Svolgimento del processo
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia-Romagna veniva parzialmente accolto l’appello proposto dalla società (omissis) S.r.l, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Modena n. 275/1/2018 di rigetto del ricorso introduttivo avente ad oggetto l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) relativo ad II.DD., IVA e accessori per l’anno di imposta 2014.
L’atto impositivo aveva ad oggetto due rilievi.
Sotto un primo profilo, il controllo si incentrava su due contratti d'appalto stipulati dalla contribuente con una cooperativa e riqualificati come di somministrazione di manodopera, in ragione della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa. I rapporti intrattenuti dalla contribuente venivano così ritenuti riconducibili non a prestazioni di servizi e come tali fatturate dalla cooperativa a fini IVA, bensì a semplici somministrazioni di manodopera da parte dei dipendenti della cooperativa. Per l’effetto, l’Amministrazione finanziaria riteneva che le prestazioni fatturate andassero qualificate come relative ad un mero rimborso dei costi relativi al personale impiegato dalla cooperativa, e non fossero soggette ad IVA per mancanza del presupposto oggettivo di imposta ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. 633/1972. Venivano, quindi, recuperate a tassazione le deduzioni dalla base imponibile IRAP dei costi per il personale fittiziamente configurati quali prestazioni di servizi, nonché la detrazione della relativa IVA
Una seconda ripresa riguardava il recupero a tassazione ai fini IRES dell’importo di euro 98.473,59, iscritto tra le passività dello stato patrimoniale della contribuente in un “fondo spese future” in violazione dell’art. 107 comma 4 del d.P.R. n.917/1986, sul presupposto che non ammetteva deduzioni per accantonamenti diversi da quelli espressamente previsti dalla legge.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale rigettava il ricorso, ritenendo legittimi entrambi i recuperi a tassazione, decisione parzialmente riformata dal giudice d’appello. In particolare, la CTR affermava che la questione principale attineva alla sindacabilità o meno del contratto certificato ai sensi degli artt. 75 e segg. del d.lgs. 276/03 stipulato tra la contribuente e la New Generation autotrasporti. Tale disciplina spiegava effetti verso i terzi, tra cui anche l’amministrazione finanziaria, la quale aveva l’onere di impugnare la certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro, sia ai fini della corretta qualificazione giuridica sia ai fini di accertare l’eventuale difformità tra l’oggetto del contratto e la sua esecuzione, adempimento non compiuto dall’Agenzia nel caso di specie. Inoltre, la CTR osservava nel merito che il rapporto era stato oggetto di valutazione da parte del giudice penale, il quale aveva ravvisato sia l’autonoma organizzazione in capo alla New Generation sia l’assunzione del rischio di impresa, come indici della insussistenza di una rilevanza penale del fatto. Il giudice annullava così l’accertamento con riferimento alle riprese IRAP e IVA, confermando la decisione di primo grado quanto alle violazioni IRES, ed annullava le sanzioni solo per la parte relativa alle violazioni IRAP e IVA. Avverso la sentenza d’appello propone ricorso per cassazione l’Agenzia, affidato a tre motivi, cui replica la società con controricorso, che illustra con memoria.
Motivi della decisione
1.Preliminarmente, va dato atto dell’eccezione sollevata dalla controricorrente di inammissibilità del ricorso per assenza di esposizione sommaria dei fatti oggetto del processo. L’eccezione non può essere accolta dal momento che la lettura del ricorso permette un’esatta identificazione della pretesa impositiva, incluse le ragioni che hanno determinato l’Agenzia a riqualificare i contratti di appalto in illecita somministrazione di manodopera. Si tratta, essenzialmente, della rilevata assenza di autonomia organizzativa, nonché della riscontrata mancata assunzione del rischio di impresa.
2.Con il primo motivo di ricorso, ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., la ricorrente prospetta violazione e falsa applicazione degli articoli 75,78 79 e 80 d.lgs n. 276/2003, laddove la decisione impugnata esclude l’autonoma riqualificazione del contratto certificato da parte dell’Amministrazione Finanziaria in assenza di attivazione delle speciali procedure previste dalla cd. legge Biagi.
3.Il motivo non è inammissibile in quanto è specifico, a differenza di quanto ritenuto dalla controricorrente, ed è fondato.
3.1.Ai fini della ricostruzione della fattispecie, il Collegio rammenta in linea generale il potere-dovere in capo al giudice (ex multis, v. Cass. n.5253 del 26.2.2021) di dare una qualificazione giuridica ai fatti e ai rapporti dedotti in lite nonché all’azione esercitata in causa, ricercando, a tal fine, le norme giuridiche applicabili alla vicenda descritta in giudizio e ponendo a fondamento della sua decisione disposizioni e principi di diritto eventualmente anche diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (cfr., da ultimo, Cass. n.29334 del 28.12.2023), con il solo limite dell’immutazione della fattispecie.
