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Il contenzioso. Tizia conveniva in giudizio parte convenuta al fine di conseguire, previa declaratoria di illegittimità del contesto rappresentato, la ripetizione dell'importo. A tal fine l'attrice allegava di essere titolare di un conto corrente bancario e che a seguito del furto della carta di debito (contenuta nella propria borsa), dal ridetto conto veniva prelevato l'importo complessivo mediante prelievi ATM e pagamento. L'attrice deduceva come tale operazione fosse da attribuire ad attività omissiva della convenuta attesa l'impossibilità di accedere prontamente al servizio telefonico per bloccare l'utilizzo del conto corrente. |
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Postulando la natura contrattuale del rapporto tra banca e correntista e dunque un certo rilievo dell' |
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Nel caso di specie, secondo il giudice, gli elementi complessivamente acquisiti al giudizio non consentivano di ritenere sussistente, neppure in via presuntiva, la colpa grave dell'utilizzatore, segnatamente per aver custodito il PIN insieme alla carta di pagamento rubata e per aver tardato nel richiedere il blocco della carta. Invero, l'attrice aveva dedotto di aver subìto il furto della carta nella mattinata del 17.11.2023, avvedendosene intorno alle ore 14.00 (ancorché ratificando denuncia all'autorità giudiziaria solo il giorno dopo) e provvedendo, quindi, a bloccare la carta sùbito dopo la verifica del furto. A parere del giudice, doveva ritenersi che il lasso di tempo intercorso tra il momento in cui la sig.ra aveva a dedotto di essersi avveduta del furto - ossia dopo In conclusione, non risultava fondata la presunzione di custodia del PIN unitamente alla carta e, quindi, di colpa grave in capo all'utilizzatore. A tale stregua, non ricorreva la prova in concreto della colpa grave in capo all'utilizzatore, tale da escludere la responsabilità della banca per le operazioni disconosciute per cui deve essere riconosciuto il diritto, da parte dell'attrice, al rimborso degli importi delle operazioni disconosciute. Domanda accolta. |
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato in data 1° luglio 2024 la sig.ra ... conveniva in giudizio la ... di ... e ... coop.va p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al fine di conseguire, previa declaratoria di illegittimità del contesto rappresentato, la ripetizione dell'importo di € 3.294,78. A tal fine l'attrice allegava di essere titolare di un conto corrente bancario (senza ulteriore specificazione presso l'... di ... convenuto; la stessa attrice allegava, quindi, come, in data 17.11.2023, a seguito del furto della carta di debito (... contenuta nella propria borsa - e prima che la stessa sig.ra ... provvedesse al blocco della carta - dal ridetto conto venisse prelevato l'importo complessivo di € 3.294,78 mediante prelievi ATM e pagamento ... L'attrice deduceva come tale operazione fosse da attribuire ad attività omissiva della ... convenuta attesa l'impossibilità di accedere prontamente al servizio telefonico per bloccare l'utilizzo del conto corrente. Fissata l'udienza di comparizione per il 4 ottobre 2024, e provveduto alla notifica del ricorso e pedissequo decreto, si costituiva la convenuta ... di ... e ... coop.va p.a. deducendo la sostanziale fondatezza degli elementi di fatto lamentati dall'attrice rilevando, peraltro, come i prelievi ed i pagamenti fossero stati effettuati regolarmente mediante utilizzo del PIN connesso alla carta ... evidentemente venuto in possesso dell'autore del prelievo in uno alla carta.
Veniva svolta attività istruttoria mediante espletamento di prova testimoniale e, sulle conclusioni come rispettivamente rassegnate, la causa veniva assegnata in decisione all'udienza del 6 dicembre 2024.
Motivi della decisione
La domanda come proposta ex parte attrice risulta fondata e, pertanto, deve essere accolta.
In via preliminare deve rilevarsi come la legittimazione delle parti (recte: titolarità in ordina al rapporto controverso) non risulta contestata ed emerga dagli atti di causa.
