Svolgimento del processo
1. La Corte d'Assise d'Appello di Torino, con sentenza del 17/5/2023, in parziale riforma della sentenza pronunciata dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Novara il 28/7/2022, ha riconosciuto la circostanza attenuante della provocazione e quelle di cui agli artt. 62 n. 2 e 62 bis cod. pen. prevalenti sull'aggravante e, rideterminata la pena in anni otto di reclusione, ha confermato nel resto la condanna nei confronti di N. M. in relazione al reato di omicidio di cui agli artt. 575 e 61 n. 5 cod. pen.
2. La ricorrente è stata rinviata a giudizio e processata con il rito abbreviato per avere cagionato la morte di A. A. colpendolo con tredici coltellate che lo hanno attinto nella parte superiore del corpo e in corrispondenza di vari organi vitali.
Per come ricostruito nelle sentenze di merito l'imputata svolgeva l'attività di domestica presso l'abitazione della vittima, persona invalidà al 100% con difficoltà di deambulazione. Nel corso del tempo, come dichiarato dalla stessa imputata, era iniziata una sorta di relazione sessuale che la stessa ha subito al fine di non perdere il lavoro che, pure se limitato a una volta alla settimana, le garantiva di supportare gli scarsi redditi familiari.
In alcune occasioni i rapporti erano stati connotati da violenza ma questi erano comunque continuati.
Nell'ultimo periodo, proprio perché non voleva più continuare questo rapporto, non era andata a lavorare per circa tre settimane ma poi, avendone necessità, era tornata al lavoro che era ripreso proprio il giorno in cui si sono svolti i fatti.
In questa ultima occasione l'uomo aveva cercato di avere un rapporto sessuale mentre lei stava lavando i piatti e lei si era rifiutata, lo stesso, quindi, l'avrebbe minacciata con un coltello da cucina che lei si era ritrovata tra le mani dopo una breve colluttazione e lo aveva quindi colpito.
Subito dopo era scappata dalla casa e si era rifugiata da una vicina di casa a cui aveva raccontato i fatti e chiesto di chiamare la polizia per soccorrere l'uomo che era rimasto ferito.
Quest'ultima parte del racconto è stata confermata nella sostanza dalla vicina di èasa e dalla figlia.
Nel corso del giudizio la difesa dell'imputata ha invocato il riconoscimento della legittima difesa, anche putativa, o, quanto meno, l'eccesso colposo.
Il giudice di primo grado, ritenute le circostanze attenuanti generiche all'aggravante contestata, ha condannato l'imputata alla pena di anni sedici e mesi sei di reclusione.
La Corte di appello, ritenuti infondati i motivi di appello quanto alla legittima difesa, anche putativa e all'eccesso colposo in ordine alla medesima scriminante, ha comunque riconosciuto la sussistenza dell'attenuante della provocazione e, modificato il giudizio di bilanciamento nei termini della prevalenza delle attenuanti, ha rideterminato la pena in anni otto di reclusione.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputata che, a mezzo del difensore, ha dedotto i seguenti motivi.
3.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 52, 59 e 55 cod. pen. Nel primo motivo la difesa rileva che la conclusione della Corte territoriale in ordine al mancato riconoscimento della legittima difesa, anche solo nella forma putativa, o nei termini dell'eccesso colposo della stessa sarebbe errato. I giudici di merito, infatti, non avrebbero adeguatamente considerato e valutato che l'imputata aveva reagito al comportamento tenuto dalla vittima e che i fatti si inserivano in un rapporto caratterizzato dalla violenza e dalla sopraffazione, tipiche della personalità della vittima, che aveva aggredito in passato anche le figlie e la moglie, tanto che queste non si sono costituite parte civile e non hanno voluto recuperare gli effetti personali del congiunto. In tale corretta prospettiva, pertanto, avrebbero dovuto essere valutati gli elementi accertati, come anche il numero di coltellate inferte quasi a caso e il comportamento tenuto dalla ricorrente subito dopo i fatti, cioè essere scappata dalla vicina di casa chiedendo di chiudere la porta e di avvisare il 112. Tali elementi, comunque, pure volendo escludere l'operatività della scriminante di cui all'art. 52 cod. pen., diversamente da quanto ritenuto, avrebbero dovuto essere valutati e considerati ai fini del riconoscimento della stessa ai sensi dell'art. 59 cod. pen. o, quanto meno, la reazione della ricorrente avrebbe dovuto essere qualificata come un eccesso colposo della legittima difesa, ciò anche considerato lo stato di confusione nel quale questa si trovata subito dopo i fatti.
