
A seguito della decisione cautelare del CdS, la Prefettura ha ripristinato le misure di accoglienza in favore dei ricorrenti, ma la questione è rimasta aperta per la decisione di merito.
Svolgimento del processo
1) I due ricorrenti si dolgono della revoca delle misure di accoglienza per allontanamento, senza autorizzazione del Prefetto, dalla medesima struttura dove gli stessi erano ospitati.
2) Entrambi i provvedimenti, ognuno reso individualmente nei confronti di ciascuno dei ricorrenti (segnatamente, l’atto prot. n. -OMISSIS- è impugnato col ricorso n.r.g. 48/2024 e l’atto prot. n. -OMISSIS-è impugnato col ricorso n.r.g. 49/2024), si fondano sulla segnalazione del 1° gennaio 2024, da parte del centro di accoglienza dove i ricorrenti erano ospitati, con la quale si comunicava che i due soggetti si erano allontanati dalla struttura senza la previa autorizzazione del Prefetto, rendendosi irreperibili.
3) I ricorrenti deducono che, effettivamente, si erano allontanati dal centro di accoglienza la sera del 31 dicembre 2023 “per festeggiare il capodanno con alcuni amici, facendo ritorno alla struttura il giorno successivo” (v. pag. 2 di entrambi i ricorsi), ma tale circostanza non integrerebbe l’ipotesi di abbandono del centro tale da giustificare la revoca (essendosi limitati, per l’appunto, a trascorrere una sola notte fuori), risultando quindi i provvedimenti di revoca sproporzionati e in contrasto con i criteri stabiliti dall’art. 20 Direttiva 2013/33/UE.
4) Si è costituita la P.A. in entrambi i giudizi, confermando, nelle proprie relazioni difensive, che l’allontanamento è stato considerato ingiustificato, perché realizzatosi “per fini personalistici e voluttuari” (v. pag. 2 relazioni difensive della Prefettura di Siena, prot. nn. -OMISSIS- dell’8 febbraio 2024, depositate il 9 febbraio 2024 rispettivamente nel ricorso n.r.g. 48/2024 e nel ricorso n.r.g. 49/2024).
5) Entrambi i ricorrenti venivano ammessi al patrocinio a spese dello Stato, giusta decreti dell’apposita Commissione istituita presso questo T.A.R., -OMISSIS- (reso nel ricorso n.r.g. 48/2024) e -OMISSIS- (reso nel ricorso n.r.g. 49/2024), entrambi del 29 gennaio 2024.
6) Con ordinanze cautelari -OMISSIS- (resa nel ricorso n.r.g. 48/2024) e -OMISSIS- (resa nel ricorso n.r.g. 49/2024), entrambe del 14 febbraio 2024, la tutela d’urgenza veniva negata, “sembrando ingiustificato l’allontanamento di parte ricorrente dal centro di accoglienza”.
7) Il Consiglio di Stato, con ordinanza n. -OMISSIS- del 24 aprile 2024 riformava la suddetta ord. T.A.R. -OMISSIS- del 14 febbraio 2024 e, con ordinanza -OMISSIS- del 24 aprile 2024, riformava la suddetta ordinanza T.A.R. -OMISSIS- del 14 febbraio 2024, ritenendo, in entrambi i casi, che “indipendentemente dalla durata dell’allontanamento, l’appellante non ha mai manifestato l’intento di abbandono definitivo della struttura di accoglienza” e osservando che “la disciplina nazionale, nella parte in cui prevede la revoca tout court delle misure di accoglienza in caso di abbandono del centro di accoglienza da parte del richiedente, senza preventiva motivata comunicazione alla prefettura (art. 23, co. 1, lett. a) d.lgs. 142/2015), presenta profili di dubbia compatibilità con la disciplina eurounitaria dettata dall’art. 20 Dir. 33/2013/UE giusta la quale “gli Stati membri assicurano in qualsiasi circostanza l’accesso all’assistenza sanitaria ai sensi dell’articolo 19 e garantiscono un tenore di vita dignitoso per tutti i richiedenti” (cfr. CGUE, 12 novembre 2019, C-233/18 e CGUE, 1° agosto 2022, C-422/21)”.
8) Veniva quindi fissata presso il T.A.R. l’udienza pubblica del 19 settembre 2024, per la trattazione di entrambi i ricorsi.