Nel merito - incontestata la circostanza del furto della carta di debito e la sussistenza di poste debitorie maturate in funzione di prelievi e pagamenti a mezzo POS - il thema decidendum risulta afferire alla possibilità, da parte del titolare della carta di debito fraudolentemente sottratta di ripetere le somme nei confronti dell'... di ... In tal senso, quindi, rileva la condotta delle parti alla luce delle previsioni di cui al D.lgs. 11/2010 - come modificato dal D. lgs. del 15.12.2017 (Rubricato: ... della direttiva 2007/64/CE, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE, 2006/48/CE, e che abroga la direttiva 97/5/CE. (10G0027).
In punto di fatto, dagli elementi acquisiti al giudizio emerge che l'attrice, in data 17.11.2023 e mentre si trovava sul luogo di lavoro, in orario mattutino ebbe a subire il furto del portafogli dalla propria borsa con all'interno la carta di pagamento. È da ritenere provato, quindi, come solo alla verifica del furto, e successivamente alle ore 14.00, la stessa attrice provvedesse al blocco della carta (nell'impossibilità, peraltro, di contattare la propria agenzia).
Ancora, è rimasto provato come, nell'arco temporale tra il furto ed il blocco della carta di debito, sono state attuate 17 operazioni (la prima alle ore 10.50 e l'ultima alle ore 14,29) con l'utilizzo della carta oggetto di furto infine bloccata.
A norma dell'art. 7 D.lgs. 11/2010 “1. L'utente abilitato all'utilizzo di uno strumento di pagamento ha l'obbligo di: a) utilizzare lo strumento di pagamento in conformità con i termini, esplicitati nel contratto quadro, che ne regolano l'emissione e l'uso e che devono essere obiettivi, non discriminatori e proporzionati; b) comunicare senza indugio, secondo le modalità previste nel contratto quadro, al prestatore di servizi di pagamento o al soggetto da questo indicato lo smarrimento, il furto, l'appropriazione indebita o l'uso non autorizzato dello strumento non appena ne viene a conoscenza. 2. Ai fini di cui al comma 1, lettera a), l'utente, non appena riceve uno strumento di pagamento, adotta tutte le ragionevoli misure idonee a proteggere le credenziali di sicurezza personalizzate.”.
Ai sensi dell'art. 10 D.lgs. cit., “1. Qualora l'utente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un'operazione di pagamento già eseguita o sostenga che questa non sia stata correttamente eseguita, è onere del prestatore di servizi di pagamento provare che l'operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti. 1-bis. Se l'operazione di pagamento è disposta mediante un prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, questi ha l'onere di provare che, nell'ambito delle proprie competenze, l'operazione di pagamento è stata autenticata, correttamente registrata e non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti connessi al servizio di disposizione di ordine di pagamento prestato. 2. Quando l'utente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un'operazione di pagamento eseguita, l'utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, non è di per se' necessariamente sufficiente a dimostrare che l'operazione sia stata autorizzata dall'utente medesimo, ne' che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o più degli obblighi di cui all'articolo 7. È onere del prestatore di servizi di pagamento, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, fornire la prova della frode, del dolo o della colpa grave dell'utente.”.
