Così hanno deciso i Giudici della Corte d'Appello di Milano a fronte della richiesta di una zia, cittadina italiana per naturalizzazione, di adottare il nipote, cittadino brasiliano.
La causa ha inizio con la richiesta di adozione del nipote maggiorenne, nato in Brasile, da parte della zia, cittadina italiana per naturalizzazione, ai sensi dell'
Svolgimento del processo
1. Con ricorso depositato in data 24.06.2022, la Signora L. D. – cittadina italiana per naturalizzazione – chiedeva farsi luogo dell’adozione del maggiorenne M. L. D. D. S., nato in Brasile in data 1997, ai sensi dell'art. 291 c.c.;
2. A sostegno del proprio ricorso, la D. evidenziava: che ella era vedova e non aveva figli; che l’adottando era suo nipote, in quanto figlio di sua sorella, la sig.ra M. R. D. A. D. , e che, a partire da quando il nipote aveva sei mesi, aveva provveduto lei stessa ad accudire e a crescere il bambino, essendo egli divenuto orfano di padre; che la D. è stata la madrina del battesimo di M. L. e che a seguito del decesso del padre dell’adottando, si era occupata in prima persona del suo mantenimento e della sua istruzione, provvedendo ad inviargli costantemente denaro; che tra lei e il nipote vi è un forte legame affettivo oltre che di parentela; che la sig.ra D. e il D. S. vivono nella stessa abitazione, continuando, la prima, a mantenere e rafforzare il legame con il giovane nipote, per il quale rimane un costante punto di riferimento e di sostegno.
3. In data 20.03.2023, la ricorrente depositava il certificato di matrimonio di M. L. D. D. S. e la dichiarazione notarile della moglie di questi di consenso all’adozione.
4. All’udienza del 21.03.2023, tenutasi in presenza della sig.ra L. D. , del suo difensore, del sig. M. L. D. D. S. (adottando) e della sig.ra M. R. D. A. D. (madre dell’adottando e sorella della ricorrente), si procedeva all’audizione degli interessati. -La ricorrente dichiarava: “Ho letto l’atto predisposto dall’Avv. V. e ne confermo interamente il contenuto. Sono vedova e non ho avuto figli. Intendo adottare M. L. , che è figlio di mia sorella M. R. D. A. D. Faccio presente che anch’io avevo il doppio cognome (quelli di entrambi i genitori), ma quando sono diventata cittadina italiana mi è stato tolto il cognome della madre. Io, mia sorella e M. L. viviamo tutti insieme. Anche in Brasile abbiamo la residenza tutti insieme (a S. de B. – F. D. S.). Quando sono rimasta vedova ho detto a mia sorella di venire a stare con me. Poi abbiamo fatto venire anche M. L., nell’aprile 2022. Quanto al cognome, faccio presente che M. L. ha già il mio cognome (D.), quindi non è necessario che lo assuma di nuovo”.
-Il sig. M. L. D. D. S., con l’ausilio dell’interprete, sig.ra Signora T. D. O. S. D., parente degli interessati, dichiarava: “Prima vivevamo tutti insieme in Brasile, poi mia zia è venuta in Italia e dopo qualche anno è venuta anche mia madre. Mi sono trovato così che non avevo più i miei punti di riferimento e quindi dopo qualche tempo sono venuto anch’io in Italia. Mia zia è la mia madrina e si è sempre occupata di me. Per questa ragione, pur avendo mia madre vivente, voglio essere adottato da mia zia L. D. per dare al vincolo un riconoscimento formale. Non sono stato adottato da altri. Non ho fratelli né sorelle. Sono sposato. Mia moglie vive in Brasile, a F. D. S. . Si chiama T. S.N. (ora anche D., avendo assunto il nome del marito) e consente all’adozione.
In Brasile vivevamo tutti insieme, io, mia moglie e mia madre. Poi mia madre è venuta in Italia. Ma la mia famiglia continua a stare in Brasile”. Alla domanda del giudice se l’adozione fosse strumentale all’acquisto della cittadinanza italiana l’adottando rispondeva: “Magari anche, ma è per il vincolo che sussiste tra noi”.
-La Signora M. R. D. A. D. dichiarava: “Non parlo bene l’italiano ma lo capisco. Sono la mamma di M. L. D. D. S.. Suo padre è morto. Io sono arrivata in Italia il 3.6.2019. Vivo con mia sorella a C. B.. Sono d’accordo che mia sorella adotti mio figlio, che abiterà un po’ qua in Italia un po’ là in Brasile. Io devo andare a trovare mio padre, vivente, a F. D. S. M. ha un figlio maschio che si chiama L. N.D. M. L. non ha fratelli né sorelle”.
