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4 settembre 2024
È ammesso il perdono giudiziale al minore accusato di revenge porn?

Accolto il ricorso del giovane imputato accusato di aver ceduto a terzi la foto intima della sua ex ragazza, poi cancellata con un'unica condotta, senza averla diffusa in rete con possibile accesso indiscriminato. Per la Cassazione, occorre considerare anche «la modesta entità della condotta di cessione, che riguardò una sola fotografia, ottenuta in un contesto paritario» tra l'imputato e la vittima.

di La Redazione

Il GUP del Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria condannava l'imputato al reato ex art. 609-ter, c. 3, c.p. per aver diffuso a mezzo social network una foto che ritraeva nuda la sua ex fidanzata all'insaputa della stessa. La Corte d'Appello ridimensionava la pena e confermava pronuncia di prime cure, conseguendone il ricorso per cassazione.

Tra i motivi di doglianza, l'imputato si duole della mancata concessione del perdono giudiziale, per non aver la Corte d'Appello tenuto conto della relazione di indagine socio-familiare in cui si evidenzia che il ricorrente è inserito in un contesto familiare ben strutturato e adeguato a sostenere il percorso di crescita del giovane; inoltre, la Corte territoriale non ha considerata la condotta collaborativa del ricorrente.

Per la Cassazione il motivo è fondato. In via preliminare, la Corte ribadisce che, «ai fini della concessione del perdono giudiziale, la prognosi positiva in ordine al futuro comportamento dell'imputato non può fondarsi sul solo dato dell'incensuratezza, dovendo valutarsi ulteriori elementi rilevatori della personalità del minore, quali le circostanze e le modalità dell'azione, l'intensità del dolo, la condotta di vita anche susseguente al reato, le condizioni familiari e sociali».

Proprio su tale aspetto risulta carente la valutazione compiuta dalla Corte d'Appello, la quale ha valorizzato in senso ostativo la pendenza di altro procedimento penale a carico dell'imputato, sia la circostanza che l'ammissione successiva al fatto è risultata, oltre che parziale, probatoriamente neutra, sia l'assenza di segni di resipiscenza per l'accaduto, anche nei confronti della vittima. A maggior ragione avendo la stessa Corte territoriale valutato l'ambiente socio-familiare dell'imputato idoneo a un percorso di ravvedimento per quanto agito in precedenza.
Occorre altresì precisa che, nel ridimensionare il trattamento sanzionatorio, la Corte d'Appello ha posto l'accento proprio sulla «buona biografia penale» del ricorrente, rimarcando «la modesta entità della condotta di cessione, che riguardò una sola fotografia, ottenuta in un contesto paritario».

Secondo la Cassazione, tale elemento non è stato invece valutato ai fini del giudizio sulla concedibilità del perdono giudiziale.

Per questi motivi, con sentenza n. 33349 del 3 settembre 2024, la Cassazione annulla con rinvio la decisione impugnata limitatamente al giudizio sulla concedibilità del perdono giudiziale.

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