L'esonero dall'obbligo di lavoro notturno per ragioni di genitorialità, ex art. 53, secondo comma, D.Lgs. n. 151/2001, si applica anche al personale di volo dell'aviazione civile.
La Corte d'Appello di Milano confermava la decisione di primo grado avente ad oggetto l'accertamento del diritto di un assistente di volo all'esonero dal lavoro notturno fino al compimento del terzo anno d'età della figlia, l'ordine alla società datrice di non adibirla ai turni notturni e la condanna della stessa alla...
Svolgimento del processo
1. con sentenza del 31 gennaio 2022, la Corte d'appello di Milano ha posto le spese del giudizio di primo grado a carico di N. s.p.a. in misura della metà, compensandole per la metà residua (e analogamente regolando quelle del secondo); nel resto rigettando l’appello della società avverso la sentenza del Tribunale, che aveva accertato il diritto di N.D.G., assistente di volo alle sue dipendenze, all’esonero dal lavoro notturno fino al compimento del terzo anno d’età della figlia e ordinato alla società di non adibirla ai turni notturni fino al 14 gennaio 2023, condannandola alla rifusione, in favore della lavoratrice, delle spese del giudizio;
2. in conformità ad un proprio precedente (richiamato ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. e seguito da altro), in argomentato dissenso dall’unico arresto di legittimità in senso contrario (Cass. 18285/2017), essa ha escluso, in quanto applicabile anche all’orario di lavoro del personale di volo dell’aviazione civile (regolato dal d.lgs. 185/2005), l’obbligo di lavoro notturno per la lavoratrice madre di un minore di età compresa tra uno e tre anni o, in alternativa, per il lavoratore padre convivente con ella, stabilito dall’art. 53, secondo comma, lett. a) d.lgs. 151/2001.
Essa l’ha, infatti, ritenuta norma in favore della generalità delle lavoratrici madri, disciplinante, in attuazione della Direttiva 92/85/CE, “i congedi, i riposi, i permessi e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, connessi alla maternità e alla paternità di figli, naturali, adottivi e in affidamento, nonché di sostegno alla maternità e alla paternità” (art. 1, primo comma), non abrogata implicitamente dagli artt. 11 e 19 d.lgs. 66/2003 (di attuazione delle Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione del lavoro), siccome testo normativo inapplicabile al personale di volo nell’aviazione civile e per la parziale modificazione (a norma dell’art. 11 d.lgs. 80/2015) dell’art. 53 suddetto, pertanto vigente.
La Corte territoriale ha argomentato una tale interpretazione, per l’assenza di una disciplina specifica nel citato d.lgs. 185/2005, regolante, in attuazione della Direttiva 2000/79/CE, solo alcuni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, in particolare di limitazione del lavoro notturno soltanto per ragioni di salute del dipendente “aventi nesso riconosciuto con il fatto” di prestare “anche lavoro notturno” (artt. 4 Direttiva 2000/79/CE e 7, quarto e quinto comma d.lgs. 185/2005), nell’ottica di tutela della sicurezza e della salute del personale di volo, indipendentemente dalla presenza di prole in tenera età. Né ad una tale applicazione ha ritenuto ostare l’espressa esclusione del personale di volo nell’aviazione civile, oggetto della Direttiva 2000/79/CE, dall’ambito previsionale del d.lgs. 66/2003 (art. 2, primo comma), parimenti regolante l’assenza di obbligo del lavoro notturno per la lavoratrice madre di un minore di età compresa tra uno e tre anni o, in alternativa, per il lavoratore padre convivente (art. 11, secondo comma, lett. a);
3. inoltre, la Corte d’appello ha negato la necessità di provare che anche l’altro genitore sia adibito al lavoro notturno, senza fruire di tale diritto, non evincendosi dal tenore letterale dell’art. 53, secondo comma, lett. a) d.lgs. 151/2001 il requisito che entrambi i genitori debbano versare in tale condizione;
4. infine, essa ha ritenuto infondata la doglianza della società appellante, di inclusione nell’esonero dei pernottamenti fuori sede anche se effettuati in regime di riposo, per essere una tale interpretazione della suddetta norma incompatibile con la ratio di tutela della genitorialità, al fine di assicurare al minore di età compresa tra uno e tre anni la presenza e l’assistenza nelle ore notturne della madre o del padre;
5. con atto notificato il 23 giugno 2022, la società ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, cui la lavoratrice ha resistito con controricorso;
6. il Consigliere delegato dal Presidente di Area ha formulato, a norma dell’art. 380bis, primo comma c.p.c., una sintetica proposta di definizione del giudizio per manifesta infondatezza del ricorso;
7. con tempestiva istanza, sottoscritta dal difensore munito di nuova procura speciale in data 20 novembre 2023, la società ha richiesto la decisione, ai sensi dell’art. 380bis, secondo comma
c.p.c. e, con una successiva, la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, a norma dell’art. 376, secondo comma c.p.c., rigettata con decreto del Presidente Aggiunto del 5 marzo 2024, in esito al quale è stata fissata l’odierna adunanza;
8. la ricorrente ha comunicato memoria finale;
9. il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art.
