Secondo l'art. 2054, comma 2, c.c., in caso di incidente stradale, si presume il concorso di colpa a meno che una delle parti non dimostri il contrario. Sarà il giudice a valutarlo in relazione al caso concreto.
L'annullamento di un verbale per eccesso di velocità non dimostra l'assenza di concorso di colpa in caso di sinistro stradale. Lo ha chiarito la Cassazione con l'ordinanza n. 1518/2024 che analizza il caso in cui l'attore chiedeva il risarcimento dei danni subiti a causa di un incidente che aveva coinvolto lui in moto e un'autovettura. Secondo il soggetto, era stato il...
Svolgimento del processo
1. A.A. convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Macerata, B.B., C.C. e la Sasa Assicurazioni, rispettivamente conducente, proprietaria e compagnia assicuratrice, al fine di sentirle condannare in via solidale al risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza del sinistro avvenuto in data 10 giugno 2008, in località Pollenza.
A sostegno della domanda espose, tra l'altro, che il conducente B.B. non aveva osservato l'obbligo di precedenza nell'immettersi sulla strada provinciale n. 12, in tal modo rendendo inevitabile l'impatto tra la moto dell'attore e la vettura condotta dal convenuto.
Si costituì in giudizio la sola società di assicurazioni, contestando il contenuto della domanda e chiedendone il rigetto e facendo presente di avere già versato, in favore dell'attore, la somma di euro 22.000.
Il giudizio venne istruito mediante l'ammissione di prove testimoniali e di due consulenze tecniche d'ufficio, l'una in relazione ai danni subiti dal A.A. e l'altra in relazione a quelli riportati dal motoveicolo.
All'esito dell'attività istruttoria, il Tribunale riconobbe sussistere il concorso di colpa del A.A. nella misura della metà e, per l'effetto, dopo aver liquidato il danno a lui spettante, concluse nel senso che la somma già versata dalla società di assicurazione era più che sufficiente al risarcimento dei danni, compensando le spese nella misura della metà.
2. La decisione del Tribunale è stata impugnata dal A.A. e la Corte d'appello di Ancona, con sentenza dell'11 dicembre 2020, in accoglimento parziale dell'appello, ha condannato la UnipolSai Assicurazioni Spa al pagamento, in favore dell'appellante, dell'ulteriore somma di euro 2.803,80 a titolo di personalizzazione del danno biologico, confermando nel resto la pronuncia impugnata e condannando la UnipolSai Assicurazioni Spa e gli altri appellati, in solido, al pagamento della metà delle ulteriori spese del grado.
La Corte territoriale ha osservato, per quanto di residuo interesse in questa sede, che la presunzione di cui all'art. 2054, secondo comma, cod. civ., non configura un'ipotesi di responsabilità oggettiva ma di responsabilità presunta, dalla quale il conducente può liberarsi dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Nel caso specifico, non era possibile attribuire l'intera responsabilità del sinistro al comportamento colpevole del conducente B.B. - il quale non aveva rispettato il segnale di stop - poiché il A.A. non aveva dato prova di aver osservato le norme sulla circolazione stradale. A tal proposito, la Corte d'appello ha richiamato il verbale di contestazione per eccesso di velocità elevato dai Carabinieri, a carico del A.A., aggiungendo che il successivo annullamento di tale sanzione da parte del Giudice di pace non conteneva alcuna osservazione sull'effettivo comportamento di guida del conducente; e ha aggiunto che il teste D.D., sentito dai Carabinieri nell'immediatezza del fatto, aveva affermato che nel momento dell'impatto la moto condotta dal A.A. stava viaggiando a velocità elevata. Per cui, in definitiva, se l'appellante avesse tenuto una velocità consona allo stato dei luoghi, l'incidente avrebbe potuto essere evitato.
3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Ancona propone ricorso A.A. con atto affidato a due motivi.
Resiste la UnipolSai Assicurazioni Spa con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art.360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonché dell'art. 2054 cod. civ., sostenendo che la gravata sentenza meriti censura nella parte in cui, omettendo di considerare la consulenza tecnica di parte ricorrente, ha ritenuto mancante la prova della sua assenza di responsabilità nella causazione del sinistro stradale, rigettando di conseguenza la richiesta di ammissione di c.t.u. cinematico-ricostruttiva, in quanto esplorativa.
