- gestione di stabilimenti balneari;
- esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio;
- noleggio di imbarcazioni e natanti in genere;
- gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive;
- esercizi commerciali;
- servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie.
TAR Catania, sez. III, sentenza (ud. 24 luglio 2024) 30 luglio 2024, n. 2767
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. (omissis) 757 s.r.l., odierna ricorrente, è una società che svolge attività di manutenzione ordinaria e straordinaria di grandi yacht, la quale ha stipulato in data 12.03.2020 con l’Agenzia Industrie Difesa (A.I.D.) un accordo quadro avente ad oggetto le condizioni generali per la fornitura di lavori di cantieristica per imbarcazioni e navi da diporto presso l’Unità Produttiva di Messina. I servizi oggetto del contratto consistono in “prestazioni lavorative di cantieristica navale, a misura, a tempo o a cottimo per la manutenzione ordinaria, straordinaria e per la trasformazione di imbarcazioni e navi da diporto, da realizzare nelle aree di pertinenza dell’Arsenale Militare di Messina”.
Il medesimo accordo stabilisce che la “(omissis) potrà richiedere, qualora disponibili, l’utilizzo degli impianti fissi presenti in cantiere (bacini, officine, depositi, uffici, etc.) o mobili (gru, mezzi navali, etc.) per i quali corrisponderà un compenso a misura, a tempo o a cottimo…”
La durata dell’accordo è stata fissata in “4 anni rinnovabili, decorrenti della sottoscrizione dello stesso”, con possibilità di rinnovo “…per tre volte consecutive, salvo che non venga data disdetta scritta da una delle parti a mezzo PEC o raccomandata a/r almeno sei mesi prima di ciascuna scadenza”. Ai sensi dell’art. 3 dello stesso accordo la disdetta formulabile dalla A.I.D., con riguardo rispettivamente al primo rinnovo e a quelli successivi, viene correlata alla presenza di specifiche condizioni ivi indicate.
La società ricorrente asserisce di non aver avuto la possibilità, nei primi quattro anni, di sviluppare in pieno il proprio piano industriale per le attività di manutenzione di yacht a causa della indisponibilità dei bacini di carenaggio, in quanto il bacino in muratura è stato principalmente utilizzato dalla A.I.D. per la manutenzione dei traghetti delle Ferrovie dello Stato e reso disponibile alla (omissis) solo in due occasioni, mentre il bacino galleggiante è risultato costantemente non utilizzabile.
Con pec del 23.04.2024 la A.I.D. ha invitato la società ricorrente “…a lasciare libera, da persone e cose, e in pristino stato, l’area demaniale in oggetto”, considerato che l’accordo “…è venuto in scadenza il 12 marzo 2024, essendo stato sottoscritto il 12 marzo 2020 per una durata di quattro anni”, evidenziando che “La clausola di cui all’art. 3, comma 2, della Convenzione, relativa all’ipotesi di rinnovo, salvo il caso di disdetta, è infatti nulla e priva quindi di ogni effetto, atteso che le concessioni demaniali marittime non possono essere rinnovate né prorogate in moto automatico, a ciò ostando la normativa europea, come peraltro applicata ed interpretata anche dal Giudice nazionale (cfr. Cons. Stato sent. n. 17 e n. 18 del 9.11.2021; TAR Salerno n. 913/2022)”.
Con successiva pec di riscontro del 16.05.2024 la (omissis) ha contestato il contenuto della predetta missiva, sostenendo la legittimità del rinnovo dell’accordo quadro e chiedendo la revoca della richiesta di rilascio delle aree dell’arsenale. La società ricorrente ha evidenziato, in particolare, la natura commerciale dell’accordo, stipulato in attuazione dell’art. 133, comma 4, del D.P.R. n. 90/2010, aggiungendo che l’uso delle aree nella propria disponibilità all’interno dell’arsenale di Messina è stato autorizzato mediante due successive convenzioni di couso per fini commerciali (n. 9 del 24.06.2021 e n. 2 del 2.02.2022), previamente autorizzate con determinazione n. AOP/2019- G/15/02.00007 del 27.04.2021 del Ministro della Difesa.
