Il GIP del Tribunale di Ravenna, in funzione di giudice dell'esecuzione, revocava la sanzione di lavoro di pubblica utilità applicata a Caio per guida in stato d'ebbrezza.
Alla base del provvedimento di revoca il GIP considerava la poliennale inerzia del condannato rispetto all'obbligo di eseguire la sanzione sostitutiva, con la conseguente cristallizzazione dell'inadempimento da parte sua.
Avverso l'ordinanza di revoca il condannato ricorre per cassazione, rilevando che non risulta assolutamente provata la sussistenza di una sua volontaria sottrazione alla sanzione sostitutiva.
Svolgimento del processo
1. Con l'ordinanza in epigrafe, resa il 3 ottobre 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna, in funzione di giudice dell'esecuzione, ha revocato la sanzione di giorni 84, pari a 168 ore, di lavoro di pubblica utilità applicata a (omissis), sanzione - applicata in sostituzione della pena di mesi due, giorni venti di arresto ed euro 1.000,00 di ammenda, da eseguirsi mediante prestazione lavorativa non retribuita presso il Comune di Imola - stabilita dallo stesso Giudice per le indagini preliminari con la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. il 9 marzo 2018, irrevocabile il 7 aprile 2018, in ordine al reato di cui all'art. 186, commi 1, 2, lett. e), e 2-sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, e succ. modd., con la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di anni uno, mesi due, con immediata esecuzione della stessa per la durata di mesi sette e differimento dell'esecuzione inerente alla restante entità all'esito dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità, nonché con la confisca del veicolo indicato in atti, anch'essa differita all'esito negativo del lavoro di pubblica utilità.
Alla base del provvedimento di revoca il giudice dell'esecuzione ha posto la constatazione della poliennale inerzia del condannato rispetto all'obbligo di eseguire la sanzione sostitutiva, con la conseguente cristallizzazione dell'inadempimento da parte sua.
2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il difensore di (omissis) chiedendone l'annullamento e adducendo due motivi a sostegno dell'impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta l'inosservanza degli artt. 172 e 173 cod. pen. e dell'art. 136 disp. att. cod. proc. pen. in relazione alla mancata dichiarazione di estinzione della pena per decorso del tempo.
La difesa segnala che, nel corso del procedimento esecutivo, aveva fatto notare che era decorso il tempo, pari ad anni cinque, previsto stabilito per l'estinzione della pena: muovendo dalla data di irrevocabilità della sentenza stessa (7.04.2018), esso si era consumato· il 7.04.2023, senza possibilità di individuare cause sospensive o interruttive, né sussistendo le condizioni previste dall'art. 173 cod. pen. per il raddoppio del tempo necessario all'estinzione.
Il ricorrente contesta l'applicazione dell'art. 136 disp. att. cod. proc. pen., inerente alla diversa fattispecie dell'estinzione del reato, non a quella dell'estinzione della pena per decorso del tempo.
Né, con riferimento al caso concreto, potrebbe trovare applicazione il disposto della seconda parte del quarto comma dell'art. 172, come richiamato dall'art. 173 cod. pen., in quanto la rilevanza della sottrazione all'esecuzione presupponeva l'avvenuto inizio dell'esecuzione e, in ogni caso, il condannato non si era volontariamente sottratto all'esecuzione in esame.
2.2. Con il secondo motivo si lamenta il vizio della motivazione relativamente alla revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, con conseguente ripristino della pena sostituita e mancata pronuncia della prescrizione.
La difesa evidenzia che dall'esame della documentazione in atti, allegata al ricorso per l'autosufficienza, è dato evincere che la causa del mancato inizio del lavoro di pubblica utilità era ascrivibile all'incompatibilità tra la disponibilità oraria e temporale offerta dal condannato e l'organizzazione del Servizio Sport del Comune di Imola: in tale situazione non risulta assolutamente provata la sussistenza di una volontaria sottrazione del condannato alla sanzione sostitutiva, stanti anche le difficoltà cagionate dall'emergenza pandemica per un lungo periodo.