380bis1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
Motivi della decisione
1. la ricorrente ha dedotto falsa applicazione dell’art. 53, secondo comma d. lgs. 151/2001 e violazione degli artt. 7, secondo comma d.lgs. 185/2005, 2, 11 e 19 d.lgs. 66/2003, 15 disp. prel. c.c., per l’assenza di una norma di tutela della genitorialità, regolante il lavoro notturno per il personale di volo nell’aviazione civile, ad esso esplicitamente non applicabile la prima norma denunciata, ai sensi dell’art. 2, primo comma d.lgs. 66/2003 (che espressamente limita il lavoro notturno all’art. 11, in attuazione delle Direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione del lavoro, in funzione di tale tutela), così trovando nell’art. 7, secondo comma d.lgs. 185/2005 una disciplina speciale di tutela soltanto “il personale di volo che abbia problemi di salute aventi nesso riconosciuto con il fatto che presta anche lavoro notturno”, senza alcuna violazione della clausola di non regresso della Direttiva 2000/79/CE, non prevedendo alcuna disciplina deteriore alla precedente, mai essendo stata applicata al lavoro aeronautico la disposizione sull’esonero dal lavoro notturno riprodotta dall’art. 53, secondo comma d.lgs. 151/2001.
La società sottolinea pure come tale norma sia stata abrogata dall’art. 19, secondo comma d.lgs. 66/2003 (di riforma organica della materia di organizzazione dell’orario di lavoro), essendo poi irrilevante, ai fini della vigenza dell’art. 53 citato, la modificazione dell’art. 11 d.lgs. 80/2015, riferita non ad esso (mera norma di Testo Unico riepilogativo di altre fonti normative), ma all’art. 5, comma primo e secondo, lett. a), b) legge n. 903/1977; né, infine, sia violata la direttiva 92/85/CE, non limitante all’art. 7 il lavoro notturno per ragioni di genitorialità di un minore di età compresa tra uno e tre anni (primo motivo); violazione e falsa applicazione degli artt. 53, secondo comma d.lgs. 151/2001, 11 d.lgs. 66/2003 e 2697 c.c., per l’erronea esclusione di mancanza di prova, a carico della lavoratrice, dell’adibizione di entrambi i genitori al lavoro notturno, senza la fruizione del diritto all’esonero fino al compimento del terzo anno d’età della prole (secondo motivo);
violazione e falsa applicazione degli artt. 112 c.p.c., 11 e 2 d.lgs 66/2003, 53 d.lgs. 151/2001, 2 d.lgs. 185/2005 e della norma ORO FTL 235 lett. b) reg. UE 83/2014, per vizio di ultrapetizione della sentenza, che ha affermato il diritto, non richiesto, della lavoratrice di non essere adibita al lavoro in trasferta (in orario diurno) con pernottamento fuori casa; nonché per erronea individuazione del lavoro notturno dalle ore 24 alle ore 6, secondo la previsione dell’art. 53, primo comma d.lgs. 151/2001 (dettata per le donne in stato di gravidanza e le madri fino a un anno di età del bambino), anziché di “periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino”, come definito dall’art. 1, secondo comma, lett. d) d.lgs. 66/2003 (“periodo notturno”) e per erronea esclusione del comando in trasferta di un assistente di volo, avente diritto all’esonero, per eseguire un servizio diurno di base (tra le ore 6 e le ore 24), se comportante un pernotto in riposo in albergo, libero da qualsiasi servizio ma impedito dall’essere a casa a fruire dell’esonero, dovendosi intendere per “orario di lavoro”, secondo la definizione dell’art. 2 d.lgs. 185/2005 “qualsiasi periodo di tempo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività, o delle sue funzioni conformemente alle disposizioni, anche dei contatti collettivi di lavoro, applicabili in materia” (terzo motivo);
2. essi, congiuntamente esaminabili per ragioni di stretta connessione, sono infondati;
3. nella proposta formulata a norma dell’art. 380bis, primo comma c.p.c., oggetto di richiesta di decisione ai sensi dell’art. 380bis, secondo comma c.p.c. e più argomentatamente ribadito dal Presidente Aggiunto di questa Corte con decreto 5 marzo 2024, di rigetto dell’istanza di rimessione del ricorso alle Sezioni Unite, per inesistenza di alcun contrasto attuale tra il più recente indirizzo di legittimità in merito alle questioni devolute con il presente ricorso, è stato esattamente osservato che, a fronte di un’evoluzione interpretativa rispetto ad un primo diverso orientamento (espresso dal precedente arresto di questa Corte del 25 luglio 2017, n. 18285), esso è stato superato da “un meditato ripensamento … come emerge dalla contestuale trattazione in una medesima udienza di sei giudizi vertenti sulla medesima questione, affidati rispettivamente a tre diversi relatori, al fine di propiziarne il massimo approfondimento” (così sub p.to 4.1. di pg. 4 del decreto citato). Sicché, questo collegio non ravvisa ragioni per disattendere l’odierno indirizzo, consapevolmente assunto, in esito ad una serena rimeditazione delle questioni e ad uno scrupoloso approfondimento;
3.1. i motivi illustrati sono già stati prospettati con il ricorso R.G. 6929/20 proposto dalla medesima società ricorrente, assistita dallo stesso difensore ed hanno trovato puntuale ed esauriente riposta nella sentenza di questa Corte 25 luglio 2023, n. 22384, alla quale integralmente si rinvia, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c. (cui si sono conformate le successive del 25 luglio 2023, nn. 22386, 22389, del 26 luglio 2023, n. 22564 e
del 21 settembre 2023, nn. 27072 e 27073).
