- coltivazione del terreno e silvicoltura;
- allevamento di animali, con le prescrizioni imposte;
- attività diretta alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali;
- attività concernente la prestazione di beni o servizi a favore dei soci imprenditori agricoli.
- quelle di produzione, che si occupano della coltivazione e dell'allevamento;
- quelle di conferimento, che concentrano in capo a sé alcune fasi del processo di lavorazione/trasformazione dei prodotti conferiti dai soci al fine di consentire il loro collocamento sul mercato.
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Con riferimento alla seconda categoria, la Cassazione ha stabilito che «quello che, atecnicamente, viene definito dallo statuto come "conferimento" del prodotto agricolo da parte del socio rappresenta, invece, l'adempimento di una prestazione contrattuale autonoma e diversa dal rapporto societario». |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione regolarmente notificato G. B., in qualità di socio amministratore e legale rappresentante della Società Agricola B. G. e I. s.s., F. D., S. B., G. B., A. B., A. B., B. O., A. F., D. B., G. M., M. S., B. B., S. G., M. M., S. M., B. S., P. A. e S. S.o, titolare dell’azienda agricola I. hanno convenuto in giudizio CANTINA A. P. SOC. COOP. AGRICOLA IN LIQUIDAZIONE, IN FORMA ABBREVIATA S.C.A.A.P. (di seguito Cantina P.) per la declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 2379 c.c. ovvero per sentir annullare ai sensi dell’art. 2377 c.c. la delibera adottata in data 16 febbraio 2020 dall’assemblea dei soci di Cantina P., con il voto contrario degli attori, avente ad oggetto l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio sociale chiuso al 31/7/2019.
A fondamento dei motivi di impugnazione gli attori, premesso che la società resistente è una società cooperativa a responsabilità limitata avente quale oggetto sociale lo svolgimento in comune delle attività di lavorazione delle uve, commercializzazione dei prodotti provenienti dalle aziende agricole dei soci ed altre attività inerenti alla lavorazione, commercializzazione e vendita delle uve e dei relativi sottoprodotti, deducevano, in primo luogo, la nullità della delibera per l’illeceità dell’oggetto, essendo stato con essa approvato un bilancio non rappresentativo della situazione patrimoniale-economica della società, al fine di occultare la sussistenza di una causa di scioglimento della società e di giungere all’esposizione di un patrimonio netto positivo per € 196.555, attraverso una serie di una serie di “aggiustamenti contabili” rappresentati dalle seguenti operazioni:
(i) cancellazione del debito verso i soci per il sA. relativo alla vendemmia 2017, pari ad euro 223.390, mai pagato dalla Cooperativa e risultante dal bilancio al 31.07.2018;
(ii) appostazione di un credito verso soci per la restituzione degli acconti versati ai medesimi dalla Cantina, pari ad euro 295.640;
(iii) mancata appostazione dei costi per gli apporti dei soci in relazione alla vendemmia 2018;
(iv) mancata previsione di un fondo rischi in relazione al credito appostato verso i soci;
(v) mancata previsione di un fondo rischi in relazione alle pretese dei soci per il pagamento del sA. delle uve 2017 e per il pagamento delle uve 2018;
(vi) mancata indicazione nella nota integrativa del rischio (passività potenziale) connesso al contenzioso con il direttore G. Z. licenziato dalla Cantina (violazione dell’OIC 29);
(vii) mancato recepimento in bilancio dello scioglimento della società accertato dal consiglio di amministrazione il 23.09.2019 (violazione dell’OIC 29 e dell’OIC 5).
In particolare deducevano gli attori che i primi tre interventi contabili fossero stati giustificati dall’organo amministrativo sulla base della errata impostazione secondo cui, essendo gli esercizi chiusi al 31/07/2018 e al 31/07/2019 in perdita, non fosse possibile riconoscere alcunché ai soci per le uve conferite con le vendemmie 2017 e 2018, pena la violazione del principio di cui all'articolo 2514 cc che vieta la distribuzione ai soci delle riserve indivisibili.
Osservavano l’erroneità di un siffatto ragionamento alla luce del rapporto che vi è tra socio e cooperativa, poiché seguendo detta impostazione si verrebbe ad assimilare lo scambio mutualistico al conferimento di capitale di rischio, senza valorizzare lo scambio mutualistico caratteristico delle cooperative ed espressamente disciplinato anche dallo Statuto della Cantina, che all'art. 4 definisce “prezzo” il compenso che deve essere attribuito ai soci per le uve consegnate “sane e mature”.