Recita, altresì, l'art. 12 D.lgs. cit.: “1. ... il caso in cui abbia agito in modo fraudolento, l'utente non sopporta alcuna perdita derivante dall'utilizzo di uno strumento di pagamento smarrito, sottratto o utilizzato indebitamente intervenuto dopo la comunicazione eseguita ai sensi dell'articolo 7, comma 1, lettera b). 2. ... il caso in cui abbia agito in modo fraudolento, l'utente non è responsabile delle perdite derivanti dall'utilizzo dello strumento di pagamento smarrito, sottratto o utilizzato indebitamente quando il prestatore di servizi di pagamento non ha adempiuto all'obbligo di cui all'articolo 8, comma 1, lettera c). 2-bis. ... il caso in cui abbia agito in modo fraudolento, il pagatore non sopporta alcuna perdita se il prestatore di servizi di pagamento non esige un'autenticazione forte del cliente. Il beneficiario o il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario rimborsano il danno finanziario causato al prestatore di servizi di pagamento del pagatore se non accettano l'autenticazione forte del cliente. 2-ter. Il pagatore non sopporta alcuna perdita se lo smarrimento, la sottrazione o l'appropriazione indebita dello strumento di pagamento non potevano essere notati dallo stesso prima di un pagamento, salvo il caso in cui abbia agito in modo fraudolento, o se la perdita e' stata causata da atti o omissioni di dipendenti, agenti o succursali del prestatore di servizi di pagamento o dell'ente cui sono state esternalizzate le attività. 3. Negli altri casi, salvo se abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto a uno o più degli obblighi di cui all'articolo 7, con dolo o colpa grave, il pagatore può sopportare, per un importo comunque non superiore a euro 50, la perdita relativa a operazioni di pagamento non autorizzate derivanti dall'utilizzo indebito dello strumento di pagamento conseguente al suo furto, smarrimento o appropriazione indebita. 4. Qualora abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto ad uno o più obblighi di cui all'articolo 7, con dolo o colpa grave, l'utente sopporta tutte le perdite derivanti da operazioni di pagamento non autorizzate e non si applica il limite di 50 euro di cui al comma 3.”.
Alla stregua delle richiamate previsioni normative si evince che è, innanzi tutto, onere dell'intermediario provare che l'operazione sia stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata ex art. 10, D.lgs. n. 11/2010. In mancanza di tale prova, l'intermediario sopporta, sempre, integralmente le conseguenze delle operazioni disconosciute. Qualora venga fornita la suddetta prova, occorre valutare se all'utilizzatore sia imputabile una condotta connotata da dolo o colpa grave in violazione agli obblighi sui di esso gravanti in forza dell'art. 7, essendo, altrimenti, il rischio di operazioni fraudolente a carico dell'intermediario ai sensi dell'art. 12 d.lgs. n. 11/2010. La prova dei fatti a carico dell'utilizzatore dello strumento di pagamento è posta sull'intermediario dall'art. 10 d.lgs. n. 11/2010. Orbene, nel caso di specie, la ... convenuta ha prodotto l'elenco dei movimenti, affermando che le operazioni contestate sono state realizzate tramite lettura del microchip e inserimento del ..., con assenza di tentativi a vuoto. A dimostrazione di tale assunto, la banca ha prodotto i tabulati delle singole transazioni (... attestanti la lettura del chip e l'inserimento del ... nonché il buon fine dell'operazione senza anomalie. D'altro canto, le risultanze dei predetti tabulati, così come la circostanza, in sé, del compimento delle operazioni mediante lettura del chip ed inserimento del ... non hanno formato oggetto di contestazione parte dell'odierno appellante.
Ad ogni modo, pur ritenendo assolto, da parte della banca, l'onere probatorio circa l'autenticazione dell'operazione, occorre verificare l'assolvimento, da parte dell'intermediario, dell'ulteriore onere di dimostrare che l'utilizzatore abbia violato i doveri di cui all'art. 7 D.lgs.11/2010 con dolo o colpa grave.
Al riguardo, giova rammentare l'orientamento fatto proprio dalla giurisprudenza di legittimità già in epoca anteriore all'entrata in vigore del D.lgs. n. 11/2010 che ha recepito la normativa comunitaria. Si è, infatti, affermato che: “in tema di responsabilità della banca in caso di operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, anche al fine di garantire la fiducia degli utenti nella sicurezza del sistema (il che rappresenta interesse degli stessi operatori), è del tutto ragionevole ricondurre nell'area del rischio professionale del prestatore dei servizi di pagamento, prevedibile ed evitabile con appropriate misure destinate a verificare la riconducibilità delle operazioni alla volontà del cliente, la possibilità di una utilizzazione dei codici di accesso al sistema da parte dei terzi, non attribuibile al dolo del titolare o a comportamenti talmente incauti da non poter essere fronteggiati in anticipo. Ne consegue che, anche prima dell'entrata in vigore del D.lgs. n. 11 del 2010, attuativo della direttiva n. 2007/64/CE relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, la banca, cui è richiesta una diligenza di natura tecnica, da valutarsi con il parametro dell'accorto banchiere, è tenuta a fornire la prova della riconducibilità dell'operazione al cliente" (cfr. Cass. 2950/2017).
