Svolgimento del processo / Motivi della decisione
G. A., G. e F. P., in qualità di titolari del marchio “L. Parfum”, con ricorso depositato il 22/02/2024, hanno chiesto all’intestato Tribunale di ordinare alla C. s.r.l. la sospensione e/o la revoca della commercializzazione di prodotti recanti l’insegna “L. Perfume”, atti a generare confusione nella clientela mediante indicazioni fuorvianti nel proprio packaging, previo ritiro dei prodotti già commercializzati, e comunque, disporre ogni altro provvedimento d'urgenza, che appaia, secondo le circostanze, più idoneo ad eliminare il pregiudizio subito e subendo; al contempo, di ordinare l’eliminazione di qualsivoglia reperto fotografico e/o digitale previamente diffuso anche dalle piattaforme di social network idonee a fuorviare la clientela; con vittoria di spese.
In fatto, i ricorrenti hanno premesso quanto di seguito:
• di essere titolari del marchio “L. Parfum”, concesso in comodato d’uso all’omonima società L. Parfum & C. S.a.S., operante nella produzione e commercializzazione di prodotti per la cura della casa e della persona;
• che, in data 15/05/2015, L. N., legale rappresentante della L. Parfum & C. S.a.S., ha provveduto a registrare l’apposito marchio figurativo sotto la dicitura “L. Parfum”, con effettiva registrazione avvenuta in data 23/03/2016 da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi alla categoria merceologica n. 3;
• che, con atto pubblico ai rogiti Notaio B. N. del 29/05/2023 registrato in data 07/06/2023, repertorio n. 2682, n. di raccolta 1972, L. N. ha ceduto, a titolo oneroso per l’importo di € 37.500,00, diversi marchi, tra i quali anche “L. Parfum” agli odierni ricorrenti, che ne acquistavano la titolarità in parti uguali;
• che, dalla periodica attività di safe scouting aziendale, è emerso che la C. S.r.l. ha intrapreso una campagna di sponsorizzazione finalizzata al commercio di scatole personalizzate recanti l’insegna “L. Perfume”, nella parte sottostante il packaging;
• che detta dicitura si pone in evidente conflitto grafico-fonetico con il marchio registrato e detenuto dai ricorrenti, in quanto atta a generare confusione nella clientela, in ragione anche della medesima area territoriale di commercializzazione (Italia) nonché la medesima categoria merceologica;
• che la C. s.r.l. è stata costituita in data 29/08/2018, a distanza di diversi anni dalla registrazione del marchio per cui si chiede tutela, circostanza che dimostra il ruolo di predominanza nel mercato di riferimento assunto dal marchio dei ricorrenti;
• che, mediante p.e.c. del 15/03/2023 notificata in data 20/03/2023, la L. Parfum & C. S.a.S., titolare del marchio, ha diffidato la resistente al mutamento del packaging dei prodotti cosmetici in parola, previo ritiro di quelli già commercializzati oltre all’eliminazione di qualsivoglia reperto fotografico digitale e tale comunicazione è stata reiterata in data 05/04/2023, senza alcun riscontro.
Ciò premesso in fatto, i ricorrenti hanno dedotto, a sostegno della istanza cautelare avanzata, la illegittimità della condotta posta in essere dalla C. s.r.l., poiché la tutela del marchio registrato è garantita, oltre che dagli artt. 2569 ss. c.c., anche dal D.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, c.d. Codice della proprietà Industriale.
In particolare, l’art. 22 c.p.i. sancisce il divieto di adottare come segno distintivo un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
Nel caso di specie, il segno distintivo “L. Perfume” adottato dalla C. è assolutamente simile, sia da un punto di vista grafico-fonetico, sia per accostamento logico, al marchio “L. Parfum” registrato in data 15/05/2015 ossia tre anni prima della costituzione della società convenuta; in secondo luogo, è altresì evidente la confusione che possa generare la presenza di tale dicitura sul packaging dei prodotti della società resistente nei consumatori, in quanto entrambe le società operano nel settore della commercializzazione di prodotti appartenenti alla stessa categoria merceologica ed insistenti entrambe sullo stesso territorio geografico.