Gli attori deducevano, inoltre, che il bilancio non fosse stato redatto in ossequio al principio di prudenza, avendo omesso gli amministratori di operare la svalutazione del credito verso i soci per la restituzione degli acconti pagati dalla cooperativa per i conferimenti di uve nel 2017 , omettendo ogni valutazione circa l'esigibilità di tale credito ed omettendo di appostare un fondo rischi in relazione al prevedibile contenzioso che i soci avrebbero promosso per ottenere il pagamento del sA. delle uve 2017 ed il pagamento delle uve 2018.
Contestavano, poi, la violazione del principio di verità e di chiarezza nella redazione del bilancio anche in ragione della omessa indicazione nella nota integrativa di un'adeguata informazione in merito al licenziamento del direttore Z. e ai rischi ad esso connessi, ricadenti sulla situazione patrimoniale e finanziaria della società.
Da ultimo contestavano l'omessa rappresentazione in modo veritiero e corretto della situazione patrimoniale finanziaria della società in bilancio, anche in ragione della omessa rilevazione della causa di scioglimento della società data dalla perdita del capitale sociale, accertata dal consiglio di amministrazione in data 23/9/2019.
Gli attori deducevano, inoltre, a motivo di annullabilità della delibera impugnata la sussistenza di una serie di vizi di natura procedimentale, lesivi dei diritti partecipativi dei soci.
Si costituiva la Cantina A. P. contestando quanto ex adverso dedotto ed osservando, in particolare, che il bilancio approvato dall'assemblea in data 16/02/2020 rappresentasse in modo reale e veritiero la situazione patrimoniale ed economica della società e ponesse rimedio alla gestione opaca del penultimo CdA, che aveva approvato i bilanci in violazione di legge, perché pur in presenza di perdite di esercizio, anziché utilizzare le riserve indivisibili a copertura delle perdite, le aveva impiegate per pagare i conferimenti delle uve da parte dei soci.
Deduceva, quindi, di aver proceduto alle necessarie rettifiche contabili al fine di adeguare la situazione alla normativa vigente in materia di cooperative a mutualità prevalente, di cui agli artt. 2514 comma 1 lett. c) e 2545 ter c.c. e che, per effetto del rimedio apportato all'improprio utilizzo delle riserve indisponibili, fosse conseguentemente venuta meno la causa di scioglimento della società che ne era derivata, contestando così le ulteriori doglianze attore in ordine alla mancata previsione di un fondo rischi in relazione al credito appostato verso i soci e in relazione alle pretese dei soci per il pagamento del sA. delle uve 2017 e per il pagamento delle uve del 2018.
Contestava, inoltre, sia il motivo di illiceità dedotto da parte attrice quanto all'omessa menzione nella nota integrativa del rischio di contenzioso con il direttore licenziato dalla società tenuto conto della fondatezza dei motivi di licenziamento per giustificato motivo formalizzato il 07/09/2019 e del successivo licenziamento per giusta causa formalizzato il 24/12/2019 ed infine censurava anche l'argomentazione secondo cui il bilancio era stato redatto in violazione dei principi contabili previsti in ipotesi di accertamento della causa di scioglimento, contestando l'effettiva sussistenza della detta causa di scioglimento, in quanto conseguenza derivante dalla illecita distribuzione ai soci delle riserve indivisibili.
Contestava infine le violazioni procedimentali dedotte dagli attori a motivo di annullamento della delibera impugnata e osservava inoltre che in occasione dell'assemblea dei soci del 14/06/2020 il bilancio già approvato con la delibera impugnata era stato ratificato, deducendo che da ciò emergesse inequivocabilmente la volontà della base sociale di ribadire il bilancio oggetto di impugnazione.
Concludeva per il rigetto delle domande attoree.
A seguito del decesso degli attori O. B. e B. S., all’udienza del 7/4/2021 il giudice dichiarava interrotto il procedimento.
In sede di riassunzione del giudizio, cui faceva seguito la costituzione degli eredi di B. S. (signori B. S., B. S.o, B. A., B. S. e B. S.), parte attrice limitava la domanda alla sola declaratoria di nullità della delibera impugnata, tenuto conto dei decessi e del perfezionarsi dei recessi dalla Cooperativa di gran parte degli attori.
La causa veniva istruita mediante ctu volta ad accertare se il bilancio al 31.7.2019, approvato con delibera assembleare del 16.2.2020, oggetto di impugnazione, fosse stato redatto secondo i principi di veridicità, prudenza e chiarezza previsti dalla legge, oltre che di correttezza (come da ordinanza di integrazione del quesito del 20/5/2022) e all’esito del deposito dell’elaborato il giudice fissava udienza di precisazione delle conclusioni.