Il ricorrente sostiene di aver fornito la prova di avere osservato pienamente le norme sulla circolazione stradale, tramite la produzione di una consulenza tecnica di parte e della sentenza n. 819 del 2019 del Giudice di pace di Macerata che aveva annullato il verbale elevato, per eccesso di velocità, dai militari nei suoi confronti. Aggiunge che dalle dichiarazioni testimoniali non era dato evincere alcuna sua responsabilità nella determinazione del sinistro, poiché il teste D.D. aveva espresso, in realtà, non un giudizio oggettivo, quanto piuttosto la sua versione dei fatti supportata da una valutazione del tutto personale.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza per motivazione apparente o illogica, ribadendo considerazioni già compiute nel primo motivo e riguardanti la mancata ammissione della c.t.u. e la non corretta valutazione delle prove testimoniali.
3. I due motivi di ricorso, da trattare congiuntamente in considerazione della stretta connessione tra loro esistente, sono entrambi inammissibili.
3.1. Occorre innanzitutto rilevare che la giurisprudenza di questa Corte ha in più occasioni affermato che in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (v., tra le altre, le sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028, e l'ordinanza 5 giugno 2018, n. 14358).
In particolare, in tema di responsabilità derivante da circolazione stradale, nel caso di scontro tra veicoli, ove il giudice abbia accertato la colpa di uno dei conducenti, egli non può, per ciò solo, ritenere superata la presunzione posta a carico anche dell'altro dall'art. 2054, secondo comma, cod. civ., ma è tenuto a verificare in concreto se quest'ultimo abbia o meno tenuto una condotta di guida corretta (sentenza 20 marzo 2020, n. 7479).
Tale presunzione, inoltre, ha carattere sussidiario ed opera non solo quando non sia possibile stabilire il grado di colpa dei due conducenti, ma anche qualora non siano accertabili le cause e le modalità del sinistro. Questo principio configura, a carico del conducente, una responsabilità presunta da cui il medesimo può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto (ordinanza 16 febbraio 2017, n. 4130).
3.2. Nel caso specifico la Corte di merito, con un giudizio di merito non più suscettibile di riesame in questa sede, ha affermato che l'intervenuto accertamento della responsabilità del conducente dell'autovettura non escludeva quella, concorrente, del conducente della moto; ed ha concluso nel senso che il A.A. non aveva dimostrato la totale correttezza del proprio comportamento, sussistendo, anzi, elementi che deponevano in senso contrario (deposizione testimoniale e verbale di violazione dei limiti di velocità, che era stato sì annullato dal Giudice di pace, ma senza nessuna effettiva indicazione del comportamento del conducente sanzionato).
A fronte di tale ricostruzione, in linea con la suindicata giurisprudenza di questa Corte, i due motivi - che dimostrano di non cogliere l'effettiva ratio decidendi del provvedimento impugnato - si risolvono nell'evidente tentativo di ottenere in questa sede un diverso e non consentito esame del merito. La sollecitazione all'ammissione della c.t.u. non può essere utilmente invocata in questa sede, dal momento che essa non è un mezzo di prova ed è il giudice di merito, nella sua qualità di peritus peritorum, l'unico in grado di stabilire se sia o meno necessario l'intervento dell'ausiliario (e la Corte d'appello ha escluso tale necessità). La c.t.u., infatti, non può essere utilizzata al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero a compiere un'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (ordinanza 15 dicembre 2017, n. 30218).
La violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non è dedotta secondo i canoni indicati da Cass. n. 11892 del 2016 e ribaditi, ex multis, anche dalle Sezioni Unite (si veda Cass., Sez. Un., n. 20867 del 2020). In definitiva, la violazione dell'art. 2054 c.c. viene prospettata come risultante da una non dovuta sollecitazione a rivalutare le risultanze istruttorie.
Evidentemente inammissibile è, poi, la censura del secondo motivo - che è, in ampia misura, una riedizione del primo - posto che la Corte di merito ha motivato la propria decisione con argomentazioni coerenti e prive di vizi logici, per cui la nullità ivi lamentata non sussiste. Senza contare che la violazione dell'art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., implicitamente evocata nel motivo in esame, è dedotta sulla base di elementi che non sono tratti dalla pronuncia impugnata.
4. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
Non si deve far luogo alla condanna del ricorrente alle spese, in considerazione della tardività del controricorso. Mentre il ricorso, infatti, è stato notificato in data 11 giugno 2021, il controricorso è stato notificato soltanto il successivo 29 settembre 2021, cioè oltre il termine stabilito dall'art. 370 cod. proc. civ., anche calcolando l'aggiunta dei 31 giorni di sospensione feriale.
Sussistono tuttavia le condizioni di cui all'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, se dovuto.