Caio ricorre avverso la decisione del Giudice del gravame, il quale, in riforma della sentenza di primo grado, aumentava l'assegno divorzile che lo stesso doveva alla ex moglie.
Secondo il giudice del gravame l'aumento dell'assegno era giustificato dal fatto che la donna aveva iniziato a sostenere una spesa per la locazione di un appartamento...
Svolgimento del processo
1. – Con sentenza n. 2271/2021 il Tribunale di Vicenza, adito per lo scioglimento del matrimonio civile con connesse domande per l’assegno divorzile, per il mantenimento dei figli e per l’assegnazione della casa coniugale, si era pronunciato sullo status, aveva revocato l’assegnazione della casa coniugale ponendo a carico di (omissis) per ciascuno dei figli maggiorenni, ma non economicamente indipendenti, un assegno di € 800,00= oltre al 100% delle spese straordinarie, oltre la rivalutazione monetaria, ed un assegno per la (omissis) di €. 2.200,00= mensili soggetto a rivalutazione monetaria.
2. – La Corte di Appello di Venezia con la sentenza impugnata Ha respinto l’appello principale del (omissis) e, in parziale accoglimento dell’appello incidentale della (omissis), ha riformato la sentenza del Tribunale di Vicenza aumentando l’assegno divorzile ad €. 2.500,00= mensili, oltre la rivalutazione annuale Istat;
4. – Per quanto qui di interesse la Corte adita ha statuito che:
a) la situazione economico patrimoniale dell’ex coniuge risulta provata e non efficacemente contestata dallo stesso;
b) le critiche, invece, svolte dall’ex marito sulla situazione economico patrimoniale della moglie, allegate per comprovare una migliore posizione patrimoniale della (omissis), risultano, in via di fatto, ma solo in parte, giustificate;
c) la ricostruzione contabile di tale ultima situazione, pur migliorativa della precedente, non consente di ritenere che l’ex moglie svolga o abbia svolto attività lavorativa e complessivamente gli elementi patrimoniali non consentono di elidere o ridurre l’assegno divorzile. D’altro canto, è sufficiente un'attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali dei coniugi tanto che le limitate discrasie riscontrate rispetto agli accertamenti reddituali accertati in I grado, nella valutazione complessiva delle condizioni reddituali e patrimoniali delle parti, non risultano di rilevante momento complessivo;
d) laddove possa ammettersi in via presuntiva un maggior patrimonio in termini mobiliari della (omissis), il tutto non potrebbe elidere la pretesa della stessa all’assegno in quanto non percepisce alcun altro reddito tanto che la negazione importerebbe impossidenza reddituale. La stessa (omissis), anche per l’età, non potrebbe più (e non risulta) svolgere attività lavorativa tanto che i maggiori importi indicati, anche laddove messi a frutto, unitamente alle capitalizzazioni accertate in c.t.u., non potrebbero garantire il mantenimento adeguato;
e) la capacità lavorativa deve essere accertata in termini concreti e non astratti come il motivo assume erroneamente (non essendo stata allegata alcuna indicazione concreta su possibili occasioni lavorative anche non considerate nella zona di riferimento e tenuto conto delle relative capacità) e deve essere commisurata alle attitudini della parte – verosimilmente considerato anche l’alto tenore della vita matrimoniale come le allegazioni inducono a ritenere - non senza rimarcarsi la possibile contraddittorietà dell’asserto laddove riferito allo svolgimento dell’attività di indossatrice, che l’appellante stesso ritiene non più possibile dopo i 32-33 anni. In ogni caso la difesa della (omissis) ha depositato alcuni documenti comprovanti la ricerca di recente di occasioni lavorative;
f) risulta allegata la differenza non solo patrimoniale, ma soprattutto reddituale tra le parti che pur non decisiva, isolatamente considerata, ai fini della determinazione dell'assegno (Cass. n. 21234/2019) costituisce precondizione fattuale (Cass. 32398/2019). Risulta poi la prova che la differenza reddituale è riconducibile alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli all'interno della coppia e, quindi, al sacrificio delle aspettative di lavoro della (omissis);
g) dagli esiti probatori e specificamente anche dalle prove testimoniali risulta accertato che l’ex moglie ha cessato di lavorare in dipendenza della nascita dei figli e che provvedeva in via esclusiva all’accudimento degli stessi;
h) la domanda, proposta in via incidentale dalla (omissis), diretta ad ottenere l’aumento dell’assegno è fondata a causa dell’esborso mensile, per la locazione, di € 500,00= quale fatto sopravvenuto a seguito della revoca dell’assegnazione della casa coniugale ed in ordine al raggiungimento dell’autonomia economica dei figli. Il tutto giustifica la riforma della sentenza con l’aumento dell’assegno divorzile ad € 2.500,00=.
5. - (omissis) C. ha presentato ricorso per cassazione con quattro motivi ed anche memoria.
(omissis) A., ha presentato controricorso ed anche memoria.