Nelle more del giudizio gli attori M. G., S. M., P. A., B. G., B. D., B. A., D. F., Società Agricola B. G. e I. ss. e A. B. dichiaravano di rinunciare agli atti del giudizio a spese compensate, rinuncia accettata da parte convenuta.
Solo in sede di scritti conclusivi parte convenuta eccepiva la cessazione della materia del contendere per effetto del venir meno dell’interesse degli attori alla pronuncia giudiziale, a seguito dell’approvazione del bilancio al 31/7/2023, nel quale erano state apportate delle modifiche alle rettifiche impugnate, attraverso l’eliminazione dell’obbligo di restituzione dell’acconto al tempo percepito dai soci per i conferimenti uve 2017 e la previsione del pagamento del sA. uve 2017.
La domanda attorea è fondata per le ragioni di cui si dirà.
In primo luogo, deve escludersi che l’intervenuta adozione in data 14/6/2020 della delibera in cui l’assemblea a maggioranza assoluta deliberava “di ratificare la delibera di approvazione del bilancio 2018-2019 discusso nell’assemblea dei soci del 16 febbraio 2020 e già registrato in camera di commercio” (doc. 24 di parte convenuta) abbia prodotto, alla luce del tenore della delibera medesima, l’effetto sanante di cui all’art. 2377 comma 8 c.c.
La “ratifica” della delibera impugnata da parte di una deliberazione successiva avrebbe, infatti, potuto condurre ad una declaratoria della cessazione del contendere solo ove avvenuta nelle forme e nei modi normativamente previsti, ossia mediante l’adozione di una nuova deliberazione in sostituzione di quella viziata, che fosse stata assunta in conformità di legge e di statuto. E’, invece, evidente che la mera “ratifica”, oltre a non dar luogo all’effetto sostitutivo che si sarebbe ottenuto mediante l’approvazione di “altra” delibera avente ad oggetto l’approvazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31/7/2019, non ha comportato, sotto il profilo che rileva ai fini di causa, la rimozione dei motivi di nullità addotti da parte attrice.
Pertanto, nella fattispecie non si verte nell’ipotesi disciplinata dall’art. 2377 comma 8 c.c. con la conseguenza che permane, anche a seguito dell’approvazione della delibera del 14/6/2020, l’interesse degli attori ad impugnare la delibera di approvazione del bilancio del 16/2/2020, i cui vizi non risultano essere stati emendati per effetto dell’approvazione della delibera successiva.
Come visto, gli attori hanno impugnato la delibera del 16/02/2020 di approvazione del bilancio al 31/07/2019 deducendone la nullità ex art. 2379 c.c. per illiceità dell'oggetto. Rilevano, infatti, gli attori che detta delibera avrebbe approvato un bilancio non rappresentativo della reale situazione patrimoniale ed economica della società, in violazione dei principi generali di redazione del bilancio.
In particolare gli attori lamentano, in relazione alle singole voci del bilancio al 31/7/2019: 1) la cancellazione del debito di € 223.390 verso i soci risultante dal bilancio al 31/7/2018, relativo al sA. dei conferimenti della vendemmia 2017, mai pagato dalla Cantina; 2) l’appostazione di un credito verso soci per la restituzione degli acconti versati ai medesimi dalla Cantina, di € 295.640; 3) la mancata appostazione dei costi per i conferimenti di uve effettuati dai soci per la vendemmia 2018; 4) il mancato stanziamento di un fondo rischi in relazione al credito appostato verso i soci; 5) il mancato stanziamento di un fondo rischi in relazione alle pretese dei soci per il pagamento del sA. delle uve 2017 e per il pagamento delle uve 2018; 6) la mancata indicazione nella nota integrativa del rischio (passività potenziale) connesso al contenzioso con il direttore G. Z. licenziato dalla Cantina (violazione dell’OIC 29); 7) il mancato recepimento in bilancio dello scioglimento della società accertato dal consiglio di amministrazione il 23.09.2019 (violazione dell’OIC 29 e dell’OIC 5).
Ora è principio consolidato quello per cui la delibera di approvazione del bilancio che sia stato redatto in violazione dei principi generali di chiarezza e di rappresentazione veritiera e corretta di cui all’art. 2423 co 2 c.c., è nulla.
La nullità della deliberazione si fonda sul dispO. dell’art. 2379 c.c., nella parte in cui prevede la nullità delle deliberazioni assembleari aventi un oggetto illecito e muove dall’assunto secondo cui il bilancio che non sia stato redatto in conformità delle richiamate “clausole generali” sia illecito e, conseguentemente, illecito sia l’oggetto della deliberazione assembleare approvativa.
