Svolgimento del processo
Con sentenza del 6.9.2017 n. 2599, la Corte d’appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame proposto da P.A. nei confronti dell’Inps, avverso la sentenza del Tribunale di Civitavecchia che aveva accolto parzialmente la domanda proposta da quest’ultima.
La P.A., premesso di aver richiesto il rilascio della dichiarazione di esposizione al rischio amianto all’Inail e di averlo ottenuto, sentendosi così indotta a risolvere il proprio rapporto lavorativo (stante la maturazione dei requisiti pensionistici grazie ai contributi figurativi accreditati per l’esposizione all’amianto), ma di essersi poi vista revocare il suddetto accredito contributivo da parte dello stesso istituto assicuratore, con conseguente rigetto della domanda di pensione da parte dell’Inps, aveva chiesto la declaratoria dell’illegittimità del comportamento dell’Inail e la condanna dell’Inps alla erogazione della pensione di anzianità spettante per 40 anni di contribuzione, tenuto conto dei benefici previdenziali per l’esposizione all’amianto, ovvero, in via subordinata, che fosse accertata la responsabilità dell’Inail, per averla indotta in errore circa la sussistenza dei requisiti previdenziali per il pensionamento, con condanna di quest’ultimo ente al risarcimento del danno derivante dalla privazione del diritto a pensione per un periodo di anni 6,5 e con un indennizzo, pari ad almeno € 100.000,00.
Il tribunale dichiarava cessata la materia del contendere sulla domanda principale, per l’intervenuta liquidazione della pensione in via di “sanatoria” da parte dell’Inps, e rigettava la domanda proposta in via subordinata da P.A. di risarcimento del danno a carico dell’Inail perché la pensionata aveva omesso ogni allegazione e prova sul dolo e/o sulla colpa dell’Istituto assicurativo, quali presupposti per ottenere il diritto all’indennizzo, dovuto all’originario rilascio della certificazione positiva dell’esposizione all’amianto che l’aveva indotta a mettersi in pensione, certificazione che le era poi stata revocata a seguito di riesame, con conseguente perdita del diritto a pensione, inizialmente conseguito.
La Corte d’appello, per quanto ancora d’interesse, accoglieva parzialmente la domanda subordinata di risarcimento del danno a carico dell’Inail per il comportamento consistito nell’emissione della prima certificazione erronea, integrante inadempimento di natura contrattuale, pari alle retribuzioni non percepite dall’1.1.2010 al 28.2.2012 (che è il periodo non coperto dalla liquidazione della pensione in “sanatoria”), diminuite dell’importo dell’incentivo all’esodo che la ricorrente aveva ricevuto dalla datrice di lavoro, in attuazione dell’accordo sindacale dell’8.3.2005, quale erogazione fruita dall’appellante che trovava la sua esclusiva causa nella risoluzione del rapporto di lavoro, in vista dell’accesso alla pensione che poi le era stata revocata, per la revoca della certificazione di esposizione all’amianto.
Il PG ha rassegnato conclusioni scritte nel senso dell’accoglimento del primo motivo di ricorso dell’Inail.
Avverso tale sentenza, l’Inail ricorre per cassazione, sulla base di due motivi, illustrati da memoria, mentre P.A. ha resistito con controricorso, anch’esso illustrato da memoria; anche l’Inps si è costituito con controricorso, limitandosi a rilevare che non era stato proposto ricorso avverso il capo della sentenza con il quale la Corte territoriale aveva respinto l’unica domanda spiegata contro l’Istituto previdenziale (ovvero quella con la quale si chiedeva di accertare il diritto a pensione di anzianità con decorrenza gennaio 2010) e, quindi, l’Inps si è limitato a dichiarare di non aver interesse a contraddire la ricorrente sulla domanda concernente il risarcimento spiegata nei confronti dell’Inail.