Ha fatto seguito la pec del 30.05.2024, con la quale la A.I.D. ha confermato la richiesta di rilascio delle aree in uso alla (omissis) 757 s.r.l., rilevando che l’accordo quadro “…ha carattere di contratto normativo e prefigura le condizioni generali dei servizi di cantieristica per imbarcazioni e navi da diporto che la (omissis) richiederà all’A.I.D. presso l’Unità Produttiva di Messina” e che entrambe le convenzioni di couso “sono venute a scadenza per espressa previsione” ivi inserita.
2. Con ricorso notificato in data 21.06.2024 e nello stesso giorno depositato (omissis) 757 s.r.l. ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare dei relativi effetti, dei seguenti atti: 1) nota protocollo M_D AF47957 REG2024 0004408 del 23.04.2024 a firma della Dott.ssa I.C., Capo Ufficio Affari Legali e Contenzioso dell’Agenzia Industrie Difesa, a mezzo della quale è stata comunicata la scadenza dell’accordo quadro stipulato tra l’Agenzia Industria Difesa e la (omissis) 757 s.r.l. il 12.03.2020 ed è stata formulata richiesta di rilascio delle aree oggetto dello stesso entro sessanta giorni dalla comunicazione con la rimessione in pristino; 2) nota protocollo M_D AF47957 REG2024 0005637 del 30.05.2024 a firma della Dott.ssa I.C., Capo Ufficio Affari Legali e Contenzioso dell’Agenzia Industrie Difesa, a mezzo della quale è stata confermata la richiesta di rilascio delle aree in uso alla (omissis) 757 in relazione al contratto quadro del 12.03.2020.
I suddetti atti sono stati impugnati per i seguenti motivi di ricorso: 1) Difetto di competenza riguardante la rappresentanza di A.I.D.; 2) Violazione di legge - Eccesso di potere per sviamento, travisamento, erronea valutazione dei fatti e carenza di motivazione.
2.1. Con il primo motivo di gravame la società ricorrente lamenta il difetto di competenza delle due note avversate, in quanto sottoscritte dalla dott.ssa I.C., Capo Ufficio Affari Legali e Contenzioso dell’Agenzia Industrie Difesa, la quale non sarebbe legittimata a rappresentare l’A.I.D. nei rapporti con i terzi, essendo tale potere di rappresentanza riservato dall’art. 136, lett. a) del D.P.R. 90/2010 al Direttore Generale, firmatario dell’accordo quadro stipulato con la stessa (omissis) 757 e unico soggetto che può incidere sulla validità della clausole facenti parte del predetto accordo.
2.2. Con la seconda doglianza viene rilevata la presunta erroneità dell’asserita nullità della clausola di cui all’art. 3, comma 2, dell’accordo quadro, motivata dal fatto che “…le concessioni demaniali marittime non possono essere rinnovate né prorogate in modo automatico, a ciò ostando la normativa europea, come peraltro applicata ed interpretata anche dal giudica nazionale (cfr. Cons. Stato sent. 17 e 18 del 9.11.2021; Tar. Salerno n. 913/2022)”, in quanto l’accordo quadro per cui è causa non sarebbe da qualificarsi quale atto di concessione di aree demaniali in favore dell’odierna ricorrente, avendo al contrario natura imprenditoriale ed essendo stato stipulato in attuazione dell’art. 133, comma 4, del D.P.R. n. 90/2010 per l’erogazione di servizi di cantieristica navale. A tale attività di cantieristica navale sarebbero funzionali, tra l’altro, sia l’uso delle banchine che l’utilizzo degli impianti fissi e mobili del cantiere navale di Messina, così come le due convenzioni di couso per fini imprenditoriali (n. 9 del 24.06.2021 e n. 2 del 2.02.2022) stipulate per attuare il nuovo corso produttivo del suddetto arsenale.
Ciascuno di tali atti non sarebbe sottoposto alla disciplina di cui all’art. 36 del Codice della Navigazione, con conseguente impossibilità di applicare i principi stabiliti in materia dalle Adunanze Plenarie del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021.
Anche ove tale clausola venisse qualificata come nulla, continua la parte, la A.I.D. avrebbe dovuto comunque rivolgersi al giudice competente per la relativa declaratoria, piuttosto che dichiararla ex se.
Tale nullità, inoltre, secondo la prospettazione di chi ricorre in giudizio non avrebbe potuto esser fatta valere dopo che la suddetta clausola avesse già prodotto i propri effetti.
