Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
20 gennaio 2025
Diffonde video di una notte intima con una ragazza a sua insaputa: per la Cassazione è diffusione di riprese fraudolente
Ai fini dell'integrazione del reato previsto dall'art. 617-septies c.p., è richiesta la prova, ritraibile da ogni elemento utile, della sussistenza in capo all'agente del dolo specifico, costituito dal fine di arrecare danno all'altrui reputazione o immagine.
di La Redazione
La Suprema Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi su un caso di revenge porn. Nel caso specifico, l'uomo veniva ritenuto colpevole, “oltre ogni ragionevole dubbio”, del reato diffusione di riprese e registrazioni fraudolente ai danni di una ragazza. In particolare, l'imputato aveva diffuso, mediante WhatsApp, un video effettuato fraudolentemente con il proprio telefono, di un rapporto sessuale avvenuto con la persona offesa, dove la stessa appariva in pose intime.
 

legislazione

La Corte di legittimità rammenta che l'art. 617-septies c.p. punisce «Chiunque, al fine di recare danno all'altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione».

Insomma, la disposizione sopra richiamata punisce colui che diffonde il contenuto di incontri o conversazioni riservate, registrate con mezzi insidiosi, (microfoni o telecamere nascoste), e quindi fraudolentemente, allo scopo di recare danno all'altrui reputazione. 
La previsione della procedibilità a querela conferma come oggetto di tutela dell'art. 617-septies c.p. sia l'interesse del singolo al mantenimento del proprio onore e della reputazione e a evitarne la compromissione a seguito di indebite e non autorizzate divulgazioni all'esterno delle manifestazioni del proprio pensiero, espresse in privato.
Il Massimo Consesso rileva che, nella sentenza impugnata, l'affermazione della Corte distrettuale, circa la ravvisabilità dell'elemento psicologico del dolo eventuale nella fattispecie in esame, debba essere intesa come riferita all'elemento soggettivo che sorregge la condotta materiale del reato, da intendersi quale volontaria messa in circolazione del video ritraente un momento intimo dell'incontro privato tra l'imputato e la ragazza e la sua eventuale diffusione.
Nel caso oggetto d'esame, i giudici di merito hanno evidenziato come le modalità della condotta fossero chiaramente fraudolente, e la diffusione del video imputabile all'imputato, «mentre il fine specifico perseguito dall'agente può trarsi dalla stessa oggettiva materialità della condotta, ovvero dalle modalità con le quali il filmato è stato realizzato, immediatamente dopo il rapporto sessuale (ciò che rende evidente una finalità diversa da quella erotica o comunque collegata al rapporto sessuale appena consumato) e dal mezzo di diffusione del filmato, che è stato fatto circolare su una chat di amici, comuni anche alla p.o.», elementi che dimostrano la precisa volontà di danneggiare la reputazione della ragazza. 
Pertanto, nella fattispecie in esame, è riscontrabile, accanto al dolo generico l'ulteriore elemento volitivo necessario ai fini dell'integrazione del delitto sotto il profilo soggettivo, costituito dalla specifica volontà di danneggiare la vittima, integrante il dolo specifico.
In conclusione, la Cassazione nel rigettare il ricorso afferma il seguente principio di diritto

ildiritto

«ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 617-septies, è richiesta la prova, ritraibile da ogni elemento utile, della sussistenza in capo all'agente del dolo specifico, costituito dal fine di arrecare danno all'altrui reputazione o immagine».

Documenti correlati