Inoltre, sotto il profilo del periculum in mora, inteso quale imminenza e irreparabilità del danno che il diritto tutelando subirebbe nelle more di un ordinario giudizio di accertamento, parte ricorrente ha evidenziato, citando giurisprudenza a sostegno, che la valutazione della gravità delle condotte protratte in danno dei ricorrenti e del brand “L. Parfum”, è tale da far ritenere sussistente anche detto requisito, soprattutto ove commisurata ai pregiudizi futuri che ne conseguirebbero in caso di mancata tutela.
Non si è costituita la C. s.r.l., nonostante la regolarità della notifica del ricorso effettuata a mezzo raccomandata a.r. e poi rinnovata via p.e.c..
All’udienza del 16 maggio 2024, tenutasi mediante deposito di note scritte, il Giudice ha riservato la decisione.
*** *** *** *** ***Il presente ricorso appare fondato e merita, pertanto, di essere accolto, per le ragioni di seguito esposte.
In via preliminare si dichiara la contumacia della C. s.r.l., la quale nono stante la regolare notifica del ricorso e del decreto di fissazione udienza di comparizione sia a mezzo raccomandata a.r. presso la sede legale che mediante p.e.c., all’indirizzo p.e.c. cui in precedenza sono state inviate e ricevute le diffide, non si è costituita nel presente procedimento.
In materia di marchio registrato, si osserva che la tutela prevista dall’art. 2598, comma 1, c.c. è cumulabile con quella specifica posta a tutela di segni distintivi tipici, trattandosi di azioni diverse per natura, presupposti e oggetto. La prima ha, infatti, carattere personale e presuppone la confondibilità con i prodotti del concorrente e, quindi, la possibilità di uno sviamento della clientela con conseguente danno, mentre la seconda, a tutela delle privative industriali, ha natura reale ed opera anche indipendentemente dalla confondibilità dei prodotti. Inoltre, nell’azione per concorrenza sleale l’intenzionalità dell’agente è presunta, laddove nell’azione a tutela del marchio la responsabilità del contraffattore è indipendente da connotazioni soggettive. Pertanto, la contraffazione di un segno distintivo (tipico o atipico, registrato o non registrato) può costituire anche un atto di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 1 c.c., così come l’eventuale rigetto della domanda a tutela del marchio non esonera il giudice dall’esame della diversa domanda a tutela della concorrenza (v. Trib. Catanzaro – Sezione specializzata in materia d’impresa- ord. 8.08.2022- n. 4332/2021 r.g.).
Passando al merito, i ricorrenti, innanzitutto, hanno provato l’avvenuta registrazione del marchio “L. Parfum”, meglio descritto nell’atto di registrazione, in data 23/03/2016 da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi alla categoria merceologica n. 3 (v. doc. 3 all. ricorso) da parte di L. N., la quale ha poi venduto detto marchio, unitamente ad altri quattro marchi, ai fratelli G. (odierni ricorrenti), come risulta dall’atto notarile del 29/05/2023 (v. all. 4).
I ricorrenti assumono che la condotta posta in essere dalla C. s.r.l. integrerebbe gli estremi delle fattispecie previste dall’art. 20, comma 1, lett. b) c.p.i. (d.lgs. 10.02.2015 n. 30) secondo cui il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell'attività economica un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa dell'identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico, che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni; nonché dell’art. 22 c.p.i., secondo cui è vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell'attività economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile all'altrui marchio se, a causa dell'identità o dell'affinità tra l'attività di impresa dei titolari di quei segni ed i prodotti o servizi per i quali il marchio è adottato, possa determinarsi un rischio di confusione per il pubblico che può consistere anche in un rischio di associazione fra i due segni.
Dagli atti di causa risulta che il marchio adottato dalla C. s.r.l. nel commercializzare i propri prodotti, sia “L. Perfume” (il suddetto marchio appare sull’espositore, sul packaging e sui contenitori dei profumi e delle essenze - v. fotografie all. n.6) sia in effetti confondibile con il marchio registrato nel 2016, circa due anni prima della costituzione della Società resistente, ora in uso ai ricorrenti: ossia il sostantivo “L. Parfum”.
