Svolgimento del processo
GM propone ricorso datato 8.01.2023, notificato telematicamente il 9.01.2023, depositato presso questa Corte il 18.01.2022 al Rg 1537/2023, per la cassazione parziale del Decreto dalla Corte di Appello di Venezia, 3° sez. civ., RG 38/2022 del 25.08.2022, reso inter partes, con il quale la Corte di Appello di Venezia ha rigettato il reclamo avverso il provvedimento di primo grado che, a modifica delle condizioni di divorzio, aveva ridotto l'assegno divorzile a favore della ex-moglie da 1.600,00 a 1.440,00 euro mensili.
Avverso tale decreto ha proposto ricorso in cassazione GM affidato a tre motivi. AB resiste con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
I motivi di ricorso sono i seguenti:
1) Violazione e falsa applicazione dell'art. 9 L. n. 898/1970, anche in relazione all'art. 5, co. 6, L. n. 898/1970 in quanto la Corte d'Appello di Venezia ha male applicato le norme di legge e gli insegnamenti giurisprudenziali alla istanza di revisione dell'assegno divorzile, solo parzialmente accolta dal Tribunale di Vicenza, proposta da Sig.M, di anni 83, ex ginecologo ora definitivamente in pensione.
aveva rappresentato al Tribunale il significativo mutamento della situazione economico-patrimoniale sua e della beneficiaria, intervenuto successivamente al riconoscimento di un assegno divorzile di € 1.600,00 mensili, disposto in sede di Appello della sentenza di divorzio e in primo grado radicalmente negato.
2) Omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti. Il Tribunale di Vicenza, con la sentenza di divorzio n. 1189/2019, aveva dichiarato cessato l'obbligo assistenziale del M in ragione della lunga convivenza more uxorio intrattenuta dalla Signora B con un facoltoso compagno. La Corte d'Appello, su ricorso della predetta, nel 2021 aveva invece dichiarato non provata tale convivenza e in ragione di ciò aveva ripristinato l'assegno divorzile, quantificandolo nella misura temporanea stabilita nell'anno 2018 dal Giudice Istruttore del Tribunale.
La sentenza della Corte d'Appello diveniva irrevocabile per omessa impugnazione. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio l'odierno ricorrente ne chiedeva perciò la modifica al Tribunale, in ragione dei mutamenti intervenuti dopo il 2018 che il giudice avrebbe omesso di considerare. In particolare la Corte d'Appello avrebbe erroneamente omesso di pronunciarsi sulla rilevanza dell'accertamento della condizione patrimoniale della Signora B emerso all'esito della divisione ed ha ripristinato l'assegno di divorzio. Il ricorrente in merito sottolinea che la decisione del giudizio di divisione ha accertato definitivamente che la massa da dividere tra le parti aveva un valore di € 541.681,00 ma che nel patrimonio personale della Signora B sono transitati beni ulteriori rispetto a quelli attribuiti alla sua quota, dei quali la stessa si sarebbe illecitamente appropriata, rifiutando di restituirli, risultando perciò proprietaria di un patrimonio mobiliare del valore di € 270.840,50 e debitrice dell'odierno ricorrente, ragione dell'accertamento dell'illecito commesso, della somma di € 65.000,00 (cfr doc. 13- Al). Tutte le circostanze relative al patrimonio già appartenente alla comunione legale tra i coniugi sono state oggetto di dibattito processuale nel presente giudizio, ma non sono state in alcun modo esaminate dai giudicanti, avendo la Corte d'Appello altresì ritenuto erroneamente che l'accertamento anzidetto fosse precedente alla determinazione dell'assegno di divorzio, come invece non è. Un ulteriore elemento di fatto risulta ignorato sia dal Tribunale sia dalla Corte d'Appello e cioè il ruolo di concessionaria di servizi pubblici che la Signora B svolge in quanto presidente di una fantomatica Associazione X che altro non sarebbe che la prosecuzione della sua attività commerciale di antiquaria. Secondo il ricorrente risulta del tutto evidente, infatti, la totale interconnessione tra la sig.ra B e l'associazione mediante la quale svolgerebbe la propria attività di antiquaria e organizzatrice di eventi del settore. Attività economica esercitata dietro lo schermo dell'associazione culturale.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto in ordine ad entrambi i motivi.