-Interrogato, M. L. D. D. S. confermava di avere un figlio di due anni, nato il 18.1.2021. -Alla medesima udienza, il difensore della ricorrente chiedeva un termine per depositare copia del passaporto della moglie e del figlio del sig. D. S., segnalando altresì che quest’ultimo aveva presentato richiesta di permesso di soggiorno che si riservava di produrre nel termine richiesto.
Comunicava, infine, che la richiesta di adozione rispondeva alla volontà della Signora L. D. di avere un figlio in Italia.
-Il Giudice assegnava termine fino al 12.4.2023 per il deposito dei documenti e di note contenenti istanze e conclusioni in sostituzione dell’udienza.
5. In data 11.04.2023, la ricorrente depositava note scritte, riportandosi integralmente al ricorso introduttivo e ai documenti depositati ed evidenziando altresì il costante rispetto, da parte dell’adottando, della normativa italiana in materia di immigrazione, non avendo egli mai superato il limite consentito dalla legge ai fini della permanenza regolare sul territorio.
6. In data 13.04.2023, il Giudice, rilevato che il verbale dell’udienza del 21.3.2023 non era stato comunicato al P.M., disponeva la comunicazione, a cura della Cancelleria, del predetto verbale e del provvedimento al P.M., affinché questi potesse esprimere parere, e assegnava termine perentorio al 3.10.2023 per il deposito di note in sostituzione dell’udienza.
7. In data 2.10.2023, la sig.ra L. D. depositava note scritte, riportandosi integralmente al ricorso introduttivo e ai precedenti scritti difensivi ed evidenziando come la dichiarazione di adozione del Signor M. L. D. D. S. fosse funzionale alla formalizzazione del legame tra il ragazzo e la zia e al consolidamento dell’unità familiare già sperimentata soprattutto nel corso dell’ultimo periodo.
8. In data 4.10.2023, il Giudice rimetteva la causa al Collegio e ne disponeva la comunicazione al P.M.
9. Con sentenza n. 11/2024 del 12.10.2023, oggi impugnata, il Tribunale di Milano decideva di non far luogo all'adozione di M. L. D. D. S. , richiesta da L. D. , ritenendo che, nel caso di specie, la domanda di adozione fosse stata avanzata non già con la finalità propria dell’istituto – ossia quella di “dare riconoscimento e forma giuridica a una specifica situazione di fatto, che somigli a quella tipica della famiglia naturale e che evidenzi l’effettiva esistenza di un solido legame, non solo di tipo affettivo, ma sperimentato in concreto e messo alla prova nella vita reale” - bensì al mero scopo di soddisfare l’esigenza propria del solo M. L. D. D. S. di creare i presupposti per il conseguimento dello status di cittadino italiano. A sostegno della propria decisione, il Tribunale rilevava quanto segue. “Dall’assoluta mancanza di conoscenza di vocaboli della lingua italiana mostrata da M. L. D. D. S. si ricava che questi ha ben poca dimestichezza con il Paese in cui risiede colei che vorrebbe adottarlo, non rilevando in contrario il fatto che la ricorrente-zia abbia dichiarato alla Polizia Locale, il 19.4.2022, di avere ospitato il nipote presso la di lei abitazione (in C. B. , Via n. _, scala 33, piano 4°). La recente nascita di un figlio e il successivo matrimonio (di cui non è stato allegato lo scioglimento) di M. L. D. D. S. , avvenuti in Brasile, la circostanza che il nucleo familiare del predetto risieda in F. D. S., la dichiarazione della madre di M. L., (secondo cui questi “abiterà un po’ qua in Italia e un po’ là in Brasile”: verb. ud. 21.3.2023) inducono questo Collegio a ritenere che il centro effettivo degli interessi e della vita del predetto sia radicato nel lontano Sudamerica, e non in C. B. . Il fatto che la ricorrente, dal giugno 2019, abiti con la sorella, madre di M. L. , rende poco probabile che il legame tra questo e la zia possa avere, o assumere in futuro, nelle intermittenti presenze italiane dell’interessato, caratteri ricalcanti quelli del rapporto madre-figlio: ciò anche in considerazione dell’ingombro che verosimilmente costituisce, sul piano psicologico-relazionale, la compresenza della madre naturale di M. L. ”.