3.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 584 cod. pen. o comunque quanto alla mancata assoluzione perché il fatto non costituisce reato per difetto dell'elemento psicologico. Nel secondo motivo la difesa rileva che dagli elementi acquisiti, cioè dal comportamento tenuto subito dopo essere arrivata nella casa della vicina, emergerebbe l'insussistenza del dolo di omicidio. La richiesta di chiamare il 112, infatti, evidenzierebbe che l'imputata voleva che la persona offesa, come peraltro aveva già fatto in passato, venisse soccorsa e questo sarebbe incompatibile con l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 575 cod. pen. Sotto altro profilo, poi, la condotta posta in essere dalla donna, costituita da una istintiva reazione alla condotta violenta e aggressiva della vittima, potrebbe al più rientrare nella previsione di cui all'art. 584 cod. pen. in quanto la morte della persona offesa sarebbe una conseguenza non voluta da chi, in stato di shock, avrebbe cercato di provocare soltanto delle lesioni per riuscire a guadagnare la fuga.
3.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio che avrebbe potuto essere ulteriormente contenuto.
4. In data 8 febbraio 2024 sono pervenute le conclusioni nelle quali il Sost. Proc: Gen.
M. Francesca Loy, evidenziato che la motivazione della sentenza impugnata è carente quanto al mancato riconoscimento della legittima difesa, anche putativa ovvero quanto all'eccesso colposo della stessa, chiede l'accoglimento del primo motivo di ricorso e l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è complessivamente infondato.
2. Nel primo motivo la difesa deduce la vioJ.azione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 52, 59 e 55 cod. pen. r\levando che la conclusione della Corte territoriale in ordine al mancato riconoscimento della legittima difesa, anche solo nella forma putativa, o nei termini dell'eccesso colposo della stessa sarebbe errato.
La doglianza è infondata.
2.1. In estrema sintesi, come indicato dalla pacifica giurisprudenza di legittimità (Sez. 4, n. 24084 del 28/02/2018, Perrone, Rv. 273401 - 01; Sez. 4, n. 33591 del 03/05/2016, Bravo, Rv. 267473 - 01; Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255268- 01; Sez. 5, n. 25653 del 14/5/2011, Diop, Rv. 240447 - 01; Sez. 1, n. 47117 del 26/11/2009, Carta, Rv. 245884 - 01; Sez. 4, n. 32282 del 4/7/2006, De Rosa, Rv. 235181 - 01; Sez. 4 n. 16908 del 12/02/2004, Lopez, Rv. 228045 - 01), i requisiti costitutivi della legittima difesa di cui all'art. 52 cod. pen. sono:
-un'aggressione ingiusta, concreta e imminente, che deve consistere in un pericolo attuale di un'offesa che, se non neutralizzata tempestivamente, sfocia nella lesione del diritto (Sez. 1, n. 48291 del 21/06/2018, Gasparini, Rv. 274534 - 01; cfr. Sez. 5, n. 36143 del 11/04/2019, Lepre, Rv. 277030 - 01 per cui l'ingiustizia è esclusa nel caso in cui le offese siano reciproche, salva l'ipotesi, sussistendo gli altri presupposti di legge, in cui l'agente abbia reagito a un'azione assolutamente imprevedibile e sproporzionata, ossia a un'offesa che, per essere diversa e più grave di quella accettata, si presenti del tutto nuova, autonoma ed in tal senso ingiusta);
-una reazione legittima in quanto imposta dalla necessità di difendersi e non per risentimento o ritorsione (Sez. 1, Sentenza n. 52617 del 14/11/2017, Pileggi, Rv. 271605 - 01; Sez. 1, n. 3200 del 18/02/2000, Fondi, Rv. 215513 - 01; cfr. Sez. 1, n. 2911 del 07/12/2007, dep. 2008, Marrocu, Rv. 239205 - 01 nel senso che la determinazione volontaria dello stato di pericolo esclude la configurabilità della legittima difesa per difetto del requisito della necessità della difesa in quanto chi agisce nella ragionevole previsione di determinare una reazione aggressiva, accetta volontariamente la situazione di pericolo da lui determinata);
-l'inevitabilità del pericolo, per cui l'esimente non è configurabile se l'agente ha avuto la possibilità di allontanarsi dall'aggressore senza pregiudizio e senza disonore (Sez. 1, n. 37289 del 21/06/2018, Fantini, Rv. 273861 - 01; Sez. 1, n. 18926 del 10/04/2013, Paoletti, Rv. 256016 - 01; Sez. 1, n. 4890 del 10/12/2008, dep. 2009, Bazzu, Rv. 243369 - 01; Sez. 5, n. 25653 del 14/05/2008, Diop, Rv. 240447 - 01; Sez. 1, n. 5697 del 28/01/2003, Di Giulio, Rv. 223441 - 01);
-la proporzione tra difesa ed offesa, che viene comunque meno nel caso di beni eterogenei in conflitto, quando la consistenza dell'interesse leso, quale la vita e l'incolumità della persona, sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali e di quelli penalmente protetti, dell'interesse patrimoniale difeso (Sez. 5, n. 32414 del 24/09/2020, Di Pietro, Rv. 279777 - 01 e anche, con riferimento alle modifiche apportate da L. 36 del 2019 n. 36, Sez. 1, n. 23977 del 12/04/2022, Diana, Rv. 283185 -
01).
