’ “importo di euro 549.897,81, categoria chirografari, come richiesto. Il Giudice Delegato precisa che lo stesso deve intendersi comprensivo degli interessi sulla somma ammessa, come richiesti”.
4.1. M. non ha proposto opposizione ex artt. 98 e 99 l. fall. contro questa statuizione, ma si è limitata a depositare un’istanza di correzione di errore materiale, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 98 l. fall, che non è stata accolta dal G.D. (il quale, invece, di sua iniziativa ha disposto la correzione di un diverso errore materiale, eliminando le parole “come richiesti”).
4.2. Il procedimento di correzione previsto dall’art. 98, ultimo comma, l. fall., secondo il quale “gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudice delegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata” deve essere reso coerente con la disciplina generale prevista dall’art. 288 cod. proc. civ.
4.3. Ebbene, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’ordinanza resa sull’istanza di correzione di errore materiale ai sensi dell’art. 288, 2° comma, cod. proc. civ., anche nell’ipotesi in cui rigetti la richiesta, non è impugnabile neppure col ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost., in quanto costituente mera determinazione di natura amministrativa, che non incide sui diritti sostanziali e processuali delle parti, ma è solo funzionale all'eventuale eliminazione di errori di redazione del documento (un tempo cartaceo, ora digitale) che non può in alcun modo toccare il contenuto concettuale della decisione (Cass. 5733/2019, Cass. 16205/2013, Cass. 5950/2007).
4.4. Nel caso di rigetto, peraltro, l’istanza è reiterabile, proprio perché il provvedimento non comporta esercizio, né consumazione di una potestas iudicandi.
4.5. Resta invece impugnabile, con lo specifico mezzo di volta in volta previsto dalla legge, la pronuncia corretta (Cass. 20309/2019, Cass. 5733/2019, Cass. 16205/2013), con la precisazione che il termine per l’impugnazione decorrerà dalla data di notificazione della relativa ordinanza, ex art. 288 u. comma cod. proc. civ., solo se l’errore corretto sia tale da ingenerare un obiettivo dubbio sulla portata effettiva della decisione o quando, attraverso il procedimento di cui alla norma in esame, sia stato in realtà modificato il giudicato e la correzione sia stata inammissibilmente utilizzata per incidere su errori di giudizio (Cass. 19959/2023, Cass. 20996/2019, Cass. 22185/2014).
4.5. I medesimi principi vanno applicati al procedimento disciplinato dall’art. 98 u. comma l. fall.
4.5.1. Va pertanto esclusa l’impugnabilità col reclamo ex art. 26 l. fall. del decreto di correzione degli errori materiali contenuti nello stato passivo reso ai sensi dell’art. 98, ultimo comma, l. fall., anche nell’ipotesi in cui la richiesta di correzione venga respinta.
4.5.2. Contro il decreto di esecutività dello stato passivo risultante dalla correzione sono invece esperibili, dai soggetti legittimati, i mezzi di impugnazione previsti dall’art. 98 l. fall., entro il termine di 30 giorni dalla data di comunicazione dell’ordinanza di correzione o, nel caso di mancata sua notificazione, entro il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ.. Ciò, beninteso, sempre che l’errore corretto sia stato tale da ingenerare un obiettivo dubbio sulla portata effettiva della decisione o quando, attraverso il procedimento di cui alla norma in esame, sia stato in realtà violato il giudicato endofallimentare ormai formatosi, e non quando si tratti di meri refusi chiaramente percepibili dal contesto della decisione, perché in tal caso i termini di impugnazione continueranno a decorrere dalla data di comunicazione del decreto, anche se non ancora emendato.
4.6 Dalle considerazioni sin qui svolte discende l’inammissibilità del ricorso proposto da M..
4.6.1. Ricorrevano infatti nella specie due sole possibili alternative: o il decreto del G.D. era un provvedimento di mero diniego della correzione, in quanto tale non impugnabile, oppure, come sembra aver ritenuto l’ odierna ricorrente, costituiva un provvedimento interpretativo/modificativo dello stato passivo (o quantomeno chiarificatore dei dubbi ingenerati dal decreto emesso ai sensi dell’art. 96 l. fall.), che avrebbe perciò dovuto essere impugnato non già col reclamo, ma col mezzo di impugnazione proprio, costituito dall’opposizione ex art. 98 l. fall.
4.6.2. Nella prima ipotesi il ricorso risulterebbe dunque inammissibile per difetto di interesse di M. a dolersi dell’erroneità della decisione, stante la non impugnabilità, tantomeno con ricorso per cassazione, di un provvedimento di mero diniego dell’istanza di correzione richiesta; nella seconda, invece, spetterebbe comunque a questa Corte il potere/dovere di rilevare d’ufficio, in luogo del tribunale, l’inammissibilità del mezzo di impugnazione del provvedimento del G.D. prescelto dall’odierna ricorrente.
5. La novità della questione trattata (in ordine alla disciplina delle impugnazioni della correzione degli errori materiali contenuti nello stato passivo) giustifica, a mente dell’art. 92, comma 2, cod. proc. civ., l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità fra la ricorrente e le parti controricorrenti.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e compensa integralmente le spese processuali fra tutte le parti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, ove dovuto.