In ogni caso, conclude la parte, l’Agenzia Industrie Difesa non avrebbe il potere di adottare un provvedimento con il quale viene disposta la riconsegna dei beni e se ne vieta l’utilizzo, risultando necessario - anche in questo caso - rivolgersi al giudice competente per ottenere il relativo provvedimento giurisdizionale.
3. Con decreto monocratico n. 252 del 21.06.2024 il Presidente della Sezione ha accolto l’istanza di misure cautelari monocratiche proposta dalla ricorrente, rilevando il requisito dell’estrema gravità e urgenza. È stata quindi disposta la sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati sino alla camera di consiglio del 24.07.2024, fissata per la trattazione collegiale della predetta istanza cautelare.
4. L’Agenzia Industrie Difesa si è costituita in giudizio per resistere al ricorso in data 1.07.2024.
5. Con successiva memoria del 10.07.2024 parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del proprio ricorso e della relativa istanza cautelare collegiale, ulteriormente argomentando in ordine alla non applicabilità dei principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021 alle concessioni relative ad aree, strutture e infrastrutture dedicate alla cantieristica navale, le quali sarebbero da qualificarsi come concessioni di couso ai sensi dell’art. 133, comma 2, del D.P.R. 90/2010, secondo cui “Previa autorizzazione del Ministro, l’Agenzia può affidare a terzi in co-uso aree totali o parziali degli stabilimenti, qualora tale affidamento sia mirato al fine della piena valorizzazione delle risorse disponibili e all’incremento delle attività delle Unità produttive ad essa affidate in gestione”. Nel caso di specie tali le convenzioni di couso sarebbero state autorizzate con la già richiamata determinazione n. AOP/2019- G/15/02.00007 del 27.04.2021 del Ministro della Difesa, che, alla luce dei contenuti e delle finalità perseguite con l’accordo tra AID e società (omissis) 757 s.r.l., ha autorizzato l’affidamento in couso di aree dell’arsenale di Messina per realizzare, ai sensi dell’art. 3, comma 4, della convenzione triennale, la piena valorizzazione delle risorse disponibili e l’incremento delle attività produttive dello stabilimento.
6. Con memoria del 16.07.2024 l’Amministrazione resistente ha controdedotto in ordine ai motivi di ricorso.
6.1. Con specifico riguardo alla prima doglianza, relativa al presunto difetto di competenza del responsabile dell’ufficio firmatario delle note avversate, viene evidenziato che per decreto di conferimento incarico tale soggetto sia stato autorizzato a rappresentare l’Agenzia nei rapporti con l’esterno.
6.2. Per quanto concerne la seconda censura, l’Amministrazione ha preliminarmente ribadito la natura di contratto normativo dell’accordo quadro del 12.03.2020, il quale rinvia alle successive convenzioni per la concessione in couso n. 9/2021 e 2/2022. Ciò rilevato, l’Ente che resiste in giudizio ha osservato che la previsione del preavviso di sei mesi contenuta sia nell’art. 3, comma 2, del suddetto accordo quadro ai fini della disdetta, sia nell’art. 6 delle due convenzioni ai fini della loro revoca, non possa considerarsi valida alla luce della normativa europea in materia di concessioni demaniali marittime, trattandosi, nel caso di specie, di concessioni con finalità commerciali.
In subordine, la parte rappresenta che sussistono documentate, sopravvenute e motivate esigenze superiori e di interesse nazionale tali da giustificare la revoca prevista dall’art. 6 delle predette due convenzioni n. 9/2021 e 2/2022, come si evincerebbe - in particolare - dalla nota del 17.05.2024 M_DMCOMLOG prot. 0014766, versata in atti, con la quale il Comando Logistico della Marina Militare nella persona del Sotto Capo di Stato Maggiore ha evidenziato l’importanza di “rinforzare e migliorare” le procedure di gestione delle soste presso l’Unità produttiva Arsenale Militare di Messina, ribadendo l’intenzione della Forza Armata di disporre a favore della citata unità produttiva le manutenzioni strutturate per tutto il naviglio minore e per le unità navali attualmente in sede di Augusta, in ragione della necessità di decongestionare lo stabilimento di lavoro di Augusta.
