
|
«Siamo molto soddisfatti – dichiara il presidente Gabriele Gravina – perché è stata riconosciuta la correttezza dell'agire della FIGC, che si è sempre ispirata al rispetto della tutela della salute dei bambini, della legge e dei regolamenti del CONI. Davanti al giudice terzo, abbiamo dimostrato nel merito come l'istruttoria dell'Antitrust sia stata influenzata da dichiarazioni fuorvianti e si sia basata su un ragionamento giuridico errato». |
TAR Lazio, sez. I, sentenza (ud. 5 febbraio 2025) 17 febbraio 2025, n. 3409
Svolgimento del processo
La Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) ha impugnato e chiesto l’annullamento della delibera, prot. 0065275 del 18.6.2024 dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, e ciò nell’ambito del procedimento n. A562-FIGC, con cui è stata irrogata alla ricorrente, per violazione dell’art. 102 TFUE, la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 4.203.447,54.
In sintesi è accaduto: che con comunicazione inviata in data 6.4.2023, più volte integrata, il denunciante CNS Libertas – un ente di promozione sportiva (cc.dd. “EPS”) formalmente costituitosi nel 1945 e riconosciuto dal CONI con delibera del 24 giugno 1976 come ente nazionale con carattere assistenziale, che riunisce oltre 9.000 associazioni sportive dilettantistiche (cc.dd. “ASD”), di cui circa 5.400 operanti nel settore sportivo e 800 in quello calcistico – ha segnalato presunte condotte distorsive della concorrenza che sarebbero state poste in essere da FIGC, consistenti nell’ostacolare o impedire alle società ad esso affiliate “la partecipazione a competizioni calcistiche giovanili a carattere ludico-amatoriale (ovvero non agonistiche) organizzate dagli EPS”.
In particolare, FIGC, operatore in posizione dominante nell’organizzazione di competizioni calcistiche a carattere agonistico in virtù dei poteri speciali ed esclusivi di regolamentazione e coordinamento nell’attività del gioco del calcio conferiti ad essa dal CONI, avrebbe perseguito “l’obiettivo di estendere tale posizione anche ai tornei ludico-amatoriali, dove già detiene una presenza di tutto rilievo e dove si trova a operare in concorrenza con numerosi EPS, al fine di accrescere il numero dei propri tesserati, a danno degli EPS stessi oltre che delle ASD, che vedono così limitata la libertà di scegliere i tornei a cui far partecipare le proprie squadre e i propri giovani atleti”.
E ciò sul presupposto – evidenziato dal segnalante – che non esisterebbe alcuna previsione normativa che vieti la partecipazione di una società tesserata alla FIGC a manifestazioni a carattere ludico-amatoriale organizzate dagli EPS, come quelle oggetto di un procedimento disciplinare (n. 15075/119pfi22-23/PM/fm del 3.3.2023) avviato dalla stessa FIGC e relativo ad “accertamenti in merito a tornei presumibilmente non autorizzati, organizzati da Enti di promozione sportiva ed alla eventuale partecipazione agli stessi di tesserati e società affiliate alla FIGC”, svoltisi in Campania nella stagione sportiva 2021-2022.
Il segnalante ha, inoltre, rimarcato che, “fino alla stagione sportiva 2021/2022”, non fosse prevista alcuna autorizzazione preventiva della Federazione per la partecipazione a tornei organizzati dagli EPS da parte di società affiliate alla FIGC, in quanto “l’unico requisito richiesto era che si trattasse di EPS riconosciuti dal CONI con i quali fosse stata “sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico””; e che, comunque, la stessa CNS Libertas avesse più volte avanzato una richiesta alla FIGC per la stipula di una convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico, senza che, tuttavia, tale stipulazione fosse concretamente intervenuta.
La condotta anticoncorrenziale sarebbe stata nella sostanza realizzata mediante la “introduzione nella regolamentazione della FICG per l’anno sportivo 2022/2023 di una nuova clausola che prevede, ai fini della partecipazione di società affiliate alla FIGC ai tornei organizzati dagli EPS, oltre alla predetta Convenzione, anche un’autorizzazione preventiva di tali tornei rilasciata dagli uffici della FIGC competenti a livello nazionale, regionale o territoriale”: una modifica che, sempre a dire del segnalante, “sarebbe stata effettuata proprio al fine precipuo di ostacolare, anche in via normativa, la partecipazione delle ASD affiliate alla FIGC ai tornei amatoriali giovanili organizzati dagli EPS”.
A ciò ha aggiunto che le ASD avrebbero “un forte e chiaro interesse a rimanere affiliate alla FIGC e a tesserare con la FIGC i giovani più promettenti” in quanto la Federazione riconosce alle ASD “il premio di formazione se un ragazzo da loro tesserato ha poi una carriera professionistica”.
In data 16.5.2023, quindi, l’Autorità ha avviato un procedimento istruttorio “al fine di accertare la sussistenza di eventuali condotte in violazione dell’art. 102 TFUE poste in essere dalla FIGC, volte a estendere la propria posizione dominante nel mercato dell’organizzazione degli eventi calcistici a carattere agonistico anche all’attività di organizzazione di eventi e competizioni a carattere promozionale e ludico-amatoriale nel settore giovanile, al fine di accrescere il numero dei propri tesserati, ai danni degli EPS e delle ASD affiliate alla Federazione”.