Il potere del giudice tributario (v. già Cass. n.4535 del 22.2.2013) di qualificare correttamente il rapporto impositivo, sotto il profilo giuridico, si risolve nella esatta applicazione della legge, sicché non tollera limitazioni, così come non deve essere specificamente previsto, proprio perché è un connotato dell'esercizio della giurisdizione. Il giudice tributario è dunque investito dal potere-dovere di qualificare il rapporto dedotto in giudizio, eventualmente anche in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti, entro il perimetro della domanda, ossia purché non introduca nel tema controverso nuovi elementi di fatto, lasci inalterati il petitum e la causa petendi ed eserciti tale potere-dovere nell'ambito delle questioni.
3.2.Ciò premesso, la CTR ha ritenuto che tale potere-dovere fosse nello specifico inibito dall’effetto preclusivo alla riqualificazione dei contratti di appalto, oggetto di certificazione ex artt.75 e ss. d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, capo di decisione censurato in questa sede.
Il Collegio osserva che la normativa suddetta è stata introdotta al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, dal momento che le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita, ricorrendo ad appositi organi di certificazione secondo il procedimento di certificazione dettagliato all’art.78 del citato decreto. Gli effetti dell'accertamento dell'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento in cui sia stato accolto, con sentenza di merito, uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili ai sensi dell'articolo 80, fatti (omissis)vi i provvedimenti cautelari (cfr. art.79 d.lgs. n.273/2003).
Il primo comma dell’art.80 precisa poi che nei confronti dell'atto di certificazione, le parti e i terzi nella cui sfera giuridica l'atto stesso è destinato a produrre effetti, possono proporre ricorso, presso l'autorità giudiziaria ordinaria in funzione di giudice del lavoro, per erronea qualificazione del contratto oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione. Sempre presso la medesima autorità giudiziaria, le parti del contratto certificato possono impugnare l'atto di certificazione anche per vizi del consenso.
La certificazione può riguardare tutti i contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione lavorativa, inclusi i contratti commerciali, come il contratto di somministrazione di lavoro o il contratto di appalto (cfr. l’art. 75, come modificato dall’art. 30, l. n. 183/2010, e l’art. 84 d.lgs n. 276/2003).
4.Orbene, il Collegio ritiene che il quadro normativo sopra ricostruito non abbia inteso introdurre una deroga ai poteri ordinari del giudice tributario di qualificazione del rapporto controverso inerente all’obbligazione tributaria.
4.1.Tanto si desume sia dall’interpretazione letterale della legge sia da una lettura sistemica e topografica delle singole previsioni sopra riassunte, tutte incentrate sulla qualificazione del contratto di lavoro ai fini civili e sul ruolo del giudice ordinario ai fini dell’eventuale impugnazione della certificazione, né vi è traccia di riferimenti al rapporto tributario e al giudice tributario nella legge delega 14 febbraio 2003, n. 30, dettata specificamente in materia di occupazione e mercato del lavoro.
Un piano è quello della qualificazione civilistica del contratto, in questo caso di appalto, oggetto di certificazione e di azione presso il giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro individuato ex art.413 cod. proc. civ., i cui effetti sono regolati dal d.lgs n. 276/2003 per espressa ratio legis. Altro piano riguarda l’obbligazione tributaria, di diritto pubblico, e la qualificazione dell’operazione economica sottostante e la pronuncia sull’obbligazione tributaria generata. Della questione il giudice tributario è pienamente investito, dovendo tener conto della certificazione in quanto fatto dedotto del processo ed elemento che compone il quadro probatorio complessivo, ma senza essere vincolato in punto di qualificazione del rapporto dagli artt.75 e ss. d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276. Infatti, il complesso normativo suddetto ha rilevanza ai diversi fini della qualificazione civilista del contratto e della deflazione del contezioso civile, non ha anche efficacia vincolante ai fini della determinazione del rapporto tributario, la cui qualificazione può avvenire anche sulla base dell’esecuzione del contratto al di là delle espressioni formali usate dalle parti.
4.2.Ciò è si desume anche, in chiave eurounitaria, dall’elaborazione giurisprudenziale che fa riferimento all’imposta armonizzata, considerato che la Corte di Giustizia UE costantemente afferma (cfr. ad es. 11 dicembre 2014 nella causa C-590/13) che il diritto alla detrazione deve poggiare su requisiti di carattere sostanziale, da verificarsi nel caso concreto tramite il sindacato del giudice.
