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23 settembre 2024
Nullità del matrimonio: irrilevante l’immaturità dell’uomo se dopo la celebrazione si convive per oltre 3 anni “come coniugi”

Nel caso concreto si discute sulla delibazione della sentenza emessa dal Tribunale ecclesiastico che aveva riconosciuto la nullità del matrimonio concordatario per difetto di consenso matrimoniale riconducibile ad una grave carenza di discrezione di giudizio da parte dell'uomo circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare ed accettare reciprocamente.

di La Redazione

La causa ha origine dalla richiesta alla Corte d'Appello di Caltanissetta di delibare la sentenza emessa dal Tribunale Ecclesiastico di Roma, divenuta esecutiva e munita di visto di esecutività apposto dal Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, con la quale era stata riconosciuta la nullità del matrimonio concordatarioper difetto di consenso matrimoniale riconducibile ad una grave carenza di discrezione di giudizio da parte dell'uomo circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare ed accettare reciprocamente.
Tuttavia, la Corte d'Appello aveva rilevato come la delibazione della sentenza canonica non fosse praticabile poiché era provato come i coniugi avessero convissuto come coniugi per oltre 3 anni, considerato che durante il matrimonio erano nati due figli, dunque l'ordine pubblico c.d. interno italiano impediva la delibazione.
La richiedente si rivolge alla Corte di Cassazione, evidenziando nel ricorso come il matrimonio civile possa essere dichiarato nullo nelle ipotesi in cui il nubente, al momento della celebrazione, si sia trovato in una condizione di menomazione della sfera intellettiva e volitiva tale da impedirgli la comprensione del significato e delle conseguenze dell'impegno che si sta assumendo. In tal senso, secondo la ricorrente la nullità dichiarata in sede ecclesiastica per il motivo di cui sopra non si discosta sostanzialmente dall'ipotesi di invalidità contemplata dall'art. 120 c.c..

Non è dello stesso avviso la Suprema Corte che con l'ordinanza n. 24750 del 16 settembre 2024 dichiara inammissibile il motivo di ricorso, ricordando come nell'ambito del giudizio di delibazione, la convivenza “come coniugi” costituisca elemento essenziale del “matrimonio-rapporto” e, laddove si protragga per oltre 3 anni dalla celebrazione, si integra una situazione giuridica di ordine pubblico italiano che non impedisce la delibazione della sentenza ecclesiastica per vizi genetici del “matrimonio-atto”.
Detto limite non opera con riferimento alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità riconducibile ad un vizio psichico tale da rendere incapaci di contrarre matrimonio che corrisponde a quello previsto dall'art. 120 del nostro ordinamento. La disposizione prevede infatti che il matrimonio possa essere impugnato per incapacità di intendere e di volere del coniuge al momento della celebrazione del matrimonio e ciò deve intendersi come menomazione della sfera intellettiva e volitiva di grado tale da impedire la comprensione del significato e delle conseguenze dell'impegno assunto.

ildiritto

Attenzione: i Giudici sottolineano che deve trattarsi di incapacità di intendere e di volere, non di “fragilità” del soggetto.

Ciò significa che non è sufficiente una situazione descritta come mera deficienza caratteriale o immaturità di uno o di entrambi i coniugi perché l'incapacità di valutare in anticipo la rilevanza del vincolo senza termine non identifica per forza un deficit psichico ai sensi dell'art. 120 cit..
Con riferimento al caso in esame, il vizio del consenso accertato in sede ecclesiastica era costituito da una grave carenza di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da dare ed accettare reciprocamente, e non da un'incapacità di intendere e di volere capace di inficiare il consenso inteso ai sensi dell'art. 120 c.c., rimanendo quindi irrilevante in vista della delibazione della statuizione.

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