Occorre premettere che il giudizio riguarda la revisione delle condizioni di divorzio, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 898 del 1970.
Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, la revisione dell'assegno divorzile di cui all'art. 9 della I. n. 898 del 1970 postula l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi idonea a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell'assegno, secondo una valutazione comparativa delle condizioni suddette di entrambe le parti. In particolare, in sede di revisione, il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o della entità dell'assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento della attribuzione dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto e ad adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla nuova situazione patrimoniale-reddituale accertata (Cass. 10133/2007; Cass. 787/2017; Cass. 11177/2019).
Nel caso in esame la Corte di Appello sminuisce senza adeguata motivazione l'elemento costituito dalla convivenza della B con il nuovo compagno, il Sig. FP , motivando tale conclusione sulla base della precedente sentenza della Corte di Appello 487/2021ormai passata in giudicato, che aveva escluso, perché ritenuta non provata, la convivenza tra la B ed il P tale accertamento sarebbe stato coperto da giudicato in ordine al dedotto e deducibile e non più rivedibile nemmeno in base alla circostanza che la donna aveva trasferito la sua residenza in un appartamento datole in comodato gratuito dal P il quale a sua volta, pacificamente, risiede nella stessa via ed allo stesso numero civico (Strada X.) seppure in interni diversi.
Tale assunto non è stato adeguatamente esaminato dal giudice di merito atteso che, in sede di revisione dell'assegno, il giudice di merito non poteva escludere a priori, in quanto già coperto da giudicato, la convivenza della B con altro compagno ma doveva considerare ogni circostanza sopravvenuta allegata nel ricorso e particolarmente il dato particolarmente pregnante della residenza della B allo stesso indirizzo del P.
Questa Corte (Sez. 1, Ordinanza n. 14151del 04/05/2022), infatti, ha affermato che «In tema di divorzio, ove sia richiesta la revoca dell'assegno in favore dell'ex coniuge a causa dell'instaurazione da parte di quest'ultimo di una convivenza more uxorio , il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, dell'eventuale coabitazione con l'altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente ma nel loro complesso l'insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale e materiale».
Del resto, in ordine all'attuale convivenza della B. con il P. occorre considerare che la sentenza della Corte di Appello 487/2021, passata in giudicato, copre col giudicato il dedotto e deducibile e cioè ogni fatto e accertamento fino alla data della sua pronuncia e non può certo estendere la sua efficacia anche a quanto avvenuto successivamente. Pertanto, i giudici avrebbero dovuto valutare la circostanza della convivenza nello stesso immobile dei due indicati, aggiornando l1esame all'attualità, sulla base di fatti nuovi forniti dal ricorrente.
Tanto più che pacificamente risulta acclarato che una nuova convivenza stabile more uxorio fa venir meno il diritto all'assegno di mantenimento, salvo che per la sua eventuale componente compensativa per la quale tuttavia occorre la prova rigorosa del contributo offerto alla comunione familiare ed all'eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative.
Sul punto le Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, nr.32198 del 5/11/2021) hanno affermato "In tema di assegno divorzile in favore dell'ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo el'ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell'attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell'assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell'apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell'ex coniuge. L'assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo".
Ciò premesso nel caso concreto, posto che la revisione dell'assegno divorzile richiede la presenza di "giustificati motivi" e impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali, occorre anche considerare che nel caso in esame la Corte d'appello di Venezia, a fronte della riconosciuta riduzione del reddito del M da 71.000,00 a 57.000,00 dovuta al pensionamento, ha ridotto solo di un modesto 10% l'assegno nonostante la presenza di tutti gli altri molteplici indici di variazioni reddituali delle parti che non sono stati nemmeno considerati e cioè appunto la convivenza della B con altro compagno; conclusioni della sentenza sulla divisione della comunione de residuo della sentenza della Corte d'Appello di Venezia; presunta attività lucrativa tratta dall'AssociazioneX
Il ricorso deve quindi essere accolto e la Corte territoriale, in sede di rinvio, deve tener conto di tutti gli elementi sopra evidenziati e statuire, all'esito, in ordine alla permanenza e alla misura dell'assegno.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa alla Corte di appello di Venezia in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.