10. Avverso la citata sentenza, in data 28.03.2024, proponeva appello L. D. , formulando le conclusioni sopra riportate. Preliminarmente, parte appellante eccepiva la nullità della sentenza di primo grado, per la mancata partecipazione del PM al procedimento, rilevando che, secondo l’insegnamento di Cass. n. 17161/2009, se la nullità del procedimento per omessa partecipazione del PM “è denunciata in appello in base all'art. 161 c.p.c., non può il giudice del gravame rimettere gli atti al primo giudice in forza dell'art. 354, comma 1, c.p.c., ma, dichiarata detta nullità, deve, ai sensi dell'ultimo comma del citato art. 354, decidere la causa nel merito dopo aver disposto che al giudizio di impugnazione partecipi il P.M.”.A sostegno del proprio appello, parte appellante individuava poi le seguenti censure:
a) Violazione ed erronea applicazione degli artt. 291, 296, 297 c.c. Carente motivazione della sentenza impugnata. Con il primo motivo, l’appellante lamentava che il Tribunale, nel rigettare la domanda di adozione, aveva dato rilievo esclusivamente al fatto che il Signor M. L. D. D. S. non parlasse la lingua italiana e al fatto che il centro effettivo degli interessi di quest’ultimo fosse in Brasile, elementi, questi, non previsti dalla normativa sull’adozione del maggiorenne né contemplati dalla giurisprudenza sul tema. Al contrario, a detta di parte appellante, il Giudice di prime cure, in ossequio agli artt. 291, 296, 297 c.c., avrebbe dovuto dare rilievo alle seguenti circostanze, tutte presenti nel caso di specie: che l’adottante non ha discendenti legittimi, che ha compiuto gli anni trentacinque e che supera almeno di diciotto anni l'età dell’adottando; che vi è il consenso dell’adottante e dell’adottando e che, infine, è stato prestato assenso dei genitori dell'adottando e del coniuge dell'adottando. Eccepiva infine l’appellante, la mancanza di istruttoria e di valutazione della documentazione depositata dalla ricorrente, rilevando che il Tribunale non aveva considerato i documenti prodotti e le argomentazioni formulate in udienza, da cui si evinceva che il nucleo familiare dell’adottando si era trasferito in Italia, seppur temporaneamente.
b) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 312 c.c. Con la seconda censura, parte appellante contestava la decisione di prime cure nella parte in cui essa aveva ritenuto che la domanda di adozione avanzata dalla D. non fosse conforme alla ratio dell’istituto, ma fosse in realtà finalizzata a consentire al sig. D. S. di conseguire la cittadinanza italiana. A tal proposito, parte appellante rilevava, anzitutto, che l’assunto del giudice di primo grado secondo cui l’adozione de qua avrebbe dato vita ad una famiglia che non rispecchia quella tradizionale - considerata la presenza ingombrante della madre naturale nel nucleo che risulta ostativa alla creazione di un rapporto che ricalchi una relazione madre-figlio tra l’adottante e l’adottando –, si rivela in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 7667/2020), secondo cui l’adozione del maggiorenne non ha lo scopo di costituire un rapporto simile a quello tra una madre e un figlio, ma quello di “formalizzare legami affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell'identità dell'individuo”. In relazione a ciò, l’appellante rappresentava che il Tribunale aveva omesso di valutare il rapporto affettivo intercorrente tra ella e il nipote e la circostanza che tale rapporto sarebbe stato meramente confermato e ufficializzato attraverso l’adozione. Spiegava, a tal fine, che: ella e il sig. M. L. avevano sempre convissuto sin dalla nascita di M. , avendo, quest’ultimo e sua madre, sempre vissuto nella casa di proprietà della Signora L. D. in Brasile; dopo il trasferimento in Italia della sig.ra D. , a cui aveva fatto seguito, qualche anno dopo, quello della sorella (nonché madre di M. ), l’adottando aveva regolarmente effettuato plurimi ingressi in Italia, per mantenere vivo il rapporto con la Signora D. e per venire a trovare la madre, affetta da diverse patologie, convivendo, durante i suoi soggiorni, con la madre e con la sig.ra D.; l’adozione di M. L. avrebbe garantito all’odierna appellante un erede in grado di tutelare il suo patrimonio, essendo ella vedova e senza figli. L’appellante rilevava poi che, ad ogni modo, il Tribunale, avendo motivato il rigetto della