
Svolgimento del processo
Il ricorrente ha proposto ricorso avverso il decreto di espulsione adottato in data 03/05/2023 nei suoi confronti, in quanto gli è stato negato il rinnovo del permesso di soggiorno; ha dedotto che la sua espulsione è gravemente lesiva del suo diritto alla relazione familiare dal momento che egli vive in Italia da oltre 32 anni è sposato, la moglie lavora regolarmente, ed ha tre figli minori.
Il giudice di pace, con ordinanza del 12.07.2023, ha respinto il ricorso rilevando che sia la coniuge del ricorrente sia i figli minori sono titolari di permesso di soggiorno scaduto in data 31/12/2022 e non risulta in atti prodotta alcuna richiesta di rinnovo nonostante il rinvio concesso al ricorrente a tal fine.
L’interessato ha proposto ricorso per cassazione affidandosi ad un motivo. L'Avvocatura dello Stato, non tempestivamente costituita ha presentato istanza di partecipazione all'eventuale discussione orale; il ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
1.- Con il primo ed unico motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, del D.lgs. 286/1998. Il ricorrente deduce che non si è tenuto conto del suo diritto al rispetto della vita familiare; osserva di avere tenuto sempre un comportamento esemplare e che per quanto riguarda la querela per lesioni presentata nei suoi confronti dal cognato, la sua espulsione non può fondarsi su questo episodio dal momento che non è stato ancora dichiarato colpevole; quanto ai permessi di soggiorno della famiglia osserva che la moglie ha presentato regolare richiesta di rinnovo, tanto che non è stata raggiunta da analogo decreto di espulsione.
1.1.- Il motivo è fondato.
Pur se il permesso di soggiorno dei familiari del ricorrente era scaduto e non era stato ancora richiesto il rinnovo nel momento in cui il giudice di pace si è pronunciato, avrebbe dovuto comunque essere approfondita la sussistenza di condizioni ostative alla espulsione con riferimento alla vita familiare radicata nel territorio nazionale e della presenza di soggetti inespellibili (minori) nel nucleo familiare, nonché con riferimento alle conseguenze del rimpatrio del ricorrente sul complessivo assetto dei suoi diritti fondamentali, posto che egli ha dedotto di vivere in Italia da 32 anni, che la moglie non è destinataria di decreto di espulsione e che vi sono figli minori, radicati in Italia.
2.- L'art. 19 del D.lgs. 286/1998 (TUI) nel testo vigente alla data di adozione del decreto di espulsione (3 maggio 2023), sebbene modificato dall’art. 7 del D.L. 10 marzo 2023, n. 20, (c.d. decreto Cutro), convertito con modificazioni dalla l. 5 maggio 2023, n. 50, che ha abrogato il terzo e quarto periodo dell’art. 19, comma 1.1. del TUI, mantiene comunque inalterato il divieto di espulsione per il caso in cui “ricorrano gli obblighi di cui all'articolo 5, comma 6”, vale a dire gli obblighi costituzionali o internazionali dello Stato.
3.- Si deve quindi rilevare che il diritto al rispetto della vita privata e familiare continua ad essere tutelato dall’art. 8 CEDU e rientra in quel “catalogo aperto” dei diritti fondamentali connessi alla dignità della persona e al diritto di svolgere la propria personalità nelle formazioni sociali, tutelati dagli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 Cost. (Cass. Sez. un. 24413/2021; Cass. 28161 del 2023).
Pertanto, per rispettare gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, si devono proteggere, in ogni caso, i diritti umani riconosciuti dalla Costituzione e dalle altre Convenzioni internazionali, e tra questi il diritto alla vita privata e familiare, restando al legislatore solo la discrezionalità su come proteggerli e attraverso quali meccanismi processuali accertarli; e ciò fermo restando che nel nostro ordinamento non vi è spazio per i «dritti tiranni» che sfuggano cioè a qualsivoglia bilanciamento con altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette (Corte Cost. n. 85 del 09/05/2013).
4.- Con riferimento a questi diritti, nell'ambito di una disamina globale e non limitata semplicemente all'aspetto formale della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno (che peraltro secondo il ricorrente nelle more è stato effettivamente richiesto) avrebbe dovuto operarsi la valutazione in ordine alla sussistenza di condizioni ostative al respingimento del ricorrente.
Ne consegue in accoglimento del motivo di ricorso la cassazione del provvedimento impugnato il rinvio al giudice di pace di Frosinone in persona di magistrato diverso da quello che ha reso il provvedimento impugnato per un nuovo esame attenendosi ai principi enunciati ai punti 3 e 4
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa la ordinanza impugnata e rinvia per un nuovo esame al giudice di pace di Frosinone in persona di magistrato diverso da quello che ha reso il provvedimento impugnato cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.