L'ipotesi dell'eccesso colposo della legittima difesa di cui all'art. 55 cod. pen. ricorre nel caso in cui il superamento del limite della necessaria proporzione che deve esserci tra la difesa del bene giuridico minacciato e l'offesa è dipeso da errore determinato da colpa (Sez. 1, Sentenza n. 41552 del 13/06/2023, Bruno, Rv. 285373 - 01; Sez. 1, n. 8999 del 24/09/1997, Merola, Rv. 208474).
Sotto tale profilo, infatti, lo stato di grave turbamento che funge da presupposto, in alternativa a-Ila minorata difesa, per l'applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 55, comma secondo, cod. pen, come introdotto dalla legge 26 aprile 2019, n. 36, richiede che esso sia prodotto dalla situazione di pericolo in atto, rendendo, di conseguenza, irrilevanti stati d'animo che abbiano cause preesistenti o diverse ed è necessario un esame di tutti gli elementi della situazione per accertare se la concretezza e gravità del pericolo in atto possa avere ingenerato un turbamento così grave da rendere inesigibile quella razionale valutazione sull'eccesso di difesa che costituisce oggetto del rimprovero mosso a titolo di colpa. (Sez. 4, n. 34345 del 10/11/2020, Setti, Rv. 279964 - 01).
Più in generale, d'altro canto, è configurabile la fattispecie della legittima difesa putativa di cui all'art. 59 cod. pen. quando la reazione è stata la conseguenza di un errore scusabile, cioè quando questo trovi un'adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare nell'agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di un'offesa ingiusta (Sez. 1, n. 11610 del 09/02/2011, Qaloun, Rv. 249875 - 0lSez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, dep. 2010, Narciso, Rv. 245634 - 01).
In tutti i casi, comunque, l'accertamento della legittima difesa, reale o putativa o dell'eccesso colposo di questa, deve essere rigoroso e «deve essere effettuato con un giudizio "ex ante" calato all'interno delle specifiche e peculiari circostanze concrete che connotano la fattispecie da esaminare, secondo una valutazione di carattere relativo e non assoluto ed astratto, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito, cui spetta esaminare, oltre che le modalità del singolo episodio in se considerato, anche tutti gli elementi fattuali antecedenti all'azione che possano aver avuto concreta incidenza sull'insorgenza dell'erroneo convincimento di dover difendere sé o altri da un'ingiusta aggressione, senza tuttavia che possano considerarsi sufficienti gli stati d'animo e i timori personali» (Sez. 1, n. 13370 del 05/03/2013, R., Rv. 255268- 01; nello stesso senso recentemente Sez. 5, n. 32414 del 24/09/2020, Di Pietro, cit.).
In una corretta prospettiva, infine, si deve ribadire che il riconoscimento o l'esclusione della legittima difesa, reale o putativa, e dell'eccesso colposo nella stessa, quando gli elementi di prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito, costituisce un giudizio di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità (Sez. 1, n. 3148 del 19/02/2013, dep. 2014, Mariani, Rv. 258408 - 01)
2.2. Nel caso di specie i giudici di merito si sono conformati ai principi indicati e hanno reso in ordine alle questioni sollevata una motivazione corretta, logica e coerente agli elementi acquisiti e il giudice di appello ha fornito una risposta adeguata alle analoghe critiche già esposte nei confronti della sentenza di primo grado.
Le due conformi sentenze di merito, le cui motivazioni si saldano e integrano, hanno ricostruito i fatti sulla base delle dichiarazioni rese dall'imputata e degli elementi acquisiti nel corso delle indagini, la consulenza medico legale, gli accertamenti effettuati dalla polizia giudiziaria, anche tecnici dal R.I.S., l'analisi dei tabulati e le testimonianze rese dal marito della ricorrente e dalle vicine di casa, oltre che dall'ex moglie e dalle figlie della vittima.
