Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza (ud. 3 aprile 2024) 19 luglio 2024, n. 29525
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa il 15 dicembre 2020 dal Tribunale di Torre Annunziata, che condannava L. S. alla pena di legge per il reato di cui all'art. 570, secondo comma, numero 2), cod. pen., perché si sottraeva agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, facendo mancare i mezzi di sussistenza alle figlie minori; in particolare ometteva di versare alla moglie la somma di euro 1.500 a titolo di contributo per il mantenimento delle figlie oltre alle spese straordinarie. Fatti commessi dal 2016 con condotta perdurante.
Il compendio probatorio si fonda sulle convergenti dichiarazioni delle due figlie minori nonché della madre delle stesse.
2. Avverso la sentenza, ricorre per cassazione l'imputato, a mezzo di difensore di fiducia, deducendo i seguenti motivi:
2.1. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione in relazione agli artt. 570, secondo comma, numero 2),cod. pen. e 192 cod. proc. pen.
Il genitore ristretto in carcere per il periodo in cui si è protratto l'inadempimento non è responsabile del delitto in questione, in quanto in condizione di incolpevole impossibilità di adempiere agli obblighi imposti. E' onere della pubblica accusa provare che il soggetto, pur potendo, non abbia volontariamente adempiuto o si sia messo in condizioni di non adempiere.
Nel caso di specie in relazione al periodo di detenzione di L. dal 2015 al 2018, la Corte di appello territoriale è rimasta silente.
2.2. Violazione di legge, anche processuale, e vizio di motivazione nella parte in cui la Corte di appello ritiene provata la penale responsabilità dell'imputato esclusivamente sulla base delle dichiarazioni delle persone offese, rimaste prive di riscontri.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e la sentenza impugnata deve, conseguentemente, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
2. I due motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente, attenendo entrambi alla prova della responsabilità dell'imputato.
2.1. Deve premettersi che la deposizione della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell'imputato, purché sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all'art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (Sez. 5, n. 1292.0 del 13/02/2020, Ciotti, Rv. 279070 - 01).
Nel caso in esame, il compendio probatorio relativo alla condotta di inadempimento si fonda sulle dichiarazioni delle persone offese, che sono state, con motivazione congrua e logica, ritenute pienamente attendibili, e ciò, a maggior ragione, in considerazione della avvenuta revoca di costituzione di parte civile.
2.2. Ciò detto, occorre soffermarsi sulla effettiva impossibilità di provvedere all'adempimento, elemento costitutivo del reato contestato a L..
Rileva il Collegio che occorre chiarire se, ed eventualmente a quali condizioni, lo stato di detenzione del soggetto obbligato possa rilevare ai fini della configurabilità del reato previsto dall'art. 570 cod. pen.
Secondo una prima impostazione, lo stato di detenzione dell'obbligato può configurarsi quale scriminante a condizione che: 1) il periodo di detenzione coincida con quello dei mancati versamenti; 2) l'obbligato non abbia percepito comunque dei redditi; 3) lo stesso si sia attivato per procurarsi legittimamente dei proventi presentando all'amministrazione penitenziaria la domanda per essere ammesso al lavoro all'interno o all'esterno del luogo di detenzione.
Si tratta della impostazione, richiamata dalla sentenza impugnata, che fa riferimento al principio secondo il quale alla configurabilità del reato non osta una situazione di indisponibilità economica dell'obbligato, colpevolmente determinata, e perdurante nel periodo in cui si verifica l'inadempimento.
Si esclude quindi la valenza esimente sia dello stato di disoccupazione (cfr. tra le altre, Sez. 6, n. 5751 del 14/12/2010, dep. 2011, P., Rv. 249339, e Sez. 6, n. 10085 del 15/02/2005, Pegno, Rv. 231453), salvo a valutare la concreta situazione (Sez. 6, n. 7372 del 29/01/2013, S., Rv. 254515), sia, piu' in generale, della indisponibilita' dei mezzi necessari, quando questa sia dovuta, anche parzialmente, a colpa dell'obbligato (Sez. 6, n. 11696 del 03/03/2011, F., Rv. 249655).
Si tratta di una impostazione che non affronta, peraltro, il tema di chi debba provare la volontaria violazione dell'obbligo.
