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22 luglio 2024
Il recupero delle ore di mancato riposo non può essere frazionato

La fruizione non tempestiva dei riposi compensativi si pone infatti in contrasto con la normativa UE, la quale richiede la continuità del riposo stesso che si aggiunge poi a quello ordinario.

di La Redazione

La Corte d'Appello di Lecce riformava parzialmente la sentenza appellata e condannava la società al pagamento di oltre 9mila euro a titolo di risarcimento del danno derivante dal mancato rispetto da parte del datore di lavoro dell'obbligo di attribuire in un arco temporale compreso tra il 2003 e il 2008 il riposo minimo giornaliero di 11 ore consecutive e di quello settimanale di 45 ore, così come impone il Regolamento CE n. 3820/85 e n. 561/06.
A fondamento della decisione, il fatto che gravasse sul datore l'onere di provare il fatto astrattamente impeditivo o estintivo del diritto del lavoratore a conseguire il risarcimento del danno per mancato godimento dei riposi.
Contro tale decisione, il datore di lavoro propone ricorso in Cassazione.

Con l'ordinanza n. 18390 del 5 luglio 2024, la Cassazione rigetta il ricorso, evidenziando che il recupero delle ore di mancato riposo non può essere frazionato ma deve essere continuativo o cumulabile con i riposi giornalieri e/o settimanali previsti.
Come ha sottolineato la Corte d'Appello, infatti, il danno da usura non può essere ristorato dalla compensazione successiva con riposi concessi dopo la previsione legale e contrattuale della loro fruizione, considerato che la penosità del protratto espletamento della prestazione lavorativa incide in misura più che proporzionale in relazione alla durata della prestazione richiedendo un dispendio crescente di energie lavorative.
La fruizione non tempestiva dei riposi, infatti, diventa inutile e si pone in contrasto con la normativa UE, la quale richiede la continuità del riposo compensativo che si aggiunge nella sua interezza a un riposo ordinario, distinguendo gli uni dagli altri.
In tal senso, la Cassazione ricorda

giurisprudenza

«il danno da usura psicofisica risulta accertato sulla base di una valutazione che, secondo l'orientamento espresso da questa Corte in controversie di analogo contenuto (cfr. Cass. n. 14710/2015), ha tenuto conto della gravosità della prestazione, apprezzata con riguardo alla frequenza dei mancati tempestivi riposi ed alla durata del complessivo periodo di riferimento ed altresì determinato in via equitativa con riferimento alla disciplina contrattuale più congrua rispetto alla situazione di fatto (la Corte territoriale ha infatti inteso valorizzare il dato dell'eccedenza oraria determinata dalla mancata fruizione dei riposi) che come ritenuto da questa Corte (cfr. ancora Cass. n. 14710/2015) non può essere confusa con la maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di festività con la giornata di riposo settimanale».

Infine, la Cassazione si era già espressa sul tema, affermando che la prestazione di lavoro che eccede di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e che si protrae per anni causa al lavoratore un danno da usura psico-fisica, escludendosi che la mera disponibilità alla prestazione lavorativa straordinaria possa integrare un “concorso colposo” perché dinanzi all'obbligo del datore di tutelare l'integrità psico-fisica dei lavoratori e la loro personalità, la volontarietà di questi ultimi non può connettersi causalmente all'evento.
In ultimo, 

giurisprudenza

«La mancata fruizione del riposo giornaliero e settimanale, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, è fonte di danno non patrimoniale che deve essere presunto, perché l'interesse del lavoratore leso dall'inadempimento del datore ha una diretta copertura costituzionale nell'art. 36 Cost., sicché la lesione del predetto interesse espone direttamente il datore medesimo al risarcimento del danno».

Alla luce di tali argomentazioni, gli Ermellini rigettano il ricorso.

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