È altresì evidenziato che durante il periodo di esecuzione contrattuale l’equilibrio delle prestazioni contrattuali si fosse sbilanciato in favore della società ricorrente in quanto le somme versate da quest’ultima risulterebbero inferiori a quanto previsto in ambito contrattuale, ossia alla cifra di € 600.000,00 da corrispondere dal terzo anno di esecuzione dell’accordo quadro e per ciascun anno successivo (secondo la previsione dell’art. 3, comma 2, dello stesso accordo quadro), senza che alcun rilievo possa attribuirsi al fatto che la società (omissis) non abbia avuto la possibilità di sviluppare pienamente il proprio piano industriale per le attività di manutenzione di yacht a causa della indisponibilità dei bacini di carenaggio.
7. Con memoria del 18.07.2024 la società ricorrente ha eccepito che attraverso la memoria difensiva del 16.07.2024 l’Amministrazione resistente abbia posto a fondamento del provvedimento impugnato argomentazioni nuove, ponendo in essere l’integrazione postuma in giudizio della sua motivazione.
La società contesta altresì di essere inadempiente rispetto ai propri obblighi di pagamento, come sostenuto da controparte, in quanto le soglie di trasferimenti economici previsti nell’accordo quadro non costituirebbero obblighi di pagamento ma esclusivamente parametri finalizzati a consentire la disdetta alla scadenza quadriennale, la quale, nonostante tali soglie non siano state raggiunte, non è stata esercitata dalla A.I.D..
8. Alla camera di consiglio del 24.07.2024, previo avviso della possibile definizione con sentenza in forma semplificata, data dal Presidente alle parti presenti, che nulla hanno osservato, la causa è stata posta in decisione.
9. Il ricorso è fondato per quanto di seguito esposto e considerato.
10. Il primo motivo di gravame è privo di pregio.
10.1. Ai sensi dell’art. 136, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 90/2010 il Direttore generale dell’A.I.D. “rappresenta l’Agenzia”. La stessa disposizione prevede, alla successiva lett. d), che il Direttore generale “stipula la convenzione di cui all’articolo 133, comma 3, del presente capo”, ossia la convenzione stipulata ogni tre anni con il Ministro della Difesa “ai sensi e con i contenuti previsti dall'articolo 8, comma 4, lettera e), del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300”.
Il successivo art. 139 stabilisce, al comma 1, che “L'Agenzia si articola in una struttura direzionale centrale e nelle unità, come eventualmente rideterminate ai sensi dell'articolo 134, comma 2, lettera a), e dell'articolo 136, comma 1 lettera e), numero 3), del presente capo”. Il comma 3 prevede che “Le unità hanno il compito di eseguire i lavori e i servizi indicati per ciascuna nei programmi annuali e triennali di attività dell'agenzia”. Ogni unità, ai sensi del successivo comma 4, “a) opera per programmi di attività con autonomia gestionale, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie a esse attribuite; b) ha una propria struttura direzionale, di livello dirigenziale o di livello dirigenziale generale, posta alle dipendenze di un capo unità; le strutture direzionali delle unità di livello dirigenziale generale non possono essere in numero superiore a tre”.
Le attribuzioni dei capi unità sono disciplinate dall’art. 140, il quale stabilisce che quest’ultimi “a) dipendono dal Direttore; b) curano l'attuazione dei programmi di ciascuna unità, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi e di gestione ed esercitando i relativi poteri di spesa; c) dirigono e coordinano l'impiego del personale e dei mezzi; d) sono responsabili del raggiungimento degli obiettivi assegnati all'unità cui sono preposti”.
Le note avversate dall’odierna ricorrente, con le quali viene comunicata l’asserita nullità della clausola di cui all’art. 3, comma 2, dell’accordo quadro e la società ricorrente viene invitata al rilascio dell’area demaniale, non rientrano tra gli atti che, ai sensi del predetto art. 136, comma 1, lett. a) e d) del D.P.R. 90/2010, sono di esclusiva competenza del Direttore generale. Tali atti, invero, non risultano qualificabili come atti di “rappresentanza” della A.I.D (art. 136, comma 1, lett. a)), né integrano la stipula della convenzione di cui all’art. 133, comma 3, dello stesso testo normativo (art. 136, comma 1, lett. d)).
Allo stesso modo, non può ritenersi che tali atti siano inquadrabili nell’ambito dell’art. 133, comma 4, il quale prevede che “Per il raggiungimento dei propri fini istituzionali l'Agenzia, nel rispetto, in quanto applicabili, dei principi che regolano la concorrenza e il mercato, può stipulare convenzioni, accordi e contratti con soggetti pubblici e privati per la fornitura o l'acquisizione di beni e servizi, nonché partecipare a consorzi anche internazionali e a società previa autorizzazione del Ministro”, dentro il cui perimetro si colloca la “stipula” dell’accordo quadro del 12.03.2020.