La banca deve pertanto fornire la prova della riconducibilità dell'operazione al cliente.
Questa regola, dettata per i casi anteriori, è stata confermata dal D.lgs. n. 11 del 2010, secondo cui l'onere di dimostrare che l'operazione, posta in essere illecitamente dal terzo, è stata comunque effettuata correttamente e che non v'è stata anomalia che abbia consentito la fraudolenta operazione, grava, per l'appunto sulla banca (L. n. 11 del 2010, art. 10, comma 1).
Infine, postulando pur sempre la natura contrattuale del rapporto tra banca e correntista e dunque un certo rilievo dell'art. 1176 c.c. in tema di diligenza delle parti del rapporto di conto, si è osservato che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell'utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell'utente, configurabile nel caso di protratta mancata attivazione di una qualsiasi forma di controllo degli estratti conto (Cass. 18045/ 2019). In sostanza, da un lato, grava sulla banca l'onere di diligenza di impedire prelievi abusivi, per altro verso grava sempre sulla banca l'onere di dimostrare che il prelievo non è opera di terzi, ma è riconducibile comunque alla volontà del cliente. Infine, quest'ultimo subisce le conseguenze della perdita se, per colpa grave, ha dato adito o ha aggravato il prelievo illegittimo (Cass., 9721/2020).
Nel caso in esame, manca la prova diretta del dolo o della colpa grave dell'utilizzatore nella custodia dello strumento di pagamento. È tuttavia orientamento pacifico che l'onere della prova che incombe sull'intermediario possa essere assolto anche attraverso presunzione, ossia attraverso l'operazione logica che consente di risalire da un fatto noto ad uno ignoto. La stessa giurisprudenza di legittimità, sul punto, ritiene ammissibile la prova indiziaria della sussistenza della colpa grave (Cass. civ., Sez. II, 18 gennaio 2010, n. 654). Si deve allora ricorrere ai fatti noti, ovvero ai c.d. indizi, che, per assurgere al rango di prova presuntiva, debbono però essere gravi, precisi e concordanti, come previsto dall'art. 2729 c.c. L'... ha, in proposito, efficacemente osservato che: “La prova della colpa grave indica, più specificamente, la prova dei fatti che, in connessione tra loro, possono ragionevolmente condurre a ritenere gravemente negligente la condotta del cliente.
Questa prova può ovviamente essere fornita pure per mezzo di presunzioni, purché queste, com'è noto, siano gravi, precise e concordanti secondo quanto dispone l'art. 2729 c.c. (cfr. dec. n. 1033/2012). Si tratta, in altri termini, di valorizzare le singole e specifiche circostanze relative alle fattispecie di volta in volta sottoposte all'esame dell'... in ordine alle quali è necessario verificare se - alla luce degli elementi costituitivi della fattispecie, stretti in intima connessione tra loro - sia possibile desumere in capo all'utilizzatore un comportamento gravemente colposo. L'unica presunzione che appare vietata dalla richiamata disposizione è quella relativa dell'affermazione della colpa grave esclusivamente collegata all'utilizzo della carta; da ciò ne discende, a contrario, che sia invece ammissibile tale presunzione, là dove sussista una serie di elementi di fatto particolarmente univoca e convergente, al punto che possa ragionevolmente ritenersi che l'utilizzo fraudolento sia effettivamente riconducibile sul piano causale alla condotta dell'utilizzatore. Orbene, in fattispecie come quelle sottoposte all'... si tratta di verificare se la sequenza temporale tra furto e utilizzi fraudolenti posti in stretta successione tra loro sia idonea a fondare la presunzione della sussistenza della colpa grave in capo all'utilizzatore: nella ricostruzione di tale iter, i fatti noti consistono nel furto della carta e nel suo utilizzo immediato e fraudolento; sulla base di tali premesse in fatto deve risalirsi al fatto ignoto consistente nella conservazione del PIN unitamente alla carta e alla relativa facile associazione. È tale comportamento, infatti, che si pone in contrasto con obblighi specifici derivanti dalla legge e dal contratto con il prestatore e che integra ex se la colpa grave dell'utilizzatore” (ABF - Collegio di ... Decisione 13464 del 27 maggio 2021).