domanda sul presupposto che l’adozione del maggiorenne D. S. non avrebbe rispecchiato la struttura della c.d. famiglia naturale, avesse formulato delle valutazioni soggettive e inopportune, non in linea con la funzione di controllo attribuitagli nell’ambito dell’istituto dell’adozione di maggiorenne, come risulterebbe confermato anche dalla giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 5/2024) e di legittimità (Cass. n. 2426/2006) secondo cui la cognizione del giudice, nelle domande di adozione di maggiorenne, deve limitarsi al riscontro della sussistenza dei presupposti di legge – quali tra tutti, il consenso dell’adottante e dell’adottato - e ad un giudizio di convenienza diretto ad accertare se l'adozione risulti moralmente vantaggiosa ed economicamente non pregiudizievole per l'adottando. Quanto all’assunto del Tribunale secondo cui la domanda di adozione proposta dalla D. era finalizzata ad eludere le disposizioni in materia di acquisizione della cittadinanza italiana, l’appellante rappresentava che: quanto dichiarato dal sig. D. S. all’udienza del 21.03.2023 – in cui lo stesso, rispondendo alla domanda rivoltagli dal giudice se l’adozione fosse strumentale all’acquisto della cittadinanza italiana, aveva affermato “Magari anche, ma è per il vincolo che sussiste tra noi” – non alludeva in alcun modo alla volontà di conseguire la cittadinanza italiana, tantomeno strumentalizzando il suo rapporto d’affetto con l’adottante; quanto dichiarato dalla madre dell’adottando all’udienza del 21.03.2024 – in cui ella aveva riferito che il figlio “abiterà un po’ qua in Italia e un po’ in Brasile” – si riferiva all’intenzione dell’adottando di rimanere comunque regolare in Italia e rispettare il limite di permanenza di 90 giorni previsto dalla legge; ad ogni modo, l’adozione di maggiorenne non comporta l’automatica acquisizione della cittadinanza italiana, ma concede alla persona adottata la possibilità e la facoltà, nei cinque anni successivi alla trascrizione dell’adozione (e a condizione della protratta residenza effettiva), di presentare domanda di naturalizzazione.
11. Con decreto presidenziale del 3.4.2024 veniva nominato il Consigliere relatore e veniva fissata udienza al 21.11.2024, disponendone la sostituzione con il deposito di note scritte. 12. In data 13.10.2024, il Procuratore Generale, nella persona della dott.ssa Luisa Russo, presentava le proprie conclusioni scritte, chiedendo la conferma della sentenza impugnata e il conseguente rigetto dell’appello. In particolare, il Procuratore generale condivideva la decisione di prime cure nella parte in cui essa aveva ritenuto che la domanda di adozione richiesta da parte ricorrente era stata presentata al solo fine di consentire a M. L. D. S. di creare le basi per ottenere lo status di cittadino italiano, dando, a tal fine, rilevanza al fatto che il centro affettivo degli interessi del D. S. si trovava in realtà in Brasile, come dimostrerebbe la mancata conoscenza da parte dell’adottando della lingua italiana, la recente nascita di un figlio e il successivo matrimonio nello Stato brasiliano.
Motivi della decisione
-Preliminarmente va disattesa l’eccezione di nullità della sentenza di primo grado sollevata nell’atto di appello (ma non riproposta in sede di conclusioni dell’atto di appello) per la mancata partecipazione del pm al procedimento di primo grado, non avendo questi presentato le proprie conclusioni. Questo perché, per costante orientamento della giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. 36176/2021) “per l'osservanza delle norme che prevedono l'intervento obbligatorio del P.M. nel processo civile è sufficiente che gli atti siano comunicati all'ufficio del P.M. per consentirgli di intervenire nel giudizio, mentre l'effettiva partecipazione e la formulazione delle conclusioni sono rimesse alla sua diligenza", non essendo quindi necessaria la presenza di un rappresentante di tale ufficio nelle udienze, né la formulazione di conclusioni (Cass. 572/2000; Cass. 19727/2003; Cass. 10894/2005; Cass. 22567/2013)”. Nel caso di specie, infatti, il procedimento di primo grado è stato comunicato al pm, il quale ha apposto il proprio visto ai diversi atti del procedimento, essendo quindi egli stato messo nella condizione di partecipare al procedimento.
-Nel merito la domanda è infondata per le ragioni di seguito esposte.