Sono stati, pertanto, svolti accertamenti ispettivi (in data 24.5.2023 presso la sede centrale della FIGC e presso la sede dove risiede il Settore Giovanile Scolastico, e a Napoli presso il Comitato Regionale della Campania e la sede della Lega Nazionale Dilettanti-Comitato Regionale della Campania); in data 26.6.2023 si è svolta l’audizione dei rappresentanti della FIGC; in data 13.6.2023 è stata inviata una richiesta di informazioni alla FIGC, riscontrata in data 14/23.6.2023; sono stati, altresì, auditi i rappresentanti dell’ACSI (4.7.2023), di UISP (7.7.2023), del CSI (11.7.2023), di AICS (27.7.2023) e dell’ASD Parco Città (31.10.2023); tra questi, in data 17.7.2023 UISP e ACSI e, successivamente (26.9.2023) AICS hanno presentato un’istanza motivata di partecipazione al procedimento: interventi ammessi dall’Autorità; ed ancora, in data 10.10.2023 sono state inviate richieste di informazioni a tutti i 14 EPS di promozione sportiva riconosciuti dal CONI per avere un quadro completo del numero dei tesserati e del numero di ASD associate a ciascun ente attive nel settore del calcio e, in particolare, nel settore giovanile (atleti under 17 anni); l’istruttoria è, poi, proseguita con una nuova richiesta di informazioni alla FIGC (19.10.2023), riscontrata in data 27.10.2023 e accompagnata, il successivo 23.10.2023, da una prima memoria difensiva; è stata, inoltre, disposta in data 6.11.2023 l’audizione dei rappresentanti del CONI; da ultimo, in data 12.4.2024 sono pervenute all’Autorità le memorie difensive da parte di CNS Libertas e ACSI, nonché una seconda memoria difensiva di FIGC; in data 15.4.2024 FIGC, ACSI, AICS e CNS Libertas hanno avuto accesso agli atti del fascicolo; l’audizione finale si è svolta in data 18.4.2024.
Le risultanze istruttorie hanno riguardato il quadro regolatorio di riferimento (comprensivo della regolamentazione del CONI; della regolamentazione e dell’organizzazione della FIGC; della regolamentazione degli EPS), gli inconvenienti correlati alla definizione di “attività sportiva agonistica” e le relative implicazioni, l’evoluzione dei Comunicati Ufficiali del Settore Giovanile Scolastico (SGS), il testo di Convenzione proposto dalla FIGC e il modello del CONI del 2019, le vicende che afferiscono alla mancata stipula delle Convenzioni e la richiesta di autorizzazioni che sarebbero “non dovute”, gli atti di “dissuasione” della FIGC volti a scoraggiare la partecipazione agli eventi organizzati dagli EPS.
In particolare, l’Autorità ha rilevato che “nella documentazione acquisita agli atti del procedimento, nonché in quella prodotta dal CONI nelle varie interlocuzioni con l’Autorità, in relazione a diversi altri ambiti sportivi, non è stato possibile reperire alcun documento che riporti una definizione “ufficiale” e “univoca” di cosa si intenda per agonismo e/o attività agonistica. Tuttavia, è possibile inferire il concetto di “agonismo” per deduzione, in considerazione del fatto che per lo svolgimento di attività agonistiche sono richiesti, in base alla regolamentazione del CONI, determinati requisiti, e sono riconosciute alle FSN e alle DSA determinate prerogative”: una situazione di incertezza definitoria radicata, tenuto conto che l’unico, sostanziale, riferimento sarebbe contenuto nel DM 18 febbraio 1982, emanato dal Ministero della Sanità, relativo alla tutela sanitaria dell’attività sportiva agonistica, il quale prevede che “la qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle Federazioni sportive nazionali” (art. 1) e che “l’accertamento di idoneità, relativamente all’età ed al sesso, per l’accesso alle singole attività sportive agonistiche è svolto, tra le altre cose, tenuto conto delle norme stabilite dalle Federazioni sportive nazionali” (art. 2); e che ulteriori puntelli alla ricerca di una definizione sarebbero stati individuati in una Circolare del Ministero della Sanità del 31 gennaio 1983, n. 7 (“Norme per la tutela sanitaria della attività sportiva agonistica”), che, però, come ha rilevato l’Autorità, “si limita a stabilire che non tutta l’attività sportiva svolta in forma competitiva può ricondursi ad attività agonistica, senza tuttavia fornire elementi atti a qualificare l’attività agonistica e delimitarne l’ambito rispetto all’attività amatoriale”.
Nell’ambito di tale verifica, l’Autorità ha dato conto che i rappresentanti del CONI, sentiti in audizione, hanno affermato che “in merito alla definizione di agonismo, fermo restando che tale concetto non risulta puntualmente ed espressamente definito da alcuna normativa, è prassi delle FSN stabilire per il proprio sport di riferimento l’età a partire dalla quale un atleta può svolgere attività agonistica (ad es. per il calcio è 12 anni, per il rugby 14 anni, etc.)”; ed hanno anche precisato che “si tratta di regole stabilite per le attività organizzate nell’ambito federativo che non dovrebbero influenzare l’attività degli EPS, che possono organizzare manifestazioni ludico-amatoriali anche con atleti di età superiore a quelle stabilite dalle singole FSN in relazione all’inizio dell’attività agonistica. Diversa situazione si realizza quando un EPS organizza attività agonistiche di prestazione, per le quali è necessario un coordinamento tra le FSN e gli EPS e devono essere rispettate le regole fissate dalle Federazioni soprattutto in relazione alle normative di ordine tecnico-sportivo”; mentre i rappresentanti della FIGC hanno dichiarato in audizione che “la definizione di agonismo è demandata alle Federazioni Sportive Nazionali da una legge dello Stato e che, per quanto riguarda la FIGC, la Federazione ha stabilito che sia qualificata come attività agonistica quella svolta sopra i 12 anni, ossia dalla categoria Giovanissimi in su”, specificando che “tutti i ragazzi di età superiore ai 12 anni e che sono tesserati FIGC vengono considerati dalla Federazione automaticamente nell’ambito agonistico, mentre quelli di età inferiore ai 12 anni (c.d. attività di base) sono esclusi da tale ambito”.