Le note avversate hanno invero valore di atti di gestione (non costituendo una stipula) da riservarsi alle figure amministrativo-dirigenziali della A.I.D sia per principio generale (cfr. art. 107 d.lgs. 267/2000) che alla luce di una coerente lettura sistematica delle sopra riportate disposizioni del D.P.R. n. 90/2010, ai sensi delle quali non può ritenersi che atti aventi valore “dichiarativo” in ordine agli effetti di una clausola di un accordo precedentemente stipulato ed espressione del potere di autotutela esecutiva dell’Ente siano da riservarsi all’organo di vertice del suo organigramma, ossia il Direttore Generale.
Entrambe le note gravate dal presente ricorso, le quali state adottate dalla “scrivente Direzione Generale”, come si evince - tra l’altro - dall’intestazione delle stesse (ove essa viene riportata), sono state quindi sottoscritte da un organo dirigenziale, il Capo Ufficio Affari Legali e Contezioso dott.ssa I.C., il quale, previo conferimento del relativo incarico, avvenuto nel 2021, è parte di una struttura (l’Ufficio Affari Legali e Contenzioso) incardinata presso la Direzione Generale, la quale costituisce una “unità” dotata di una organizzazione dirigenziale a cui possono attribuirsi i poteri amministrativi di natura gestoria di cui gli atti oggetto del presente scrutinio costituiscono una manifestazione, in coerenza, in particolare, con quanto previsto dagli art. 139 e 140 del D.P.R. 90/2010.
La doglianza, pertanto, deve essere disattesa.
11. Il secondo motivo di ricorso è fondato.
11.1. L’accordo quadro stipulato in data 12.03.2020 dall’A.I.D. e da (omissis) 757 s.r.l., come già sopra riportato, ha ad oggetto le condizioni generali per la fornitura di lavori di cantieristica per imbarcazioni e navi da diporto presso l’Unità Produttiva di Messina, i cui servizi consistono in “prestazioni lavorative di cantieristica navale, a misura, a tempo o a cottimo per la manutenzione ordinaria, straordinaria e per la trasformazione di imbarcazioni e navi da diporto, da realizzare nelle aree di pertinenza dell’Arsenale Militare di Messina”.
Trattasi quindi di un “accordo” stipulato dall’A.I.D. ai sensi di quanto previsto dall’art. 133, comma 4, del D.P.R. 90/2010, il quale, lo si ribadisce, stabilisce che “Per il raggiungimento dei propri fini istituzionali l'Agenzia, nel rispetto, in quanto applicabili, dei principi che regolano la concorrenza e il mercato, può stipulare convenzioni, accordi e contratti con soggetti pubblici e privati per la fornitura o l'acquisizione di beni e servizi, nonché partecipare a consorzi anche internazionali e a società previa autorizzazione del Ministro”.
Ai sensi dell’art. 3, comma 2, del predetto accordo quadro “L’accordo verrà rinnovato per la stessa durata del presente accordo [quattro anni] per tre volte consecutive, salvo che non venga data disdetta scritta da una delle parti a mezzo PEC o raccomandata a/r almeno sei mesi prima di ciascuna scadenza”.
Con specifico riguardo al “primo rinnovo”, il successivo comma 3 precisa che “l’A.I.D. potrà formulare disdetta al rinnovo solo qualora la (omissis) abbia corrisposto alla stessa un importo complessivo (a qualsiasi titolo o ragione) dal terzo anno di esecuzione del presente accordo e per ciascun anno successivo, inferiore a € 600.000,00 (euro seicentomila/00) annuali. Nel computo del suddetto importo vanno compresi anche i lavori e servizi commissionati in corso di esecuzione per la porzione già completata, ancorché non ancora pagati”.
Dal combinato disposto del secondo e del terzo comma dell’accordo si ricava, pertanto, che: (i) il rinnovo è automatico, salvo disdetta di una delle parti da comunicarsi almeno sei prima della scadenza: (ii) la possibilità per la A.I.D. di formulare disdetta al fine di evitare il primo rinnovo è correlata “solo” alla presenza di una specifica condizione ivi espressamente indicata.