Vanno integralmente condivise le considerazioni svolte dal primo giudice che prende le mosse dalla ricostruzione dell’istituto nella evoluzione giurisprudenziale. In una fase iniziale, si legge nella interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza di legittimità “l’istituto dell'adozione rispose ad una funzione squisitamente privatistica consistente nel soddisfare l'interesse dell'adottante alla trasmissione del nome e del patrimonio, mediante la creazione di un vincolo di filiazione artificiale“, l'adozione di maggiorenni, nell'accezione e configurazione sociologica assunta dall'istituto negli ultimi decenni, "ha perso la sua originaria connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuità della sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione di riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed identitaria, nonché di una storia personale, di adottante e adottando, con la finalità di strumento volto a consentire la formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili.
In sostanza, l'istituto ha perso la sua originaria natura di strumento volto a tutelare l'adottante per assumere una valenza solidaristica che, seppure distinta da quella inerente all'adozione di minori, non è immeritevole di tutela". In questi casi, pertanto, l'adozione vuole dare conto di una sopravvenuta modifica della complessiva situazione di vita dell'adottato maggiorenne e ricreare in termini di diritto una più estesa rete di relazioni familiari tra loro reciprocamente intessute.” Cass n 3462 del 3.2.22. In tal senso si è espressa di recente la SC affermando che “ L'adozione di persone maggiori di età non persegue più, e soltanto, per come vive attualmente nell'ordinamento, la funzione tradizionale di trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e alle successioni, ma è divenuto uno strumento duttile e sensibile alle sollecitazioni della società, in cui assumono crescente rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali. L'istituto, suggellando sovente l'effettiva e definitiva coincidenza tra situazione di fatto e status, formalizza legami affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell'identità dell'individuo.” (Cass. Civ., Sez. I, Ord., 08 febbraio 2024, n. 3577)
L’adozione di maggiorenne, può essere, quindi, utilizzata per consolidare “l'unità familiare attraverso la formalizzazione di un rapporto di accoglienza già sperimentato e concretamente vissuto” allorquando l’adottando sia già partecipe del contesto affettivo e familiare dell’adottante. Quanto all’ambito della cognizione devoluta a questa Corte si impone un controllo che risponde a esigenze di ordine pubblicistico e coinvolge valutazioni di merito. Dette verifiche “opportunamente lasciano al giudice un potere di valutazione che va al di là della mera ricognizione dei requisiti di tipo puramente formale, in quanto vi è il pericolo che siano commessi degli abusi in materia. Tale giudizio non deve essere circoscritto alla valutazione dei soli vantaggi economici, perché, come già si è accennato, le funzioni dell'istituto sono nella realtà profondamente cambiate, tanto che le finalità dell'adozione dei maggiorenni non sono più prevalentemente ereditarie, intendendo questo termine nella duplice accezione che evidenzia la realizzazione del fine di garantire una discendenza all'adottante, che ne sia privo, e, di riflesso, una posizione ereditaria all'adottando, cui è attribuita una condizione corrispondente a quella del figlio legittimo. ”Come correttamente evidenziato dal giudice di prime cure “Il limite che si impone, per prevenire eventuali abusi, ha carattere generale e si può ricondurre, in sintesi, al dovere di non eludere gli obblighi dettati dalla normativa fiscale, di non violare le regole operanti in tema di status delle persone, o quelle poste dalla legislazione in materia di cittadinanza e di immigrazione, o di assistenza. A tal fine sono appunto da considerare essenziali le verifiche preliminari previste dalla legge, prima che sia emanata la sentenza che dispone l'adozione, intese ad impedire una vera e propria distorsione degli obiettivi (sia pure sensibilmente mutati) dell'istituto. E potrebbero comunque assumere rilievo in direzione negativa fattori di valutazione particolarmente gravi, tali dunque da sconsigliare la pronuncia dell'adozione pur in presenza dei dovuti consensi ed assensi.” (Cass n 3462 del 3.2.22).
Nel caso di specie, sussistono i “fattori particolarmente gravi tali da sconsigliare la pronuncia dell’adozione” tali da far ritenere che la domanda di adozione sia meramente strumentale all’acquisizione della cittadinanza da parte dell’adottando. Vi è un manifesto difetto di allegazione al punto che non si capiscono i tempi di permanenza dell’adottando in Italia, posto che:
- Nel ricorso di primo grado, datato giugno 2022, la D. affermava: “L’adottando e l’adottante vivono nella stessa abitazione, come si evince dalla dichiarazione di ospitalità che si allega al ricorso”: si tratta della dichiarazione di ospitalità fatta alla Polizia locale del Comune di Milano in cui la D. afferma di aver ospitato il nipote dal 19 aprile 2022 presso la propria abitazione di C. B..
