
Secondo la Cassazione «per valutare la natura di ordinaria o straordinaria amministrazione degli atti compiuti dall'imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l.fall. è necessario che siano state fornite informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che il debitore intende presentare, sicché, in difetto di tali elementi – circostanza pacifica nel caso in esame – l'atto che si riveli astrattamente idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell'impresa va considerato di straordinaria amministrazione».
Il Tribunale dichiarava il fallimento di una s.p.a. che aveva presentato domanda di concordato preventivo “con riserva” la quale era stata rigettata in quanto inammissibile.
Una società insinuava al passivo fallimentare il credito di oltre 90mila in prededuzione, a titolo di saldo dei corrispettivi maturati per i servizi...
Svolgimento del processo
1. Dagli atti di causa risulta che in data 15.4.2014 la (omissis) s.p.a. (di seguito C.) ha presentato domanda di concordato preventivo “con riserva”, ex art. 161, comma 6, l.fall., la quale, in assenza di deposito del piano, è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di Napoli in data 5.12.2014, con contestale dichiarazione di fallimento.
1.1. – La società di diritto rumeno (omissis) s.r.l. (di seguito N.) ha insinuato al passivo fallimentare il credito di € 92.015,00 in prededuzione, a titolo di saldo dei corrispettivi maturati per i servizi di marketing svolti da aprile a dicembre 2014 a fini di promozione e pubblicità dei prodotti di C. sul mercato rumeno, ma il credito è stato ammesso dl g.d. al chirografo.
1.1. Con opposizione allo stato passivo fallimentare ex art. 98 l.fall. N. ha insistito per il riconoscimento della prededuzione e il Tribunale di Napoli, con il decreto indicato in epigrafe, l’ha riconosciuta, sostanzialmente sulla scorta di due rationes decidendi: I) la prededuzione va riconosciuta ai sensi dell’art. 161, comma 7, l.fall. perché il credito trae titolo da un atto di ordinaria amministrazione, inerente alla gestione dell’azienda e legalmente compiuto dall’imprenditore nella fase di “preconcordato”, sicché opera ex lege, a prescindere dall’apertura del concordato, non applicandosi né la norma di interpretazione autentica di cui all’art. 11, comma 3-quater, d.l. n. 145 del 2013, né i parametri atipici della prededuzione (occasionalità/funzionalità); II.) alla medesima conclusione si giungerebbe anche applicando i parametri di cui all’art. 111, comma 2, l.fall., non potendo porsi in dubbio l’occasionalità e la funzionalità del credito de quo, perché rispondente agli interessi della massa, avendo consentito di «mantenere l’attività produttiva attiva, al fine di poter realizzare la prosecuzione dell’attività stessa, e, in ogni caso, tale mantenimento ha sicuramente preservato l’attitudine produttiva dell’impresa poi fallita e, dunque, il valore della stessa ai fini della liquidazione concorsuale».
2. Avverso detta decisione il Fallimento C. ha interposto quattro motivi di ricorso per cassazione, cui N. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 111, comma 2, l.fall., per non aver considerato il tribunale che anche per i crediti scaturenti dagli atti di ordinaria amministrazione compiuti nel periodo di preconcordato (tra il deposito della domanda e l’apertura della procedura) la prededucibilità ricorre solo se sussista il nesso di occasionalità o funzionalità con le esigenze della massa, con ciò escludendosi ogni forma di automatismo.
2.2. Il secondo mezzo lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 161, comma 7, l.fall., sull’ulteriore rilievo che, se i crediti sorti dagli atti di gestione contemplati da detta norma «fossero sic et simpliciter automaticamente prededucibili», non vi sarebbe stata ragione di esentarli dalla revocabilità ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. e) l.fall.
2.3. Il terzo motivo, che a differenza dei precedenti riguarda la seconda ratio decidendi, adduce per un verso l’apparenza e apoditticità della motivazione in punto di funzionalità della prestazione da cui origina il credito, per altro verso il vizio di omesso esame circa un fatto decisivo, per non avere il tribunale in alcun modo accertato «un vantaggio a beneficio della massa dei creditori», sebbene le parti avessero svolto precise allegazioni in punto di fatto: l’opponente in termini di notevole incremento del fatturato sul mercato rumeno nell’anno 2014; l’opposto in termini di assenza di «alcun collegamento tra il detto (presunto) incremento dei ricavi ed un piano concordatario» - mai depositato - «che potesse dare contezza della relativa utilità del fatto genetico del credito per la massa dei creditori».