Le norme dirette a garantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio sono, infatti, inderogabili tenuto conto che la funzione del bilancio non è soltanto quella di misurare gli utili e le perdite dell’impresa al termine dell’esercizio, ma anche quella di fornire ai soci ed al mercato tutte le informazioni che il legislatore ha ritenuto al riguardo di prescrivere e la loro violazione determina una reazione dell'ordinamento a prescindere dalla condotta delle parti. Si tratta, infatti, non solo di norme che sono imperative, ma che contengono altresì principi dettati a tutela, oltre che dell'interesse dei singoli soci ad essere informati dell'andamento della gestione societaria al termine di ogni esercizio, anche dell'affidamento di tutti i soggetti che con la società entrano in rapporto, i quali hanno diritto a conoscere l'effettiva situazione patrimoniale e finanziaria dell'ente (Cass. n. 13031 del 10/06/2014).
E, dunque, il bilancio deve essere redatto secondo chiarezza e rappresentare in modo corretto e veritiero la situazione patrimoniale e finanziaria della società, con la conseguenza per cui, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il bilancio d'esercizio di una società di capitali, che violi i predetti precetti, è illecito, ed è quindi nulla la deliberazione assembleare con cui esso è stato approvato, non soltanto quando la violazione determini una divaricazione tra il risultato effettivo dell'esercizio, o la rappresentazione complessiva del valore patrimoniale della società, e quello del quale il bilancio dà invece contezza, ma anche in tutti i casi in cui dal bilancio stesso e dai relativi allegati non sia possibile desumere l'intera gamma delle informazioni che la legge vuole siano fornite per ciascuna delle singole poste iscritte (cfr. Cass. S.U. 27/2000; Cass. 8204/2004; 4874/2006; Cass. 4120/2016; Cass. 7433/2023).
Da ciò consegue che i vizi addotti a fondamento della impugnativa della delibera approvativa del bilancio sono riferiti al contenuto del bilancio che forma oggetto della delibera assembleare, laddove a fronte di plurimi motivi di impugnativa, nonostante l’unicità del petitum, (declaratoria di nullità della deliberazione) vengono in rilevo distinte causae petendi in relazione a ciascuno dei diversi vizi denunciati.
Tanto premesso, e venendo quindi all’esame dei singoli rilievi mossi dagli attori al bilancio d’esercizio approvato con la delibera oggetto di impugnazione, con la prima doglianza gli attori lamentano che il bilancio al 31/7/2019 non rappresenterebbe in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale della Cantina A. P., in primo luogo, per effetto della cancellazione del debito verso i soci di € 223.390, relativo al sA. del prezzo dei conferimenti delle uve della vendemmia 2017, già risultante dal bilancio 2018.
Detto motivo di impugnazione può essere esaminato congiuntamente alle ulteriori doglianze secondo cui (ii) nel bilancio risulterebbe appostato un credito verso i soci per la restituzione degli acconti corrisposti dalla Cantina per € 295.640 per il prezzo dei conferimenti delle uve 2017 e secondo cui (iv) non risulterebbe previsto un fondo rischi in relazione al credito appostato verso i soci (di € 295.640) e (v) non risulterebbe previsto nemmeno un fondo rischi in relazione alle pretese dei soci per il pagamento (del sA.) delle uve conferite nel 2017.
Preliminarmente va osservato che parte convenuta non contesta di aver apportato dette rettifiche contabili, bensì giustifica l’operato del CdA sulla base della considerazione secondo cui la remunerazione dei conferimenti in presenza di perdita di esercizio (come avvenuto nel bilancio di esercizio precedente a quello approvato con la delibera impugnata) equivale a distribuzione delle riserve indivisibili in violazione del dettato normativo.
Peraltro, i dati di bilancio riportati da parte attrice si evincono anche dalla nota integrativa al bilancio al 31/7/2019 nella quale viene riportato che nel corso dell’esercizio si era registrato “il concomitante incremento dei crediti (euro 295.640) e la diminuzione dei debiti (euro 223.390) per effetto della rettifica dei corrispettivi derivanti dai conferimenti delle uve relativi alla campagna di raccolta 2017 che ha consentito di ricostituire le riserve e preservare il patrimonio netto (euro 196.555)”. In nota integrativa veniva dunque rappresentato che “Nel bilancio dell'esercizio precedente (2017 – 2018), nonostante la presenza di una perdita di esercizio di euro 804.995, l'assemblea, su proposta del consiglio di amministrazione , aveva deliberato di corrispondere ai soci per i conferimenti delle uve euro 518.949 contravvenendo così al principio statuito dall'articolo 2514 del c.c. ed alle norme statutarie che vietano inderogabilmente la distribuzione , anche in diretta , delle riserve patrimoniali . Pertanto nel presente bilancio si è provveduto alla rettifica dei corrispettivi riconosciuti ai conferenti e alla ricostituzione delle riserve per pari importo”. Nella relazione integrativa si dava quindi atto che detta operazione fosse avvenuta mediante: “rettifica dei corrispettivi per il conferimento delle uve campagna 2017 /2018 - incremento del valore delle riserve statutarie per euro 518.949 corrispondente decremento dei debiti v/soci per conferimenti per euro 223.309 (sA. )e aumento dei crediti per la differenza (euro 295.644 per acconti già erogati)”.
