Svolgimento del processo
1.V.L. conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Genova, la Regione Liguria e omissis s.r.l., chiedendo il pagamento dell’importo di €. 50.400,00 a ristoro del danno subito dal proprio autoveicolo a causa dell’allagamento dell’autorimessa gestita dalla omissis s.r.l., dovuto all’esondazione del fiume Bisagno in data 09.10.2014.
A fondamento della domanda l’attore assumeva che i danni erano dipesi dall’omesso avvertimento, da parte del gestore del parcheggio e delle Pubbliche Autorita`, del rischio alluvione, che gli avevano impedito di adottare le cautele richieste ai proprietari dei veicoli in caso di allerta e, quindi, di parcheggiare l’auto al di fuori dell’autorimessa.
Deduceva l’A. che aveva stipulato un contratto di parcheggio annuale con omissis s.r.l. avente ad oggetto un posto auto ubicato al piano -3 del parcheggio e che in data 09.10.2014, a causa dell’esondazione del fiume Bisagno tale piano si era allagato causando danni alla propria autovettura, rimasta sommersa oltre la parte superiore della cappotta da acqua, detriti e fanghiglia per diversi giorni.
L’attore deduceva, altresi`, di non aver approvato per iscritto le clausole con cui il gestore dell’autorimessa negava di assumere la custodia dei veicoli, sollevandosi da ogni responsabilita` in merito ai danni da essi riportati: e si era rivolto all’autorita` giudiziaria chiedendo accertarsi e dichiararsi la responsabilita` ex artt. 2051, 2050, 1218 e 1766 c.c. di omissis s.r.l. per i danni subiti, con condanna della societa` e della Regione Liguria al risarcimento degli stessi.
Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 1114/2020, dopo aver ritenuto dimostrato il rapporto di custodia tra la omissis s.r.l. e l’autorimessa, nonche´ il nesso di causalita` tra la cosa ed il danno lamentato dall’attore, valutava come “non eccezionale il fenomeno meteorologico verificatosi la sera del sinistro, dichiarava la convenuta omissis s.r.l. responsabile dell’evento dannoso occorso al V.L. e la condannava al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 50.400,00, a titolo di risarcimento danni, oltre accessori e spese. Condannava la terza chiamata Allianz S.p.A., in manleva della omissis s.r.l., al pagamento diretto, ex art. 1917, comma 2, c.c., in favore dell’attore delle predette somme, con applicazione della franchigia; condannava la Allianz S.p.A. al pagamento in favore della omissis s.r.l. delle spese di lite.
2.La Corte d’appello di Genova, con la sentenza n. 226 del 7 marzo 2023, confermava la decisione del Tribunale.
3.Propone ricorso per cassazione la Allianz S.p.A sulla base di tre motivi.
3.1.V.L. deposita il 13 giugno 2023 un atto denominato ‘Memoria di costituzione’.
Per l’odierna udienza il Procuratore Generale non ha rassegnato conclusioni, mentre le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
Motivi della decisione
4.Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di giudicato sollevata da V.L. con la memoria di costituzione: la quale è stata soltanto depositata, ma, presentando comunque i connotati minimali per la sua riqualificazione nel doveroso controricorso, suscettibile di essere solamente depositato in virtù della riforma di cui al d.lgs. 149/22, va a quest’ultimo equiparata. Denuncia il controricorrente che con un procedimento gemello un altro danneggiato, L.R. , a seguito della perdita dell’auto e del conseguente mancato risarcimento, convenne in giudizio la omissis che, a sua volta, chiamo` in causa, in garanzia, la propria assicurazione, la Allinaz Spa.
Il L., quindi, eccepisce che si sarebbe formato il giudicato implicito per non essere stata impugnata la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Genova, che ha riconosciuto il risarcimento danni, nella causa introdotta da L.R..
Pertanto, il controricorrente sostiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile a seguito dell’avvenuta formazione di un giudicato esterno.
L’eccezione è infondata.
Il giudicato esterno è il giudicato che si è formato in un processo diverso da quello a conclusione del quale è stata pronunciata la sentenza; esso opera all’interno di processi diversi instaurati tra le stesse parti (Cass. 20802/2010). Nel giudizio di legittimità è opponibile il giudicato esterno solo con riferimento alla decisione divenuta definitiva dopo la scadenza del termine ultimo per ogni allegazione difensiva in grado d’appello e, pertanto, successivamente alla scadenza dei termini per il deposito delle memorie di replica, momento in cui il quadro fattuale sul quale la decisione di secondo grado può e deve fare riferimento è da considerarsi chiuso (Cass. n. 14883/2019).