2.4. Il quarto mezzo denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111, comma 2, e 161, comma 7 l.fall., nonché dell’art. 11, comma 1, prel., avuto riguardo anche alla norma di interpretazione autentica dell’art. 111, comma 2, l.fall. di cui all’art. 11, comma 3-quater, d.l. 145/2013, convertito dalla l. 9/2014 e poi abrogata dall’art. 22, comma 7, d.l. 91/2014 (convertito dalla l. n. 116/2014), in base alla quale il beneficio della prededuzione si applica a condizione che sia aperta la procedura di concordato, circostanza non verificatasi nel caso in esame.
3. I primi tre motivi, esaminabili congiuntamente, meritano accoglimento nei termini che si vanno ad illustrare.
4. A supporto della prima ratio decidendi fondata sull’art. 161, comma 7, l.fall. – da ritenersi principale per essere stata la seconda, sulla funzionalità e occasionalità ex art. 111 comma 2 l.fall., espressamente formulata in chiave subordinata e ipotetica – il tribunale assume che, «oltre al dato temporale (atti successivi al deposito della domanda di concordato) e soggettivo (atti compiuti dl debitore)», ricorrerebbe «anche l’ultimo requisito richiesto dall’art. 161, comma 7, ai fini del riconoscimento della prededucibilità, ovverosia la natura “ordinaria” dell’atto che ha originato il diritto di credito e che rientra, in quanto tale, tra gli atti “legalmente compiuti” non necessitanti di alcuna preliminare autorizzazione del tribunale».
4.1. - L’assunto è però erroneo, nella misura in cui riconduce i servizi di marketing forniti dalla creditrice opponente alla categoria dell’atto di ordinaria (e non straordinaria) amministrazione, per il solo fatto di essere «strettamente relativi alla prosecuzione dei rapporti negoziali pendenti o, comunque, al perseguimento delle finalità aziendali».
Invero, secondo l’indirizzo di questa Corte di recente consolidatosi (Cass. 14713/2019; conf. Cass. Sez. U, 42093/2021, p.to 17; cfr. Cass. 16531/2022), per valutare la natura di ordinaria o straordinaria amministrazione degli atti compiuti dall'imprenditore dopo la presentazione di una domanda di concordato preventivo con riserva, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l.fall. è necessario che siano state fornite informazioni sul tipo di proposta o sul contenuto del piano che il debitore intende presentare, sicché, in difetto di tali elementi – circostanza pacifica nel caso in esame – l'atto che si riveli astrattamente idoneo a incidere negativamente sul patrimonio dell'impresa va considerato di straordinaria amministrazione.
E ciò in quanto la prededuzione ex art. 161, comma 7 l.fall. è un effetto automatico solo ove i crediti derivino da "atti legalmente compiuti" dall'imprenditore che abbia chiesto di essere ammesso al concordato, espressione evidentemente impiegata dal legislatore in senso rafforzativo della piena rispondenza dell'atto ad una finalità gestoria che sia coerente, in concreto, con la situazione patrimoniale del debitore.
Questo comporta che, in ambito concorsuale, l'eccedenza dalla ordinaria amministrazione viene a dipendere dall’oggettiva idoneità dell'atto a incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o comunque compromettendone la capacità di soddisfare le ragioni dei creditori, alla cui tutela è indiscutibilmente finalizzata la preventiva autorizzazione giudiziale.
4.2. Al riguardo si è precisato che il tradizionale insegnamento secondo cui costituiscono atti di ordinaria amministrazione sia gli atti di comune gestione dell'impresa strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del suo patrimonio, sia quelli che – sebbene comportanti una spesa – lo migliorino o anche solo lo conservino, mentre sono di straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurlo o di gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità reali e prevalenti (cfr. Cass. 1433/1974, 1357/1999, 20291/2005, 578/2007),
dev’essere adattato e modulato sulla specificità del concordato con riserva, rispetto al quale la mancanza della proposta e del piano rende più difficile calibrare i concetti di ordinarietà o di straordinarietà degli atti.
