Richiamando la sentenza della Corte costituzionale n. 209/2022, la Cassazione afferma infatti che nel contesto attuale è sempre meno raro che due coniugi o due persone unite civilmente decidano, per diverse ragioni, di stabilirsi in due immobili diversi per poi ricongiungersi periodicamente.
Con l'ordinanza n. 18555 dell'8 luglio 2024, la Cassazione si è occupata della legittimità dell'esenzione
In tal senso, gli Ermellini richiamano la sentenza n. 209/2022 con cui la Corte costituzionale ha stabilito che
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In relazione a tale orientamento, la Cassazione ha chiarito che esso dipende dal riferimento al nucleo familiare preso da quel determinato contesto normativo, mentre nel contesto attuale è sempre meno rara l'ipotesi in cui due coniugi concordino di vivere in luoghi diversi ricongiungendosi periodicamente per ragioni, ad esempio, lavorative, rimanendo comunque nell'ambito di una comunione materiale e spirituale.
Per questa ragione, non ritenere sufficiente ai fini dell'esenzione sulla prima casa la residenza anagrafica o dimora abituale in un determinato immobile, costituisce una discriminazione evidente rispetto ai conviventi di fatto che in presenza delle stesse condizioni si vedono invece accordato per ciascun immobile il beneficio.
Ciò posto, è legittima quindi l'esenzione
Svolgimento del processo
il Comune di P. propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva rigettato l'appello del Comune avverso la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Salerno n. 1361/2018 in accoglimento del ricorso di A.A. avverso l'avviso di accertamento Imu in ordine ad un immobile di sua proprietà, avendo rilevato, il giudice di appello, che "è consentito ipotizzare una duplicazione del beneficio vietata dall'art 13 del D.Lgs. nr 201/2011 solo in presenza di immobili siti nello stesso Comune, nulla essendo stato previsto per il caso, come quello di specie, in cui il nucleo familiare sia scisso in immobili siti in Comuni diversi, caso che invece viene contemplato nella circolare Mef nr 3/DF/2012 indicata in narrativa e correttamente valorizzata dalla CTP"; il contribuente resiste con controricorso; con istanza depositata in data 15.6.2021 il difensore del Comune di P., Avvocato C. N., ha chiesto la rimessione in termini per provvedere al deposito del ricorso non avendo potuto ottemperare entro i termini di legge al relativo incombente a causa di un legittimo impedimento originato da motivi di salute (improvvisa crisi cardiaca);il controricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
Motivi della decisione
1.1. il difensore di parte ricorrente ha omesso di provvedere tempestivamente al deposito del ricorso notificato, della copia conforme della sentenza impugnata e dell'istanza di trasmissione del fascicolo d'ufficio e di ogni altro documento di cui all'art. 369 cod. proc. civ., prospettando di essere stato colpito, in data 24 maggio 2020, da "fibrillazione atriale parossistica con necessità di riposo assoluto e terapia medica per giorni quattro", come attestato da relativa certificazione medica e che tale crisi cardiaca gli aveva impedito di provvedere entro il termine perentorio di cui all'art. 369 cod. proc. civ. (25 maggio 2020) al deposito del ricorso per cassazione, conseguentemente chiedendo di disporre la rimessione in termini ai fini del suddetto deposito, effettuato in data 29 maggio 2020;1.2. la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di precisare che la causa non imputabile alla parte, che consenta di accogliere l'istanza di remissione in termini, consiste in un fatto, esterno alla sfera di controllo della parte o del suo difensore, che deve essere specificamente allegato e spiegato nella sua efficienza causale, e non può risolversi in una mancanza di diligenza, né consistere in un difetto di organizzazione della propria attività professionale da parte del difensore (cfr. Cass. n. 15908/2006), non potendo quindi l'istanza di remissione in termini essere motivata non già da un malessere improvviso o da un totale impedimento a svolgere l'attività professionale da parte del difensore, ma da uno stato di salute non ottimale a fronte del quale il professionista avrebbe dovuto e potuto organizzarsi per lo svolgimento delle attività ordinarie (cfr. Cass. SU n. 32725/2018);
1.3. nel caso in esame, pertanto, facendo applicazione dei suddetti principi, deve ritenersi sussistente un legittimo impedimento del difensore, stante la gravità del malore, improvviso ed imprevedibile, tale da incidere sull'attività professionale dello stesso, rendendogli impossibile il compiere atti ad essa relativi;