Motivi della decisione
Il ricorrente deduce:
6. - Con il primo motivo: Violazione e/o errata applicazione degli artt. 4, comma 6, 5, comma 9, l.n. 198/1970, degli artt. 32, n. 2, e
38, D.P.R. n.600/1973 e degli artt. 2728, comma 1, c.c. e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. A paere del ricorrente, in contrasto con la normativa sopra richiamata, la Corte d’appello ha erroneamente qualificato le inequivoche e non contestate risultanze dei regolari e ripetuti movimenti in denaro contante emersi in sede di CTU dall’esame dei conti dell’intimata, attinenti l’intero quinquennio considerato, come “meri indizi” (in contrasto con il sistema di presunzioni legali vigente in materia) finendo per considerarli non rilevanti, così come ininfluenti ha reputato le dichiarazioni sottoscritte dall’intimata nelle quali la (omissis), ancorchè ai fini della valutazione di adeguatezza di due polizze assicurative, si era qualificata come titolare di reddito da lavoro dipendente, sebbene negli atti difensivi avesse ripetutamente esposto di non vantare altra entrata diversa dall’assegno mensile. La Corte territoriale ha dunque evidentemente errato nell’omettere di qualificare detti movimenti quali manifestazioni della percezione di un reddito che evidentemente la convenuta intendeva occultare, con ciò violando anche il disposto dell’art. 2728, primo comma, c.c. e dell’art. 116 c.p.c. per effetto dei quali il Giudice in caso di presunzione legale, anche se relativa, deve considerare provato il fatto presunto, in assenza della prova contraria prevista dalla norma sulla presunzione legale.
7. – Con il secondo motivo: Violazione ed errata applicazione degli artt. 2697 c.c., e degli artt. 4, comma 6, 5, comma 9, 5, comma 6, l. n.898/1970 in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. Omesso esercizio dei poteri officiosi ex art. 5, comma 9, l. n. 898/1970 con conseguente nullità del procedimento e della sentenza in relazione all’art.360, primo comma, n. 4, c.p.c. perché la sentenza impugnata ha violato le regole sulla ripartizione dell’onere della prova in materia di attribuzione e determinazione dell’assegno “divorzile”, ritenendo, nonostante le evidenze emerse dai conti dell’intimata, non necessario accertare esattamente i rispettivi redditi, omettendo il doveroso esercizio dei poteri di indagine, contrariamente all’insegnamento della S.C. (da ult. sent. 19/7/22 n. 22616), dando così luogo anche ad error in procedendo in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c. che riverbera sulla sentenza determinandone la nullità.
8. – Con il terzo motivo: Violazione e/o errata applicazione dell’art.5, comma 6, l.n.898/1970 e degli artt. 115-116 e 132, n. 4, c.p.c. Nullità della sentenza e del procedimento – carenza assoluta di motivazione e/o insanabile contrasto in ordine ai presupposti di legge per l’attribuzione e determinazione dell’assegno, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 4, c.p.c.
La Corte ha ritenuto di accertare il diritto all’assegno nell’assenza, pressoché integrale, dei presupposti di legge, come delineati dai noti arresti della SS.UU. e dalla successiva giurisprudenza di legittimità, nonché ricorrendo all’applicazione di presupposti estranei alla struttura dell’istituto. Il Giudice di secondo grado ha sostenuto che la prova del nesso di casualità tra il sacrificio “operato dalla (omissis) in ordine alle proprie aspettative professionali quale indossatrice per accudire i figli ed il vantaggio tratto dal marito” sarebbe da desumere dalle dichiarazioni del teste M. oltre che dalle ammissioni del (omissis). Non è possibile riscontrare la ricorrenza dei presupposti di attribuzione e determinazione dell’assegno alla luce del solo criterio di comparazione dei redditi e della complessiva situazione patrimoniale e finanziaria dei contendenti, senza la puntuale prova, della quale è onerata la parte richiedente, della ricorrenza dei presupposti della non indipendenza economica e del particolare e decisivo contributo dato in costanza di matrimonio, al quale si possa causalmente ricondurre un significativo concorso nella formazione del patrimonio dell’altro coniuge.
8.1 – Il primo, il secondo e il terzo motivo sono connessi tra di loro e possono essere trattati unitariamente. Le censure sono inammissibili. Il ricorrente ripropone le stesse doglianze proposte in appello che sulla base degli esiti probatori erano stati valutati ed in parte ritenuti anche fondati. La Corte, però, ha espresso una valutazione dei nuovi diversi esiti probatori nella loro complessità che la conduce a ritenere che: «Tuttavia, escluso che A.(omissis) svolga o avesse svolto attività lavorativa ed ammesso che la stessa possa aver ottenuto somme dall’eredità paterna (per €. 50.000) e che il patrimonio mobiliare della medesima possa essere maggiore (nei limiti della precedente posta e dei versamenti non chiari in €. 104.714,45), nondimeno il motivo di impugnazione non può essere accolto laddove teso alla elisione o alla riduzione del quantum dell’assegno». La motivazione si fonda così sull’accertamento, anche attraverso prove testimoniali, che la ex moglie non svolge e non può svolgere (per età e motivi di salute) attività lavorativa, su una ricostruzione delle diverse condizioni patrimoniali dei coniugi che non sono equilibrate (nonostante la correzione operabile sulle proprietà mobiliari operata in giudizio) e sull’accertamento del contributo dato alla situazione economico patrimoniale durante il matrimonio rinunziando alla propria attività lavorativa, anche lucrosa, per l’accudimento dei figli e della famiglia. La Corte, nell’ambito di tali accertamenti, ritiene che le censure sull’effettiva consistenza patrimoniale dell’ex moglie, non hanno un rilievo idoneo ad elidere o diminuire l’assegno divorzile.