Difatti, anche dopo la presentazione di una domanda di concordato con riserva, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o di straordinaria amministrazione dell'atto dev’essere compiuta con riguardo all'interesse della massa dei creditori, e non dell'imprenditore, essendo possibile che atti astrattamente qualificabili dì ordinaria amministrazione se compiuti nel normale esercizio dell'impresa possano, invece, assumere un diverso connotato se compiuti nel contesto procedimentale attivato dalla domanda, laddove finiscano con l'investire gli interessi del ceto creditorio mediante l'assunzione di ulteriori debiti o la sottrazione di beni alla disponibilità della massa (Cass. 14713/2019).
4.3. La conseguenza è che un concordato preventivo meramente "in bianco" non può costituire un contesto giuridico idoneo a valutare la prededucibilità del credito derivante da atti di amministrazione ordinaria "legalmente compiuti", secondo la specifica previsione dell'art. 161, comma 7 l.fall., essendo a tal fine imprescindibile una sia pur minima informazione sul tipo di proposta e sul contenuto del piano che si è fatta riserva di depositare, sì da individuare l’appropriato parametro di riferimento per discernere la natura di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto in rilievo.
Di qui la conclusione che, ove la domanda di concordato “con riserva” non sia accompagnata da alcuna segnalazione contenutistica sul progetto di soluzione concordataria – come pacificamente nel caso in esame – l'atto oggettivamente incidente sul patrimonio non può che considerarsi, ai fini dell'insorgenza di un conseguente credito prededucibile, come eccedente l'ordinaria amministrazione.
4.4. Se così è, viene meno il principale presupposto della decisione del tribunale di attribuire natura prededucibile al credito insinuato al passivo fallimentare, risultando pacifica l’assenza di qualsivoglia provvedimento autorizzativo in ordine all’atto che ne costituisce il titolo.
4.5. Può essere utile registrare la correttezza della tesi ermeneutica messa a punto da questa Corte analizzando la scelta del legislatore di trasfonderne in modo più chiaro la ratio nel corrispondente art. 46 del Codice della crisi e dell’insolvenza, come aggiornato dal d.lgs. n. 83/2022 (cd. secondo correttivo).
Difatti, dal primo comma dell’art. 46 CCII («Dopo il deposito della domanda di accesso al concordato preventivo e fino al decreto il debitore può compiere gli atti urgenti di straordinaria amministrazione previa autorizzazione del tribunale. In difetto di autorizzazione gli atti sono inefficaci») è stata espunto il periodo che prevedeva «Nello stesso periodo e a decorrere dallo stesso termine il debitore può altresì compiere gli atti di amministrazione», e con esso, significativamente, ogni riferimento nella norma, agli atti di ordinaria amministrazione.
Il secondo comma («La domanda di autorizzazione contiene idonee informazioni sul contenuto del piano. Il tribunale può assumere ulteriori informazioni, anche da terzi, acquisisce il parere del commissario giudiziale, se nominato») ha invece esplicitato quella necessità di pur minima “discovery” che presiede alla concreta tutela degli interessi della massa dei creditori.
Infine, nel quarto comma è stato ribadito che «I crediti di terzi sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore sono prededucibili», in guisa tale che la prededuzione resta così collegata – nel suo riferimento agli “atti legalmente compiuti” – solo a quegli atti di straordinaria amministrazione, per giunta solo se “urgenti”, per i quali il primo comma prevede il compimento solo previa autorizzazione giudiziale.
Il che riconduce a sistema la possibilità di valorizzare, con il riconoscimento della prededuzione, non già ogni credito sorto dagli atti di ordinaria amministrazione compiuti nel lasso di tempo che segue la richiesta di un termine per il deposito della domanda di concordato ex art. 161 comma 6 l.fall. – la cui menzione nel successivo comma 7 appare, quindi, diretta solo a consentirne il compimento senza necessità dell’autorizzazione del tribunale – bensì esclusivamente quelli sorti da atti di straordinaria amministrazione che siano urgenti, e che, grazie alla previa autorizzazione del tribunale, risultino “legalmente compiuti”.