Ulteriore profilo controverso, rilevato dall’Autorità sulla base della documentazione acquisita agli atti, è che “la mancata stipula di un Protocollo d’Intesa, prima, e delle Convenzioni, poi, costituisca per gli EPS e per le ASD un ostacolo o comunque un limite allo svolgimento delle loro attività. Infatti, nell’impossibilità di addivenire alla stipula di una Convenzione, nei casi in cui gli EPS e le ASD decidono comunque di svolgere attività calcistiche a carattere ludico-amatoriale, i loro eventi restano soggetti all’incertezza di eventuali interventi disciplinari, come testimoniano diversi documenti presenti a fascicolo”; a tal fine è stata richiamata una risalente e copiosa corrispondenza, a partire da “una lettera del 14 ottobre 2015 inviata al Presidente del SGS, il Presidente del CSI sottolineava la necessità di trovare una soluzione che superasse la disposizione del C.U. n.1 del 2015, secondo la quale non era consentita alle ASD affiliate alla FIGC la partecipazione alle attività degli EPS stante l’assenza di un Protocollo di Intesa”; per proseguire con una nota del 19.10.2022, mediante la quale “viene formulata alla FIGC, da parte del CNS Libertas, una richiesta di convenzionamento, che evidenzia come la Convenzione possa rappresentare uno “strumento utile a favorire la piena e completa ripresa dell’attività sportiva a beneficio dei praticanti e dell’associazionismo di base dopo il troppo lungo e deleterio periodo di stasi che abbiamo tutti subito negli ultimi anni””; per arrivare, infine, a “due comunicazioni interne alla Federazione del mese di luglio 2022: la prima contenuta in una email del 26 luglio, in cui si richiama la necessità di inserire espressamente nella Convenzione la clausola che prevede la richiesta dell’autorizzazione per partecipare, peraltro, ai soli tornei a rapido svolgimento, e la seconda riguardante un memo inviato dal Segretario del SGS al Segretario generale della FIGC del 28 luglio, in cui si sottolinea che sarà cura dello stesso Settore Giovanile e Scolastico, per il tramite della neonata Commissione, valutare in via preliminare la conformità dei Tornei organizzati dagli EPS ai Regolamenti federali al fine di autorizzare la partecipazione delle proprie società affiliate”.
Una corrispondenza che, ad avviso dell’Autorità, dimostrerebbe “come talvolta il clima di incertezza si sia riflesso in un non perfetto coordinamento tra le divisioni periferiche della FIGC e la sede centrale, con autorizzazioni alla partecipazione agli eventi organizzati dagli EPS concesse o negate non sulla base di criteri oggettivi, trasparenti e definiti ex ante, ma di volta in volta diversi e legati a ragioni di opportunità inerenti allo specifico caso locale”.
E certamente non secondario in sede istruttoria è che “gli EPS hanno denunciato una serie di “attività intimidatorie” poste in essere dalla FIGC, per il tramite di propri funzionari, a mezzo di telefonate o intervenendo di persona ai tornei, nei confronti degli organizzatori, delle ASD e dei tesserati, tese a ostacolare la partecipazione o il regolare svolgimento dei tornei”.
A tal proposito, l’Autorità ha riportato alcuni episodi: “ACSI ha riferito che i rappresentanti federali si presentano sul campo al momento dello svolgimento del torneo organizzato da un EPS o una ASD a esso affiliata, per verificare se sia stata o meno chiesta l’autorizzazione alla FIGC e, qualora ciò non sia stato fatto, minacciano il deferimento dei dirigenti delle società che vi partecipano. Talora invece le ASD ricevono telefonate volte a indurle a non partecipare ai tornei organizzati al di fuori della Federazione”; oppure in un “torneo, denominato REGINS, svoltosi nel periodo pasquale 2023 in Emilia Romagna e organizzato da una ASD sua affiliata, in quanto ACSI non poteva, non essendo mai riuscito a stipulare una Convenzione con la FIGC. In tale occasione, alcuni rappresentanti federali sono intervenuti per far sospendere l’evento, ma in considerazione dell’elevato numero di partecipanti (oltre 150 squadre di calcio) nonché dell’indotto coinvolto (diverse strutture alberghiere e società di ristoro), il torneo si è potuto svolgere, ma senza la possibilità di esporre stemmi e insegne dell’ACSI”; sono state, inoltre, riferite condotte “da parte di rappresentanti federali (…) di minacce nei confronti di società sportive, al fine di dissuaderle dal partecipare a eventi promossi dagli EPS. Tali episodi sono stati confermati anche dal Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN) in un documento inviato nel novembre 2023, in cui si afferma che in diversi casi “le minacce ed intimidazioni per sanzioni si sono concretizzate in messaggi verbali”, mentre in altri sono invece pervenute comunicazioni scritte da parte degli organi regionali della FIGC indirizzate alle ASD, le quali, tuttavia, per timore di ritorsioni nei loro confronti non hanno voluto trasmettere tale documentazione”; in altri termini, come ha evidenziato il CSI in audizione, “è sufficiente che una ASD abbia la doppia affiliazione con un EPS e con la FIGC affinché la Federazione possa intervenire a ostacolare competizioni sportive organizzate dagli EPS, anche se gli atleti che vi prendono parte non sono tesserati FIGC”.
Le parti hanno sviluppato, poi, le rispettive difese.
La FIGC, in particolare, ha sostenuto che la definizione di attività agonistica sarebbe ricavabile da varie disposizioni (art. 1, comma 2, e l’art. 2 del Decreto del Ministero della Salute del 18 febbraio 1982; art. 26 dello Statuto del CONI rubricato – Ordinamento degli EPS – che stabilisce che gli EPS “svolgono le loro funzioni nel rispetto dei principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle FSN e delle DSA” e prevede che “possono essere stipulate apposite convenzioni tra FSN o DSA ed EPS per il miglior raggiungimento delle rispettive finalità”; Regolamento EPS approvato dal CONI nel 2014 e, in particolare l’art. 2, che per “le attività agonistiche di prestazione” prevede la “stipula di apposite convenzioni conformi al fac-simile emanato dal CONI”; il Modello di Convenzione adottato dal CONI nel 2019 con delibera della Giunta e, in particolare l’allegato n. 1, finalizzato a regolare l’attività sportiva svolta dagli EPS e le modalità di doppio tesseramento; il Regolamento del SGS e i Comunicati Ufficiali emanati annualmente a luglio dallo stesso SGS per regolamentare l’attività under 17).