3. Il Procuratore generale ha prospettato l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, per il nuovo esame della questione, sulla scorta della necessità di verificare se si sia registrato il tempestivo impulso del Pubblico ministero competente per l'esecuzione della sanzione sostitutiva, in caso negativo dovendo ritenersi maturata l'estinzione della pena per prescrizione: fatto che comunque non avrebbe impedito di disporre la revoca della sanzione sostitutiva, ove ne fossero maturati i presupposti, per far così rivivere le sanzioni amministrative della sospensione della patente di guida e della confisca del veicolo.
Motivi della decisione
1. La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere per le ragioni che seguono.
2. Si rileva che il giudice dell'esecuzione, a ragione del provvedimento, ha osservato che rilevava l'art. 136 disp. att. cod. proc. pen. in virtù del quale l'effetto estintivo di cui all'art. 445, comma 2, cod. proc. pen. non si applica a chi volontariamente si sottrae all'esecuzione della pena.
Da tale indicazione normativa ha fatto discendere l'effetto che, siccome nel caso di specie (omissis) aveva serbato un comportamento tale da integrare la volontaria sottrazione al lavoro di pubblica utilità, non avendo egli espletato, negli oltre cinque anni trascorsi dall'irrevocabilità della decisione, nemmeno un’ora della sanzione sostitutiva, nessun effetto estintivo si era verificato in favore della posizione del condannato, con la conseguente necessità di disporre la revoca della sanzione sostitutiva e il ripristino della pena sostituita, come irrogata dal giudice della cognizione.
3. Il ragionamento così richiamato, al di là del riferimento al disposto di cui all'art. 136 disp. att. (che pone un limite all'effetto estintivo previsto dall'art. 445, comma 2, cod. proc. pen. - effetto che però inerisce direttamente all'estinzione del reato e, con esso, di ogni effetto penale - stabilendo che esso non si produce se il destinatario della pena concordata si sottrae volontariamente alla sua esecuzione), ha dato per assodato l'inadempimento da parte del condannato, obbligato allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, senza però offrire adeguata motivazione, se non il riferimento al tempo inutilmente trascorso, dell'inadempimento stesso, il quale, però, presupponeva l'avvenuto impulso ufficioso della fase esecutiva, in tal senso dovendo ritenersi fondata la censura articolata con il secondo motivo, il quale, per la sua preminenza logica, va esaminato per primo.
3.1. Si richiama il condiviso principio di diritto - maturato in relazione a un tessuto normativo che ancora contemplava il lavoro di pubblica utilità quale sanzione sostitutiva di pene irrogate per determinate fattispecie di reato (in questo caso del reato di cui all'art. 186 d.lgs. n. 285 del 1992), laddove la disciplina esitata dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha introdotto, fra le pene sostitutive di carattere generale, anche il lavoro di pubblica utilità sostitutivo (art. 20-bis cod. pen.) - in virtù del quale, in tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità e a questa non sia stato dato corso a causa dell'inerzia dell'organo che ne deve promuovere l'esecuzione, si applica il principio generale della prescrizione delle sanzioni inflitte, per la natura sostanzialmente afflittiva di tale misura e per l'equiparabilità, in virtù del richiamo operato dall'art. 186, comma 9-bis, cod. strada al d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, del lavoro di pubblica utilità alla pena sostituita (ex art. 58, comma 1, d.lgs. cit.), con la specificazione che l'estinzione per decorso del tempo non impedisce la revoca della sanzione sostitutiva, ove ne ricorrano gli estremi, con reviviscenza delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente e della confisca del veicolo (Sez. 1, n. 24695 del 08/04/2021, Guerrini, Rv. 281632 - 01).
Posto ciò, risulta chiaro che,· al fine di verificare l'effettività dell'inadempimento dell'obbligato, occorreva accertare che l'organo giudiziario deputato a promuovere la concreta esecuzione del lavoro di pubblica utilità avesse dato impulso alla relativa fase.