5. Caduta a monte la prima ratio decidendi sulla prededuzione di fonte legale o ex lege (con assorbimento dei rilievi svolti con il secondo mezzo), anche la seconda ratio risulta efficacemente aggredita con il terzo motivo, per vizio di motivazione, poiché la funzionalità del credito azionato in sede fallimentare viene affermata in modo tautologico sul rilievo che «il pagamento di quel credito, ancorché concorsuale, rientra tra gli interessi della massa», semplicemente in ragione della prosecuzione dell’attività e della asserita preservazione del valore dell’impresa, prescindendo però da qualsivoglia riferimento alle contrapposte allegazioni in fatto delle parti – pur evocate sia nel ricorso (pag. 16 s.) che nel controricorso (pag. 21 s.) – e dunque dal concreto accertamento dei «benefici arrecati in termini di accrescimento dell’attivo o di salvaguardia della sua integrità» (così Cass. 25589/2015, ripresa da Cass. Sez. U, 42093/2021).
5.1. Così congegnata, la motivazione contrasta con il solido approdo nomofilattico per cui il credito può beneficiare della prededuzione cd. “funzionale” prevista dall’art. 111, comma 2, l.fall. esclusivamente nel caso in cui le relative prestazioni siano teleologicamente coerenti con l’interesse della massa dei creditori alla pronta instaurazione del regime concorsuale appropriato alla reale consistenza dell’impresa e alle effettive possibilità di gestione della crisi o dell’insolvenza, e quindi risultino – sia pure in forza di un giudizio ex ante (che prescinde cioè dal risultato effettivamente conseguito) – direttamente funzionali alla presentazione della domanda di concordato o alla conservazione dell’integrità del valore del patrimonio aziendale e dell’impresa, in modo da consentire, attraverso un’anticipazione pratica degli effetti giuridici della procedura fallimentare successivamente aperta, una più rapida e proficua liquidazione (da ultimo, Cass. 17248/2024); il tutto sulla base non già di affermazioni astratte, bensì di una specifica indagine di fatto (ex multis Cass. 24791/2016).
5.2. Resta comunque fermo che, come di recente chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte, la prededucibilità va esclusa in difetto di apertura della procedura concordataria ai sensi dell’art. 163 l.fall., non sussistendo il presupposto della cd. “consecutio” tra procedure laddove, nonostante l’identità dell’elemento oggettivo dello stato di crisi o insolvenza, vi sia una discontinuità organizzativa, riscontrabile appunto quando – come nel caso in esame – la domanda di concordato con riserva ex art. 161, comma 6, l.fall. non abbia sortito il deposito della proposta e del piano (Cass. Sez. U, 42093/2021).
Aspetto questo, della mancata apertura della procedura di concordato preventivo, che è stato evocato, anche se impropriamente, con il quarto motivo.
6. Il quarto motivo presenta profili di inammissibilità e di infondatezza.
6.1. Da un lato esso è fuori ratio, poiché il tribunale ha fatto riferimento all’art. 11, comma 3-quater del d.l. n. 145 del 2013 solo nell’ambito della prima ratio decidendi, in tema di prededuzione ex lege, ma per escluderne l’applicabilità, e non anche nell’ambito della seconda ratio decidendi, incentrata sulla cd. prededuzione funzionale.
6.2. Dall’altro esso è infondato, poiché, in tema di crediti prededucibili di cui all'art. 111, comma 2, l.fall., l'abrogazione della norma di interpretazione autentica introdotta dall'art. 11, comma 3 quater, d.l. n. 145 del 2013, conv. in l. n. 9 del 2014 per effetto dell'art. 22, comma 7, d.l. n. 91 del 2014, conv. in l. n. 116 del 2014, al pari della norma interpretativa, retroagisce al tempo della norma anteriore interpretata, dovendosi così escludere che la disposizione abrogata abbia avuto efficacia nel tempo della sua vigenza (Cass. 4859/2019).
7. Segue la cassazione del decreto impugnato per le ragioni sopra indicate, con rinvio al tribunale che, in diversa composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie i primi tre motivi del ricorso nei termini di cui in motivazione, dichiara inammissibile il quarto, cassa il decreto nei termini di cui in motivazione e rinvia al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.