Svolgimento del processo
Con citazione del 2021 la società Coop. di trasporto S.B., a r.l. convenne innanzi al Tribunale di Roma, sezione specializzata per le imprese, il C.B., Consorzio A.M., chiedendo l’annullamento e/o la dichiarazione di nullità delle deliberazioni dell’assemblea consortile del 16.2.22 e del 7.3.22, relative all’approvazione del bilancio e del conto economico al 31.12.01, all’esercizio del diritto di recesso delle due società consorziate ed altro. La cooperativa si costituiva eccependo l’incompetenza territoriale del Tribunale di Roma.
Con ordinanza del 3.1.23, il giudice ha dichiarato la propria incompetenza- indicando ufficio competente il Tribunale di Tivoli- atteso che l’art. 3 d.lgs n. 168/2003 non prevede che la competenza funzionale delle sezioni specializzate in materia di impresa si estenda anche ai consorzi. Per cui ¿ avendo il C.B., come ¿ ad avviso del Tribunale ¿ si desumerebbe dall’atto costitutivo e dalla visura camerale prodotta dallo stesso ente, natura di consorzio ¿ non sarebbe ravvisabile la competenza della predetta sezione specializzata.
La suddetta cooperativa propone regolamento di competenza avverso la predetta ordinanza, osservando che sussisteva invece la competenza dell’adita sezione- come peraltro affermato da altro collegio della medesima sezione del Tribunale di Roma con sentenza del 17.1.23- tenuto conto della struttura del consorzio convenuto, avente rilevanza esterna, e del richiamo contenuto nel relativo statuto a varie norme del codice civile in tema di disciplina societaria.
Il consorzio ha depositato memoria.
Il Pubblico Ministero ha depositato requisitoria, chiedendo l’accoglimento del ricorso, affermando la competenza della sezione specializzata per le imprese.
Motivi della decisione
Il regolamento di competenza è infondato.
Va anzitutto osservato che l’art. 3, comma 2, d.lgs. n. 168/2003, prevede: «Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, alle società di cui al regolamento (CE) n. 2157/2001 del Consiglio, dell'8 ottobre 2001, e di cui al regolamento (CE) n. 1435/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, nonché alle stabili organizzazioni nel territorio dello Stato delle società costituite all'estero, ovvero alle società che rispetto alle stesse esercitano o sono sottoposte a direzione e coordinamento».
Ebbene ¿ in disparte le società straniere ¿ le società di cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, e titolo VI, del codice civile, sono: le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e le mutue assicuratrici. Risulta del tutto evidente, dal dato testuale, che i consorzi, la cui disciplina è contenuta nel titolo X del libro V del codice civile, non sono ricompresi tra le società, in ordine ai cui rapporti sociali è prevista la competenza funzionale delle sezioni specializzate per le imprese, che sono solo quelle ricomprese nei titoli V (capi V, Vi e VII) e titolo Vi. Come pure nel titolo X, e quindi ¿ del pari ¿ sono escluse dalla competenza funzionale delle sezioni specializzate, le società consortili, previste dall’art. 2615 ter c.c.
Al riguardo, deve ritenersi che l’esclusione dei consorzi e delle società consortili dal novero delle società per le quali è prevista la competenza funzionale della sezione specializzata per le imprese, dipenda dalla natura di detti enti, e dalla loro chiara differenziazione dalle società di capitali.
Il consorzio è, invero, il contratto con cui più imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (articolo 2602 e ss. codice civile), il consorzio cioè non mira a produrre guadagni da distribuire tra i consorziati ma a mantenere e ad aumentare il reddito dell’attività dei singoli consorziati ed è aperto all’adesione successiva di altre imprese. In disparte il fatto che ¿ al pari della società ¿ il consorzio è anzitutto un contratto, poi un’organizzazione, la differenza tra il contratto di consorzio, diretto a creare un’organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese, e quello di società (art. 2247 c.c.), in cui le parti conferiscono beni e servizi, per «l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di divederne gli utili», è di chiara evidenza.
Pertanto, è evidente che il legislatore abbia inteso riservare la competenza funzionale delle sezioni per le imprese solo a quegli enti che abbiano l’effettiva natura di «impresa», che consiste nello svolgimento professionale di un’attività imprenditoriale, al fine di esercitare un’attività economica (art. 2082 c.c.), ossia le società di capitali.
Può dunque affermarsi che la differenza tra società e consorzio risiede nello scopo differente che i due enti perseguono, e siffatta differenza costituisce la ragione dell’esclusione dei consorzi dal novero delle società alle quali si riferisce l’art. 3 d.lgs. 168/2003. Tanto vero che anche le società consortili ex art. 2615 ter c.c., del pari rientranti nel titolo X del libro V del c.c., sono escluse dalla competenza funzionale delle sezioni specializzate per le imprese, poiché anche la società consortile ¿ che può assumere una qualunque delle forme previste per le società (di capitali o di persone, escluse le società semplici), con conseguente applicazione anche della relativa disciplina, oltre che di quella consortile, in quanto compatibile ¿ è una società che assume «come oggetto sociale gli scopi indicati nell’art. 2602».