Ora, rispetto ai richiamati motivi di impugnazione appare condivisibile quanto affermato dal ctu secondo cui “i debiti per il sA. dei conferimenti fossero espressione di una obbligazione della Cantina (al loro pagamento) rappresentata nel precedente bilancio, ancora sussistente e, per l’effetto, se ne doveva mantenere l’iscrizione a bilancio” e secondo cui “crediti relativi alla restituzione, da parte dei soci, degli acconti percepiti non fossero iscrivibili a bilancio in quanto carenti del “titolo al credito” e, per l’effetto, non rappresentativi di una effettiva obbligazione dei soci verso la Cantina (OIC 15 par. 30)”.
Ed infatti in assenza di documentazione comprovante il consenso dei soci alla cancellazione del debito relativo al sA. dei conferimenti delle uve della vendemmia 2017 ovvero alla restituzione di quanto ricevuto in acconto e a fronte della delibera di approvazione del bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31/7/2018, non oggetto di impugnazione, in cui venivano riconosciuti ai conferenti corrispettivi per € 518.949 per le uve della vendemmia 2017 (come affermato anche dalla relazione del revisore dott. C. C.), si deve concludere che il bilancio di cui alla delibera oggetto di impugnazione non sia stato redatto secondo i criteri di veridicità e correttezza. La cancellazione del debito e l’appostazione di un credito, entrambe effettuate senza il necessario consenso degli interessati ed in discontinuità rispetto ai criteri di valutazione adottati nel bilancio precedente, hanno dato luogo ad una rappresentazione non corretta e veritiera della situazione patrimoniale della società, poiché come osservato dal ctu “ nel bilancio al 31.7.2019 gli effetti della rettifica del valore dei conferimenti di uve della vendemmia 2017 (€ 518.949) sono affluiti – al netto degli effetti derivanti dalla modifica del criterio di valutazione delle rimanenze (€ -322.034) - nel patrimonio netto alla “voce altre riserve” dando così rappresentazione di un incremento di patrimonio netto da € 19.753 al 31.7.2018 a 196.555 al 31.7.2019”.
Secondo il ct di parte convenuta dette conclusioni sarebbero errate poiché il ctu avrebbe tratto argomento dalla mancata impugnazione del bilancio al 31/7/2018, da ritenersi, invece, per le ragioni addotte da Cantina A. P., irregolare e pertanto privo del potere di conferire definitività alle posizioni individuali dei soci per il principio di continuità dei bilanci, poiché, per quanto rileva ai fini del presente giudizio, avrebbe approvato la valorizzazione dei conferimenti per la campagna 2017 per euro 518.949 in spregio al vincolo di pareggio. Quindi, secondo il ct di parte conventa “il “titolo”, sul quale a giudizio del CTU è basato il credito dei soci conferenti, relativamente al sA. della campagna uve 2017, altro non è che “fuffa” trovando fondamento da un bilancio irregolare”, laddove poi “con riferimento alla eventuale legittimità del pagamento dei conferimenti uve/distribuzione delle riserve, l’art.2545-quinques del c.c. pone dei precisi vincoli, ed in particolare che il rapporto tra patrimonio netto e il complessivo indebitamento della società sia superiore ad un quarto, vincolo che non risulta rispettato per il bilancio oggetto di impugnazione”.
In altri termini, secondo il ct di parte convenuta “la valorizzazione delle uve conferite e/o il pagamento di acconti sulle stesse in assenza di marginalità nell'esercizio di riferimento sarebbe avvenuta in violazione di legge, con conseguente impossibilità di parlare di "titoli" con riferimento ad una operazione che risulterebbe illecita e necessariamente bisognosa di rettifica, come avvenuto”.
