
Svolgimento del processo
1. – Dagli atti di causa risulta quanto segue.
In data 24.11.2014 i fratelli D., A. e F. B. acquistavano alcune porzioni immobiliari da A. s.a.s. di B. A. & C. (di seguito A.).
Gli immobili erano gravati da ipoteca giudiziale, a garanzia di un mutuo concesso dalla Cassa di Risparmio di C. (di seguito Banca) alla società venditrice, che si impegnava ad estinguerlo (concedendo in garanzia agli acquirenti ipoteca su altro immobile di sua proprietà), fatta salva la possibilità per gli stessi acquirenti di procedervi, con diritto al rimborso degli importi versati, salvo eventuale compensazione con il prezzo dovuto alla venditrice.
1.1. – Intervenuto il fallimento di A. in data 24.9.2019, i B. presentavano domanda tempestiva di ammissione al passivo, in via chirografaria, per le rate del mutuo da essi rispettivamente pagate (A. B. € 23.843,41, F. B. € 18.846,71 e D. B. € 37.866,09).
Le domande venivano accolte e lo stato passivo, non opposto, veniva dichiarato esecutivo in data 8.11.2019.
1.2. – Nelle more, in forza dell’atto di espromissione ex art. 1272 c.c. del 26.9.2019 stipulato con la Banca, i B. subentravano nel mutuo originario, con liberazione della venditrice, e poi, in data 23.1.2020, provvedevano a rinegoziare il mutuo (quanto a tassi di interesse, scadenze e importi delle rate).
Quindi, in data 14/18.2.2020 ciascuno dei fratelli B. rinunciava alla domanda tempestiva – con conseguente rettifica dello stato passivo da parte del giudice delegato, in pari data – per poi depositare, in data 18.2.2020, una (prima) domanda tardiva di ammissione al passivo, stavolta in via privilegiata ipotecaria, fondata sulla stessa causa petendi (pagamento delle rate del mutuo), ma per importi maggiori, in quanto comprendenti le rate nel frattempo versate e da versare fino ad estinzione del mutuo.
In particolare, la richiesta di ammissione al passivo era pari: per A. B. ad € 79.069,09, per F. B. ad € 79.480,01 e per D. B. ad € 129.702,24 – somme contenenti una quota di credito condizionato, in quanto relativo alle rate future cda corrispondere sino all'estinzione del mutuo – nonché, in via subordinata, rispettivamente, ad € 25.018,49, € 20.429,41 ed € 39.822,07 corrispondenti alle rate del mutuo sino a quel momento effettivamente corrisposte.
1.3. – Con provvedimento del 13.7.2020 il giudice delegato dichiarava inammissibili queste (prime) domande tardive, per violazione del principio del ne bis in idem.
1.4. – Il provvedimento veniva opposto dai B., ai sensi dell’art. 98 l.fall., con tre distinti ricorsi del 3.8.2020 poi riuniti (RG n. 2174/20) nei quali rivendicavano il diritto a formulare domanda tardiva previa rinuncia a quella tempestiva, e la diversità del credito rispetto a quello oggetto della domanda tempestiva.
Con provvedimento dell’1.6.2021, il Tribunale di Ravenna ha rigettato l’opposizione, e avverso detto decreto i B. hanno proposto il ricorso per cassazione iscritto al n. 18450/2021 RG.
1.4. – Frattanto, in data 6.11.2020 i B. presentavano ulteriori (seconde) domande tardive, aventi ad oggetto le rate del mutuo pagate da febbraio 2020 ad ottobre 2020, in adempimento dell'accordo di espromissione, successivamente al deposito delle prime domande tardive (€ 6.134,31 D. B. ed € 1.537,53 ciascuno A. e F. B.), sempre con privilegio ipotecario, per l'eventualità che il credito condizionato di cui alle precedenti domande tardive non venisse ammesso.
1.5. – Con provvedimento dell’11.12.2020 il giudice delegato dichiarava inammissibili anche queste (seconde) domande tardive, in quanto aventi ad oggetto somme già richieste con quelle precedenti, a loro volta dichiarate inammissibili, sempre per violazione del principio del ne bis in idem.