Dunque, in forza del carattere autonomo dell’ordinamento sportivo la FIGC disporrebbe di un “potere speciale, istituzionalmente riconosciuto (e dunque non certo afferente alle modalità di conduzione di rapporti commerciali tra operatori economici in concorrenza), di regolamentare e coordinare l’organizzazione di competizioni a carattere agonistico ma, ancor prima, di circoscrivere a tal fine l’ambito dell’agonismo nella pratica sportiva”: potere traducibile nella fissazione dell’età minima a partire dalla quale un atleta può svolgere attività agonistica, poiché si tratterebbe “di una regola di natura tecnica e dunque rientrante nell’esercizio dell’autonomia federale - senza che tale scelta possa essere sindacata da un’Autorità indipendente, quale l’AGCM, siccome essa non è adottata nell’esercizio di una strategia commerciale con presunti effetti anti-concorrenziali, bensì nell’esercizio di un potere istituzionale di regolamentazione e coordinamento dello svolgimento di un’attività sportiva nel territorio nazionale”.
Ha, quindi, evidenziato che sulla base della regolamentazione vigente “la Convenzione e la pre-autorizzazione sarebbero necessarie solo nei casi in cui gli EPS svolgano attività agonistica”: una nozione valevole anche per le attività svolte dagli EPS, “non potendosi accettare una perimetrazione dell’ambito dell’agonismo alle sole competizioni ai massimi livelli”. Il che giustificherebbe la doppia affiliazione delle ASD che hanno preso parte ai tornei organizzati dal segnalante CNS Libertas.
Rispetto a tale posizione, i rappresentanti del CONI, sentiti in audizione, hanno affermato che “fermo restando che tale concetto non risulta espressamente definito, è prassi delle FSN, stabilire per il proprio sport di riferimento l’età a partire dalla quale un atleta può svolgere attività agonistica (ad es. per il calcio è 12 anni, per il rugby 14 anni, etc.)”; hanno, nel contempo, ribadito che le regole fissate in sede federale “non dovrebbero influenzare l’attività degli EPS, che possono organizzare liberamente manifestazioni ludico-amatoriali anche con atleti di età superiore a quelle stabilite dalle singole FSN in relazione all’inizio dell’attività agonistica”; mentre la presupposta autorizzazione avrebbe senso compiuto “quando un EPS organizza attività agonistiche di prestazione, per le quali è necessario un coordinamento tra le FSN e gli EPS e per lo svolgimento delle quali devono essere rispettate le regole fissate dalle Federazioni soprattutto in relazione alle normative di ordine tecnico-sportivo”.
Per parte loro, gli EPS hanno ribadito come non possa essere l’elemento della mera competizione quello che caratterizza l’agonismo, anche facendo riferimento al Regolamento EPS, in cui si riconosce che la componente competitiva è presente anche nelle attività a carattere promozionale, amatoriale e dilettantistico.
Sulla mancata stipula delle Convenzioni e sulle autorizzazioni preventive, la ricorrente ha stigmatizzato la circostanza che nella comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI) sarebbe stato enfatizzato il senso di “una serie di comunicazioni interne tra la Federazione e gli EPS”; gli EPS, invece, hanno contestato che il modello proposto dalla FIGC, profondamente diverso da quello predisposto dal CONI, non risponderebbe all’esigenza di essere completato e adattato in relazione alle specificità della disciplina del calcio e/o alle dinamiche del settore, ma rifletterebbe piuttosto la volontà della Federazione di imporne unilateralmente i contenuti (in particolare, “il modello proposto imponeva la necessità della richiesta di autorizzazione per qualsiasi manifestazione competitiva per tutti gli over 12 anni e, quanto meno fino alla stagione sportiva 2022/23, anche per quelli under 12 anni”): in altri termini, a loro dire “la Federazione avrebbe l’unico l’obiettivo di ostacolare qualsiasi attività organizzata dagli EPS che coinvolga calciatori under 17. Al riguardo hanno sottolineato che è sufficiente che la ASD - e non l’atleta - abbia la doppia affiliazione affinché la FIGC intervenga ad ostacolare lo svolgimento della competizione sportiva”.
Circa le condotte intimidatorie, la FIGC ha, poi, opposto che esse non avrebbero alcun riscontro oggettivo e documentale, trattandosi di mere dichiarazioni, basate su presunti documenti che nessuna società avrebbe prodotto nel corso del procedimento; e, in ogni caso, le “segnalazioni alle Procure federali competenti, che si sono tradotte in successivi deferimenti e che sarebbero risultate idonee a ostacolare l’attività degli EPS nell’organizzazione di eventi giovanili a carattere ludico-amatoriale”, sarebbero in numero esiguo.
A consuntivo delle risultanze istruttorie, l’Autorità ha, preliminarmente, rilevato che “la sola FIGC ha un numero di tesserati che sono circa il doppio dell’insieme di tutti i tesserati degli EPS. Inoltre i tesserati under 12 anni, che pacificamente secondo la Federazione svolgono esclusivamente attività amatoriale, rappresentano oltre il 60% dei tesserati FIGC under 17 anni”, in relazione ai quali si distinguerebbero “due mercati rilevanti: quello riguardante l’organizzazione di manifestazioni calcistiche a carattere agonistico per atleti di età inferiore ai 17 anni e quello relativo all’organizzazione di manifestazioni calcistiche a carattere ludico-amatoriale per atleti di età inferiore ai 17 anni”.