È indubitabile che oggi si pretenda in sede di legittimità una diversa valutazione degli esiti istruttori e non il mero controllo della veridicità e della coerenza delle argomentazioni poste a sostegno della decisione impugnata. La denuncia di violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., ivi formalmente proposta, non può essere mediata dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie (cfr., anche Cass., n. 15235/2022; Cass., n. 9352/2022; Cass., n. 6000/2022;
Cass., n. 25915/2021), «non potendosi surrettiziamente trasformare il giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, ulteriore grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative» (letteralmente Cass., n. 15235/2022; cfr. Cass., S.U., n. 34476/2019; Cass., n. 8758/ 2017; Cass., n. 32026/2021; Cass., n. 9352/2022). Cass. n. 9021/2023; Cass. n. 6073/2023; Cass. n. 2415/ 2023; ancora recentemente (cfr., pure nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9014/2023; Cass. n. 7993/2023; Cass. n. 4784/2023; Cass. n. 1015/2023);
Il motivo omette di considerare, così, che il predetto apprezzamento è attività riservata al giudice del merito, cui compete non solo la valutazione delle prove, ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a fondare la sua decisione (Cass., n. 16467/2017; Cass., n. 11511/2014; Cass., n. 13485/2014; Cass., n. 16499/2009).
Compito della Corte di cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, dovendo invece la Corte di legittimità limitarsi a controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile (Cass., n. 7523/2022) e ciò, nel caso di specie, è avvenuto.
9. - Con il quarto motivo: Violazione ed errata applicazione dell’art. 5, comma 6, l. n. 898/1970, in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, c.p.c. Nullità della sentenza per insanabile contrasto motivazionale in violazione dell’art 132 n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n.4, c.p.c. perché il Giudice d’Appello, nell’accogliere parzialmente l’appello incidentale, avrebbe errato non solo sul punto afferente l’an debeatur, ma anche in ordine al quantum. Invero, secondo la decisione impugnata, la quantificazione dell’assegno sarebbe da determinare anche in ragione della sopravvenuta stipula del contratto di locazione che, sempre secondo il ragionamento seguito dal Giudice di merito, sarebbe da ricondurre causalmente alla disposta revoca del diritto di abitazione nella casa ex-coniugale.
Il maggior onere così venuto a gravare sul coniuge obbligato sarebbe poi –secondo il giudice d’appello, “compensato” dalla ritenuta cessazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli.
9.1 -La censura è fondata. In tema di divorzio, la revoca dell'assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell'assegno divorzile non giustifica l'automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l'accertamento del venir meno dell'interesse dei figli alla conservazione dell'habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell'autosufficienza economica, o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario (Cass., n.20452/2022) e la revoca dell'assegnazione della casa familiare di proprietà esclusiva dell'altro ex coniuge costituisce sopravvenienza valutabile ai fini della revisione delle condizioni di divorzio, in quanto il relativo godimento, ancorché funzionale al mantenimento dell'ambiente familiare in favore dei figli, riveste valore economico tanto per l'assegnatario, che ne viene privato con la revoca, quanto per l'altro ex coniuge, che se ne avvantaggia attraverso il compimento di attività suscettibili di valutazione economica, che gli erano state precluse col provvedimento di assegnazione, potendo lo stesso andarvi ad abitare o concederla in locazione o impiegarla per la produzione di reddito (Cass., n. 7961/2024). Questi elementi già presenti in primo grado possono rilevare, nei sensi indicati, ai fini della determinazione del quantum dell’assegno divorzile, ma vanno considerati, ove ravvisata la necessità di contribuzione, avuto riguardo ad un’esigenza abitativa astrattamente considerata ed al quantum dell’assegno già complessivamente riconosciuto. Orbene, la valutazione di questo elemento non può variare, in assenza di ulteriori e specifiche ragioni, solo in funzione dell’effettivo costo concretamente sostenuto per soddisfare la specifica scelta abitativa che, di volta in volta, il titolare dell’assegno divorzile possa fare. La Corte non ha tenuto conto, inoltre, che la raggiunta autosufficienza economica dei figli si riverbera sia sul padre che sulla madre, facendo venir meno per entrambi (e non soltanto per l’ex coniuge che provvede al mantenimento indiretto) l'obbligo di mantenimento e quindi, determina per entrambi una maggiore disponibilità economica.
10. – Per quanto esposto, il quarto motivo del ricorso va accolto. La sentenza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà a quanto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma dell’art. 52 d. lgs. n.196/2003.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo del ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.