1.6. – Anche questo decreto veniva opposto dai B., ai sensi dell’art. 98 l.fall., con ricorso del 14.1.2021 (RG n. 88/21), nel quale essi: invocavano il principio generale della riproponibilità della domanda rinunciata, ai sensi dell'art. 310 c.p.c. e dell'art. 96, comma 1, l.fall.; deducevano, sotto il profilo del giudicato endo- fallimentare, il loro difetto di interesse ex art. 100 c.p.c. ad impugnare un provvedimento ad essi totalmente favorevole, quale quello di ammissione al passivo del credito insinuato; rappresentavano la distinzione tra effetti del giudicato endoconcorsuale e principio del ne bis in idem; contestavano che i crediti insinuati con le prime domande tardive fossero identici a quelli richiesti con le seconde domande tardive.
Con decreto emesso sempre in data 1.6.2021 e recante le stesse motivazioni del precedente, il Tribunale di Ravenna ha rigettato anche questa seconda opposizione, e avverso di esso i B. hanno proposto il ricorso per cassazione iscritto al n. 18446/2021 RG.
1.7. – Nei decreti impugnati, di identico tenore, si afferma:
A) con riferimento ai crediti insinuati in via chirografaria con le domande tempestive e nuovamente insinuati in via privilegiata con le prime domande tardive: i) nonostante la rinuncia, l’inammissibilità deriva dalla violazione del principio del ne bis in idem, essendosi formato il giudicato endo-fallimentare sull’ammissione dei crediti nello stato passivo delle domande tempestive; ii) per poter essere insinuato tardivamente, il credito deve essere diverso da quello già fatto valere in base ai criteri del petitum e della causa petendi; iii) l'ammissione al passivo in via definitiva di un credito al rango chirografario preclude l’ulteriore richiesta di una sua diversa collocazione.
B) con riferimento ai crediti maturati successivamente alle prime domande tardive: i) vale sempre il principio del ne bis in idem, trattandosi di credito che trova fondamento nella stessa causa petendi sottesa al credito ammesso in via definitiva tempestivamente; ii) inoltre, l'accordo del 24.11.2014 intercorso tra i B. e A. circa il diritto dei primi a ripetere dalla seconda i pagamenti delle rate di mutuo facenti capo alla venditrice e la successiva espromissione con liberazione di quest’ultima, stipulata con la Banca, è inopponibile al Fallimento; iii) i pagamenti successivi al fallimento fatti dai fratelli B. in forza di detto accordo sono inefficaci nei confronti della massa fallimentare ai sensi dell’art. 44 l.fall., in quanto pagamenti riconducibili anche indirettamente alla società fallita, «in ogni caso poi espromessa in questo caso con effetto liberatorio da parte dell'istituto di credito».
2. – Avverso entrambi i ricorsi, affidati ai medesimi tre motivi, il Fallimento A. s.a.s. di B. A. & C. e il Fallimento del socio accomandatario A. B. hanno resistito con controricorso.
Motivi della decisione
In via preliminare va disposta la riunione dei ricorsi.
2.1. Con il primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 310 c.p.c. nonché 96, 98 e 101 l.fall., per avere il tribunale ritenuto inammissibili le domande tardive, per violazione del principio del ne bis in idem, nonostante quelle tempestive fossero state rinunciate.
2.2. – Il secondo mezzo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., 52 l.fall. nonché 2684, 2697, 2699, 2700 e 2741 c.c., laddove il tribunale ha ritenuto inopponibili al fallimento gli accordi sul diritto degli acquirenti di rivalersi nei confronti della società venditrice per i pagamenti delle rate del mutuo, che invece trovano fondamento nell’atto pubblico di compravendita immobiliare del 24.11.2014, anteriore al fallimento.