Detti argomenti non appaiono, tuttavia, condivisibili, alla luce del maggioritario orientamento dottrinale e giurisprudenziale, avvallato dalla recente sentenza della Cassazione n. 14850 del 2024, pronunciata in pubblica udienza, in cui la Suprema Corte, in una fattispecie analoga a quella per cui è causa, relativa ad una società cooperativa agricola, preso atto dei contrasti dottrinali e giurisprudenziali, da ultimo emersi plasticamente nelle pronunce pressoché coeve della Cassazione n. 24242/2023 e 23606/2023, ha ritenuto di dar corso all’orientamento seguito da quest’ultima pronuncia secondo cui nelle società cooperative, «il rapporto attinente al conseguimento dei servizi o dei beni prodotti dalla società ed aventi ad oggetto prestazioni di collaborazione o di scambio tra socio e società si palesa ulteriore rispetto a quello relativo alla partecipazione all'organizzazione della vita sociale ed è caratterizzato non dalla comunione di scopo, ma dalla contrapposizione tra quelle prestazioni e la retribuzione o il prezzo corrispettivo (Sez. 1, Sent. n. 26222 del 2014, Rv. 633871; Sez. 1, Sentenza n. 694 del 2001). Tale principio, che si è affermato nell’ambito delle cooperative edilizie, è applicabile anche al caso in esame di società cooperativa agricola e zootecnica in quanto anche in questo caso il conferimento del latte dal socio […] alla cooperativa […] caratterizza il rapporto economico come relazione di tipo contrattuale e di natura corrispettiva (sia pure originata all'interno di un rapporto di natura associativa) tra l'obbligo di conferimento dell’intera produzione di latte da parte del socio e il corrispondente obbligo di pagamento da parte della società cooperativa per la quantità di latte di volta in volta conferito, in base agli accordi negoziali aventi come fonte il contratto sociale (statuto e atto costitutivo). Di conseguenza, nella specie, ciò che rileva non è il rapporto associativo volto allo scopo comune ma prevale il rapporto di scambio che determina l’insorgere, a carico del socio, dell'obbligo di provvedere al conferimento del latte e, in capo alla società, dell’obbligo di pagamento del suddetto conferimento, prestazione queste ultima che rappresenta il corrispettivo della consegna del latte, la cui causa, dunque, risulta del tutto omogenea a quella della compravendita (v. Cass. 9-5-2013 n. 11015; Cass. 28-3- 2007 n. 7646; Cass. 16-4-2003 n. 6016; Cass. 18-1-2001 n. 694)».
Giova richiamare i passaggi salienti della recente pronuncia, poiché si attagliano alla fattispecie per cui è causa.
In particolare la Cassazione ha osservato che “benché il legislatore non offra una puntuale definizione di cooperativa agricola, dall’art. 2135 cod. civ., relativo alla nozione di imprenditore agricolo, si desume, tuttavia, che sono qualificabili come agricole quelle cooperative che svolgono una delle seguenti attività: i) la coltivazione del terreno e la silvicoltura; ii) l’allevamento di animali, con le prescrizioni ivi imposte; iii) l’attività diretta alla manipolazione, trasformazione e alienazione di prodotti agricoli e zootecnici, ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali; iv) un’attività concernente la prestazione di beni o servizi a favore dei soci imprenditori agricoli”. Ha quindi precisato che “Si possono individuare, poi, due macrocategorie di cooperative agricole: a) quelle di produzione, che si occupano della coltivazione e dell’allevamento di cui ai punti precedenti; b) quelle di conferimento, in cui la società cooperativa ha il compito di concentrare in capo a sé alcune fasi del processo di lavorazione o trasformazione dei prodotti conferiti dai soci al fine di consentire il loro collocamento sul mercato. In questo caso, i produttori agricoli conferiscono i propri prodotti affinché essi vengano conservati, manipolati, trasformati e venduti tramite l’organizzazione collettiva, con gestione comune di impianti, stabilimenti e magazzini”.
Con particolare riferimento alle cooperative agricole di conferimento, quale è la Cantina A. P., la Cassazione ha poi osservato che “che quello che, atecnicamente, viene definito dallo statuto come "conferimento" del prodotto agricolo da parte del socio rappresenta, invece, l'adempimento di una prestazione contrattuale autonoma e diversa dal rapporto societario, sebbene originata all'interno di una relazione di natura associativa ed in base ad accordi negoziali aventi come fonte anche il contratto sociale (statuto e atto costitutivo)” e che “il pagamento delle somme di danaro da parte della cooperativa – a titolo di acconto o di sA. – rappresenta il prezzo del latte, nell'ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa è del tutto omogenea a quella di una compravendita e/o di una somministrazione”, ragione per cui “È intuitivo, dunque, come pure affermatosi in dottrina, che il socio debba ricevere in corrispettivo il prezzo della merce trasferita alla società e, se la situazione lo consentirà, il ristorno commisurato agli scambi mutualistici posti in essere alla fine dell'esercizio sociale. Non si può trasformare, cioè, la prestazione mutualistica in donazione, né in una sorta di conferimento permanente e comunque indeterminato”.