- All'udienza del 21.03.2023, l’appellante affermava: “Io, mia sorella e M. L. viviamo tutti insieme. Anche in Brasile abbiamo la residenza tutti insieme (a S. de B. – F. D. S.). Quando sono rimasta vedova ho detto a mia sorella di venire a stare con me. Poi abbiamo fatto venire anche M. L., nell’aprile 2022.” - All'udienza del 21.03.2023, l’adottando affermava: “prima vivevamo tutti insieme in Brasile, poi mia zia è venuta in Italia e dopo qualche anno è venuta anche mia madre. Mi sono trovato così che non avevo più i miei punti di riferimento e quindi dopo qualche tempo sono venuto anch’io in Italia. Mia zia è la mia madrina e si è sempre occupata di me”.
- Nelle note scritte depositate in primo grado l’11 aprile 2023, la D. affermava: “l’adottando ha sempre rispettato la normativa italiana in materia di immigrazione e non ha mai superato il limite consentito dalla Legge ai fini della permanenza regolare sul territorio (90 giorni)”
- A pag. 5 dell’appello, la D. affermava: “In Italia, il Signor D. D. S. ha convissuto con la zia e con la madre durante i suoi soggiorni, come da dichiarazione di ospitalità in atti”. - A pag. 10 dell’appello, la D. affermava: “L’adottando ha regolarmente effettuato plurimi ingressi in Italia, per mantenere vivo il rapporto con la Signora D. e per venire a trovare la madre, la quale, inoltre, era già affetta da diverse patologie”. - All'udienza del 21.03.2023, la madre dell’adottando affermava: “Vivo con mia sorella a C. B. . Sono d’accordo che mia sorella adotti mio figlio, che abiterà un po’ qua in Italia un po’ là in Brasile”. - Dai passaporti della moglie e del figlio dell’adottando (prodotti in copia in primo grado l’11 aprile 2023) vi sono dei visti di ingresso in Italia che recano, come data, il 13.12.2022.
Dette circostanze non provano affatto, come pretenderebbe il reclamante, il trasferimento in Italia del nucleo dell’adottando bensì soltanto il soggiorno (tant’è che l’appellante riferisce che l’adottando ha sempre rispettato i tempi di permanenza di 90 giorni nel territorio italiano).
Dal complesso degli elementi in atti si desume che M. L. , dall’aprile 2022, abbia iniziato ad effettuare degli ingressi in Italia della durata massima di 90 giorni, per poi tornare in Brasile sicché e da escludere un radicamento sul territorio né tantomeno un legame stabile con il nucleo dell’adottante
-A ciò si aggiunga che l'adottando, per sua stessa ammissione, non conosce e non parla la lingua italiana.
-All'udienza del 21.3.2023, l’adottando affermava, rispondendo alla domanda del Giudice se l’adozione fosse strumentale all’acquisizione della cittadinanza: “Magari anche, ma è per il vincolo che sussiste tra noi”.
-Sono inoltre sfornite di riscontro le affermazioni rese all’udienza del 21.03.2023 dall’adottando e dall’adottante, nonché dagli scritti difensivi di quest’ultima, da cui emergerebbe che la D., sua sorella (nonchè madre dell’adottando) e M. L. hanno vissuto tutti insieme in Brasile e che, dal decesso del padre dell’adottando, la D. si sarebbe sempre occupata del nipote. Detta circostanza, non risulta comunque provata, essendo del tutto privo di consistenza a tal fine il doc 9 allegato al ricorso in primo grado, attestante solo due transazioni provenienti dalla D. e indirizzate al nipote, l’una del 6.10.2020 dell’importo di euro 440, l’altra del 18.06.2020 dell’importo di euro 815 di per sé inconcludenti ai fini del decidere. Alla stregua di quanto premesso come correttamente evidenziato dal primo giudice, nella specie, risulta che la domanda di adozione non risponde alle finalità proprie della norma invocata stante la totale assenza di esigenze legate alla conservazione di legami all’interno del nucleo familiare, bensì al mero scopo di soddisfare la pretesa, non tutelata, propria del solo M. L. D. D. S., di creare i presupposti per il conseguimento dello status di cittadino italiano. Per tutte le ragioni sopra esposte il ricorso è infondato e va respinto
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente decidendo sull'appello in epigrafe indicato proposto da D. L. avverso la sentenza n. 11/2024 emessa in data 12.10.2023, pubblicata l’1.3.2024, dal Tribunale Ordinario di Milano, sez. I, all'esito del procedimento R.G. V.G. n. 9008/2022 così provvede:
RESPINGE il ricorso