2.3. – Il terzo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1203 n. 2 e 1272 c.c., nonché 44 e 55 l.fall., per l’erronea dichiarazione di inefficacia dei pagamenti eseguiti dai ricorrenti, ai sensi dell’art. 44 l.fall., poiché l'elemento caratterizzante l’espromissione privativa ex art. 1272 c.c. comporta la mera modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio, che si realizza attraverso la sostituzione di un terzo all'originario debitore, mentre il rapporto obbligatorio rimane quello originario. Pertanto, rispetto alla massa dei creditori si è verificata un'ipotesi di surrogazione legale ex art. 1203 n. 2 c.c., in quanto l'insinuazione al passivo dei B. per le rate di mutuo pagate tiene luogo della corrispondente insinuazione della Banca per le rate insolute del mutuo ipotecario.
3. – Il primo motivo è infondato mentre i restanti due, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, vanno accolti nei termini di seguito indicati.
4. – L’infondatezza del primo motivo deriva dal fatto che esso poggia su un precedente di questa Corte – secondo il quale la rinuncia all'insinuazione al passivo, in quanto atto di natura procedimentale, quindi inidoneo a incidere sul diritto di credito in termini sostanziali, consentirebbe la riproposizione della domanda rinunciata, alla stregua del principio generale ritraibile dall'art. 310 c.p.c., e ciò di là dalla circostanza che la domanda presentata in via tardiva, a differenza di quella tempestiva, fosse volta all’ammissione con prelazione (Cass. 814/2016) – che risulta però oggi superato.
4.1. – Difatti, secondo un più recente orientamento, cui il collegio intende dare continuità, in tema di accertamento del passivo deve ritenersi «inammissibile la proposizione di una nuova domanda di insinuazione, pur se preceduta dalla rinuncia alla domanda di ammissione tempestiva, formulata dopo la formazione del giudicato endofallimentare sullo stesso credito» (in quel caso determinatosi in esito all'omessa impugnazione del decreto di rigetto dell'opposizione alla dichiarazione di esecutività dello stato passivo), il quale, «in quanto volto ad eliminare l'incertezza delle situazioni giuridiche mediante la stabilità della decisione, è intangibile e non può essere disconosciuto da una parte processuale al fine di ottenere nuovamente e dallo stesso giudice una seconda decisione attraverso una nuova domanda (anche tardiva) di insinuazione» (Cass. 4632/2023).
4.2. – In questa diversa prospettiva si è detto che l’ammissione tempestiva e quella tardiva al passivo fallimentare sono altrettante fasi del medesimo accertamento giurisdizionale, il cui perimetro è individuato dalla domanda originaria che, in base all’art. 94 l.fall., produce gli effetti della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento, ivi compreso appunto l’effetto processuale di delimitazione della materia giustiziabile. Di conseguenza, il decreto di esecutività dello stato passivo contemplato dall’art. 96 l.fall., se non impugnato, preclude, nell'ambito del procedimento fallimentare (cd. giudicato endofallimentare) ogni questione relativa all'esistenza del credito, alla sua entità, all'efficacia del titolo da cui deriva e all'esistenza di cause di prelazione (Cass. 3830/2001, 19940/2006).
Il giudicato endofallimentare opera dunque anche in relazione all’esistenza di un titolo di prelazione indicato solo con la domanda tardiva, proprio in quanto deducibile e non dedotto in via tempestiva, poiché l'opzione riflessa nella domanda di insinuazione al chirografo preclude la possibilità di una (successiva) domanda che preveda il riconoscimento di un titolo di prelazione (Cass. 25640/2017, 23723/2019, 4632/2023).
4.3. – Ebbene, il giudicato endofallimentare così formatosi non può essere neutralizzato dalla successiva rinuncia alla domanda tempestiva (e così agli effetti del provvedimento che quella domanda ha valutato), dal momento che la parte può senz’altro rinunziare, in via definitiva, in tutto o in parte agli effetti del giudicato; ma poiché il giudicato, come espressione del potere sovrano della legge, è intangibile – eliminando, mediante la stabilità della decisione, l’incertezza delle situazioni giuridiche – non è ammissibile che esso sia disconosciuto da quella stessa parte al fine di ottenere nuovamente, dallo stesso giudice, una seconda decisione (in questi termini, già Cass. 2179/1952).