Il Collegio riserva sentenza, nel termine di novanta giorni dall’adozione della presente decisione in camera di consiglio.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso, l’Inail deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, degli artt. 2043, 1227, 1176, 2729 c.c., in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché la Corte del merito aveva erroneamente ritenuto la responsabilità dell’Istituto assicurativo, per l’emissione della prima certificazione di esposizione all’amianto, che aveva indotto la ricorrente a optare per il trattamento pensionistico agevolato, senza considerare che tale attività di certificazione dell’esposizione all’amianto implicava una rilevante complessità degli accertamenti da svolgere, per l’impossibilità di accertare le reali condizioni di lavoro a distanza di molto tempo dall’accadere degli eventi, per cui vi era assenza del necessario coefficiente psicologico, quale elemento costitutivo della responsabilità, in termini di dolo o colpa; in effetti, secondo la difesa dell’istituto, l’errore nell’emissione della prima certificazione andava senz’altro considerato “scusabile”.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Inail deduce il vizio di violazione di legge, in particolare, dell’art. 13 comma 8 della legge n. 257/92 e dell’art. 100 c.p.c. (carenza di legittimazione passiva), in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 c.p.c., perché il giudice del gravame non aveva ritenuto rilevante l’eccezione di difetto legittimazione passiva proposta dall’Ente assicurativo e, inoltre, non era stato riconosciuto che gli atti dell’Inail in materia, sono atti endo-procedimentali, privi di rilevanza esterna.
Il primo motivo è infondato.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte, in un caso analogo al presente, riferito all’Inps, si è previsto che: “Nell’ipotesi in cui l’Inps abbia fornito al lavoratore una erronea indicazione della posizione contributiva e lo stesso sia stato collocato in mobilità sulla base di detto erroneo presupposto, l’ente previdenziale è tenuto a risarcire il danno sofferto dall’interessato per il mancato conseguimento del diritto a pensione, a titolo di responsabilità contrattuale, fondata sull’inadempimento dell’obbligo legale gravante sugli enti pubblici, dotati di poteri di indagine e certificazione, di non frustrare la fiducia di soggetti titolari di interessi al conseguimento di beni essenziali della vita (quali quelli garantiti dall’art. 38 cost.), ancorché le informazioni erronee siano state fornite mediante il rilascio di estratti-conto assicurativi non richiesti dall'interessato e inidonei a rivestire efficacia certificativa” (Cass. nn. 23050/17, 21454/13; invece, Cass. n. 2340/22, riguarda un caso di richiesta di risarcimento del danno per rilascio di erronea certificazione Inail per esposizione all’amianto e il giudizio si svolse sulla richiesta dei danni a titolo di illecito aquiliano, senza alcuna modifica di tale qualificazione fino al giudizio di cassazione (cfr. secondo motivo di ricorso in cassazione, dell’Inail): pertanto, in sede di legittimità, ci si preoccupò solo di escludere che, in riferimento al tipo di responsabilità fatta valere, potesse ravvisarsi una colpa in re ipsa: nell’occasione si è precisato anche che il risarcimento del danno può essere ridotto o escluso qualora ricorrano profili di concorrenti fatti colposi del danneggiato, tempestivamente eccepiti, profili che nella presente vicenda sono stati tuttavia espressamente esclusi dalla Corte d’appello (cfr. p. 18). Infine, in Cass., sez. III, n. 14556/22, questa Corte non risulta aver preso espressa posizione sulla qualificazione del tipo di responsabilità per erroneo rilascio di certificazione da parte dell’Inail, mentre si è preoccupata di precisare che l’eccezione del fatto colposo del danneggiato (nella specie, il lavoratore), ex art. 1227 comma 2 c.c., dovesse essere tempestivamente sollevata dall’Inail, trattandosi di eccezione in senso stretto.
Sulla base di ciò, va rilevato che nella specie, la lavoratrice era legata all’Inail da un sottostante rapporto assicurativo che ne connotava e qualificava la relazione in termini di affidamento e mutua cooperazione, così che il danno ricevuto va oltre il neminem laedere, in quanto s’inquadra in una vera e propria relazione giuridicamente qualificata tra parti legate da un vincolo obbligatorio, così da ingenerare una responsabilità da “contatto sociale”, responsabilità che si pone quale species del più ampio genus della responsabilità, ex art. 1218 c.c., con applicazione anche per tale regime, del criterio di riparto dell’onere della prova più favorevole per il creditore danneggiato, fermo restando che il debitore può sempre dimostrare che l’inadempimento è dipeso da causa a lui non imputabile.