Nel caso di specie il giudizio si è svolto tra parti diverse e nessuna plausibile ragione è addotta al fine di una sua efficacia riflessa, questa dovendo qualificarsi eccezionale e condizionata a rigorosi presupposti (per tutte, v. Cass. 8101/2020, Cass. 29301/23). 5.1.Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1575 e 1576 c.c. (art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c.).
Sostiene che la Corte d’appello, pur avendo correttamente qualificato il rapporto negoziale per cui è causa come locazione, avrebbe erroneamente ritenuto omissis responsabile per la mancata adozione di presidi di antiallagamento, in quanto, ai sensi dei citati artt. 1575 e 1576 c.c., l’esecuzione di opere di modifica o trasformazione del bene locato non rientrerebbero tra le obbligazioni del locatore, risultando peraltro escluse dal regolamento di parcheggio.
5.2.Con il secondo motivo di ricorso, Allianz denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.).
Secondo la ricorrente, il giudice del gravame sarebbe incorso in errore per aver posto, a carico del locatore, l’obbligo di intervenire per far realizzare a terzi le opere nel parcheggio, dando per presupposto che il custode, in caso di mancato controllo o manutenzione della cosa locata, è responsabile dei danni cagionati da quest’ultima.
5.3.Con il terzo motivo, parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 132 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. La sentenza impugnata sarebbe nulla per motivazione apparente, essendo il risultato della trascrizione della parte motiva di altra decisione resa in un diverso giudizio tra parti differenti, anche se riguardante lo stesso sinistro; sarebbe poi sorretta da argomentazioni contraddittorie, in quanto, a dire della ricorrente, la Corte avrebbe ritenuto non sussistere un concorso di colpa del signor V.L., avendo costui confidato su un semplice “avviso temporali”, diramato dalla centrale operativa, non potendo prevedere l’evento che, invece, per contro, è stato considerato tale per l’autorimessa. Parimenti incomprensibile sarebbe la statuizione che addebita solo a omissis il mancato rispetto dell’ordinanza sindacale 221/2012 e non anche al V.L., essendo diretta a tutti i cittadini.
6.Evidenti ragioni di priorità logica e giuridica inducono questo collegio ad esaminare, dapprima, il terzo motivo di ricorso, che riguarda profili di nullità dell’intera decisione opposta, le cui censure, per come articolate, sono sussumibili nella fattispecie di cui all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.
Tale motivo è infondato.
Questa Corte, nel suo massimo consesso, infatti, a partire dalla pronuncia n. 8053/2014, ha affermato che si può parlare di vizio di omessa motivazione solo quando essa manchi graficamente, presentando quindi vizi logici, lacune o aporie da renderne apparente il relativo supporto decisorio; con la precisazione che tali vizi devono emergere, da una prima lettura, del tessuto argomentativo, restando estranea, ai compiti di controllo di questa Corte, “una verifica della sufficienza e della razionalita`` della motivazione sulle quaestiones facti, la quale implichi un raffronto tra le ragioni del decidere adottate ed espresse nella sentenza impugnata e le risultanze del materiale probatorio sottoposto al vaglio del giudice di merito” (cfr., da ultimo, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 15 maggio 2024, n. 13488; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 aprile 2024, n. 9943; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 11 luglio 2022, n. 21931; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 28 giugno 2022, n. 20782).
In tale contesto, va ricordato anche il consolidato principio di diritto per cui la motivazione di una decisione può avvenire per relationem, purché il giudice dia conto, anche solo sinteticamente, dei motivi di conferma delle ragioni di altra pronuncia in riferimento all’impugnazione proposta, avuto riguardo all’identità delle questioni prospettate rispetto a quelle esaminate, in modo che dalla loro lettura possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (v. ex multis, Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 maggio 2024, n. 14283; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5239).