Ora, relativamente all’organizzazione di eventi a carattere agonistico, l’Autorità ha concluso che “in assenza della sottoscrizione di Convenzioni tra la Federazione e gli EPS, solo la FIGC può legittimamente operare, mentre gli EPS sono, di fatto, concorrenti potenziali. Infatti, in base al Regolamento EPS, per promuovere e organizzare attività agonistica di prestazione, gli EPS devono sottostare ad una serie di vincoli quali la stipula della Convenzione con la Federazione di riferimento, nonché il rispetto dei Regolamenti tecnici federali. Ad oggi, non essendo stata stipulata alcuna Convenzione tra la FIGC e gli EPS, l’attività agonistica è sostanzialmente preclusa a questi ultimi”.
Di contro, nel mercato relativo all’organizzazione di eventi a carattere amatoriale sono presenti nell’offerta di campionati, di tornei e di altre manifestazioni sportive sia la Federazione sia gli EPS, attraverso società sportive affiliate. La Federazione è, quindi, “in diretta concorrenza con gli EPS nell’organizzazione di attività ludico-amatoriali, sia per le categorie di base (atleti under 12 anni) che per le categorie che vanno dai 12 fino al compimento dei 17 anni”.
Con riguardo alle contestazioni mosse, l’Autorità ha sottolineato che sulla base di quanto previsto dal Regolamento EPS del CONI del 2014, gli EPS possono svolgere “attività agonistiche di prestazione connesse al proprio fine istituzionale nel rispetto di quanto sancito dai regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali o delle Discipline Sportive Associate e dei principi di Giustizia Sportiva emanati dal Coni ai quali dovranno fare esclusivo riferimento, unitamente ai propri affiliati, per il miglior raggiungimento delle specifiche finalità previa stipula di apposite Convenzioni conformi al fac-simile emanato dal CONI”: una previsione che proverebbe la posizione dominante della Federazione nel mercato dell’organizzazione di eventi sportivi calcistici giovanili a carattere agonistico.
Per quanto, invece, riguarda l’attività amatoriale, le previsioni contenute nei Comunicati Ufficiali del SGS (che impongono, anche per gli eventi con atleti under 12, la stipula della Convenzione e, nella stagione 2022/23, la necessità di una pre-autorizzazione), rappresenterebbero “un ostacolo alla possibilità di ingresso e di crescita degli EPS nel mercato dell’organizzazione delle manifestazioni amatoriali giovanili, costituendo una rilevante barriera regolamentare per gli EPS e le ASD a essi affiliate”.
La posizione di dominanza sarebbe ulteriormente comprovata dai dati acquisiti dall’Autorità, secondo cui “nella stagione 2022/23, dei 725.000 tesserati under 17 FIGC, circa 480.000 sono under 12, che rappresentano oltre il 65% dei tesserati federali giovanili, e quindi – per stessa ammissione della Federazione – svolgono esclusivamente attività ludico-amatoriale. Per contro il numero totale dei tesserati di tutti gli EPS – che comprende ragazzi fino ai 17 anni che, ad oggi, in assenza di Convenzione, svolgono tutti attività amatoriale – è pari, complessivamente, a 380.000, ovvero circa la metà di quelli della Federazione”.
L’addebito di abuso di posizione dominante, in violazione dell’art. 102 del TFUE, è stato dall’Autorità ricondotto ai poteri speciali ed esclusivi della FIGC nella regolamentazione e nel coordinamento dell’attività del gioco del calcio, conferiti a quest’ultima dal CONI in relazione all’organizzazione di competizioni calcistiche a carattere agonistico, mercato nel quale opera appunto in posizione dominante: sulla scorta di tale prerogativa, la Federazione avrebbe posto in essere “una complessa strategia escludente finalizzata, da un lato, a rafforzare la propria posizione in detto mercato e, dall’altro, ad estenderla anche al mercato dell’attività ludico-amatoriale”, e ciò “a partire dalla stagione sportiva 2015/2016, successivamente all’approvazione del Regolamento EPS nell’ottobre 2014, in cui è stato chiaramente sancito che solo per lo svolgimento di attività agonistiche di prestazione si devono rispettare le previsioni dei regolamenti delle FSN o delle DSA ed è necessaria la stipula di apposite Convenzioni tra gli EPS e le FSN/DSA conformi al fac simile emanato dal CONI”.
Una strategia estesa al mercato dell’organizzazione di manifestazioni giovanili a carattere ludico-amatoriale “attraverso un uso illegittimo del potere regolatorio conferitole dal CONI”, nel senso che, “da un lato, ha usato strumentalmente la definizione di agonismo riferita all’attività federale, applicandola anche all’attività organizzata dagli EPS con atleti di età compresa tra i 12 e i 17 anni seppur svolta a livello amatoriale; dall’altro, ha inserito nei propri Comunicati Ufficiali n. 1 l’obbligatorietà per gli EPS di stipulare Convezioni con la FIGC anche per l’Attività di base (attività svolta con atleti fino ai 12 anni e, per definizione, ludico-amatoriale) ai fini della partecipazione delle ASD associate alla Federazione a eventi giovanili a carattere ludico-amatoriale organizzati dagli stessi EPS (arrivando da ultimo a prevedere nella stagione 2022/23 addirittura una pre-autorizzazione federale di tali manifestazioni)”.
La mancata stipula delle Convenzioni, “dovuta alle inaccettabili condizioni imposte dalla FIGC”, sarebbe, perciò, ad avviso dell’Autorità, “idonea a ostacolare, se non escludere, gli EPS anche dal mercato dell’organizzazione degli eventi a carattere ludico-amatoriale (per tutti gli atleti under 17), consentendo in tal modo alla Federazione di estendere e rafforzare la propria posizione anche in questo mercato. Tale condotta, unitamente all’introduzione della pre-autorizzazione nella stagione 2022/23, ha determinato una restrizione all’accesso degli EPS anche al mercato dell’organizzazione di eventi a carattere amatoriale, che secondo il Regolamento EPS del 2014 può essere svolta liberamente, senza che sia necessaria alcuna Convenzione”.