Se, dunque, la società cooperativa è caratterizzata dalla duplicità di rapporti contrattuali, ovvero quello sociale, caratterizzato dalla comunione di scopo e quello mutualistico, di natura sinallagmatica e al pari dei contratti di scambio, ne consegue giocoforza che il socio che conferisce i prodotti (nel caso le uve) ha diritto al pagamento del corrispettivo, stabilito secondo modalità che di regola trovano una compiuta regolamentazione nell’ambito di un Regolamento.
Ora, nella fattispecie, detti principi sono stati fatti proprie anche da Cantina A. P., la quale all’art. 4 del proprio Statuto ha stabilito che “Le uve debbono essere consegnate nello stabilimento sane e mature” e “il loro prezzo è determinato dall’organo amministrativo al termine dell’esercizio sociale”, tenuto conto di una serie di indici rilevati all’atto della consegna, quali peso, varietà, stato di maturazione ecc..
Il pagamento del prezzo delle uve non può, pertanto, essere assimilato alla distribuzione di riserve, trovando la propria causa nel contratto di scambio, in forza del quale, a fronte del conferimento delle uve da parte del socio, in capo a questi sorge il diritto al pagamento del relativo “prezzo”.
Ne consegue che appaiono destituiti di fondamento gli argomenti di parte convenuta, da questa spesi non solo nel presente giudizio, ma anche ai fini della redazione del bilancio al 31/7/2019, secondo cui il pagamento dei conferimenti delle uve equivale a distribuzione “anche indiretta” delle riserve indisponibili.
Né peraltro sul punto si può ritenere, come dedotto da parte convenuta in sede di comparsa conclusionale, che sia intervenuta la cessazione della materia del contendere per effetto della previsione nel bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31.07.2023 approvato il 2.12.23 del ripristino di quanto deliberato con l’approvazione del bilancio 31.07.2018 in punto valorizzazione conferimenti soci per l’anno 2017, attraverso la previsione della possibilità per i soci di trattenere gli acconti ricevuto e la corresponsione agli stessi dei saldi dovuti per detta causale, dal momento che tali previsioni, contenute in un bilancio successivo, non emendano i vizi di cui al bilancio chiuso al 31/7/2019, approvato con la delibera impugnata.
Da quanto sopra espO. ne consegue che risultano fondate anche le ulteriori doglianze in ordine alla mancata previsione in bilancio di un fondo rischi in relazione al credito appostato verso i soci (a titolo di restituzione degli acconti versati per i conferimenti 2017) e nonché in relazione alle pretese di pagamento del sA. dei conferimenti 2017.
Altresì fondata è l’ulteriore doglianza secondo cui il bilancio sarebbe viziato per effetto della mancata appostazione dei costi per i conferimenti di uve effettuati dai soci per la vendemmia 2018 (terzo motivo di impugnazione) e correlativamente per il mancato stanziamento di un fondo rischi per il pagamento delle uve 2018. Ed infatti, per le ragioni esposte e a prescindere dalla concreta determinazione del valore dei conferimenti, che non rileva nel caso di specie e che è prerogativa del CdA, in forza del contratto di scambio in cui si concreta lo scopo mutualistico della cooperativa agricola sussiste in capo al socio, a fronte del conferimento dei prodotti (le uve) il diritto a riceverne il “prezzo” e ciò, si ritiene, a prescindere dall’andamento della gestione sociale. Ed infatti sia nello Statuto sia nel Regolamento interno (allegato alla ctu) non si rinvengono disposizioni che tendano ad “allineare” il prezzo dei conferimenti al valore del patrimonio della società. Né vi è in atti un titolo di natura contrattuale che possa giustificare la “rinuncia” deisoci al prezzo dei conferimenti.
Alla luce di quanto espO., in bilancio si sarebbe dovuto valorizzare sotto il profilo tecnico contabile il cO. relativo ai conferimenti effettuati dai soci nel corso dell’esercizio in esame, non potendo detti costi essere azzerati con conseguente riversamento in capo al socio conferente dell’intero rischio di impresa, di talché la mancata esposizione di detto cO. in bilancio è in violazione dei principi di veridicità e correttezza di cui all’art. 2423 c.c.
Seguendo l’ordine delle allegazioni di parte attrice, questa lamenta al punto (vi) la mancata indicazione nella nota integrativa del rischio (passività potenziale) connesso al contenzioso con il direttore G. Z. licenziato in data 7/9/2019 dalla Cantina, a fronte dell’impugnazione del licenziamento del 15/11/2019, per violazione dell’OIC 29 in base al quale le situazioni sorte dopo la data di bilancio, se rilevanti, sono illustrate nella nota integrativa.