1.4. deve conseguentemente ritenersi giustificato il deposito, con due giorni di ritardo, dei documenti previsti dall'art. 369 cod. proc. civ.;2.1. con il primo motivo il Comune ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell'art.13 D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente applicato la detrazione IMU per l'abitazione principale in difetto di prova che nell'immobile tassato dimorassero e risiedessero entrambi i coniugi e non soltanto uno di essi;2.2. con il secondo motivo il Comune ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell'art. 13, comma 2, D.L. 6 dicembre 2011 n. D.L. 6 dicembre 2011 n. 201 e dell'art.14 Preleggi per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente esteso "l'ambito di applicazione" della detrazione "in via analogica ad una fattispecie estranea al preciso ambito di applicazione della norma" laddove l'immobile del contribuente non poteva qualificarsi come "abitazione principale" per mancata residenza del controricorrente nel suddetto immobile2.3. con il terzo motivo il Comune ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione "della riserva di legge ex art. 23 della Costituzione e della gerarchia delle fonti" per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente "esteso la nozione di abitazione principale... al caso in cui il nucleo familiare del contribuente sia scisso in immobili situati in comuni diversi";2.4. con il quarto motivo il Comune ricorrente denuncia, in rubrica, in subordine, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell'art. 2697 cod. civ. per avere la Commissione tributaria regionale applicato l'agevolazione prevista per l'abitazione principale in difetto di prova che il coniuge del contribuente (con residenza anagrafica a R) dimorasse abitualmente nell'immobile in oggetto;3.1. i motivi, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno disattesi;3.2. la Corte Costituzionale, accogliendo le questioni che aveva sollevato davanti a sé, ha dichiarato illegittimo l'articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 definendo come abitazione principale il luogo dove il soggetto passivo ha la residenza anagrafica e la dimora abituale, a nulla rilevando il luogo di residenza e dimora degli altri membri della famiglia;3.3. in particolare, con sentenza n. 209 del 13.10.2022, la Consulta ha stabilito quanto segue a) nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile; b) in quest'ottica, l'illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l'esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune (quinto periodo del comma 2 dell'articolo 13, Dl 201/2011) e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse (comma 741, lettera b) della legge n. 160 del 2019, come modificato dall'articolo 5-decies del dl 146/2021); c) quest'ultima norma, ha precisato la Corte, è stata introdotta dal legislatore per reagire all'orientamento della giurisprudenza di legittimità in quanto la Corte di Cassazione è giunta "a negare ogni esenzione sull'abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell'immobile";3.4. la Consulta ha chiarito che quest'ultimo orientamento è dipeso dal riferimento al nucleo familiare così come emerge dalla norma su cui la Corte si è autorimessa la questione di legittimità, precisando poi che in "un contesto come quello attuale", "caratterizzato dall'aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall'evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l'ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell'ambito di una comunione materiale e spirituale";3.5. ai fini del riconoscimento dell'esenzione sulla "prima casa", non ritenere sufficiente - per ciascun coniuge o persona legata da unione civile-la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina, dunque, un'evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto i quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio;3.6. la Corte Costituzionale ha pertanto ristabilito il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile, ritenendo tuttavia "opportuno chiarire" che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette "seconde case", mirando le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare "i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli", controlli che "la legislazione vigente consente in termini senz'altro efficaci";3.7. poste tali premesse, le censure formulate dal Comune non trovano fondamento, dovendo ritenersi legittima l'esenzione dall'imposta municipale propria (IMU) per l'abitazione adibita a dimora principale anche nelle ipotesi di scissione del nucleo familiare sia all'interno dello stesso territorio comunale sia in Comuni diversi (come quella in esame, avendo il contribuente residenza anagrafica in P ed il coniuge a R);4. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va quindi integralmente respinto;5. tenuto conto che la citata pronuncia della Corte costituzionale è stata pubblicata dopo la presentazione del ricorso in Cassazione da parte del Comune, si ritiene opportuno compensare integralmente tra le parti le spese processuali
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese di lite. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso p
er cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, ove dovuto.