Peraltro, l’Autorità ha posto in rilievo che “la Convenzione non fosse vista con ostilità dagli EPS - anche per l’attività ludico-amatoriale - ma anzi considerata in generale utile al fine del coordinamento delle attività tra Federazione ed EPS a causa del clima d’incertezza creato dalla regolamentazione del SGS”; ma che “risulta agli atti che la FIGC non abbia voluto accogliere alcuna delle proposte di modifica da parte degli EPS alla bozza proposta, con il preciso obiettivo di non pervenire alla stipula delle Convenzioni sia per ostacolare l’attività di organizzazione di eventi sportivi da parte degli EPS sia come strumento di controllo”.
Sulla base di un raffronto tra il modello di Convenzione del CONI del 2019 e il modello promosso dalla FIGC, l’Autorità ha concluso che quest’ultima avrebbe proposto delle clausole che “assumono un’indubbia valenza restrittiva e aiutano a comprendere la difficoltà per gli EPS di addivenire alla stipula delle Convenzioni. Sul punto, gli EPS sentiti in audizione hanno definito la bozza di Convenzione tramessa loro dalla FIGC più simile ad una “concessione” che ad una “convenzione”, in quanto contenente condizioni imposte e non concordate, ritenute inaccettabili e finanche “vessatorie””.
In pratica, la FIGC avrebbe ostacolato l’organizzazione da parte degli EPS di manifestazioni sportive a carattere ludico amatoriale nel settore giovanile, prevedendo: per le stagioni sportive 2015/16 e 2016/17, l’impossibilità di partecipazione delle ASD ad essa affiliate ai tornei organizzati dagli EPS in assenza di un “protocollo d’intesa”; a partire dalla stagione sportiva 2017/18 e fino alla stagione 2021/22, l’obbligo della sottoscrizione di apposita Convenzione tra gli EPS e la FIGC ai fini della partecipazione delle ASD ad essa affiliate ai tornei organizzati dagli EPS; infine, nella stagione 2022/23, un’ulteriore limitazione riguardante la partecipazione ai soli “tornei a rapido svolgimento”, subordinata non solo alla sottoscrizione della Convenzione tra l’EPS organizzatore e la FIGC, ma anche all’ottenimento di specifica autorizzazione preventiva da parte degli uffici FIGC competenti a livello nazionale, regionale o territoriale.
A sostegno delle proprie conclusioni, l’Autorità ha fatto richiamo al “recente caso European Superleague Company”, sottolineando che “la Corte di Giustizia ha pertanto ritenuto che l’adozione e l’attuazione di norme regolamentari da parte di associazioni che organizzano competizioni calcistiche, che subordinano alla loro previa approvazione l’organizzazione di nuove competizioni da parte di soggetti terzi, controllando la partecipazione delle società e dei giocatori a tali competizioni, sotto pena di sanzioni, in assenza di un quadro regolatorio che preveda criteri sostanziali e norme procedurali dettagliate idonee a garantirne la trasparenza, l'oggettività, la non discriminatorietà e la proporzionalità, costituisce abuso di posizione dominante”.
Traendo spunto da tale sentenza l’Autorità ha concluso che:
“la FIGC è intervenuta a disciplinare l’attività degli EPS anche con riferimento all’organizzazione di eventi ludico-amatoriali nonostante i poteri attribuitele dal CONI, nel Regolamento EPS, siano circoscritti all’attività agonistica di prestazione. Infatti, i Comunicati Ufficiali n. 1 del SGS hanno riguardato indiscriminatamente tutta l’attività relativa all’organizzazione di eventi e competizioni nel settore giovanile, under 17, a livello nazionale, regionale e provinciale svolta dagli EPS, senza alcuna specificazione sul carattere agonistico o meno della stessa e/o sulle caratteristiche di prestazione che un’attività sportiva deve avere per essere definita agonistica al di fuori dell’ambito federale.
(…) Si ritiene pertanto che la regolamentazione federale così come definita non possa essere considerata proporzionata rispetto al fine perseguito, in quanto in assenza delle Convenzioni e/o delle pre-autorizzazioni gli EPS non avrebbero potuto svolgere alcuna attività con ragazzi under 17, anche se di carattere ludico-amatoriale, incorrendo in possibili sanzioni.
Né può accettarsi una definizione di agonismo che, per le competizioni organizzate al di fuori dell’ambito federale, ignora completamente le caratteristiche della prestazione, basandosi meramente e arbitrariamente sull’età degli atleti. Come peraltro chiarito dal CONI, è in via di principio ben possibile che gli EPS organizzino attività ludico-amatoriali – in quanto tali non soggette a convenzionamento e/o a pre-autorizzazione – anche con atleti con più di 12 anni”.
Per la quantificazione della sanzione è stato preso in esame il valore delle vendite, che nella specie “è costituito dagli introiti per la FIGC derivanti da qualsiasi attività relativa all’organizzazione di eventi sportivi calcistici giovanili a carattere agonistico e a carattere promozionale e ludico-amatoriale svolta nell’ambito del Settore Giovanile Scolastico, incluse quelle svolte per il tramite della LND, riguardanti i ragazzi dai 5 anni agli under 17, pari a 9.375.719,42 euro”.
La percentuale dell’importo base sanzionatorio è stata fissata nel 5% del valore degli introiti derivanti alla FIGC per l’attività relativa all’organizzazione di eventi sportivi calcistici giovanili a carattere agonistico e a carattere promozionale e ludico-amatoriale svolta nell’ambito del Settore Giovanile Scolastico, incluse quelle svolte per il tramite della LND, riguardanti i ragazzi dai 5 anni agli under 17, siano esse agonistiche o non. Ne è risultato un importo pari a 468.785,971 euro.
