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7 febbraio 2025
Violenza di genere: l’imputato che accoglie in casa la vittima infrange la legge
L'indagato per violenza di genere deve sempre rispettare il divieto di avvicinamento, anche se la vittima si reca volontariamente da lui. Il principio di tutela prioritaria della persona offesa impone all'indagato l'obbligo di evitare qualsiasi contatto, pena la violazione della misura cautelare.
di La Redazione
La controversia riguarda l'annullamento, da parte del Tribunale di Firenze in sede di riesame, di un'ordinanza di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di un indagato accusato del reato di cui all'art. 387-bis c.p. (violazione dei provvedimenti di allontanamento).
Il Giudice di prime cure riteneva che non sussisteva gravi indizi di colpevolezza, poiché la persona protetta dalla misura cautelare si era volontariamente recata presso l'abitazione dell'indagato
Secondo i Giudici, in tale situazione non si poteva esigere da quest'ultimo né un allontanamento dalla propria abitazione né l'obbligo di avvisare la polizia. 
Il PM ha impugnato la decisione, sostenendo che l'indagato avesse comunque violato le prescrizioni imposte dalla misura cautelare, permettendo alla persona offesa si trattenersi nella sua abitazione senza adottare comportamenti doverosi, come il richiedere l'intervento delle autorità.
 
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso del PM, sottolineando che nei reati di violenza di genere e domestica, il bilanciamento tra la libertà dell'indagato e la tutela della vittima deve sempre privilegiare la sicurezza di quest'ultima.
La Corte evidenzia che le misure cautelari ex artt. 282-bis e 282-ter c.p.p. impongono un divieto assoluto di contatto tra l'indagato e la persona offesa, anche nel caso in cui non sia lui a ricercare l'incontro. 
Il Tribunale ha ritenuto erroneamente che la volontarietà della vittima nel recarsi presso l'abitazione dell'indagato potesse scriminare la sua condotta, quando invece quest'ultimo aveva l'obbligo di impedire il contatto, anche adottando misure minime come allontanarla o avvisare le autorità. 
Inoltre, la Suprema Corte sottolinea la condizione di vulnerabilità della vittima, elemento che rafforza la necessità di garantire la sua sicurezza anche contro la sua stessa volontà. 
Pertanto, per la Corte l'indagato, instaurando un contatto con la vittima, prolungandolo per un periodo significativo, ha violato dolosamente le prescrizioni cautelari
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