Ai fini del giudizio di confondibilità, ai sensi dell’art. 20 c.p.i. si deve procedere a una duplice verifica: sull’identità o affinità tra i prodotti o servizi e sull’identità o somiglianza tra i segni a confronto. Ciò in quanto il c.d. “rischio confusorio” deve essere accertato attraverso una valutazione globale, tenendo conto dell’impressione d’insieme che suscita il raffronto tra i due segni mediante un esame unitario e sintetico che tenga in considerazione i diversi fattori pertinenti del caso di specie tra di loro interdipendenti, quali la identità/somiglianza dei segni, la identità/somiglianza dei prodotti e servizi, il carattere distintivo del marchio anteriore, gli elementi distintivi e dominanti dei segni concorrenti, in relazione al normale grado di percezione dei potenziali acquirenti del prodotto del presunto contraffattore (v. Trib. Roma – Sezione specializzata in materia d’impresa del 17.05.2022).
Ciò posto, appare evidente il rischio confusorio tra il marchio “L. Parfum” dei ricorrenti e quello “L. Perfum” utilizzato dalla C. s.r.l., soprattutto in considerazione della commercializzazione di prodotti del medesimo settore merceologico e nel medesimo ambito territoriale, in quanto sia i ricorrenti che la C. operano in Campania.
Inoltre, si osserva che, secondo la recente giurisprudenza della Suprema Corte, “in tema di tutela del marchio, l'apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel caso di affinità dei prodotti - apprezzamento che costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in cassazione, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici - non deve essere compiuto in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una valutazione d'impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori di quel genere di prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo mnemonico dell'altro” (Cass. Civ., Sez. I, Ord. n. 39764/2021).
Ne consegue che si ritiene pienamente sussistente il c.d. fumus boni juris in capo ai ricorenti. Per ciò che attiene al requisito del periculum in mora, ossia il pregiudizio che il ricorrente subirebbe nelle more di un ordinario giudizio di cognizione, secondo un orientamento diffuso in giurisprudenza e condiviso, è da ritenersi in re ipsa poiché la concorrenza confusoria comportano di per sé un “drenaggio irreversibile di clientela e devalorizzazione o discredito dell’immagine commerciale e dei segni distintivi” (v. Trib. Ord. Torino, Sez. spec. propr. industr. ed intell., 09/11/2009).
Orbene, lo sviamento di clientela integra, per costante giurisprudenza, gli estremi del pregiudizio irreparabile ed irreversibile e l'irreparabilità del danno deriva dall'obiettiva difficoltà di recupero della quota di mercato eventualmente perduta e dall'impossibilità di addivenire nel futuro giudizio di merito ad una esatta quantificazione del pregiudizio patrimoniale arrecato all'immagine ed agli interessi della impresa pregiudicata (cfr. Trib. Napoli, Sez. spec. Impresa, 05/02/2016).
In ordine alla chiesta inibitoria, osservato che “in tema di concorrenza sleale, il carattere essenziale e tipico dell'azione inibitoria ex art. 2599 cod. civ. è quello di apprestare una tutela giurisdizionale preventiva rivolta verso il futuro. Ne consegue che la pronuncia di inibitoria implica non solo l'ordine di cessare una attività in atto, ma anche quello di astenersi in futuro dal compiere una certa attività, pur se nel frattempo cessata” (cfr. Cass. Civ., Sez. I, Sent. n. 8080/1995), si reputa quindi condivisibile la richiesta di parte ricorrente di provvedere anche pro futuro.
Per quanto sinora esposto, si accoglie il presente ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. e, per l’effetto, si ordina alla C. s.r.l.: a) di sospendere e/o revocare la commercializzazione di ulteriori prodotti recanti il marchio “L. Perfume” e di procedere al ritiro dei prodotti già commercializzati; b) di eliminare qualunque reperto fotografico e/o digitale previamente diffuso anche dalle piattaforme di social network idonee a fuorviare la clientela.
Le spese del presente procedimento seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, facendo applicazione dei parametri di cui al d.m. n. 147/2022, procedimenti cautelari, valore indeterminabile da € 26.001 ad € 52.000, con esclusione della fase decisionale.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso e, per l’effetto, ordina alla C. s.r.l.: a) di sospendere e/o revocare la commercializzazione di ulteriori prodotti recanti il marchio “L. Perfume” e di procedere al ritiro dei prodotti già commercializzati; b) di eliminare qualunque reperto fotografico e/o digitale previamente diffuso anche dalle piattaforme di social network idonee a fuorviare la clientela;
condanna la C. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, alla refusione delle spese di lite del presente procedimento cautelare in favore di G. A., G. F. P. e G. G., in solido fra loro, che si liquidano in € 4.011,00, oltre rimborso spese generali, i.v.a. e c.a.p. come previsto dalla normativa vigente.