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25 ottobre 2024
Morte d’amianto: il tabagismo riduce il risarcimento agli eredi, ma non lo esclude

Il fumo attivo va tenuto in considerazione ai fini del calcolo del risarcimento del danno agli eredi, ma non lo esclude del tutto. L'importo va ridotto, infatti, in ragione dell'entità percentuale dell'efficienza causale della condotta del lavoratore.

di La Redazione

Il Giudice di secondo grado riformava parzialmente la sentenza del Tribunale, accogliendo il gravame proposto dagli eredi di un lavoratore deceduto per neoplasia polmonare contratta a causa dell'esposizione a sostanze nocive sul lavoro. Di conseguenza, la Corte d'Appello disponeva in favore degli eredi il pagamento di una somma a titolo di risarcimento per danni patiti per via del decesso del congiunto pari ad oltre 400mila euro, tenuto conto che il nesso causale tra la responsabilità della società datrice di lavoro e l'insorgenza della malattia era stata accertata dalla CTU medico-legale espletata in primo grado.
Contro tale pronuncia propone ricorso per cassazione la società, con riferimento da un lato al ritenuto nesso causale tra patologia tumorale e attività lavorativa e, dall'altro, per aver trascurato l'efficienza causale del fatto colposo del lavoratore, ovvero la sua abitudine al fumo, che avrebbe dovuto avere senza dubbio delle conseguenze sulla determinazione dell'entità del risarcimento.

Con l'ordinanza n. 27572 del 24 ottobre 2024, la Cassazione accoglie l'ultimo motivo di ricorso citato sopra.
Con riferimento al primo, invece, i Giudici rilevano che la decisione impugnata è conforme alla giurisprudenza di legittimità che in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali applica la regola di cui all'art. 41 c.p., per cui il nesso causale tra danno ed evento è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni. Sulla base di tale principio, occorre riconoscere efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito anche in maniera indiretta e remota alla produzione dell'evento. Inoltre, la Cassazione richiama altresì il principio secondo cui, in caso di malattia ad eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all'origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una specifica e concreta prova che può essere data anche in termini di probabilità in base alla particolarità della fattispecie. Tuttavia, è necessario acquisire il dato della c.d. probabilità qualificata che deve verificarsi tramite altri elementi idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale.

Passando all'altro motivo di ricorso, gli Ermellini osservano come la sentenza impugnata abbia riconosciuto rilevanza concausale al tabagismo, ma non al punto da interrompere il nesso (con)causale dell'esposizione all'amianto sul luogo di lavoro con riferimento alla patologia tumorale a origine multifattoriale, attribuendogli un ruolo sinergico.
La Cassazione non condivide tale assunto, rilevando come i Giudici non abbiano applicato correttamente l'art. 1227 c.c.. In caso di concorso della condotta colposa del danneggiante nella produzione dell'evento, infatti, con “fatto colposo” ci si deve riferire alla condotta oggettivamente in contrasto con le regole di condotta stabilite da norme di legge, e non all'elemento psicologico della colpa.

ildiritto

In tale espressione rientra senza dubbio il fumo attivo che costituisce un atto di volizione libero, consapevole ed autonomo di un soggetto con capacità di agire, e quindi il risarcimento del danno deve essere ridotto proporzionalmente in ragione proprio dell'entità percentuale dell'efficienza causale della condotta del lavoratore, tenendo conto che l'art. 1227 cit. si applica con riferimento sia al danno iure proprio, sia al danno iure hereditatis.

Preso atto di ciò, i Giudici cassano la pronuncia impugnata in relazione al motivo di ricorso accolto e rinviano la causa alla Corte d'Appello, che avrà il compito di rideterminare il danno applicando l'art. 1227 c.c..

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