Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, il 9 ottobre 2023, in parziale riforma della sentenza, appellata dall'imputato, con cui il Tribunale di Taranto il 14 marzo 2023, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto A.A. responsabile del reato di detenzione a fine di spaccio di hashish, fatto, qualificato come violazione dell'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 29 settembre 2019, e, con la diminuzione per il rito, lo ha condannato alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, e al ritiro della patente per la durata di un anno e sei mesi, ha revocato la sanzione accessoria del ritiro della patente, con conferma nel resto.
2. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputato, tramite Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi con i quali denunzia violazione di legge.
2.1. Con il primo motivo lamenta violazione degli artt. 168-bis cod. pen. e 192 è 464-bis cod. proc. pen. in relazione al diniego dell'ammissione alla messa alla prova, originariamente esclusa dal Tribunale, che si è attenuto alla originaria contestazione, salvo subito dopo riqualificare il fatto in violazione del comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. in sentenza, peraltro all'esito del giudizio abbreviato, quindi sulla base degli stessi atti che aveva già a disposizione in precedenza, cioè al momento del mancato accoglimento, senza nessuna integrazione istruttoria.
Ripercorse le scansioni procedimentali, sottolinea la possibilità di accesso all'istituto, una volta riqualificati i fatti, e censura la soluzione negativa adottata dalla Corte di appello sulla base della mancata allegazione del programma, adempimento non possibile poiché il titolo del reato in origine contestato non avrebbe consentito di "interfacciarsi" utilmente con l'UEPE, sicchè, operata la riqualificazione, il giudice avrebbe dovuto sospendere il processo per consentire all'imputato di entrare in contatto con l'Ufficio esecuzione penale esterna.
2.2. Con il secondo motivo, svolto in subordine rispetto al primo, si eccepisce la illegittimità costituzionale dell'art. 168-bis cod. pen., in relazione all'art. 464-bis cod. pen., per ritenuta violazione degli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., nella parte in cui si ritiene che le richiamate norme non consentano la sospensione del processo onde dare la possibilità all'imputato di depositare LL programma concordato) con l'UEPE, allorchè il giudice riqualifichi il reato in ipotesi che, astrattamente, rientri in un caso in cui è consentita la messa alla prova e l'imputato abbia preventivamente chiesto la sospensione.
Si chiede, dunque, l'annullamento della sentenza impugnata.
3. Il P.G. della S.C., nella requisitoria scritta del 16 giugno 2024, ha chiesto il rigetto del ricorso.
4. La Difesa ha domandato tempestivamente (il 6 giugno 2024) la trattazione orale del ricorso.
Motivi della decisione
1. Premesso che la prescrizione dell'illecito maturerà non prima del 29 marzo 2027 (infatti: fatto del 29 settembre 2019 + 7 anni e sei mesi = 29 marzo 2027), il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
2. Con il primo motivo, come si è visto (sub n. 2.1 del "ritenuto in fatto"), si contesta la illegittimità e la mancanza di motivazione circa la mancata ammissione dell'imputato alla messa alla prova.