Con specifico riferimento alla legittima difesa, invocata dalla ricorrente, entrambi i giudici hanno fatto riferimento alle dichiarazioni rese dall'imputata e al numero di coltellate inferte.
Quello che è apparso dirimente, oltre alla considerazione che il protrarsi del rapporto
non poteva nella sostanza essere giustificato dalla sola costante sopraffazione della vittima, è stato il fatto che la vittima e l'imputata non avevano graffi, tagli o altre tracce di una colluttazione (per certi versi specifica sul punto cfr. Sez. 1, n. 26878 del 25/05/2012, Inturri, Rv. 253068 - 01 secondo la quale «vanno esclusi l'eccesso di legittima difesa e la legittima difesa putativa allorquando l'aggressore attenti con arma da taglio all'incolumità di un uomo disarmato mirando a zone vitali del corpo, senza presentare a sua volta alcuna lesione dimostrativa di un'aggressione patita») e che, soprattutto, non è credibile che la ricorrente si sia "ritrovata" con il coltello in mano.
Il primo giudice ha correttamente impostato l'analisi circa la possibilità o meno di riconoscere la scriminante facendo riferimento ai criteri indicati dalla giurisprudenza di legittimità (la necessarietà della reazione e la proporzionalità di questa con il pericolo da cui ci si deve difendere) è ha evidenziato gli elementi posti a fondamento della decisione contraria sul punto:
a) che l'imputata - anche considerate le caratteristiche fisiche dei due (la donna robusta e lui invalido con difficoltà di deambulazione e problemi cardiaci, circostanze queste confermate dalle indagini e dai testimoni) - avrebbe potuto sottrarsi abbastanza agevolmente alle richieste;
b) che la reazione, ben 13 coltellate, di cui 3 in parti vitali, risultava assolutamente sproporzionata rispetto all'effettiva necessità di darsi alla fuga.
La Corte territoriale ha ripercorso e condiviso tale ragionamento e, tenendo conto delle osservazioni della difesa, ha esposto le ragioni sulle quali ha fondato la conclusione in termini di infondatezza dell'impugnazione.
Ciò anche considerando gli esiti della perizia disposta in secondo grado come richiesto dalla difesa nel primo motivo.
Il perito, infatti, escluso che l'imputata fosse incapace di intendere e volere, seppure abbia riconosciuto che le capacità intellettive della stessa sono piuttosto basse, ha comunque evidenziato che questa è perfettamente capace di orientarsi e affrontare e gestire la vita quotidiana, tanto da essersi sposata, avere svolto attività lavorativa e avere cresciuto dei figli.
Il ragionamento complessivamente seguito, correttamente sviluppato con specifico riferimento a quanto accaduto il 24 novembre 2021, come detto, risulta adeguato e coerente.
Le considerazioni esposte dalla difesa, e sotto certi profili condivise dal Procuratore generale, infatti, tese a valorizzare il contesto complessivo, cioè tutti i cinque anni nei quali si è sviluppata la relazione tra la ricorrente e la vittima, non sono condivisibili.
Il fatto che l'uomo, invalido ma anche violento e dal carattere estremamente difficile, come tale abbandonato dai familiari, volesse ancora una volta approfittare della sua posizione di datore di lavoro domestico per indurre l'imputata ad avere rapporti sessuali con lui, non è per ciò solo sufficiente a dimostrare che lo stesso abbia tentato di uccidere la donna e che questa, anche solo per errore, sia stata indotta a prendere il coltello da cucina solo per difendersi.
A fronte della logica ricostruzione contenuta nelle sentenze di merito, fondata su incontestabili elementi di fatto, come il numero delle coltellate inferte, infatti, l'ipotesi della legittima difesa, anche putativa ovvero dell'eccesso colposo, è rimasta allo stato della mera allegazione, priva di ogni concreto riscontro.
Né, d'altro canto, coglie nel segno la considerazione secondo la quale il riconoscimento dell'attenuante della provocazione sarebbe incompatibile con l'esclusione della scriminante.
La motivazione sul punto, che tiene espressamente conto del mancato riconoscimento dell'esimente ed evidenzia gli elementi (il dolo d'impeto, l'insistenza nella richiesta dalle modalità anche forse aggressive e il mal di testa) per cui l'attenuante della provocazione è stata ritenuta configurabile risulta, infatti, anche con il riferimento all'evidente sproporzione della reazione, logica e coerente (Sez. 1, n. 53387 del 19/09/2018, Frocione, Rv. 274553 - 01).
