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11 giugno 2024
Le opinioni dei parlamentari sono insindacabili anche se rese sui social
Tale insindacabilità garantisce ai parlamentari di svolgere nel modo più libero la rappresentanza della Nazione ed è volta a proteggere le opinioni rese dal deputato nell'esercizio della funzione parlamentare, indipendentemente dal luogo in cui vengano espresse.
di La Redazione

La Corte costituzionale con la sentenza n. 104 del 10 giugno 2024, ha respinto un conflitto di attribuzione promosso dal Tribunale di Milano contro la Camera dei deputati, che aveva affermato l'insindacabilità delle dichiarazioni rese da un deputato in un video su Facebook.
La Consulta ha precisato che le dichiarazioni di deputati e senatori rese fuori dalle sedi delle Camere, quali quelle sui social network, sono insindacabili ai sensi dell'art. 68, c. 1, Cost. al fine di proteggere da condizionamenti lo svolgimento del mandato.
Tali dichiarazioni devono però essere qualificabili come opinioni, non devono infatti consistere in insulti o minacce, e devono essere connesse all'esercizio della funzione parlamentare, oltre che essere espresse in forme improntate al rispetto della dignità dei terzi. 

Nel caso di specie, il deputato nel video aveva espresso affermazioni critiche in ordine a una mostra. Successivamente, aveva presentato un'interrogazione parlamentare. A seguito di querela per diffamazione, la Camera dei deputati, su richiesta del Tribunale di Milano, deliberava che quelle affermazioni sono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari, in quanto tali insindacabili ai sensi dell'art. 68, c. 1, Cost..
Il Tribunale di Milano, ritenendo invece che esse fossero espressione del diritto di critica, promuoveva il conflitto, ritenendo impedito l'accertamento, che spetta all'autorità giudiziaria, circa il superamento o meno dei limiti alla libertà di manifestazione del pensiero.
Nel respingere il ricorso, la Corte ha ribadito che l'insindacabilità delle opinioni prevista dall'art. 68, c. 1, Cost. vuole garantire alle Camere che i parlamentari possano svolgere nel modo più libero la rappresentanza della Nazione delineata dall'art. 67 Cost. Escludendo ogni forma di responsabilità giuridica, la Costituzione pone dunque una deroga al principio di parità di trattamento davanti alla giurisdizione, tanto più delicata in quanto l'opinione espressa dal parlamentare può scontrarsi con beni della persona, quali l'onore, la reputazione, la dignità, qualificati come inviolabili.
La Consulta precisa che la Costituzione non protegge qualsivoglia opinione, ma solo quella resa nell'esercizio della funzione parlamentare, indipendentemente dal luogo in cui essa venga espressa.
Tali opinioni devono trattarsi non di affermazioni politiche che può esprimere ogni cittadino, ma di opinioni funzionali all'esercizio del mandato parlamentare e della rappresentanza della Nazione, e proprio perché espressive di una funzione così alta, devono rispettare la dignità dei destinatari della critica e della denuncia politica, soprattutto quando questi non siano a loro volta parlamentari. Questo rispetto deve sussistere anche quando l'opinione è espressa su testate giornalistiche online o social media.

Pertanto, alla luce di ciò, la Consulta ha ritenuto che la Camera dei deputati abbia correttamente valutato che le dichiarazioni del deputato fossero opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari. Esse, infatti, erano funzionali a rappresentare, nella prospettiva del deputato, interessi generali, come d'altronde testimoniato dalla contestuale presentazione dell'interrogazione parlamentare, del tutto corrispondente nel suo significato, al di là della fisiologica diversità delle modalità espressive, alle affermazioni rese nel video pubblicato su Facebook.

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