Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
23 agosto 2024
Lo stato detentivo salva dalla condanna il padre che fa mancare gli alimenti ai figli minori?
Tale elemento non è causa giustificativa dell'inadempimento, ma può essere valutato ai fini della verifica sull'elemento soggettivo del reato, cioè la cosciente volontà di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità.
di La Redazione
Il Tribunale dichiarava l'imputato colpevole in ordine al reato ex art. 570, secondo comma, numero 2), c.p. per essersi sottratto dagli obblighi inerenti alla responsabilità genitoriale, facendo mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minori. In secondo grado, la Corte d'Appello confermava tale pronuncia.
 
L'incolpato ricorre così in Cassazione, deducendo che l'inadempimento addebitatogli era dovuto alla sua restrizione in carcere, fatto integrante una condizione di incolpevole impossibilità.
 
Con sentenza n. 19525 del 19 luglio, la Suprema Corte accoglie il ricorso.
 
Secondo la giurisprudenza di legittimità, «sebbene la situazione di detenzione prolungata non possa considerarsi quale causa giustificativa dell'inadempimento, tuttavia essa può essere valutata ai fini della verifica sulla sussistenza dell'elemento soggettivo, cioè della coscienza e volontà di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità e nella consapevolezza del bisogno in cui versa il soggetto passivo».
 
Inoltre, la prova della incolpevole impossibilità non può essere posta a carico dell'imputato, bensì spetta alla pubblica accusa provare che il soggetto, pur potendo, non abbia volontariamente adempiuto ovvero si sia posto in condizione di non adempiere.
 
Nel caso di specie, la Corte d'Appello non si è conformata a tali indirizzi, ma si è limitata a sottolineare che la asserita impossibilità di fornire i mezzi di sussistenza non era incolpevole.
Documenti correlati