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10 febbraio 2025
Quando è applicabile la disciplina delle società di comodo?

La disciplina della società non operative si articola su due livelli. In primis, è necessario che la società non superi il cd. test di operatività fissato dall'art. 30 L. n. 724/1994, il quale costituisce presunzione legale; il secondo livello prevede, invece, la presunzione di un reddito minimo, che viene determinato in rapporto al valore dei beni della società, ai quali sono applicati altri coefficienti.

di La Redazione

A seguito di richiesta di chiarimenti in merito al mancato adeguamento della società al reddito minimo previsto per le società “di comodo”, l'Agenzia delle Entrate provvedeva a rettificare in aumento il reddito dichiarato per l'anno di imposta 2012.

La controversia giunge in Cassazione, dove i soci e la società presentavano due distinti ricorsi, poi riuniti, in cui che i giudici di merito avrebbero erroneamente ritenuto applicabile la disciplina delle società non operative al caso di specie.
Affermano in particolare che «la necessità, per la società che superi il cd. "test di operatività" ex art. 30, comma 1, L. 724/1994, di dimostrare la "presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi”, come previsto dall'art. 30, comma 4bis, della L. 724/1994, assumerebbe rilevanza solo nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione in sede di interpello, mentre, in sede di contenzioso, il contribuente potrebbe avanzare ogni argomentazione ritenuta utile per dimostrare lo svolgimento di un'effettiva attività economica della società».

In via preliminare, la Cassazione fa una sintetica ricognizione del quadro normativo applicabile, da cui è possibile desumere che la disciplina opera su due diversi livelli. Ad un primo livello, fornisce la definizione di non operatività degli enti (c.d. test di operatività), attraverso un confronto tra i proventi derivanti dall'attività d'impresa, emergenti dalla contabilità, e quelli individuati applicando specifici coefficienti al valore dei beni immobili, delle partecipazioni e delle altre immobilizzazioni della società; ad un secondo livello, per i soggetti che non hanno superato il test, fa scattare la presunzione di un reddito minimo, che viene determinato in rapporto al valore dei beni della società, ai quali sono applicati altri coefficienti.

Spetta al contribuente provare l'impossibilità, per situazioni oggettive, di conseguire il reddito presunto secondo il meccanismo di determinazione di cui all'art. 30 cit.. In tema di prova contraria, la Cassazione ha ribadito che «ogni situazione in grado di giustificare la divergenza tra il quantum dichiarato dal contribuente ed il quantum determinato applicando i parametri di legge deve essere presa in considerazione al fine di verificare il superamento delle presunzioni di legge. La caratteristica di «oggettività» delle situazioni che il contribuente può far valere, nella ratio del comma 4-bis dell'art. 30, non ha, infatti, la funzione di distinguere tra cause esterne, che si impongono al soggetto, e cause che derivano (anche solo in parte) da libere determinazioni di quest'ultimo, ma quella di richiedere che quest'ultimo sia in grado di dimostrare oggettivamente la non fittizietà di quanto dichiarato».

Passando al caso in esame, si evince che la CTR si è conformata ai predicati principi, laddove ha ritenuto non rilevante, ai fini della prova contraria, la risoluzione del contratto di locazione di un complesso immobiliare locato dalla società ricorrente ad una s.r.l., che aveva determinato una contrazione dei ricavi della prima. Per questi motivi, la Cassazione rigetta il ricorso con ordinanza n. 3090 del 7 febbraio 2025.

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