L’ammontare così ottenuto è stato moltiplicato per la durata dell’infrazione. Nel caso di specie, la durata è stata determinata in 8 anni, 11 mesi e 18 giorni. Pertanto, l’importo-base è stato calcolato utilizzando “8,966666667” quale fattore moltiplicativo dell'ammontare e si è così ottenuto un importo di 4.203.447,54 euro.
A fondamento dell’impugnazione la ricorrente ha dedotto, con unico e articolato motivo: “violazione e falsa applicazione dell’art. 102 TFUE. Violazione e falsa applicazione degli articoli 1, 3 e 7 della legge 9 agosto 1990, n. 241. Sulla configurazione di un mercato rilevante e sulla posizione detenuta dalla FIGC. Violazione dell’art. 33 della Costituzione. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 220/2003. Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 2, e dell’art. 2 del Decreto Ministero della Salute del 18 febbraio 1982. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, manifesta illogicità ed irragionevolezza, carenza e/o insufficienza della motivazione, contraddittorietà intrinseca, sviamento di potere. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15, comma 1 bis, e dell’art. 31, comma 1, della L. n. 287/1990. Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della L. n. 689/1981. Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. Illogicità e contraddittorietà della motivazione. Error in procedendo e in iudicando”.
La ricorrente, in prima battuta, ha richiamato alcune disposizioni che definirebbero l’attività agonistica (art. 1, comma 2 del Decreto del Ministero della Salute del 18 febbraio 1982, in cui è previsto che “la qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle federazioni sportive nazionali o agli enti sportivi riconosciuti”; la Circolare Ministero della Sanità (Direzione Generale Servizi Medicina Sociale) del 31 gennaio 1983, n. 7, nella quale si è evidenziato che l’attività agonistica “non potesse essere definita in termini tecnico-giuridici appropriati e univoci per tutti gli sport ed ha optato per l’opportunità di attribuire alle Federazioni Sportive Nazionali il compito di identificare i confini entro i quali l’attività sportiva assume la configurazione di agonistica”; il Decreto del Ministero della Salute del 24.04.2013, in cui è previsto, all’art. 3, che “si definiscono attività sportive non agonistiche quelle praticate dai seguenti soggetti: (…) coloro che svolgono attività organizzate dal CONI, da società sportive affiliate alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, che non siano considerati atleti agonisti ai sensi del decreto ministeriale 18 febbraio 1982”: definizione identicamente riproposta nell’Allegato n. 1 al Decreto del Ministero della Salute dell’8 agosto 2014).
Ha, poi, sottolineato che “nel 2017, il Segretario Generale del CONI inviava a tutte le Federazioni Sportive Nazionali la nota del 4.08.2017 avente ad oggetto “richiesta indicazioni sull’età dell'attività agonistica””, in tal modo chiedendo “alle Federazioni di indicare l’età minima al fine di qualificare un’attività come agonistica” (cfr. pagg. 20 – 21), nella specie fissata, per il calcio, a 12 anni: età confermata – anche recentemente – nel riscontro della stessa Federazione alla nota del 21.6.2023, con cui il CONI ha chiesto conferma della “scheda riepilogativa inizio attività agonistica”, condivisa con la Federazione Medico Sportiva, relativa all’individuazione dell’età di inizio attività agonistica per le discipline regolamentate dalla Federazione, con l’età minima se prevista e la tipologia di visita medica.
Il predetto limite d’età, inoltre, sarebbe previsto anche nell’art. 43, comma 2 delle NOIF in tema di “tutela medico-sportiva” (“L'accertamento della idoneità fisica alla pratica sportiva non agonistica, ai sensi dell’art. 3 del D.M. 24 aprile 2013, è richiesto per i calciatori/calciatrici fino agli 11 anni di età, salvo quanto successivamente previsto per coloro che compiano 12 anni nel corso della stagione sportiva. Per i calciatori e le calciatrici di età superiore ad 11 anni o che compiano il 12° anno di età nel corso della stagione sportiva, è prescritto l'accertamento della idoneità alla attività sportiva agonistica, ai sensi del D.M. 18 febbraio 1982 e, nel caso di cui all'art. 34, comma 3 ultima parte, anche il conseguimento della specifica autorizzazione”).
Ha, poi, richiamato la disciplina di cui al Regolamento degli Enti di Promozione Sportiva, approvato dal CONI con deliberazione n. 1525 del 28.10.2014, nel quale si è previsto (all’art. 2, comma 1, lett. a), n. 3) che gli EPS possono svolgere attività sportiva di tipo agonistico sotto una triplice condizione, ossia deve trattarsi di attività “connesse al proprio fine istituzionale”; “nel rispetto di quanto sancito dai Regolamenti tecnici delle Federazioni” e “previa stipula di (...) Convenzioni” (cfr. pag. 26).
Le Convenzioni esprimerebbero l’esigenza di un costante dialogo tra gli EPS e Federazione, “nel rispetto dei principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate (art. 26 Statuto CONI)”.
A sostegno della particolare accuratezza delle argomentazioni sviluppare nell’ambito dell’istruttoria, la ricorrente ha fatto cenno ad una pronuncia del Consiglio di Stato (sez. VI, 5 giugno 2024, n. 5054, che ha riformato TAR Lazio, 13 luglio 2021, n. 8326), relativa ad una sanzione irrogata da AGCM alla Federazione italiana sport equestri, nella quale il giudice di seconde cure ha statuito che la federazione in questione avrebbe potuto fissare la soglia di agonismo su determinate discipline, garantire che i propri affiliati e tesserati non partecipino a eventi agonistici fuori dal circuito federale, impedire che i circoli affiliati non organizzino eventi agonistici di terzi (cfr. pag. 28).
