Svolgimento del processo
Alcuni proprietari di immobili facenti parte del Condominio Via (omissis) in Milano chiesero accertarsi, nei confronti della (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l, la proprietà condominiale di alcune particelle, per l’effetto, chiesero dichiararsi l’inefficacia della scrittura privata con cui l’originaria costruttrice aveva trasferito dette particelle alla (OMISSIS) Costruzioni s.r.l. con atto del 31.12.1972 e con atto di ripetizione dell’8.6.2004.
La (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l., resistendo alla avversa domanda, spiegò domanda riconvenzionale di rimozione della caldaia situata nella sua proprietà esclusiva.
L’adito Tribunale di Milano rigettò la domanda principale e la domanda riconvenzionale.
Nel corso del giudizio d’appello, alcune parti rinunciarono agli atti del giudizio e la rinuncia venne accettata dalla società appellata.
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza n. 2079/2019, rigettò l’appello e dichiarò estinto il giudizio nei confronti degli appellanti rinuncianti.
In particolare, accertò che dall’esame dei titoli di proprietà emergeva che vi era stata una riserva di proprietà delle particelle in contestazione da parte della (omissis) s.r.l., che le aveva trasferite alla (OMISSIS), Impresa Costruzione s.r.l, ragione per la quale non operava la presunzione di condominialità di cui all’art.1117 c.c.
Quanto al regime delle spese, la Corte distrettuale, rilevato che nel corso del giudizio d’appello vi era stata rinuncia agli atti del giudizio da parte di alcuni condomini, regolarmente accettata dalla società, compensò le spese di lite tra gli appellanti rinuncianti e la (OMISSIS) s.r.l. mentre, nei confronti degli altri appellanti, fece applicazione del criterio della soccombenza; condannò, inoltre, solo gli appellanti che avevano proseguito il giudizio anche alle spese di lite nei confronti di (omissis), di cui era stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva.
M. B. e gli altri soggetti indicati in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di sei motivi.
La (OMISSIS) Costruzioni s.r.l. resiste con controricorso.
Gli altri soggetti intimati non hanno svolto attività difensiva.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1 Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.102 c.p.c., 354 c.p.c., 1131 c.c., in relazione all’art.360, comma 1,n.4 c.p.c., per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, in quanto, rispetto alla domanda di rimozione della caldaia proposta in via riconvenzionale dalla (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l, non era stato evocato in giudizio anche il Condominio di via (omissis)-Milano, che rivestirebbe la qualità di litisconsorte necessario.
2 Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 102 c.p.c., art. 354, comma 1, c.p.c., art. 1131, comma 1 e comma 2, c.c., artt. 978, 981, 982, 983, 984, 985 c.c., in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c., per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario perchè, rispetto alla domanda di rimozione della caldaia proposta in via riconvenzionale dalla (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l, non era stata evocata (omissis), che, quale usufruttuaria della caldaia, rivestirebbe la qualifica di litisconsorte necessario.
3 Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt. da 5 ad 8 del Decreto Legislativo del 4.03.2010 n. 28 e successive modifiche, in relazione all’art. 360 n. 4) c.p.c. ed all’art. 360 n. 3 c.p.c.: i ricorrenti denunciano la nullità del procedimento per mancato preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione in relazione alla domanda riconvenzionale proposta della (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l.
Questi tre motivi possono essere trattati congiuntamente perché pongono profili relativi all’interesse ad agire nel giudizio di impugnazione della parte vittoriosa nel merito che lamenti la mera violazione di carattere processuale.
Essi sono tutti inammissibili per difetto di interesse.
La domanda riconvenzionale della (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l era stata rigettata in primo grado sicchè nessun pregiudizio è derivato ai condomini dall’omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del condominio e dal mancato esperimento della mediazione, che, peraltro, non si estende alla domanda riconvenzionale (cfr. Sezioni Unite, 7.2.2024, n.3452).