3.2. 'Si è, sull'argomento, puntualizzato in modo condiviso che, sempre in tema di guida in stato di ebbrezza, ove sia stata operata la sostituzione della pena principale con il lavoro di pubblica utilità, è onere dell'autorità giudiziaria - e non del condannato - l'avvio del procedimento finalizzato allo svolgimento dell'attività lavorativa individuata, sicché, in applicazione di tale principio, il giudice dell'esecuzione non può revocare la sanzione sostitutiva sulla base della sola inerzia del condannato senza verificare se l'organo giudiziario avesse avviato la fase esecutiva con la notifica all'interessato dell'ordine di esecuzione e la contestuale ingiunzione ad attenersi a quanto prescritto in sentenza (Sez. 1, n. 15861 del 17/09/2020, dep. 2021, D'Aniello, Rv. 281189 - 01; Sez. 1, n. 7172 del 13/01/2016, Silocchi, Rv. 266618 - 01).
Circa l'individuazione dell'organo giudiziario a cui spettava di dare impulso alla fase esecutiva, si segnala che già nel settore normativo a cui è riferita la sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, sebbene nei precedenti citati si faccia sovente riferimento al ruolo istituzionale di promotore della fase esecutiva rivestito dal pubblico ministero, il sottosistema oggetto di applicazione, in specie l'art. 186, comma 9-bis, d.lgs. n. 285 del 1992, assegna un ruolo primario al giudice che ha emesso la sentenza di condanna e disposto la sostituzione.
Si è, fra l'altro, ricordato (Sez. 4, n. 36779 del 03/12/2020, Terzoli, Rv. 280085 - 01) che la disciplina del lavoro di pubblica utilità, demandata a un decreto ministeriale dall'art. 54, comma 5, d.lgs. n. 274 del 2000, stabilisce che con la sentenza di condanna con la quale viene applicata la pena del lavoro di pubblica utilità, il giudice individua il tipo di attività, nonché l'amministrazione, l'ente o l'organizzazione convenzionati presso il quale questa deve essere svolta, a tal fine avendo titolo ad avvalersi dell'elenco degli enti convenzionati, così come dello stesso elenco si avvalgono il difènsore o il condannato quando formulano le richieste di cui all'art. 33, comma 3, d.lgs. n. 274 del 2000 (art.3 d.m. 21 Maggio 2001).
È nell'ambito di tale statuto normativo che si è consolidato l'indirizzo giurisprudenziale teso a escludere che la mancata indicazione dell'ente, territoriale o associativo, ovvero la mancata predisposizione di un programma di svolgimento da parte del richiedente il lavoro di pubblica utilità, possa rappresentare motivò di esclusione dal beneficio, dal momento che il sistema in esame è basato, in linea generale, sul potere officioso del giudice.
3.3. In questa prospettiva, in riferimento al giudizio di cognizione, si precisa che, ai fini della sostituzione della pena detentiva o pecuniario/ irrogata per il reato di guida in stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di sostanze stupefacenti, con quella del lavoro di pubblica utilità, non è richiesto dalla legge che l'imputato indichi l'istituzione presso cui intende svolgere l'attività e le modalità di esecuzione della misura, gravando tale obbligo sul giudice che si determini a disporre il già menzionato beneficio (Sez. 4, n. 53327 del 15/11/2016, Panerai, Rv. 268693 - 01), e, anche con riguardo alla fase esecutiva, si sottolinea che l'individuazione delle modalità attuative della predetta sanzione sostitutiva è demandata al giudice procedente, giudice che non può imporre oneri al condannato, il quale ha la facoltà di sollecitare l'applicazione della sanzione sostitutiva ovvero può dichiarare di non opporsi ad essa, ma non è tenuto a indicare l'ente o la struttura presso la quale svolgere il lavoro di pubblica utilità, né ad avviare il procedimento per lo svolgimento in fase esecutiva dell'attività individuata (Sez. 1, n. 35855 del 18/06/2015, Rosiello, Rv. 264546 - 01).
Si aggiunge, per completezza di riferimenti, che, nel sistema riformato dal d.lgs. n. 150 del 2022, l'esecuzione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo è stata espressamente disciplinata nel senso che essa - a differenza della semilibertà sostitutiva e della detenzione domiciliare sostitutiva, la cui esecuzione è affidata al pubblico ministero (art. 661, comma 1, cod. proc. pen.), al pari della pena pecuniaria sostitutiva (artt. 661, comma 2, e 660 cod. proc. pen.) - è ordinata dal giudice che ha applicato la pena, il quale provvede ai sensi dell'articolo 63 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (art. 661, comma 1-bis, cod. proc. pen.).
4. Assodato quanto precede, impregiudicata l'individuazione dell'organo giudiziario che, nel caso in esame, ha in concreto promosso, se ha promosso, la fase esecutiva, è da ritenere sussistente il vizio della motivazione per avere il giudice dell'esecuzione, in primo luogo, proceduto alla revoca della sanzione sostitutiva (secondo la terminologia della stessa riferita al tempo dell'applicazione della pena sostituita) del lavoro di pubblica utilità senza verificare se fosse stato dato l'impulso officioso alla fase esecutiva e alla sua concreta effettuazione e, quindi, se l'obbligato si fosse alla stessa indebitamente sottratto.
Invero, stante il sostanziale silenzio del discorso giustificativo su questo rilevante tema, l'allegazione da parte del ricorrente, per l'autosufficienza della doglianza, dei documenti - o di alcuni dei documenti - inerenti all'interlocuzione fra l'UEPE e il Giudice procedente conferma soltanto l'emersione del problema relativo ai presupposti organizzativi per lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità da parte del condannato presso il Comune di Imola, in carenza di corrispondenza fra gli orari e i tempi proposti dall'obbligato e quelli per i quali l'Ente poteva organizzare l'esecuzione.
Appariva e appare evidente che, in tale situazione, il giudice dell'esecuzione avrebbe dovuto sondare anche l'interlocuzione avvenuta nel richiamato frangente, in rapporto alle disposizioni impartite, se impartite, per lo svolgimento della fase esecutiva e, all'esito, verificare se fosse maturato - per un'effettiva, determinante e strumentale inerzia dell'obbligato rispetto all'adesione all'organizzazione prospettatagli - l'affermato inadempimento.
In secondo e connesso luogo, poi, incombeva al giudice dell'esecuzione appurare se, al contrario, in tutto il tempo trascorso non aveva avuto corso alcun atto di esecuzione a causa dell'inerzia dell'organo deputato a promuoverla, per trarne - ove si fosse verificata questa ipotesi - il conseguente corollario determinato dall'avvenuto decorso del tempo, causativo dell'estinzione della sanzione sostitutiva, atteso che, come si è ricordato in precedenza, essa, dopo la sua definitiva irrogazione, deve ritenersi assoggettata ai termini di estinzione per decorso del tempo della pena sostituita - che, per le contravvenzioni, sono quelli stabiliti dall'art. 173 cod. pen. - e, più in generale, al relativo regime, quanto alla sua decorrenza, al suo impedimento e agli altri aspetti ivi regolati (Sez. 1, n., n. 24695 del 08/04/2021, cit.), salva, nel caso, la persistente necessità della revoca della sanzione sostitutiva in relazione alla conseguente reviviscenza delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione della patente di guida e della confisca del veicolo, secondo quanto pure si è già precisato.
5. Conclusivamente, per le ragioni indicate, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna, affinché proceda a nuovo giudizio esercitando in modo compiuto la sua libertà valutativa, ma nello stesso tempo colmando le rilevate lacune motivazionali e osservando i principi di diritto testé enunciati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ravenna.