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15 novembre 2024
La Corte costituzionale boccia alcune disposizioni della legge sull’autonomia differenziata

In attesa del deposito della sentenza, la Consulta ha spiegato quali profili della legge sull'autonomia differenziata sono stati giudicati incostituzionali.

di La Redazione

 

La Consulta ha ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell'intera legge sull'autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024), ma ha invece giudicato illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo. Lo rende noto l'Ufficio Comunicazione della Consulta, in attesa del deposito della sentenza.
Secondo il Collegio, l'art. 116, terzo comma, della Costituzione (che disciplina l'attribuzione alle regioni ordinarie di forme e condizioni particolari di autonomia) deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana, la quale riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni, i principi dell'unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell'eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell'equilibrio di bilancio.

In attuazione di tale disposizione, la distribuzione delle funzioni legislative e amministrative tra i diversi livelli territoriali di governo non deve corrispondere all'esigenza di un riparto di potere tra i diversi segmenti del sistema politico, ma deve avvenire in funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione.
A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni.

In questo quadro, osserva la Corte, «l'autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l'efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini».

La Corte, nell'esaminare i ricorsi delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, le difese del Presidente del Consiglio dei ministri e gli atti di intervento ad opponendum delle Regioni Lombardia, Piemonte e Veneto, ha contestato i seguenti aspetti della legge sull'autonomia differenziata.
Tra questi:

precisazione

  • la possibilità per le regioni a statuto speciale di poter ottenere più autonomia secondo le stesse modalità previste per le regioni a statuto ordinario, quando già ora hanno la possibilità di ottenerla modificando i loro statuti;
  • la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica;
  • la possibilità per il governo di poter modificare le aliquote per i tributi nelle regioni con più autonomia attraverso decreti firmati da più ministeri, e non disposizioni di legge; e la possibilità che le regioni ottengano più potere su intere materie, e non su specifiche funzioni legislative, grazie alle intese siglate con lo Stato;
  • la possibilità che l'intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie;
  • il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi;
  • la previsione che sia un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (dPCm) a determinare l'aggiornamento dei LEP.

Altre previsioni della legge sono state invece interpretate in modo costituzionalmente orientato. Tra queste, si segnalano le seguenti:

precisazione

  • l'iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non va intesa come riservata unicamente al Governo;
  • la legge di differenziazione non è di mera approvazione dell'intesa (“prendere o lasciare”) ma implica il potere di emendamento delle Camere; in tal caso l'intesa potrà essere eventualmente rinegoziata;
  • la limitazione della necessità di predeterminare i LEP ad alcune materie (distinzione tra “materie LEP” e “materie-no LEP”) va intesa nel senso che, se il legislatore qualifica una materia come “no-LEP”, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

«Spetta al Parlamento, nell'esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall'accoglimento di alcune delle questioni sollevate dalle ricorrenti, nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge», conclude il comunicato stampa della Corte Costituzionale.

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