Nella fattispecie, la Corte d’appello ha reso una sentenza rispettosa dei suddetti principi, in quanto, pur avendo riprodotto i passaggi di altra pronuncia – relativa ai medesimi fatti e in cui erano state affrontate le medesime questioni giuridiche (ossia il sinistro verificatosi a seguito dell’alluvione del 9.10.2014, le conseguenze dannose ad alcune autovetture presenti nella autorimessa gestita dalla omissis, nesso di causalità e responsabilità del custode) – è rimasta autosufficiente, avendone mutuati i contenuti e resi oggetto di autonoma valutazione nel contesto della causa de qua. La motivazione, infatti, indica le ragioni di fatto e di diritto su cui è fondata in modo adeguato, congruo, esente dalle violazioni di legge prospettate, rivelandosi rispettosa pure del principio del c.d. minimo costituzionale (v. pronunce conformi, v. Cass. civ. Sez. V, 17 febbraio 2023, n. 5171; Cass. civ., Sez. I, Ord., 3 marzo 2022, n. 7090; Cass. civ., Sez. VI-1, Ord., 1° marzo 2022, n. 6758). E questo perché ha chiarito le ragioni di adesione all’altra pronuncia anche in virtù degli esiti della consulenza tecnica d’ufficio ivi svolta, di cui, sono riportati i contenuti, rendendo così ancor più chiari gli elementi, fattuali e giuridici, da cui la Corte ha tratto il suo convincimento e l’iter logico-argomentativo svolto per approdare alla sua decisione.
Rileva, inoltre, il collegio come la ricorrente si sia limitata a ripercorrere i passaggi della ratio decidendi de qua, senza formulare alcuna idonea censura, per cui la motivazione della sentenza impugnata su di essa si consolida.
Né, ad avviso di questo collegio, tale motivazione è contraddittoria, perché oggettivamente comprensibile ed idonea ad assolvere alla precipua funzione di esplicitare le ragioni sottese alla pronuncia.
Del resto, secondo costante insegnamento di legittimità, si può parlare di una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. solo laddove la sentenza sia afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (cfr. ex permultis, Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 aprile 2024, n. 9609).
Contrasto qui non ravvisabile nemmeno nella statuizione relativa al concorso colposo del signor V.L.. Detta statuizione, difatti, è coerente, logica e per nulla incongruente rispetto alla complessiva struttura motivazionale, essendo frutto di un’attenta disamina delle risultanze probatorie, in cui il giudice del gravame ha spiegato le ragioni poste alla base del rigetto di tale motivo. In particolare, che il 9.10.2014, giorno dell’alluvione a Genova, l’autorimessa era pacificamente aperta senza che fossero presenti cartelli o avvisi sul grado di allerta disposto con l’ordinanza sindacale n. 221/2012, che è stata pertanto disattesa, in violazione degli obblighi di custodia (cfr. p. 24, sentenza impugnata n. 226/2023).
D’altra parte, nessuno dei denunciati vizi emerge dalla lettura della sentenza censurata, per cui, in ogni caso, sotto tale profilo, si disvelano comunque infondati, non essendo prevista, come detto, in sede di legittimità, una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione per mezzo di un confronto con le risultanze probatorie (cfr. Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 aprile 2024, n. 9943; Cass. civ., Sez. I, Ord., 11 aprile 2024, n. 9776; Cass. civ., Sez. II, Ord., 31 marzo 2022, n. 10525; Cass. civ., Sez. II, Ord., 30 luglio 2021, n. 21937; Cass. civ., Sez. VI, 11 agosto 2021, n. 22698).
6.1.Va a questo punto esaminato, anche stavolta per la sua priorità logica ed il carattere potenzialmente dirimente della questione con esso agitata, il secondo motivo di ricorso: il quale è inammissibile ai sensi dell’art. 360bis c.p.c.
Infatti, pur dovendosi espungere dall’ordito motivazionale della gravata sentenza (le cui conclusioni rimangono, peraltro, conformi a diritto anche soltanto in base alle ulteriori argomentazioni) ogni riferimento ad inadempiuti oneri di positivo intervento accollati al custode (che, invece, risponde in ogni caso dei danni derivati dalla cosa, salvo il solo caso fortuito), le doglianze sono contrarie ai principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in punto di responsabilità ex art. 2051 c.c.
Infatti, tema di responsabilità per danno cagionato da cose in custodia, di cui all’art. 2051 c.c., l’adozione, da parte dell’autorità amministrativa, di delibere dichiarative dello stato di calamità non costituisce di per sé prova dell’eccezionalità ed imprevedibilità degli eventi meteorici che abbiano causato danni alla popolazione, in quanto il concetto di “calamita` naturale” espresso nelle leggi sulla protezione civile si riferisce al danno o al pericolo di danno e alla straordinarietà degli interventi tecnici destinati a farvi fronte, non alle caratteristiche intrinseche degli eventi naturali che di quel danno siano stati la causa o la concausa (Cass. n. 2482/2018).