Gli odierni motivi trovano corrispondenza nei primi quattro (degli otto complessivi: quelli ulteriori riguardanti questioni estranee alla controversia in oggetto) del ricorso R.G. 6929/20, pure congiuntamente esaminati; in particolare, il primo odierno nei primi due del ricorso detto, il secondo odierno nel terzo ed il terzo odierno nel quarto.
Essi sono stati così argomentatamente disattesi:
a) i primi due (primo odierno), per l'affermazione secondo cui l’esonero dall'obbligo di lavoro notturno per ragioni di genitorialità, stabilito all'art. 53, secondo comma d.lgs. 151/2001, si applica anche al personale di volo dell'aviazione civile, nonostante l'inapplicabilità delle norme sull'orario di lavoro che disciplinano il lavoro notturno (artt. 11 - 15 d.lgs. 66/2003), atteso che con tale disposizione si è predisposto un nucleo minimo di tutela, assicurando indistintamente alla lavoratrice madre o al lavoratore padre la facoltà di sottrarsi al lavoro notturno in ragione dell'intenso rapporto che lega il genitore al minore in tenera età (in motivazione sub p.ti 10, 10.1, in esito alla ricostruzione del quadro normativo: p.ti da 9.2 a 9.7);
b) il terzo (secondo odierno), per l'esclusione della necessità che, per poter beneficiare dell’esonero, entrambi i genitori debbano essere addetti contestualmente ad un lavoro in orario notturno, non avvalorando il tenore testuale dell’art. 53, secondo comma d.lgs. 151/2001 una tale interpretazione (in motivazione sub p.ti da 11 a 11.3);
c) il quarto (terzo odierno), per non essere l’accertamento del giudice di appello, che ha ricompreso i pernottamenti fuori sede nella finalità perseguita dalla norma, viziato di ultrapetizione, per avere la Corte territoriale, a fronte di una domanda di accertamento del diritto ad essere esonerati dal lavoro notturno, correttamente ritenuto che il bene della vita intenso conseguire con la domanda formulata (volta ad assicurare alla madre il godimento del riposo giornaliero in orario notturno al fianco del minore) interessasse anche la circostanza di dover godere del riposo notturno fuori dalla propria sede (in motivazione sub p.to 12.1).
Occorre pure rilevare trattarsi, come esattamente osservato anche nella proposta messa in discussione, di valutazione di “non vanificare altrimenti la ratio di tutela dei figli minori” (così al diciottesimo e diciannovesimo alinea di pg. 8 della sentenza qui impugnata), interferente con la latitudine del perimetro interpretativo della domanda, proprio del giudice di merito (dall’undicesimo al ventunesimo alinea di pg. 8 della sentenza impugnata), non validamente censurato;
4. infine, deve essere ribadito, in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, che l'art. 380bis, terzo comma c.p.c. (come novellato dal d.lgs. 149/2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica di sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell'art. 96 c.p.c. – codifica un'ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente (Cass. S.U. 27 settembre 2023, n. 27433; Cass. S.U. 13 ottobre 2023, n. 28540);
5. pertanto il ricorso deve essere rigettato, con regolazione delle spese secondo il regime di soccombenza, la condanna ad una somma equitativamente determinata, ai sensi dell’art. 96, terzo comma c.p.c., oltre che ad una somma di denaro in favore della cassa ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma c.p.c. e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 6.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso per spese generali in misura del 15 % e accessori di legge, in € 3.000,00 ai sensi degli artt. 380bis e 96, terzo comma c.p.c. e € 2.500,00 ai sensi degli artt. 380bis e 96, quarto comma c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.