Detta doglianza appare destituita di fondamento. Nonostante appaia corretto il richiamo all’OIC 29, che disciplina i “fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio”, essendo tanto il licenziamento quanto la relativa impugnazione da parte del signor G. Z. successivi alla chiusura dell’esercizio sociale, detto principio contabile annovera al paragrafo 63, tra i fatti successivi che non sono rilevati nel bilancio e che richiedono un’informativa in nota integrativa “significativi contenziosi (contrattuali, legali, fiscali) relativi a fatti sorti o operazioni effettuate dopo la chiusura dell’esercizio”, laddove invece, nello specifico, il contenzioso al momento della predisposizione del bilancio non risultava ancora avviato. Vanno, pertanto, condivise le conclusioni del ctu sul punto, secondo cui “l’assenza di informativa sull’avvenuto licenziamento del Sig. Z. e sulla passività potenziale che (forse) sarebbe potuta emergere solo in caso di (eventuale) attivazione del relativo contenzioso non influenzava la situazione rappresentata in bilancio e non era di importanza tale da compromettere la possibilità dei destinatari di fare corrette valutazioni e prendere decisioni appropriate”, con la conseguenza che rispetto a tale doglianza “il bilancio risulta redatto nel rispetto delle c.d. clausole generali di bilancio della chiarezza veridicità correttezza”.
Con l’ultimo motivo di impugnazione, gli attori lamentano il mancato recepimento a bilancio dello scioglimento della società accertato dal CdA in data 23/9/2019, per violazione dell’OIC29 e dell’OIC5 , trattandosi di un fatto successivo alla chiusura dell’esercizio, che avrebbe necessariamente richiesto una sua rilevazione nella nota integrativa.
Al riguardo va dato atto del fatto che il CdA della Cantina aveva accertato in data 23/9/2019 la causa di scioglimento (doc. 10 attoreo) per perdita del capitale sociale e che con decreto del 6/2/2020 (docc. 22 attoreo) il Tribunale di Venezia aveva nominato liquidatore della società Cantina A. P. Soc. Coop. Agricolaa.r.l. in liquidazione la dr. L. S. di D..
Ciò pO., l’OIC29 par. 59 lett.c) prevede che “Se il presuppO. della continuità aziendale non risulta essere più appropriato al momento della redazione del bilancio, è necessario che nelle valutazioni di bilancio si tenga conto degli effetti del venir meno della continuità aziendale”.
In ragione di ciò, la convenuta avrebbe dovuto dar conto in nota integrativa del fatto che risultava iscritta una causa di scioglimento della società e della nomina da parte del Tribunale del liquidatore. Infatti, ai sensi di quanto stabilito dall’OIC5, pur trattandosi di evento successivo alla chiusura dell’esercizio e pur utilizzando criteri di funzionamento nella redazione del bilancio, detti critenti andavano valutati “con le modalità precisate nel par. 3.4.2 riguardante il rendiconto sulla gestione degli amministratori, al quale si rinvia” (OIC5 par. 7.1). Appaiono, pertanto, condivisibili le conclusioni del ctu sul punto, secondo cui non appare appropriato nelle date circostanze l’utilizzo dei “puri” criteri di funzionamento di cui all’art. 2426 c.c., con la conseguenza per cui il bilancio non risulta essere stato redatto nel rispetto dei principi di chiarezza, veridicità e correttezza.
Alla luce di tutte le ragioni esposte va, quindi, dichiarata nulla ai sensi dell’art. 2379 c.c. la delibera impugnata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, tenuto conto del valore indeterminabile e della complessità media della controversia, nonché dell’assistenza di più soggetti da parte del procuratore attoreo, per cui viene apportata una unica maggiorazione del 20%, tenuto conto della recente sentenza della Cassazione sopra riportata, con cui è stato risolto il contrasto giurisprudenziale di cui si è detto nel senso favorevole agli attori.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1) dichiara estinto il procedimento tra A. B. e Cantina A. P. Soc. Coop. Agricola a spese compensate;
2) dichiara la nullità della delibera adottata in data 16 febbraio 2020 dall’assemblea dei soci di Cantina A. P. Soc. Coop. Agricola;
3) pone le spese di ctu per l’intero e in via definitiva a carico di parte convenuta;
4) condanna parte convenuta al rimborso delle spese di lite in favore dei rimanenti attori, che liquida in € 13.000 per compensi ed € 1.063 per spese oltre rimb. forf.15%, i.v.a., c.p.a. e.