9) In data 5 luglio 2024, sia nel ricorso n.r.g. 48/2024 che nel ricorso n.r.g. 49/2024, venivano depositate le comunicazioni con cui la Prefettura, in adesione a quanto deciso in sede cautelare dal Consiglio di Stato, ripristinava le misure di accoglienza in favore dei due ricorrenti.
10) Quindi, all’udienza pubblica del 19 settembre 2024, entrambi i ricorsi venivano trattenuti in decisione.
Motivi della decisione
1) Va preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi, stante la medesima vicenda fattuale ad essi sottesa e considerato l’analogo tenore dei provvedimenti impugnati e delle censure avverso i medesimi proposte.
2) Sempre in via preliminare, va osservato che il ripristino dell’accoglienza in favore di entrambi i ricorrenti non determina il sopravvenire della cessazione della materia del contendere, considerato che, in entrambi i casi, il reintegro è stato disposto in esecuzione delle due suddette decisioni cautelari del Consiglio di Stato, quindi con salvezza dell’accertamento della fondatezza o meno delle ragioni dedotte a sostegno della domanda giudiziale (v., sul punto, T.A.R. Lazio, Roma, n. 2394 del 10 febbraio 2023 e C.d.S. n. 7410 del 29 ottobre 2019), non risultando nemmeno che l’Amministrazione abbia rinnovato la propria valutazione nel momento in cui ha riammesso i ricorrenti al beneficio delle misure.
3) Tanto premesso, va rilevato che oggetto del contendere è la legittimità di due provvedimenti di revoca di misure di accoglienza per allontanamento dal centro di assegnazione, allontanamento che è stato ritenuto ingiustificato dalla Pubblica Amministrazione perché i due ricorrenti hanno dichiarato di essersi allontanati per trascorrere fuori la notte di Capodanno con alcuni amici.
4) In proposito, va rilevato che il Consiglio di Stato ha precisato che la revoca “non discrezionale” (così, C.d.S. n. 6663 del 23 luglio 2024) dell’accoglienza da parte della Prefettura, ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. “a”, D. Lgs. n. 142/2015, fa inequivoco riferimento alla nozione di “abbandono” e non di “allontanamento”, evidenziando che nella prima “è insito il riferimento implicito a un coefficiente di tipo soggettivo, implicante l’intenzionalità della scelta dello straniero di fare a meno in modo definitivo dell’accoglienza”, che non ricorre, invece, in caso di condotte brevi e/o occasionali di allontanamento (v. C.d.S. n. 6663/2024 cit., ove si richiama C.d.S. n. 3122 del 14 maggio 2019).
5) Tuttavia, va al riguardo evidenziato che il termine di “allontanamento ingiustificato” è espressamente previsto dall’art. 13, D. Lgs. n. 142/2015, come ipotesi che comporta la revoca delle misure di accoglienza ai sensi del successivo art. 23, comma 1, lett “a”, cit., che a sua volta contempla la revoca per il caso di “abbandono”. Inoltre, ai fini dell’adozione di tale revoca “non discrezionale” (v. C.d.S. n. 6663/2024 cit.), il medesimo art. 23 prevede che il decreto del Prefetto sia “motivato”, per il che si deve ritenere che la motivazione sia da riferire alla ritenuta integrazione dell’ipotesi di abbandono, dalla quale dovrebbe poi conseguire la revoca. Perciò, se il decreto deve essere motivato con riferimento al caso di abbandono, va da sé, a fortiori, che non può ritenersi esistente alcun automatismo di revoca – come invece potrebbe indurre la lettura dell’art. 13 – per il caso, meno grave, di allontanamento ingiustificato (che è, per quanto detto, ricompreso nel concetto di abbandono). Ne deriva che un’interpretazione sistematica dell’art. 13 e dell’art. 23, comma 1, lett. “a”, D. Lgs. n. 142/2015, impone di ritenere che un solo allontanamento ingiustificato non comporti la revoca, ma che quest’ultima sia possibile in presenza di più allontanamenti ingiustificati, da apprezzare caso per caso in termini di abbandono.