Con specifico riferimento alla legittimità del trattamento IVA del distacco di personale secondo la legislazione italiana, sollevata dalla Corte di cassazione con l’ordinanza interlocutoria n.2385/2019, la Corte di Giustizia (sentenza 11 marzo 2020 in causa C-94/19, San Domenico Vetraria) ha affermato che il punto cruciale è l’interpretazione della causa, per definire se prestazione e pagamento si condizionino reciprocamente. Dunque, la certificazione civilistica sulla base del d.lgs n. 276/2003 non può precludere l’esercizio del potere-dovere di qualificazione dell’operazione economica sottesa da parte del giudice tributario.
4.3.La stessa dottrina è del resto ben consapevole del tema della ricostruzione del contratto di somministrazione di manodopera irregolare “mascherato” da contratto di appalto di servizi, e discute in particolare sulla giuridica esistenza o meno del contratto, con la conseguenza, sotto il profilo tributario, dei requisiti di certezza, determinatezza o determinabilità dei costi, oltre che del carico sanzionatorio, profili che nondimeno non connotano il modo specifico il caso di specie, ma che attestano diffuse letture nel senso della ampia possibilità di operare la riqualificazione da parte del giudice tributario.
4.4.L’interpretazione qui accolta sul piano sostanziale è anche pienamente coerente, sul piano processuale, con la previsione dell’art.2 comma 3 del d.lgs. n.546/1992 specificamente dettata per il processo tributario, il quale dispone che il giudice deve risolvere in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta la sola eccezione in favore dell’AGO per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità distare in giudizio. Questa previsione non comporta l’abrogazione implicita, né l’inefficacia della previsione della certificazione sopra descritta, dal momento che la certificazione del contratto resta valida ed efficace sul piano civile, né si limita ad opera sul piano processuale anziché sostanziale, poiché investe il potere-dovere del giudice tributario di pronunciarsi sul rapporto qualificandolo.
Al tempo stesso, l’interpretazione fatta propria dal Collegio rispetta i limiti che l’art.2 comma 3 del d.lgs. n.546/1992 traccia ai poteri del giudice tributario e al suo rapporto con il giudice ordinario.
4.5.Non decisiva è dunque la giurisprudenza giuslavoristica (sentenza della Corte d’appello dell’Aquila, sez. Lavoro, n.1018/2022, sentenza del Tribunale di Firenze, sez. Lavoro, n.831/2017) citata nella memoria illustrativa della società, in quanto riguarda la qualificazione del contratto civilistico e la sua efficacia verso terzi, comprese le autorità pubbliche, ma non l’operazione economica sottostante, né la certificazione impedisce al giudice tributario di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria intesa quale rapporto giuridico instauratosi al verificarsi di un atto o un fatto rivelatore di capacità contributiva ex at.53 Cost. secondo la legge applicabile in materia.
5.Dev’essere così affermato il seguente principio di diritto:
«L’esercizio del potere-dovere del giudice tributario di qualificare l’operazione economica sottostante il contratto, anche sulla base dell’esecuzione dello stesso, e di pronunciarsi sull’obbligazione tributaria instauratasi al verificatesi di un atto o fatto rilevatore di capacità contributiva ex art.53 Cost., non è precluso dalla certificazione del contratto di cui agli artt.75 e ss. del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e dalla mancata impugnazione di tale certificazione davanti al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.».
La sentenza impugnata non è in linea con il principio sopra espresso, e la questione della qualificazione dovrà essere riesaminata dal giudice del rinvio.
6.L’accoglimento del primo motivo porta con sé l’assorbimento del secondo, sempre relativo alla questione della certificazione dei contratti, censura declinata sotto l’angolo della violazione di legge, con la quale viene prospettata la violazione e falsa applicazione di legge da parte della CTR anche per non aver tenuto conto del fatto che l’Agenzia aveva dedotto tempestivamente anche la circostanza secondo la quale non tutti i contratti alla base delle riprese sono stati oggetto di certificazione ai sensi del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
7.Resta assorbito anche il terzo motivo, con il quale la ricorrente prospetta, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 654 c.p.p. e 2909 cod. civ., per aver il giudice d’appello erroneamente ritenuto che la qualificazione del fatto da parte del giudice penale, in tema di autonoma organizzazione in capo alla New Generation e di assunzione del rischio di impresa quali indici di insussistenza penale del fatto, impedissero l’esercizio del potere-dovere di qualificazione da parte del giudice tributario, dal momento che l’intera questione della qualificazione dovrà essere comunque riesaminata dal giudice del rinvio.
8.In conclusione, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo e il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti, oltre che per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo e il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la controversia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell’Emilia-Romagna, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili accolti e per la liquidazione delle spese di lite.