Ebbene, nel caso di specie, ritiene il Tribunale che gli elementi complessivamente acquisiti al giudizio non consentano di ritenere sussistente, neppure in via presuntiva, la colpa grave dell'utilizzatore, segnatamente per aver custodito il PIN insieme alla carta di pagamento rubata e per aver tardato nel richiedere il blocco della carta.
Invero, l'attrice ha dedotto di aver subito il furto della carta nella mattinata del 17.11.2023, avvedendosene intorno alle ore 14.00 (ancorché ratificando denuncia all'autorità giudiziaria solo il giorno dopo) e provvedendo, quindi, a bloccare la carta subito dopo la verifica del furto. Deve ritenersi che il lasso di tempo intercorso tra il momento in cui la sig.ra ... ha dedotto di essersi avveduta del furto - ossia dopo le ore 14.00 - e quello in cui ha provveduto a richiedere il blocco della carta - ossia alle ore 14.30 circa - non sia indice di un atteggiamento gravemente negligente in capo all'utilizzatore. Quanto alla disponibilità del ... è stato affermato che nel caso di uso illegittimo di tessera bancomat (rubata e poi utilizzata per eseguire prelievi illeciti), la banca che eccepisca la colpa concorrente del titolare per difettosa custodia del codice personale deve dimostrare tale negligenza, che non può ritenersi in re ipsa per il solo fatto che la tessera bancomat, dopo il furto, sia stata utilizzata con il PIN (cfr. Trib. Velletri, sez. II, 09/06/2022, n.1202).
Nel caso di specie, il furto è avvenuto dopo le ore 8,00 del 17.11.2023 mentre la prima operazione contestata è avvenuta alle ore 10,50 del medesimo giorno. Non può, dunque, condividersi l'assunto della banca secondo cui, in considerazione del brevissimo lasso di tempo intercorso con l'operazione disconosciuta, era praticamente impossibile l'estrazione illecita del PIN da parte dei malfattori. In definitiva, dagli elementi acquisiti al giudizio emerge che la prima operazione contestata è avvenuta alle ore 10,50 e, dunque a distanza di diverse ore dal furto (che, si ribadisce, potrebbe essere fatto risalire anche alle ore 8,00).
Non risulta, fondata, quindi, la presunzione di custodia del PIN unitamente alla carta e, quindi, di colpa grave in capo all'utilizzatore.
A tale stregua, non ricorre la prova in concreto della colpa grave in capo all'utilizzatore, tale da escludere la responsabilità della banca per le operazioni disconosciute per cui deve essere riconosciuto il diritto, da parte dell'attrice, al rimborso degli importi di cui alle operazioni disconosciute per complessivi € 3.294,78.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
il Giudice di ... di ... definitivamente pronunciando sulla domanda così provvede:
1) accoglie la domanda come proposta ex parte attrice e, per l'effetto, condanna la convenuta ... di ... e ... coop.va p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della sig.ra ... della somma di € 3.294,78, oltre interessi dal deposito della sentenza;
2) condanna la stessa ... convenuta al pagamento, in favore dell'attrice, delle competenze di giudizio liquidate, in carenza di notula giudiziale, in complessivi € 1.200,00 di cui € 130,00 per spese, oltre accessori come per legge con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.