La differenza tra le società ed i consorzi o le società consortili è stata, peraltro, ben rimarcata dalla giurisprudenza di questa Corte. Si è affermato, infatti, che il contratto di consorzio di cui all'art. 2602 c.c. comporta non già l'assorbimento delle imprese consorziate in un organismo unitario, realizzativo di un rapporto di immedesimazione organica con le singole contraenti (come accade nelle società), bensì la costituzione tra le stesse di un'organizzazione comune per lo svolgimento di determinate fasi delle loro attività, ciascuna delle quali è affidata ad un'organizzazione autonoma avente, nell'attività di gestione svolta, rilevanza esterna (Cass., n.6569/2020).
Il consorzio costituito per gli scopi previsti dall'art. 2602 c.c., non potendo avere per sé alcun vantaggio, in quanto lo stesso, al pari dell'eventuale svantaggio, appartiene unicamente e solo alle imprese consorziate, ha l'obbligo di ribaltare sulle stesse, secondo i criteri di legge o quelli legittimamente fissati dallo statuto, se non elusivi della causa consortile e delle relative norme fiscali, tutte le operazioni economiche realizzate da una o più imprese consorziate, oppure dallo stesso consorzio con strutture proprie o con impiego di imprese terze (Cass., n.13360/2019).
Ed ancora, nei consorzi con attività esterna¿ come quello per cui è causa ¿ le eventuali eccedenze di gestione, costituite dalla differenza fra i ricavi ottenuti dal consorzio nella sua opera di intermediazione verso i terzi ed i costi di funzionamento, si configurano come utili che, ove previsto, ricadono nel divieto statutario di distribuzione in favore delle imprese consorziate, non potendosi ricondurre alla disciplina dei ristorni di cui all'art. 2545 sexies c.c. (Cass., n.17666/2022).
Ed infine, per quanto concerne le società consortili, si è affermato che, qualora un consorzio assuma veste societaria ¿ il che è dedotto dalla ricorrente ¿ come consentito dall'art. 2615-ter c.c., la responsabilità per le obbligazioni assunte segue la disciplina tipica della forma societaria adottata (Cass., n.15863/2020).
Da tutto quanto precede si desume che nessun rilievo assumono, ai fini di fondare una competenza ¿ nella specie ¿ della sezione specializzata per le imprese del Tribunale di Roma, le deduzioni della ricorrente Cooperativa A., secondo cui il Consorzio C.B. avrebbe assunto la forma della società per azioni, considerato che, come detto, anche la società consortile è estranea al perimetro applicativo dell’art. 3 d.lgs. 168/2003, il fatto che il medesimo ha rilevanza esterna e, di conseguenza, è iscritto nel registro delle imprese, nonché la circostanza che i soci del Consorzio versano i contributi che confluiscono sul fondo consortile, senza fare riferimento a ripartizione di utili tra i soci, né in capo al Consorzio.
Si tratta, invero, di tutti elementi che evidenziano la natura consortile dell’ente e la sua sottrazione alla competenza funzionale in discussione. Né può essere condivisa la tesi espressa dal Pubblico Ministero, il quale, premesso che può ritenere consolidato l’orientamento che riconosce al consorzio la possibilità di affiancare alla propria attività principale lo svolgimento di un’attività lucrativa con i terzi- ammettendo così la produzione di utili, sempre che la stessa non trasformi la causa del contratto consortile- giunge alla conclusione che, se la legge riconosce al consorzio con attività esterna di essere equiparato alla società consortile e quest’ultima soggiace alla disciplina della tipologia societaria prescelta, di persone ovvero di capitali, può dirsi che, ai fini della corretta individuazione del giudice competente a decidere, il consorzio con attività esterna, in mancanza di un espresso riferimento alla forma societaria nel proprio atto costitutivo, deve essere assoggettato, in punto di competenza, alla disciplina dell’art. 3, comma 1 e 2 del D.lgs. 27 giugno 2003, n. 168.
Invero, come detto, il discrimine fondamentale tra società e consorzio risiede nello scopo differente che i due enti perseguono, sicché alcuna rilevanza, a tal fine, può essere attribuita all’equiparazione formale tra consorzio ad attività esterna e società consortile (che, come rilevato, è esclusa dalla competenza funzionale delle sezioni specializzate per le imprese).
Inoltre, non è controverso che nel circondario di Tivoli vi sia la sede del Consorzio convenuto.
Per quanto esposto, il regolamento va rigettato, dichiarando la competenza del Tribunale di Tivoli. La disciplina delle spese è rimessa al merito della causa.
P.Q.M.
La Corte rigetta il regolamento di competenza, dichiarando la competenza del Tribunale di Tivoli.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.