2.1. Onde fornire risposta alla questione, appare necessario ripercorre le vicende procedurali (accesso diretto agli atti consentito al Collegio, atteso il tipo di vizio denunziato: tra le numerose, Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304). Ebbene, dal contenuto delle sentenze di merito, degli atti di impugnazione, dei verbali di causa e dagli allegati agli stessi si comprende quanto segue:
alle udienze dell'8 e del 29 giugno 2021 il Difensore ha chiesto la messa alla prova dell'imputato ex art. 168-bis cod. proc. pen., previa riqualificazione del reato in violazione del comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990; si tratta di istanza priva di allegazioni documentali;
con provvedimento dettato a verbale all'udienza del 29 giugno 2021 il Tribunale ha disatteso l'istanza;
in particolare, dopo avere preso visione del contenuto del fascicolo del P.M., ha ritenuto che «il numero delle dosi rinvenute in possesso dell'A.A. non consente allo stato, senza ulteriori accertamenti e senza ulteriori elementi di procedere alla riqualificazione del fatto contestato»;
ammesso l'abbreviato il 14 marzo 2023, il P.M. ed il Difensore hanno concordemente chiesto riqualificarsi il reato ai sensi dell'art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 ed il Tribunale ha condannato A.A. a pena condizionalmente sospesa, previa la invocata derubricazione;
nell'atto di appello l'imputato si è lamentato, in primo luogo (pp. 1-3), della mancata ammissione all'istituto, negato per la impossibilità di procedere alla riqualificazione, riqualificazione tuttavia poi effettuata sulla base degli stessi identici atti già presenti, essendosi celebrato il rito abbreviato;
tale contraddittorietà è stata espressamente colta dalla Corte di appello (alla p. 4, prima parte), che sul punto ha preso le distanze dal ragionamento del Tribunale;
la Corte territoriale, però (p. 4, seconda parte), ha ritenuto l'istanza di messa alla prova nel caso di specie non accoglibile, per mancata allegazione, ai sensi dell'art. 464-bis cod. proc. pen., del programma di trattamento elaborato dall'UEPE ovvero, in alternativa, dei motivi per i quali non ne era stata possibile la tempestiva elaborazione, requisiti - si è sottolineato - ritenuti necessari dal legislatore a comprova della serietà della domanda;
il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta ha richiamato l'orientamento secondo cui la elaborazione del programma - o la spiegazione delle ragioni per cui non è stato possibile - è un requisito di ammissibilità (come si legge al punto n. 7, p. 4, del "considerato in diritto" di Sez. 3, n. 12721 del 17/01/2019, Blengino, Rv. 275355) e secondo il quale il programma è dimostrazione di serietà delle intenzioni (richiamando al riguardo Sez. 6, n. 9197 del 26/09/2019, dep. 2020, Milahi, Rv. 278619, cfr. punto n. 2, p. 3, del "considerato in diritto");
il Procuratore Generale ha richiamato altresì la massima ufficiale di Sez. 4, n. 18602 del 22/03/2024, Berardi, Rv. 286248, secondo cui «In tema di sospensione del procedimento con messa alla prova, è illegittimo il provvedimento di rigetto della relativa richiesta fondato sulla mancata produzione del programma di trattamento, la cui elaborazione sia stata, comunque, ritualmente chiesta all'ufficio di esecuzione penale, non potendo prescindere la decisione dalla valutazione de/l'idoneità di tale programma, che, pertanto, dev'essere elaborato e sottoposto al giudice, salvo che l'accoglimento della richiesta sia precluso, in radice, dalla prognosi sfavorevole in ordine all'astensione de/l'imputato dal commettere ulteriori reati» ;
tale ultima sentenza ha una interessante, diffusa, motivazione in cui si richiama, tra l'altro, la sentenza n. 131 del 3 aprile - 29 maggio 2019 della Corte costituzionale; se ne riferisce la parte saliente (n. 3 del "considerato in diritto", p. 6);
«Occorre rammentare come la Corte Costituzionale, con sentenza n. 131/2019, abbia dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 464-bis, comma 2, e 521, comma 1, cod. proc. pen., in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma, Cast., nella parte in cui non prevedono la possibilità di disporre la sospensione del procedimento con messa alla prova, ove, in esito al giudizio, il fatto di reato venga diversamente qualificato dal giudice, così da rientrare nel novero delle fattispecie contemplate dal primo comma dell'art. 168-bis cod. pen.
Ha tuttavia osservato come le disposizioni censurate ben si prestino a essere interpretate in modo da consentire al giudice - allorché, in esito al giudizio, riscontri che il proprio precedente diniego era ingiustificato, sulla base della riqualificazione giuridica del fatto contestato - di ammettere l'imputato al rito alternativo della sospensione con messa alla prova, a condizione che l'interessato abbia a suo tempo richiesto di accedervi entro i termini di legge, garantendo in tal modo i benefici sanzionatori ad esso connessi.
Tale interpretazione, ha spiegato la Corte costituzionale, non solo non trova alcun ostacolo nel tenore letterale delle disposizioni censurate, ma è anche conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimità ed appare altresì l'unica in grado di assicurare un risultato ermeneutico compatibile con i parametri costituzionali invocati dal rimettente (Corte cast., sent. n. 131 del 2019)»;
il ricorrente ha evidenziato la possibilità, a suo avviso, di accesso all'istituto della messa alla prova, una volta riqualificati in melius fatti, e conseguentemente, ha censurato la soluzione negativa adottata dalla Corte di appello sulla base della mancata allegazione del programma, adempimento che stima in concreto non possibile poiché il titolo del reato in origine contestato non avrebbe consentito di "interfacciarsi" utilmente con l'UEPE, sicchè, una volta operata la riqualificazione, il giudice avrebbe dovuto sospendere il processo per consentire all'imputato di entrare in contatto con l'Ufficio esecuzione penale esterna.
2.2. L'assunto, benchè suggestivamente argomentato, non è condivisibile.
Appare necessario prendere le mosse dalla puntualizzazione, condivisibilmente operata da Sez. 6, n. 9197 del 26/09/2019, dep. 2020, Milahi, cit., secondo cui «È legittimo il rigetto della richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova motivato dalla mancata produzione del programma di trattamento o, quanto meno, della richiesta della sua elaborazione all'ufficio di esecuzione penale esterna, trattandosi di requisiti di ammissibilità dell'istanza di sospensione ex art. 464-bis cod. proc. pen. », essendo il programma ovvero la richiesta del programma la dimostrazione della serietà della istanza (cfr. n. 2 del "considerato in diritto", p. 3, della sentenza cit.).
Ebbene, proprio a comprova della serietà delle intenzioni, deve ritenersi onere della parte richiedente presentare istanza di messa alla prova corredata da richiesta all'UEPE e da espressa contestuale richiesta di derubricazione della contestazione, che consenta l'accesso all'istituto, accesso che sarebbe altrimenti precluso ratione poenae ovvero ratione materiae.
Nel caso di specie, invece, l'istanza di messa alla prova ex art. 168-bis cod. proc. pen., previa riqualificazione, avanzata alle udienze dell'S e del 29 giugno 2021 è priva di allegazioni documentali. Corretta, pertanto, risulta la risposta che ha fornito la Corte di appello, che, richiamando la previsione di cui al comma 4 dell'art. 464-bis, cod. proc. pen., ha sottolineato che «L'allegazione di un programma di trattamento o, in alternativa, dei motivi per i quali non era stata possibile la tempestiva elaborazione, con conseguenziale richiesta di differimento, sono state ritenute necessarie dal legislatore a comprova della serietà della domanda. L'imputato, allora, è tenuto a dimostrare di essersi attivato, producendo il programma trattamentale o allegando le ragioni per le quali non era stato possibile ottenerlo. L'istanza depositata dall'imputato nel corso dell'udienza de//'8.6.2021 non ha, in allegato, alcun programma di trattamento, né spiega in alcun modo le ragioni di tale carenza e nemmeno contiene una richiesta di elaborazione tardiva. Tali carenze giustificano il rigetto della domanda».
2.3. Dalla risposta che si è fornita alla prima questione discende il mancato accoglimento della seconda (n. 2.2 del "ritenuto in fatto"), non risultando precluso il concreto risultato che nella fattispecie aveva di mira la Difesa ricorrente, ove l'istanza fosse stata previamente "canalizzata" in maniera rituale, e, conseguentemente, privfl di solida base il dubbio di legittimità costituzionale prospettato nel ricorso.
3. Consegue la reiezione dell'impugnazione e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.