Ove, infatti, si volesse recepire l'indirizzo giurisprudenziale indicato, la prova della incolpevole impossibilità di adempiere non potrebbe ess,=re posta a carico dell'imputato perché, se così fosse, sarebbero violate le regole dell'accertamento probatorio che impongono al pubblico ministero di provare il fatto oggetto della imputazione e la sua attribuibilità soggettiva al di là di ogni ragionevole dubbio.
«Dunque, è la pubblica accusa a dover provare che il soggetto, pur potendo, non abbia volontariamente adempiuto ovvero si sia posto in condizione di non adempiere. Diversamente, si addosserebbe all'imputato la prova di un fatto "liberatorio" strumentale all'esonero di una sorta di presunzione di responsabilità per posizione derivante dal mero fatto dell'inadempimento; se cioè la prova della impossibilità incolpevole di adempiere fosse posta a carico dell'imputato si costruirebbe un meccanismo presuntivo per cui, in assenza di prova contraria, l'imputato dovrebbe ritenersi sempre responsabile del reato, persino nei casi in cui questi abbia assolto ad un onere di allegazione puntuale di fatti e circostanze specifiche ed astrattamente rilevanti» (Sez. 6, n. 4116 del 02/07/2019 -dep. 2020-, P., Rv. 278112 - 01).
Un onere di allegazione che tuttavia non può trasmodare in una richiesta di prova diabolica, né può essere inteso in collisione con la presunzione di non colpevolezza di cui all'art. 27 della Carta costituzionale.
Se è vero che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, l'indisponibilità da parte dell'obbligato dei mezzi economici necessari ad adempiere si configura come scriminante soltanto se perduri per tutto il periodo di tempo in cui sono maturate le inadempienze e non sia dovuta, anche solo parzialmente, a colpa dell'obbligato - e, dunque, si tende a non attribuire allo stato di detenzione dell'obbligato la valenza di causa di forza maggiore idonea a scriminarne l'inadempimento atteso che tale condizione sarebbe a questi imputabile (Sez. 6, n. 41697 del 15/09/2016 B, Rv. 268301) - si coglie tuttavia il contrasto di tali affermazioni con i principi fondamentali dell'accertamento probatorio della penale responsabilità.
In tal senso si comprende il senso dell'affermazione nomofilattica, contenuta nelle più recenti sentenze di questa Corte di legittimità, secondo la quale, sebbene la situazione di detenzione prolungata non possa considerarsi quale causa giustificativa dell'inadempimento, tuttavia essa può essere valutata ai fini della verifica sulla sussistenza dell'elemento soggettivo, cioè della coscienza e volontà di sottrarsi, senza giusta causa, agli obblighi inerenti alla propria qualità e nella consapevolezza del bisogno in cui ver·sa il soggetto passivo (Sez. 6, n. 4960 del 21/10/2014, dep. 2015, S., Rv. 262157).
2.3. La Corte di appello non si è conformata a tale regufa iuris, essendosi limitata a sottolineare che la asserita impossibilità di fornire i mezzi di sussistenza non era incolpevole. La Corte d'appello, in sede di rinvio, dovrà valutare, alla luce della documentazione prodotta della pubblica accusa, sulla quale ricade l'onere della prova, e dalla difesa, la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato in capo all'imputato.
2.4. La Corte di appello dovrà, inoltre,. considerare che la figlia F. è divenuta maggiorenne nel maggio 2018, e che, pertanto, l'intera condotta contestata all'imputato nei confronti di quest'ultima è stata posta in essere in costanza di detenzione da parte di L. (dal 2016 al dicembre 2018).
Per quanto concerne, infatti, il periodo successivo al raçIgiungimento della maggiore età, occorre ricordare che non integra il reato cli cui all'art. 570, comma secondo, cod. pen. la mancata corresponsione dei mezzi di sussistenza a figli maggiorenni non inabili a lavoro, anche se studenti. L'onere di prestare i mezzi di sussistenza, penalmente sanzionato, ha, infatti, un contenuto soggettivamente e oggettivamente più ristretto di quello delle obbligazioni previste dalla legge civile.
In ipotesi potrà sussistere la fattispecie delittuosa di cui all'art. 570-bis cod. pen.
3. La sentenza deve, in conclusione, essere annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli, che dovrà adeguarsi ai principi di diritto sopra richiamati in ordine alla impossibilità di adempiere in costanza di regime detentivo e di onere della prova.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.