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5 luglio 2024
È incostituzionale negare i benefici ai superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata se parenti di indagati
La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, c. 1, lett. a), del D.L. n. 151/2008, limitatamente alle parole «parente o affine entro il quarto grado». Per questo motivo, la Corte afferma che tali benefici non possono essere negati in ogni caso ai parenti e agli affini entro il 4° grado di persone sottoposte a misure di prevenzione o indagate per alcune tipologie di reato.
di La Redazione
La Corte territoriale di Napoli ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, c. 1, lettera a), del D.L. n. 151/2008Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina”, inserito dalla L. n. 186/2008, e successivamente modificato dall'art. 2, c. 21, della L. n. 94/2009Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”.
La disposizione censurata non riconosce i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata a chi è «parente o affine entro il quarto grado di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento per l'applicazione o sia applicata una misura di prevenzione di cui alla legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, ovvero di soggetti nei cui confronti risulti in corso un procedimento penale per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale».
La Corte d'Appello di Napoli afferma di dover applicare tale previsione, in considerazione del rapporto di parentela di una parte con un soggetto colpito dalla misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
Secondo il Giudice di merito, la preclusione sarebbe irragionevole. Inoltre, si  rischierebbe di pregiudicare proprio coloro che coraggiosamente si sono dissociati dalle famiglie d'origine e per questo hanno perso un congiunto.
Per la Corte la disposizione sarebbe in contrasto con l'art. 3 Cost. anche in riferimento alla violazione del principio di eguaglianza e con l'art. 24 Cost.
 
Con sentenza n. 122 del 4 luglio 2024, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2-quinquies, c. 1, lettera a), del D.L. n. 151/2008, limitatamente alle parole «parente o affine entro il quarto grado».
 
Nell'accogliere la questione così sollevata dal Giudice di merito, la Consulta ha osservato che la condizione ostativa riferita a parenti e affini, nella sua rigidità, oltrepassa la finalità di procedere a una verifica rigorosa dell'estraneità dei beneficiari al contesto criminale. Verifica già imposta dalla disciplina vigente che richiede la totale estraneità agli ambienti criminali.  
Nell'introdurre una presunzione assoluta, la disposizione censurata non si basa su una massima d'esperienza attendibile: proprio l'ampiezza del vincolo di parentela e di affinità considerato dalla legge consente di «ipotizzare in modo agevole che, al rapporto di parentela o di affinità fino al quarto grado, possa non corrispondere alcuna contiguità al circuito criminale». 
Il meccanismo presuntivo si rivela irragionevole, in quanto, come già sostenuto dallo Corte partenopea, «pregiudica proprio coloro che si siano dissociati dal contesto familiare e, per tale scelta di vita, abbiano sperimentato l'isolamento e perdite dolorose», e si risolve in «uno stigma per l'appartenenza a un determinato nucleo familiare, anche quando non se ne condividano valori e stili di vita». 
La disposizione si pone in contrasto anche con il diritto di difesa tutelato dall'art. 24 Cost., in quanto impedisce «di dimostrare al soggetto interessato, con tutte le garanzie del giusto processo, di meritare appieno i benefici che lo Stato accorda», in un giudizio «che coinvolge le vite dei singoli e gli stessi valori fondamentali della convivenza civile».  
La Corte costituzionale precisa che è imprescindibile un'attenta valutazione di meritevolezza dei beneficiari. In tale contesto, «i vincoli di parentela o di affinità richiedono un vaglio ancor più incisivo sull'assenza di ogni contatto con ambienti delinquenziali, sulla scelta di recidere i legami con la famiglia di appartenenza, su quell'estraneità che presuppone, in termini più netti e radicali, una condotta di vita incompatibile con le logiche e le gerarchie di valori invalse nel mondo criminale».  
 
Ne consegue, quindi, che i benefici previsti per i superstiti delle vittime del terrorismo o della criminalità organizzata non possono essere negati in ogni caso ai parenti e agli affini entro il 4° grado di persone sottoposte a misure di prevenzione o indagate per alcune tipologie di reato.
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