Ciò, d’altra parte, è conforme a quanto affermato dalle sezioni unite di questa Corte di Cassazione, che in sede di riparto di giurisdizione, ha in più occasioni ribadito che la responsabilità della pubblica amministrazione per il danno derivante dalla lesione dell'affidamento sulla correttezza dell'azione amministrativa - avente quale presupposto il mancato rispetto dei doveri di correttezza e buona fede gravanti sulla P.A. - ha natura contrattuale e va inquadrato nello schema della responsabilità "relazionale" (o "da contatto sociale qualificato", idoneo a produrre obbligazioni ai sensi dell'art. 1173 c.c.) sia nel caso in cui nessun provvedimento amministrativo sia stato emanato, sia in caso di emanazione di un provvedimento lesivo, sia nell'ipotesi di emissione e successivo annullamento di un atto ampliativo della sfera giuridica del privato (come nella specie); ne consegue che la controversia relativa all'accertamento della responsabilità dell'amministrazione rientra – proprio in ragione dell’esistenza di un diritto soggettivo nascente da rapporto obbligatorio - nella giurisdizione del giudice ordinario (cfr. da ultimo, Cass. sez. un. nn. 1567/23, 8236/20). All’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte va data continuità, tenendo conto che la natura contrattuale della responsabilità è tale in quanto nascente da un obbligo di legge di ricognizione-comunicazione all’interessato da parte dell’Inail (cfr. art. 47, comma 4 del DL n. 269/03, conv. con modificazioni dalla legge n. 326/03).
In questa ottica, venendo al caso di specie, l’attività di accertamento tecnico a cui era chiamato l’Inail, attraverso il suo organo tecnico Contarp, richiedeva una maggiore prudenza nel rilascio del certificato di esposizione ad amianto, oppure l’ente assicurativo doveva mettere al corrente la lavoratrice della possibile rivedibilità delle determinazioni tecniche alla luce di nuovi possibili accertamenti e di nuovi progressi scientifici in materia; nulla di tutto ciò è accaduto, né l’Istituto assicurativo ha, comunque, dimostrato che l’inadempimento ai propri obblighi di cooperazione e leale collaborazione è dipesa da causa allo stesso ente non imputabile. Va, inoltre, respinto l’assunto che gli atti dell’Inail hanno una mera valenza endo-procedimentale nei confronti della lavoratrice, per la decisiva ragione che la certificazione dell’Inail ha un valore vincolante nella successiva decisione dell’Istituto previdenziale che eroga effettivamente la pensione, così da poter essere direttamente lesivi della sfera giuridica del destinatario della pensione (cfr. Cass. nn. 6264/11, 17977/10).
Il secondo motivo è infondato.
Infatti, secondo la giurisprudenza di questa Corte,” In tema di benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto il legislatore ha conferito pieno valore alla certificazione dell'Inail concernente, per ciascun lavoratore, il grado di esposizione e la sua durata, rilasciata sulla base degli atti di indirizzo del Ministero del lavoro, come mezzo di prova ai fini del beneficio stesso” (Cass. n. 6264/11, secondo Cass. n. 17977/10, l'interessato è abilitato a contestare in giudizio, con ogni mezzo, il potere certificativo e i risultati degli accertamenti dell’Inail, che quindi, è legittimato passivo nei confronti del lavoratore e/o pensionato).
Nella presente vicenda, se è vero che riguardo alla domanda principale unico legittimato passivo era l’Inps, in quanto ente tenuto all’erogazione del trattamento pensionistico, è pur vero che riguardo alle domande subordinate svolte nei confronti dell’Inail che riguardano la lesione del diritto della P.A. ad una corretta informazione da parte dell’Inail nel quale la stessa aveva riposto affidamento, non v’è dubbio che legittimato passivo è l’Inail, che tale informazione di legge aveva dato, su richiesta della ricorrente.
Al rigetto del ricorso, consegue la condanna alle spese, secondo quanto meglio indicato in dispositivo, mentre nulla va statuito in ordine alle spese nei confronti dell’Inps, in quanto la notifica del ricorso nei suoi confronti ha avuto sostanzialmente il valore di una mera litis denuntiatio.
Sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’Inail dell’ulteriore importo, oltre a quello già versato a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso.
Condanna l’Inail a pagare a P.A. le spese di lite che liquida nell’importo di € 5.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre il 15% per spese generali, oltre accessori di legge.
Nulla spese nei confronti dell’Inps.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.