Principi, più volte, ribaditi da questa Sezione, e di recente anche dalle Sezioni Unite, risolutivi della questione giuridica sottoposta all’esame del collegio, avendo stabilito che: (a) la natura oggettiva comporta che per sussistere la responsabilità è necessaria la sola dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, e non già una presunzione di colpa del custode; (b) tale responsabilità può essere esclusa solo in due casi: prova del caso fortuito, senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, rientrando l’ipotesi nella categoria dei fatti giuridici, oppure dimostrazione della rilevanza causale della condotta del danneggiato, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno, rientrando detta ipotesi invece nella categoria dei fatti umani, connotata in modo indefettibile da colpa ex art. 1227 c.c. e dalla oggettiva imprevedibilità e imprevedibilità rispetto all’evento dannoso; (c) concetti questi ultimi da intendersi non già come assoluta impossibilità di prevedere l’eventualità di una condotta imprudente, negligente o imperita del danneggiato, ma nel senso di rilevanza delle sue condotte come oggettivamente imprevedibili o anche solamente colpose (per tutte, Cass. n. 21675/2023 e Cass. n. 2376/2024), perché violative dei doveri minimi di cautela, che vanno valutati non sul piano soggettivo del custode, ma, ancora una volta, su quello puramente oggettivo della regolarità causale (cfr. fra le molte, Cass. civ., Sez. III, Ord., 4 marzo 2024, n. 5775; Cass. civ., Sez. III, Ord., 9 gennaio 2024, n. 845; Cass. civ., Sez. III, Ord., 27 dicembre 2023, n. 35966; Cass. civ., Sez. III, Ord., 20 luglio 2023, n. 21675; Cass. civ., Sez. III, Ord. 23 maggio 2023, n. 14228; Cass. civ., Sez. III, 27 aprile 2023, n. 11152; Cass. civ., SS. UU., Ord. 30 giugno 2022, n. 20943).
Pure espunti dalla motivazione della gravata sentenza gli erronei riferimenti ad inadempiuti oneri di positivo intervento accollati al custode (che, invece, risponde in ogni caso dei danni derivati dalla cosa, salvo il solo caso fortuito, a prescindere da qualunque sua colpa), il ricorso non offre motivi idonei ad indurre a rimeditare tali principi di diritto, avendo la Corte territoriale concluso per l’assenza del caso fortuito, per la prevedibilità dell’evento (correttamente esclusane pure l’eccezionalità, in base ai principi desunti da Cass. 2482/2018) e, quindi, per la piena operatività dell’ordinaria regola generale della riconducibilità della responsabilità in capo al custode, ancorando la sua decisione ad una motivazione adeguata e intelligibile, corroborata dagli elementi probatori acquisiti in primo grado, tra cui la CTU resa in analogo e parallelo giudizio (cfr. pp. 17-24, sentenza impugnata n. 226/2023).
In ogni caso, le statuizioni censurate, oltre ad essere in piena consonanza con le menzionate coordinate di diritto, attenendo alla valutazione delle prove svolta dal giudice di merito, sono qui insindacabili, avendo in realtà parte ricorrente, ancora una volta, celato una revisione dell’apprezzamento della quaestio facti come tale inammissibile in questa sede, perché in contrasto con i caratteri morfologici e funzionali del giudizio di legittimità.
6.2.Il primo motivo di ricorso è assorbito dal rigetto dei primi due motivi, potendo, quale ratio decidendi a base dell’affermazione della responsabilità dell’assicurata, oggi restata intimata, ritenersi di per sé solo sufficiente il titolo previsto dal solo art. 2051 c.c.: restando del tutto impregiudicata ogni questione relativa al titolo locatizio pure azionato e riconosciuto dai giudici del merito.
7.La gravata sentenza, così emendatane la motivazione, si sottrae, quindi, alle censure mossele: pertanto, rigettati il primo e secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, il ricorso va – nel suo complesso – rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo a favore del controricorrente, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 5.500,00, oltre 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente ed al competente ufficio del merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.