3. Nel secondo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all'art. 584 cod. pen. o comunque quanto alla mancata assoluzione perché il fatto non costituisce reato per difetto dell'elemento psicologico.
Le doglianze sono manifestamente infondate.
3.1. L'omicidio volontario e quello preterintenzionale, fattispecie nelle quali le condotte materiali sono spesso sovrapponibili, si distinguono in virtù dell'elemento psicologico.
Ciò in quanto nel secondo l'azione aggressiva del soggetto agente è diretta esclusivamente a percuotere la vittima e a causarle delle lesioni e il dolo, pertanto, si riferisce esclusivamente a tale evento così che la morte della vittima, pure causalmente legata alla condotta, non è oggetto di adesione volontaria.
Come anche di recente evidenziato, infatti, l'omicidio preterintenzionale si configura allorquando la morte della vittima sia eziologicamente legata alla condotta diretta soltanto a percuotere o a ledere e costituisca l'evento non voluto e non previsto, pur se in concreto ragionevolmente prevedibile, che concretizza la specifica situazione di rischio generata dal reo con il suo illecito, quando cioè l'evento ulteriore sia attribuibile all'autore a titolo di colpa (per una compiuta disamina sul punto cfr. Sez. 5, n. 46467 del 27/09/2022, D., Rv. 283892 - 01; nello stesso senso da ultimo Sez. 5, n. 49667 del 10/11/2023, Fossatocci, Rv. 285490 - 01; Sez. 5, n. 36402 del 03/04/202, Ursu, Rv. 285196 - 01).
In una corretta prospettiva, quindi, l'omicidio è volontario tutte le volte in cui l'autore del reato si è rappresentato l'evento morte e lo ha comunque accettato in termini tali da poter essere configurabile il dolo di omicidio in una qualunque delle possibili accezioni, non dovendosi necessariamente approdare alla ricostruzione di un dolo specifico di tipo intenzionale, posto che tale reato è configurabile anche in presenza di dolo diretto di tipo alternativo o anche eventuale.
Secondo il principio risalente a Sez. U, n. 748 del 12/10/1993, dep. 1994, Cassata, Rv. 195804 - 01, infatti, in tema di elemento soggettivo del reato, possono individuarsi vari livelli crescenti di intensità della volontà dolosa e, quindi, nel caso di azione posta in essere con accettazione dell'evento, l'autore può manifestare una adesione di volontà, maggiore o· minore, a seconda della considerazione effettuata in termini di effettiva e concreta probabilità di verificazione dell'evento.
3.2. Nel caso di specie la Corte territoriale si è conformata ai principi indicati.
Nella motivazione, richiamando gli elementi desunti dalle concrete modalità della condotta tenuta dalla ricorrente in data 24 novembre 2021 -caratterizzate dall'arma usata (un coltello con la lama di 20 cm), dalle tredici coltellate inferte dalla ricorrente nella parte superiore del corpo (dalla mandibola al torace) della vittima, di cui tre in corrispondenza di vari organi vitali- infatti, ha dato adeguato e coerente conto di avere ritenuto la sussistenza del dolo di omicidio volontario, qualificato come d'impeto, e come questo, a prescindere dalla condotta tenuta successivamente allorché la stessa imputata ha chiesto alla vicina di chiamare il 112, imponga di ritenere che la qualificazione giuridica contestata sia corretta.
4. Nel terzo motivo la difesa deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio che avrebbe potuto essere ulteriormente contenuto.
La doglianza è manifestamente infondata.
La sentenza impugnata, con riferimento alla misura della pena inflitta all'imputata, contenuta - per altro - entro limiti prossimi al minimo edittale, ha fatto buon governo della legge penale e dato conto delle ragioni che hanno guidato, nel rispetto del principio di proporzionalità, l'esercizio del potere discrezionale ex artt. 132 e 133 cod. pen. della Corte di merito e ciò, pure a fronte del riconoscimento delle circostanze attenuanti della provocazione e-quelle di cui all'part. 62 bis cod. pen., evidenziando di avere considerato la gravità del reato, correttamente desunta dalle modalità della condotta.
Ragione I questa I per cui le censure mosse a tale percorso argomentativo,
assolutamente lineare, sono meramente assertive e, in parte, orientate anche a sollecitare, in questa sede, una nuova e non consentita valutazione della congruità della pena (Sez. Un. n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, Rv. 266818)
5. Il rigetto del ricorso comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs 196/03 in quanto disposto d'ufficio e/o imposto dalla legge.