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12 giugno 2024
Nuova identità anche per i figli minori dei collaboratori di giustizia e stop al carcere insieme alle madri secondo il parere dell’AGIA

L'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza (AGIA) ha espresso il suo parere in merito all'A.C. n. 1660 («Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario»), intervenendo anche sul tema dell'accattonaggio e del diritto alla cittadinanza.

di La Redazione

L'Autorità Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza (AGIA) ha espresso parere in merito all'A.C. n. 1660 recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell'usura e di ordinamento penitenziario» (protocollo n. 587 del 29 maggio 2024).
Le osservazioni riguardano, nello specifico, le disposizioni della proposta di legge che coinvolgono i soggetti minorenni, dunque gli articoli 4, 7, 12 e 13 che di seguito vanno ad esaminarsi.

Maggiore sicurezza per i collaboratori di giustizia ed i loro familiari

Spesso tra i familiari dei collaboratori di giustizia vi sono proprio bambini e bambine che inevitabilmente vengono attratti nelle speciali misure di prevenzione concesse al genitore. Con la nuova proposta di legge, si prevede la possibilità di utilizzare il documento di copertura da parte del Dipartimento della Pubblica Sicurezza anche per collaboratori di giustizia ed i loro familiari ove siano sottoposti agli arresti domiciliari. In tal senso, è prevista anche la previsione della creazione di identità fiscali di copertura per assicurare una domiciliazione sicura anche per i soggetti inclusi nel piano di protezione, quindi anche per i minori laddove siano presenti.

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L'Autorità è favorevole alla modifica poiché il cambio di generalità attribuisce ai soggetti coinvolti nelle misure di protezione speciali una prospettiva più stabile in un quadro complessivamente precario in cui versano, dove è difficile pensare ad un futuro, collocando i minori al centro del piano di protezione.
Il sistema di protezione italiano, infatti, sin dalla sua adozione, è stato concepito in un'ottica adulto-centrica ove i minorenni rappresentano un mero fattore “collaterale”, nonostante essi siano assolutamente centrali nello scenario. Bambini e bambine infatti subiscono le scelte dei genitori, quindi, laddove non siano considerati, tutelati e supportati nell'ingresso e nella fuoriuscita dal programma, la condizione di precarietà in cui versano rischia dicompromettere l'intero programma di protezione, come è emerso nella maggior parte dei casi di disvelamento della località protetta, provocato proprio dal disagio psicologico sofferto dai minori che subiscono la condizione di precarietà in cui versano.

Niente revoca della cittadinanza se non se ne può acquisire un’altra

La proposta di legge prevede l'inserimento di una clausola nell'art. 7 secondo cui non è possibile procedere al provvedimento di revoca della cittadinanza se l'interessato non ne possieda già una o non ne possa acquisire un'altra.

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Anche in relazione a tale modifica, l'Autorità si trova d'accordo poiché ciò esclude che la persona cui viene revocata la cittadinanza possa divenire apolide. La questione incide notevolmente sulla vita dei minorenni, infatti, poiché il problema dell'apolidia si perpetua attraverso un circolo vizioso che si trasmette da una generazione all'altra visto che i figli la ereditano direttamente dai genitori. Una norma siffatta allora sarebbe coerente con la Convenzione ONU che impone agli Stati contraenti di assistere i minorenni apolidi, non solo prevenendo la revoca della cittadinanza in capo a loro stessi, ma anche in capo ai loro genitori.

Custodia cautelare delle madri con figli al seguito

L'art. 12 è finalizzato a circoscrivere gli effetti negativi connessi allo sviluppo della sfera emotiva e relazionale dei figli dei soggetti detenuti. In tal senso sarebbe possibile che il giudice, proprio per tutelare i minori, possa disporre la custodia cautelare della madre con prole al seguito presso gli istituti adibiti alla custodia attenuta per detenute madri (ICAM), imponendone la destinazione solo per le donne in gravidanza e per quelle con figli di età inferiore a un anno.

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Ebbene, su tale modifica l'Autorità esprime preoccupazione.
Nessun bambino, infatti, dovrebbe stare in carcere e vivere recluso “senza colpe” in un momento che è decisivo per la sua crescita e che inevitabilmente condizionerà la sua vita da adulto.
Secondo i dati del Ministero, aggiornati al 30 aprile 2024, in Italia ci sono 23 bambini che vivono in carcere con le madri, un numero esiguo, vero, ma comunque inaccettabile secondo l'AGIA perché si tratta di bambini come gli altri che hanno diritto a vivere la loro età in modo il più possibile “normale”, e crescere in un carcere non può dirsi tale.
Ciò che propone l'Autorità è rafforzare l'esperienza delle case-famiglia protette, senza escludere il ricorso agli ICAM nei casi più gravi. In tal senso, la Legge di bilancio 2020 ha stanziato delle risorse proprio per finanziare l'accoglienza di genitori detenuti con bambini al seguito presso case-famiglia protette e case-alloggio per accoglienza residenziale di mamme e bambini.

Nuova fattispecie di reato: induzione all’accattonaggio

La proposta di legge mira ad estendere la fattispecie di reato di cui all'art. 600-octies c.p. in materia di accattonaggio prevedendo che sia punito l'impiego di minori fino a 16 anni, non più fino a 14, innalzando la pena. Inoltre, introduce la condotta dell'induzione all'accattonaggio.

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Sul punto, il Garante ritiene opportune delle osservazioni che riguardano in particolare i minori di etnia Rom. Le ricerche mostrano infatti che l'accattonaggio in tali casi non è riconducibile ad intenti criminali, ma è il risultato di una condizione di estrema povertà. Dopo il Covid-19, il Consiglio d'Europa aveva raccomandato agli Stati di sostenere le famiglie Rom attraverso specifici programmi per migliorare le condizioni dei bambini, assicurando loro una istruzione adeguata, degli assegni mensili e anche l'accesso all'assistenza legale, ponendo l'accento sul fatto che l'allontanamento dei bambini dalle famiglie di origine debba essere utilizzata solo come extrema ratio.

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