6) Di converso, il singolo allontanamento ingiustificato può essere inquadrato nella violazione delle regole del centro di accoglienza, come suggerisce il Consiglio di Stato nella sentenza n. 6663/2024 cit., laddove si afferma che “al più, l’amministrazione avrebbe potuto qualificare la condotta come una (meno grave) violazione delle regole del centro. Si è, pertanto, in presenza di un comportamento astrattamente qualificabile come “revoca discrezionale” - purché della stessa sussistano i presupposti sostanziali - e che, pertanto, deve essere supportata da motivazione e istruttoria adeguate” (ritenute assenti o, comunque, non esplicitate nella fattispecie esaminata dal Consiglio di Stato).
7) Tuttavia, anche in relazione a tale ultimo passaggio argomentativo, si può evidenziare che il comma 2 dell’art. 23 cit. (come sostituito dal D.L. n. 20/2023, conv. in L. n. 50/2023) contempla il caso di violazione “grave” o “ripetuta” delle regole del centro di accoglienza, con la conseguenza che il relativo apprezzamento in termini di gravità o reiterazione è rimesso all’Amministrazione, anche con riferimento ai possibili casi di allontanamento ingiustificato che non siano tali da configurare un abbandono.
8) Le considerazioni di cui sopra trovano riscontro anche nel testo del comma 2-bis del cit. art. 23, come introdotto dal D.L n. 20/2023, conv. in L. n. 50/2023, con il quale, sulla base del dictum delle sentenze della CGUE (cfr. sentenza 1° agosto 2022, causa C-422/21), si stabilisce che tutte le misure di cui all’art. 23 (quindi, sia la revoca di cui al comma 1, che la riduzione di cui al comma 2) sono adottate “in modo individuale, secondo il principio di proporzionalità e tenuto conto della situazione del richiedente, con particolare riferimento alle condizioni di cui all’articolo 17, e sono motivate. I provvedimenti adottati dal prefetto nei confronti del richiedente sono comunicati alla Commissione territoriale competente all’esame della domanda di protezione internazionale” (e, sul punto, v. C.d.S. n. 6663/2024 cit.).
9) Facendo dunque applicazione delle suddette coordinate ermeneutiche al caso di specie e nel dare atto all’Amministrazione del fatto che il tenore testuale dell’art. 13 cit. poteva indurre a una applicazione automatica della revoca delle misure di accoglienza, si deve ritenere che il singolo allontanamento ingiustificato dei ricorrenti non potesse fondare la revoca adottata.
10) I due ricorsi vanno quindi accolti e, per l’effetto, i due provvedimenti impugnati vanno annullati. Resta salvo il potere dell’Amministrazione di rivalutare la posizione dei ricorrenti alla luce dei principî sopraenunciati, verificando il loro comportamento complessivo rispetto alle norme che regolamentano il centro di accoglienza. Se un singolo allontanamento non può ex se fondare la revoca delle misure di accoglienza, lo stesso potrà essere preso in considerazione ai fini della “gravità” o della “reiterazione”, anche congiuntamente ad eventuali altre violazioni che entreranno nello scrutinio complessivo della P.A. Si tratta di una valutazione discrezionale che compete all’Amministrazione la quale deve basarsi sui principî di proporzionalità e ragionevolezza ed essere fondata su una valutazione individuale e complessiva del comportamento dell’interessato.
11) Le spese di lite possono essere compensate, considerate le evidenziate peculiarità della questione normativa venuta in rilievo nel caso esaminato.
12) Considerato inoltre che i due ricorrenti sono stati ammessi al patrocinio a spese dello Stato, va liquidato, ai sensi degli artt. 82 e 130 D.P.R. n. 115/2002 ed in favore dell’Avv. D.L., iscritto nell’apposita lista per il processo amministrativo predisposta dall’Ordine forense di Siena, la somma di euro 2.000,00 (duemila/00), cui devono essere aggiunte le spese generali e gli ulteriori accessori di legge, a titolo di onorario per la difesa svolta, considerato che, sebbene si tratti di due ricorsi avverso due provvedimenti distinti, la fattispecie agli stessi sottesa è la medesima.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi nn.rr.gg. 48/2024 e 49/2024, come in epigrafe proposti, così provvede:
- a) riunisce i ricorsi;
- b) accoglie i ricorsi e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati;
- c) compensa le spese di lite;
- d) liquida, in favore dell’Avv. D.L., la somma di euro 2.000,00 (duemila /00), cui devono essere aggiunte le spese generali e gli ulteriori accessori di legge, a titolo di onorario per la difesa svolta.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dei ricorrenti.