Orbene, dal tenore della comunicazione di invito al rilascio dell’area demaniale inviata dalla A.I.D. alla società ricorrente in data 23.04.2024 si desume chiaramente che la clausola di cui all’art. 3, comma 2, dell’accordo quadro è stata considerata nulla e quindi priva di effetto dall’Amministrazione che resiste in giudizio in quanto, in applicazione di quanto statuito - in particolare - dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021, “le concessioni demaniali marittime non possono essere rinnovate né prorogate in modo automatico”. Nulla viene osservato, invece, così come nella successiva nota del 30.05.2024, anch’essa impugnata, in ordine al fatto che la disdetta e, quindi, il mancato primo rinnovo, sia da correlare all’integrazione della fattispecie di cui all’art. 3, comma 2, del predetto accordo quadro (ossia la mancata corresponsione di una somma inferiore a € 600.000,00 a partire dal terzo anno di esecuzione dell’accordo), argomentazione - questa - rappresentata per la prima volta nel presente giudizio.
A nulla rileva, peraltro, che nell’ambito della propria attività difensiva l’Amministrazione resistente evidenzi la presenza delle ragioni (di interesse nazionale) tali da giustificare la revoca delle convenzioni di concessione in couso n. 9/2021 e n. 2/2022, atteso che: (i) gli atti impugnati, concernenti il rilascio dell’area demaniale interessata, sono motivati esclusivamente sulla base dell’asserita nullità della clausola di cui all’art. 3, comma 2 dell’accordo quadro, relativa alla disciplina del suo rinnovo, in considerazione dell’applicabilità della normativa europea in materia di concessioni demaniali marittime (e di quanto statuito, nello specifico, dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e n. 18 del 2021); (ii) nella nota del 30.05.2024, in particolare, si specifica che entrambe le convenzioni di couso n. 9/2021 e n. 2/2022 “sono venute a scadenza per espressa previsione” - nella specie l’art. 4 di entrambi tali atti - senza accenno alcuno alla presenza di profili di “merito” (ossia di interesse nazionale, come rappresentato dall’Amministrazione resistente in questo giudizio) tali da giustificare la mancata proroga della loro durata originaria.
Le argomentazioni prospettate in sede difensiva dall’Amministrazione che resiste in giudizio, poste quali giustificazioni della decisione assunta dall'Amministrazione con i provvedimenti impugnati, non risultando evincibili nemmeno implicitamente dalla motivazione sono quindi da ritenersi inammissibili, in quanto espresse in violazione del divieto di integrazione postuma della motivazione in sede processuale (ex multis, Cons. Stato, sez. V, 10.05.2022, n. 3632).
Ciò preliminarmente rilevato, il Collegio deve quindi valutare se la motivazione addotta dall’Ente che resiste in giudizio al fine di giustificare il “rilascio delle relative aree” interessate dall’accordo quadro per cui è causa – ossia il richiamo alla giurisprudenza amministrativa in materia di concessioni demaniali marittime dalla cui applicazione promanerebbe il divieto di rinnovo automatico dello stesso accorso – sia da considerarsi erronea e, quindi, debba essere censurata.
A tal fine, deve osservarsi che l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021 ha espressamente disposto che “Le norme legislative nazionali che hanno disposto (e che in futuro dovessero ancora disporre) la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative – compresa la moratoria introdotta in correlazione con l’emergenza epidemiologica da Covid-19 dall’art. 182, comma 2, d.l. n. 34/2020, convertito in legge n. 77/2020 – sono in contrasto con il diritto eurounitario, segnatamente con l’art. 49 TFUE e con l’art. 12 della direttiva 2006/123/CE. Tali norme, pertanto, non devono essere applicate né dai giudici né dalla pubblica amministrazione”.
Dal principio di diritto enunciato dal Giudice amministrativo di secondo grado nell’esercizio della sua funzione nomofilattica, come sopra riportato, discende che: (i) devono essere disapplicate le “norme legislative nazionali” che hanno disposto la proroga automatica delle concessioni demaniali marittime; (ii) le concessioni demaniali marittime incise da tale statuizione sono quelle che hanno “finalità turistico-ricreative”.
Trattasi di un principio che, ad avviso di questo Collegio, non avrebbe dovuto essere richiamato dall’Amministrazione resistente per giustificare l’asserita nullità della clausola di rinnovo automatico prevista dall’art. 3, comma 2, del summenzionato accordo quadro del 12.03.2020, per due ordini di ragioni.
Da un lato, deve evidenziarsi che l’accordo rispetto a cui opererebbe il principio dell’Adunanza Plenaria non costituisce una “norma legislativa” che regolamenta il rinnovo delle concessioni; dall’altro, e tale evidenza appare dirimente, tale accordo, come chiarito dalla stessa Amministrazione resistente, non può essere qualificato come una concessione demaniale marittima avente finalità turistico-ricreativa, ma, come evidenziato dalla stessa Amministrazione, “ha valore di contratto normativo”, prefigurando le “condizioni generali dei servizi di cantieristica per imbarcazioni e navi da diporto che la (omissis) richiederà all’A.I.D. presso l’Unità Produttiva di Messina”.
L’accordo quadro per cui è causa ha quindi valenza di accordo bilaterale, realizzato tra un soggetto pubblico e un soggetto privato, che si colloca all’esterno del perimetro delle concessioni demaniali, e rispetto al quale questo Collegio deve limitare il proprio scrutinio, tenuto conto delle censure espressamente formulate dalla parte ricorrente.
Anche a voler estendere il vaglio di legittimità, in astratta ipotesi, alle successive convenzioni per la concessione in couso n. 9/2021 e 2/2022, e alla loro ritenuta non “prorogabilità”, deve comunque escludersi che a tali atti siano applicabili i principi sanciti dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 17 e 18 del 2021, in quanto, come affermato dalla costante giurisprudenza amministrativa, la nozione di “concessione di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative” – a cui tali principi espressamente si riferiscono – secondo quanto previsto dall’art. 1 del d.l. n. 400 del 1993 e dalla norma di interpretazione autentica di cui all’art. 13 della l. n. 172 del 2003 deve riferirsi alle concessioni per l’esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie.
A tale elencazione la giurisprudenza riconosce carattere tassativo (cfr. Cons. Stato, Sez. VII, 11 gennaio 2023, n. 6377; Cons. Stato, Sez. VII, n. 5103 del 21 giugno 2022; Cons. Stato, Sez. VI, 10 aprile 2017, n. 1658), nel senso che solo le fattispecie di cui alle lettere da a) ad f) dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 400/1993 sono riconducibili alla nozione di “concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative”: ad es., non vi rientrano le concessioni riguardanti i punti di ormeggio (Cons. Stato, Sez. VI, n. 1658/2017), né le concessioni di cantieri navali e scali d’alaggio (Cass. pen., Sez. III, 23 maggio 2006, n. 34101) e neppure le concessioni dei servizi di biglietteria per trasporto pubblico marittimo.
L’accordo quadro stabilisce che i “servizi oggetto del contratto consistono in prestazioni lavorative di cantieristica navale, a misura, a tempo o a cottimo per la manutenzione ordinaria, straordinaria e per la trasformazione di imbarcazioni e navi da diporto, da realizzare nelle aree di pertinenza dell’Arsenale Militare di Messina”. Tali servizi non risultano suscettibili di rientrare in una delle sopra riportate categorie di cui alle lettere da a) ad f) dell’art. 1, comma 1, del d.l. n. 400/1993. Conseguentemente, le due convenzioni per la concessione in couso n. 9/2021 e n. 2/2022, le quali sono state stipulate in attuazione di detto accordo, sono funzionali all’esecuzione dei predetti servizi di cantieristica navale “per la manutenzione…e per la trasformazione di imbarcazioni e da navi da diporto”, collocandosi anch’esse al di fuori della sopra riportata elencazione tassativa.
A ciò consegue l’inapplicabilità, anche sotto tale profilo, dei principi statuiti dal Consiglio di Stato in materia di proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, i quali non possono rappresentare la causa della “disapplicazione” della clausola di rinnovo automatico prevista dall’art. 3, comma 2, dell’accordo quadro stipulato il 12.03.2020 tra l’A.I.D. e la società ricorrente, e della conseguente richiesta di rilascio delle aree interessata, specificatamente censurate nel presente giudizio.
La doglianza, pertanto, è per le ragioni sopra esposte fondata.
12. Il ricorso, in quanto fondato, deve quindi essere accolto, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.
13. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese nei confronti della parte ricorrente, che liquida in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre oneri accessori così come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.