Deve, conseguentemente, affermarsi l'inammissibilità per difetto di interesse del motivo di ricorso per cassazione con il quale i ricorrenti, vittoriosi nel giudizio di merito, si dolgano della mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei litisconsorti necessari, non essendo neppure astrattamente ipotizzabile alcun vantaggio dalla partecipazione al giudizio dei medesimi.
In materia di litisconsorzio processuale cd. necessario, l'interesse tutelato che la parte può far valere rispetto al terzo che abbia partecipato al giudizio di primo grado su ordine del giudice, ma non sia stato chiamato in appello ad integrare il contraddittorio, è quello ad ottenere una pronuncia di merito e non una sentenza di mero rito, sicché la cassazione della sentenza d'appello è ammessa solo se nel successivo giudizio di rinvio il ricorrente possa ottenere una pronuncia diversa e più favorevole rispetto a quella impugnata ( ex multis Cassazione civile sez. I, 07/02/2020, n.2966).
4 Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la nullità del procedimento per motivazione apparente della sentenza impugnata (art. 132, comma 2, c.p.c. ed art. 111, comma 6, Costituzione in relazione all’ art. 360 n. 4 c.p.c.) perché motivata per relationem alla sentenza di primo grado.
Il motivo è infondato.
La Corte d’appello ha esposto le ragioni di condivisione della sentenza di primo grado, dando conto dei titoli di proprietà dai quali si ricavava che la (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l era proprietaria esclusiva delle aree in contestazione.
Dall’esame dei titoli di proprietà emergeva che vi era stata una riserva di proprietà delle particelle in contestazione da parte della (omissis) s.r.l., che le aveva trasferite alla (OMISSIS), Impresa Costruzione s.r.l, ragione per la quale era superata dal la presunzione di condominialità di cui all’art.1117 c.c.
La giurisprudenza di questa Corte ha precisato che la sentenza d'appello può essere motivata "per relationem" a quella di primo grado, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate dalla decisione appellata, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente (Cass. n. 20883 del 2019; Cass. n. 28139 del 2018).
La riformulazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione (tra le varie, v. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Scendendo più nel dettaglio sull'analisi del vizio di motivazione apparente, la costante giurisprudenza di legittimità ritiene che il vizio ricorre quando la motivazione, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (v. da ultimo, Cass. sez. un., 30/01/2023,n.2767).
Nel caso in esame, come si è visto, è senz’altro da escludere il vizio di motivazione apparente, come inteso dalla giurisprudenza di legittimità.
5 Con il quinto motivo di ricorso, si deduce la violazione degli artt.306 c.p.c., 359 c.p.c. e 111, comma 7 Cost., per avere la Corte d’appello compensato le spese di lite tra gli appellanti che avevano rinunciato agli atti del giudizio e la (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l, senza che vi fosse un accordo sulla compensazione delle spese. La Corte d’appello, sulla base del principio della soccombenza avrebbe dovuto condannare tutti gli appellanti alla rifusione delle spese di lite in favore della parte vittoriosa e non solo gli appellanti che avevano proseguito il giudizio.
Il motivo è fondato.
L'art. 306 c.p.c., comma 4 c.p.c. prevede che, in caso di accettazione della rinuncia agli atti, il giudice deve dichiarare l’estinzione (comma 3) e liquidare le spese che la parte rinunciante deve rimborsare all’altra parte, salvo diverso accordo tra le parti stesse.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il potere del giudice è limitato alla liquidazione delle spese e non si estende alla sua regolamentazione secondo i criteri generali. In rapporto alla disciplina generale della responsabilità per le spese ed, in particolare, alle disposizioni di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c., l’art.306 c.p.c., in esame, in deroga alla previsione dell'art. 91 c.p.c., comma 1, attribuisce al giudice la sola funzione prevista dalla seconda parte del primo periodo, che disciplina la "liquidazione" delle spese, non anche quella prevista dalla prima parte dello stesso primo periodo, che disciplina la "condanna" al rimborso delle spese, id est l'individuazione della parte da considerare soccombente ed alla quale farne carico, e neppure gli attribuisce le distinte funzioni previste nel primo e nel secondo comma del successivo art. 92 c.p.c., che disciplinano la facoltà, rispettivamente, di ridurre o compensare le spese con valutazione discrezionale dell'utilità delle stesse e del livello della responsabilità del soccombente nel promuovere il giudizio o nel resistervi (Cassazione civile sez. II, 10/10/2006, n.21707).
