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15 luglio 2024
Assegno divorzile: irrilevanti le motivazioni alla base delle rinunce del coniuge ad occasioni professionali

Infatti, è sufficiente che sussista il rapporto causale tra la rinuncia e l'impegno familiare, che la scelta sia condivisa tra i coniugi e che attraverso di essa il patrimonio comune o dell'altro coniuge si sia incrementato proprio grazie alla dedizione esclusiva al lavoro del coniuge, a prescindere dalle motivazioni che hanno condotto a tale scelta.

di La Redazione

Il Tribunale di Lodi disponeva l'affido condiviso della figlia e il suo collocamento presso la madre, alla quale era stata assegnata la casa coniugale, regolamentando le visite paterne e il mantenimento diretto del padre verso la figlia.
In relazione alla misura del mantenimento, il Giudice ha tenuto conto della durata del matrimonio (14 anni), della stabile occupazione lavorativa della ex moglie, dell'età della stessa (49 anni) e dell'apporto da lei fornito durante la vita familiare, per questo rinunciando al proprio percorso professionale, fissando a 800euro l'importo mensile.
A seguito di gravame, la Corte d'Appello rideterminava l'assegno in 600euro mensili, tenendo conto dello squilibrio significativo tra le posizioni economico-patrimoniali delle parti: l'ex marito infatti era imprenditore individuale e libero professionista con un volume d'affari di una certa portata, proprietario di diversi immobili e di molti conti correnti, oltre ad essere titolare di quote societarie. L'ex moglie, al contrario, percepiva redditi da lavoro dipendente di insegnante, era proprietaria di un immobile e dalla CTU era emerso che ella si era sempre impegnata per l'accudimento delle figlie.
La decisione viene impugnata in Cassazione.

Con l'ordinanza n. 18506 dell'8 luglio 2024, la Cassazione ripercorre la giurisprudenza più recente e rilevante in tema di assegno divorzile, partendo dalla funzione che gli è assegnata, ovvero quella di equilibrare il reddito degli ex coniugi che è funzionale a riconoscere il ruolo e il contributo fornito dall'ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
In tale contesto, il giudice di merito investito della domanda ha il compito di accertare l'impossibilità dell'ex coniuge richiedente di vivere dignitosamente e autonomamente, oltre alla necessità di compensarlo per il contributo particolare che ha fornito alla formazione del patrimonio comune o dell'altro coniuge quando erano sposati.
La Cassazione ha inoltre affermato che la funzione perequativo-compensativa dell'assegno divorzile presuppone che il coniuge economicamente più debole abbia sacrificato occasioni lavorative o di crescita dal punto di vista professionale allo scopo di dedicarsi alla famiglia, essendo irrilevanti le motivazioni che hanno portato a ciò quando la scelta sia stata accettata e condivisa dal coniuge, tenendo conto che l'assegno punta a compensare lo squilibrio economico derivante dall'impiego delle proprie energie dedicate alla famiglia, piuttosto che in attività di lavoro o di crescita professionale.
In ossequio a tali principi, può affermarsi che ai fini dell'assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non hanno rilievo le motivazioni alla base delle rinunce professionali ai fini della dedizione alla famiglia, in quanto non è richiesto che tale rinuncia sia espressamente motivata in funzione dell'impegno per la famiglia. Basta infatti che sussista il rapporto causale tra detta rinuncia e l'impegno familiare, che la scelta sia condivisa tra i coniugi e che attraverso di essa il patrimonio comune o dell'altro coniuge si sia incrementato proprio grazie alla dedizione esclusiva al lavoro del coniuge, a prescindere dalle motivazioni che hanno condotto a tale scelta.
Segue la declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.

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