In altri termini, la parte può disporre della situazione sostanziale, ma non anche dell'oggetto del processo, il quale è definito dal giudicato, che colpisce tutto ciò che vi rientri (Cass. 33021/2022).
Può invece ammettersi il ritiro della domanda tempestiva prima della definitiva pronuncia del giudice delegato, anche ai fini della richiesta in via tardiva della prelazione originariamente non richiesta (cfr. Cass. 15702/2011, 19930/2017).
4.4. – Nel caso in esame è pacifico che la rinuncia dei ricorrenti alle domande tempestive sia intervenuta dopo che le stesse erano state accolte e che, in assenza di impugnazioni, lo stato passivo dichiarato esecutivo avesse acquistato efficacia di giudicato endofallimentare, come visto preclusiva (solo) della riproposizione della stessa domanda in via tardiva, stavolta con prelazione ipotecaria.
5. – Diverso è però il discorso con riguardo ai distinti crediti maturati successivamente alla domanda tempestiva.
5.1. – Su di essi, infatti, non può dirsi formato alcun giudicato endofallimentare, nei termini appena indicati.
Invero, il principio del ne bis idem e della conseguente non riproponibilità in via tardiva della domanda di ammissione già accolta e poi rinunciata, sulla quale si è formato il giudicato endofallimentare, vale solo per i crediti già maturati, sui quali si è quindi dispiegato l’accertamento giudiziale, ma non può investire anche i crediti non ancora maturati, come quelli portati, nel caso di specie, dalle prime domande tardive (in aggiunta al credito già chiesto con le domande tempestive) e relativi alle ulteriori rate del mutuo, versate e da versare – in quest’ultimo caso con richiesta di ammissione di credito condizionato – e poi dalle seconde domande tardive, limitatamente alle rate medio tempore versate (per il caso di mancata ammissione del credito condizionato).
Sotto questo profilo appare fondato il secondo motivo, che colpisce la corrispondente ratio decidendi del tribunale, fondata sulla identità della causa petendi, con contestuale riconoscimento, però, della diversità del petitum, che risulta decisiva ai fini della mancata formazione del giudicato endofallimentare ritenuto preclusivo.
6. – Anche le ulteriori rationes decidendi esplicitate dal tribunale, ed aggredite con il terzo motivo, appaiono infondate.
6.1. – In primo luogo non si ravvisa l’affermata inopponibilità delle pattuizioni contenute nell’atto pubblico di compravendita, pacificamente anteriore al fallimento, dalle quali è sorto il diritto dei ricorrenti di estinguere il mutuo per poi rivalersi sulla venditrice: al contrario, l’opponibilità del contratto è stata, quantomeno implicitamente, già riconosciuta dal tribunale, con statuizione coperta dal giudicato endofallimentare, allorché ha ammesso al passivo i crediti oggetto delle domande cui i fratelli B. hanno poi rinunciato.
6.2. – Né appare pertinente il richiamo del giudice a quo all’inefficacia ex art. 44 l.fall., non solo perché si tratta di eccezione non rilevabile d’ufficio, ma anche perché lo stesso tribunale dà atto che i ricorrenti avevano successivamente proceduto a rinegoziare il mutuo, con accordo espromissorio privativo ex art. 1272 c.c. a carattere liberatorio della venditrice nei confronti della banca, sicché i successivi pagamenti delle rate non potevano ritenersi eseguiti con denaro del fallito, né su suo incarico o in sua vece, ferme restando, invece, le originarie pattuizioni tra acquirenti e venditrice, di cui si è detto.
7. – Segue la cassazione del decreto, con rinvio al Tribunale di Ravenna, in diversa composizione, anche per le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte, riunito il ricorso n. R.G. 18450/2021 al ricorso n, R.G. 18446/2021, rigetta il primo motivo di entrambi i ricorsi, accoglie il secondo e il terzo nei sensi indicati in motivazione, cassa i decreti impugnati in relazione ai motivi accolti e rinvia al Tribunale di Ravenna, in diversa composizione, cui rimette anche la statuizione sulle spese del presente giudizio.