Le spese vanno poste sempre a carico del rinunciante, salvo diverso accordo ed indipendentemente dalla fondatezza della domanda (Cassazione civile sez. I, 12/10/2006, n.21933)
La regolamentazione delle spese, in caso di rinuncia agli atti del giudizio, non richiede, pertanto, al giudice una delibazione sulla fondatezza della domanda, giacché la natura processuale della relativa statuizione comporta semplicemente che "il rinunciante deve rimborsare le spese alle altre parti".
Ha, quindi, errato la Corte d’appello nel compensare le spese di lite tra gli appellanti, che avevano rinunciato agli atti del giudizio e la (OMISSIS) Impresa Costruzione s.r.l, senza che vi fosse un accordo sulla compensazione delle spese.
E’ evidente che la decisione pregiudica le parti che hanno proseguito il giudizio, le quali si trovano, nel rapporto interno, a corrispondere una maggior quota per il pagamento delle spese in favore della parte vittoriosa.
6 Con il sesto motivo di ricorso, si deduce, infine, la violazione degli artt.306 c.p.c., 359 c.p.c., 97 c.p.c. e 111, comma 7 Cost., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello condannato alle spese di lite in favore di (omissis), di cui era stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva, soltanto gli appellanti che non avevano rinunciato agli atti del giudizio mentre la condanna avrebbe dovuto essere estesa anche alle parti che avevano rinunciato agli atti del giudizio. I ricorrenti rilevano, peraltro, che nessuna accettazione della rinuncia con compensazione delle spese era intervenuta tra gli appellanti rinuncianti e (omissis).
Anche questo motivo è fondato.
Il regolamento delle spese doveva avvenire sulla base dei criteri di cui agli art.91 e segg c.p.c., dovendosi richiamare il principio di cui all’art.97 c.p.c., in materia di condanna al pagamento in solido delle spese processuali nei confronti di più parti soccombenti (Cass. Sez. Unite, 1536/87; Cassazione civile sez. I, 19/01/2022, n.1650).
Come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, in materia di spese processuali, la condanna di più parti soccombenti al pagamento in solido può essere pronunciata non solo quando vi sia indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, ma pure nel caso in cui sussista una mera comunanza di interessi, ad esempio tra l'attore ed uno o più interventori, che può desumersi anche dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute, ovvero dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria.
Nel caso in esame, non si spiega perché i rinuncianti non sono stati condannati alle spese di lite in favore di (omissis), di cui era stata dichiarata la carenza di legittimazione passiva, non risultando agli atti del giudizio né l’accettazione della rinunzia, né un accordo sulla compensazione delle spese.
Si rende pertanto necessario nuovo esame.
In conclusione, devono essere rigettati i primi quattro motivi di ricorso mentre devono essere accolti il quinto ed il sesto motivo.
In conclusione, respinti i primi quattro motivi, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, che si conformerà ai seguenti principi di diritto:
“ Ai sensi dell’art.306, comma 4 c.p.c., in caso di rinuncia agli atti del giudizio, le spese vanno poste sempre a carico del rinunciante, salvo diverso accordo tra le parti, indipendentemente dalla fondatezza della domanda”.
“ Al fine della condanna in solido di più soccombenti alle spese del giudizio, ai sensi dell'art. 97 c.p.c., il requisito dell' interesse comune " non postula la loro qualità di parti in un rapporto sostanziale indivisibile o solidale, ma può anche discendere da una mera convergenza di atteggiamenti difensivi, rispetto alle questioni dibattute in causa, ovvero da identità di interesse personale, con riguardo al provvedimento richiesto al giudice”.
Il giudice di rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il quinto e sesto motivo di ricorso, rigetta i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione.