... |
Svolgimento del processo
1 Il Tribunale di Alessandria, con decreto del 22/11/2021, ha respinto l’opposizione ex art 98 l. fall. proposta dall’avv. (omissis) avverso lo stato passivo formato dal curatore del Fallimento (omissis) s.r.l e reso esecutivo dal G.D., col quale era stata rigettata la domanda dell’opponente di ammissione, in via privilegiata ex art 2751 bis 1° comma nr. 2 cc cpc, del credito di € 19.620,20 vantato in corrispettivo di plurime prestazioni professionali svolte in favore di (omissis) in bonis.
2 Il tribunale piemontese ha ritenuto che il soggetto legittimato a proporre la domanda fosse l’associazione professionale di cui fa parte l’avv. (omissis), come desumibile, nonostante una certa ambiguità delle clausole del contratto associativo, da un’interpretazione del testo contrattuale condotta alla luce del criterio ermeneutico di cui all’art. 1362, 2° comma, c.c., consistente nel comportamento tenuto dagli associati anche in epoca successiva all’espletamento dell’incarico professionale; ha, in particolare, osservato che le note pro-forma venivano emesse su carta intestata all’associazione e indicavano gli estremi del conto corrente sul quale accreditare il pagamento, presumibilmente intestato alla stessa associazione, dato che era questa a rilasciare poi la fattura, e ha affermato che, poiché tale situazione non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 1188 c.c., l’unica conclusione possibile era che l’associazione chiedesse il pagamento ed emettesse la fattura in quanto titolare del credito.
3 (omissis) ha proposto ricorso per la cassazione del decreto affidato a quattro motivi, cui il Fallimento (omissis) ha replicato con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1 Col primo motivo, che denuncia violazione degli artt. 2222, 2229 e 2232 c.c. in relazione all’art. 360 n. 1 e 3 c.p.c., il ricorrente, richiamata la giurisprudenza di questa Corte in tema di legittimazione del singolo professionista o dello studio associato alla proposizione della domanda di pagamento del compenso, imputa al tribunale di essere caduto in un duplice errore, ovvero: i) di non aver considerato che la regola generale è quella della stipula del contratto d’opera in capo al singolo professionista, sicché l’acquisizione dei contratti da parte dell’associazione professionale cui questi appartiene costituisce eccezione che deve emergere inequivocamente dallo statuto associativo; ii) di aver ritenuto che nella specie, nonostante l’affermata ambiguità del contratto di associazione da lui stipulato, operasse l’eccezione anziché la regola, in tal modo erroneamente interpretando le – in realtà chiarissime – clausole 3 e 7 di tale contratto, dalle quali emerge che i rapporti diretti con i clienti relativi a ciascun incarico fanno capo a ciascun associato, il quale ha però il dovere di conferire all’associazione le somme percepite a qualsiasi titolo nell’ambito dell’attività professionale.
1.2 Col secondo motivo l’avv. (omissis) denuncia violazione dell’ art. 132, 2° comma n. 4 c.p.c. e nullità del decreto, per aver il tribunale interpretato in maniera illogica lo statuto associativo e, in particolare, la previsione statutaria secondo cui “i rapporti diretti con i clienti relativi allo svolgimento di ogni incarico fanno capo a ciascuno degli associati”, definendola una clausola che acquista un senso solo se la titolarità del rapporto contrattuale fa capo all’associazione e che altrimenti sarebbe del tutto superflua e cosi attribuendole un significato contrario a quello proprio solo perché quest’ultimo sarebbe talmente ovvio da non aver bisogno di essere puntualizzato.
1.3 Col terzo motivo, che lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1362 c.c. in relazione all’art. 10 della L. 12 novembre 2011, n. 183, il ricorrente rileva che il tribunale ha male interpretato anche l’art. 7 dello statuto, che impone a ciascuno degli associati di conferire all’associazione i proventi della propria attività professionale, in tal modo rendendo inammissibile una lettura diversa fondata sulla condotta delle parti successiva alla stipula del contratto.
1.4 Con il quarto motivo, che prospetta violazione dell’art. 1188 c.c., il ricorrente deduce che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale, l’invio della parcella pro-forma da parte dell’associazione di cui il professionista fa parte costituisce prova tacita, ma inequivoca, della designazione del terzo cui il debitore dovrà effettuare il pagamento; osserva, sotto altro profilo, che una situazione, quale quella configurata dal giudice, in cui il debitore si ritiene obbligato verso il terzo e non verso il creditore per il solo fatto che dal terzo ha ricevuto la richiesta di pagamento esula dal perimetro applicativo dell’art. 1188 c.c.
2 I motivi, da scrutinarsi congiuntamente, stante la loro intima connessione, sono fondati.
2.1 Questa Corte, sul tema della legittimazione o meno di uno studio professionale alla richiesta di pagamento per le prestazioni svolte dai singoli professionisti - nel criticare l'interpretazione riduttiva del fenomeno associativo fra professionisti, configurato, da un lato, come univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi e, dall'altro, come inidoneo ad attribuire all'associazione la titolarità di un rapporto professionale- ha affermato, già con la sentenza n. 15694/2011, che «L'art. 36 c.c. stabilisce che l'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all'associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussiste la legittimazione attiva dello studio professionale associato - cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro d'imputazione di rapporti giuridici - rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dai singoli professionisti a favore del cliente conferente l'incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi».
2.1 Potendo, quindi, lo studio professionale associato, quantunque privo di personalità giuridica, porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici (cfr. anche Cass. n. 17683 del 2010; conf. Cass. n. 22439 del 2009, Cass. n. 24410 del 2006 e, prima ancora, Cass. n. 4628 del 1997), è necessario che il giudice di merito provveda sia all'individuazione del soggetto cui è stato conferito l'incarico professionale (associazione o singolo professionista), sia alla verifica, sulla base del contenuto degli accordi intercorsi fra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, dell'eventuale attribuzione all'associazione di poteri rappresentativi dei singoli associati. Cass. n. 17718/2019 ha sul punto ribadito che «Il rispetto del principio di personalità della prestazione, che connota i rapporti di cui agli artt. 2229 e ss. c.c., ben può contemperarsi con l'autonomia riconosciuta allo studio professionale associato, al quale può essere attribuita la titolarità dei diritti di credito derivanti dallo svolgimento dell'attività professionale degli associati allo studio, non rientrando il diritto al compenso per l'attività svolta tra quelli per i quali sussiste un divieto assoluto di cessione».
2.2 Si è successivamente precisato (Cass. nn. 2332/2022, 22955/2022) che «lo studio professionale associato, ancorché privo di personalità giuridica, rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, con la conseguenza che il giudice di merito, che sia chiamato a delibare in ordine alla legittimazione attiva dello studio professionale, ove accerti che gli accordi tra gli associati prevedono l'attribuibilità degli incarichi professionali anche all'associazione e la spettanza ad essa dei compensi per gli incarichi conferiti ai soci, è tenuto ad individuare il soggetto cui, a prescindere dalla procura ad litem, sia stato conferito l'incarico professionale, oltre a verificare, sulla base del contenuto degli accordi tra i singoli associati per la disciplina dell'attività comune, l'eventuale attribuzione all'associazione del potere di rappresentanza del singolo associato cui l'incarico sia stato direttamente conferito».
2.3 Il tribunale, che pure ha richiamato i suesposti principi e li ha correttamente compendiati, non ne ha fatto però buon governo, in quanto, reputando il testo delle clausole associative e statutarie «non privo di ambiguità», quindi, non sufficientemente chiaro e, sostanzialmente, non utilizzabile ai fini ermeneutici, ha conferito rilievo dirimente per il riconoscimento esclusivo del potere di rappresentanza, e della conseguente legittimazione a far valere in giudizio il credito al compenso maturato dal singolo associato, al « comportamento tenuto dai contraenti anche in epoca successiva alla conclusione del contratto» costituito dall’« …indicazione dell’associazione nelle note spese e dalla fatturazione a nome dell’associazione», da cui si evincerebbe che titolare del credito è l’associazione.
2.4. Si tratta, tuttavia, di elementi di fatto del tutto privi di valenza interpretativa delle pattuizioni contrattuali, in quanto la fatturazione dell’associazione può essere emessa, ai sensi dell’art 21, 1° comma, dPR n. 633/72, anche con riferimento a cessioni di servizi effettuate dall’associato sulla base di incarichi professionali autonomamente ricevuti.
2.5. L’emissione di fattura in favore dello studio, così come la redazione delle note proforma emesse su carta intestata all’associazione professionale, non autorizzano certo a ritenere che l’incarico sia stato conferito all’associazione anziché al singolo associato, e neppure che il credito di quest’ultimo sia stato ceduto all’associazione, con conseguente legittimazione esclusiva della stessa a farlo valere in giudizio: in mancanza di pattuizioni specifiche contenute nello statuto associativo, da tali circostanze potrebbe piuttosto ricavarsi la sussistenza di un mandato all’incasso o dell’indicazione implicita da parte del creditore, ai sensi dell’art. 1188 c.c., del destinatario del pagamento.
2.6. Di tanto, del resto, sembra essersi reso conto lo stesso collegio giudicante laddove ha dato esplicitamente atto che « la previsione dell’art. 7 dello statuto, dove è scritto che “ogni associato ha il dovere di …. versare nelle casse dell’associazione ogni somma percepita a qualsiasi titolo nell’ambito della propria attività professionale” potrebbe anche essere letta a sostegno della tesi opposta rispetto a quella sin qui sostenuta. Infatti, pare avere poco senso l’imporre all’associato di versare nelle casse dell’associazione i proventi della sua attività se la stessa fosse già in proprio titolare dei crediti professionali verso i clienti».
2.7. Per altro verso, risulta all’evidenza forzata, priva di ogni logica e non rispettosa del criterio ermeneutico di cui al primo comma dell’art. 1362 c.c., l’interpretazione data dal giudice del merito alla clausola n. 3 dello statuto associativo, contraria al suo significato letterale solo perché, attenendosi a detto significato, la clausola “risulterebbe superflua”.
2.8. Non risulta, infine, che le allegazioni dell’odierno ricorrente in ordine al conferimento del mandato professionale al singolo associato e non alla associazione – circostanza che, da sé sola, secondo l’indirizzo giurisprudenziale appena passato in rassegna attribuirebbe all’associato la titolarità del credito- abbiano trovato smentita in accertamenti in fatto, essendosi il tribunale arrestato alla constatazione dell’assenza di specifiche lettere d’incarico.
3. All’accoglimento del ricorso conseguono la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Alessandria in diversa composizione, il quale provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia la causa al Tribunale di Alessandria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.