Ha dedotto che, nella specie, “la volontà della FIGC, nel disciplinare i rapporti con i propri affiliati, non è stata quella di sottrarre tesserati, bensì quella di evitare che i propri tesserati svolgessero attività agonistiche, spesso sovrapponibili a quelle organizzate in ambito federale, al di fuori di qualsivoglia garanzia per i giovani atleti e in spregio a quanto richiesto dal CONI in relazione al necessario coordinamento per lo svolgimento delle attività agonistiche naturalmente demandate alle Federazioni” (cfr. pag. 29).
Cosicché, a prescindere dalla “stipula delle convenzioni, ha legittimamente posto in essere atti di controllo preventivo a carattere autorizzatorio, limitati esclusivamente alla partecipazione delle proprie affiliate nonché dei propri tesserati, al fine di verificare se le competizioni avessero carattere agonistico e comunque se esse garantivano il rispetto della regolamentazione tecnica, nonché la presenza di adeguate garanzie sotto il profilo sanitario ed assicurativo”; avrebbe, cioè, inteso esercitare “un potere istituzionale, avente carattere generale e valenza pubblicistica, di verificare il corretto svolgimento delle competizioni (art. 15, comma 1, del d.lgs. n. 242/1999 e art. 23 dello Statuto del CONI), nonché di vigilanza e di controllo nei confronti delle articolazioni associative interne alla propria organizzazione (cfr. art. 16, comma 6, del d.lgs. n. 242/1999)” (cfr. pag. 30)
Il che costituirebbe garanzia di proporzionalità del proprio operato.
Senza contare che, con riferimento alla violazione del divieto di abuso di posizione dominante, la posizione della giurisprudenza sarebbe nel senso che “le imprese possano sottrarsi all’applicazione dell’art. 102 TFUE mediante la c.d. efficiency defence, qualora dimostrino che il proprio comportamento è “obbiettivamente necessario, o che l’effetto preclusivo che ne deriva può essere controbilanciato, se non addirittura superato, da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche dei consumatori” (CGUE, C-333/21, European Superleague Company, 21/12/2023)” (cfr. pag. 33).
Ha, quindi, contestato che “l’Autorità deve farsi carico della prova di un intento escludente da parte della Federazione e di una potenzialità offensiva in termini di limitazione all’ingresso nel mercato e all’organizzazione delle manifestazioni a contenuto ludico-amatoriale. Pertanto, si richiede di porre una particolare attenzione per non trasformare eventuali improprietà o criticità da migliorare dal punto di vista della formulazione o applicazione di una regolamentazione di pubblico interesse, in un indice di una volontà dolosa di limitare l’attività economica degli EPS” (cfr. pag. 36).
La ricorrente ha, perciò, replicato che “il coinvolgimento di ragazzi dai 12 ai 17 anni, la salute dei quali deve essere necessariamente preservata, ha legittimato non solo la fissazione di regole tecniche da parte della Federazione, come espressamente richiesto dallo Statuto del CONI, a cui gli EPS devono conformarsi, ma anche una attività di controllo nei confronti delle proprie affiliate in ordine alla partecipazione ad eventi agonistici che dovevano garantire medesimi standards di tutela sanitaria e assicurativa. A ben vedere, la condotta della FIGC invece che perseguire un effetto escludente, è apparsa invece “includente”, avendo la Federazione autorizzato la partecipazione di proprie affiliate a tornei agonistici organizzati da EPS, sebbene in assenza di convenzione” (cfr., ancora, pagg. 36 – 37).
Ha confutato, altresì, l’interpretazione data dall’Autorità ai dati relativi al numero di tesserati nell’ambito del calcio giovanile under 17, in merito ai quali non risponderebbe al vero l’affermazione che “il numero totale dei tesserati di tutti gli EPS – che comprende ragazzi fino ai 17 anni che, ad oggi, in assenza di Convenzione, svolgono tutti attività amatoriale – è pari, complessivamente, a 380.000, ovvero circa la metà di quelli della Federazione”, in quanto la differenza tra i tesserati amatoriali degli EPS nella stazione 2022/2023 (380.000) e gli amatori federali (480.000) non sarebbe particolarmente significativa (cfr. pag. 39), ciò nella sostanza confermato alcuni dati estratti dall’Osservatorio permanente per lo sport di base (ossia che “gli EPS rappresentano ancora la maggioranza dei praticanti organizzati”, pari all’88% dei tesserati praticanti (amatori) e al 24% di quelli agonisti)
Altro fronte di contestazione ha investito la funzione della FIGC nell’ordinamento di settore.
Sul punto, la ricorrente ha contestato che “la funzione pubblica di regolazione e vigilanza sul regolare svolgimento delle competizioni sportive in capo alle Federazioni, siccome espressione della istituzionale autonomia dell’ordinamento sportivo, ha trovato una ulteriore consacrazione nella recente riforma costituzionale, ai sensi della quale, al novellato art. 33 della Costituzione (…). Dunque, oggi, anche la Carta costituzionale afferma la rilevanza dei valori dello sport e delle istituzioni ad esso deputate come strumenti di sviluppo della persona e del suo benessere. Valori questi sopra menzionati che devono essere garantiti dalla Federazione tramite l’emanazione di regole indispensabili alla predisposizione delle condizioni idonee allo svolgimento dell’attività in questione” (cfr. pag. 47).
Con riferimento al paventato “comportamento ostruzionistico e/o dilatorio” che l’Autorità ha contestato in merito alla (mancata) stipula delle Convenzioni, la ricorrente ha dedotto che queste non sarebbero state sottoscritte in ragione di “criticità dovute alla regolamentazione diversa, alle modalità di gioco, alle coperture assicurative” nonché in ragione della necessità di valutare “la conformità dei Tornei organizzati dagli EPS ai Regolamenti federali”” (cfr. pag. 51).
Anzi, la ricorrente ha prospettato una lettura parallela della vicenda che ha condotto all’avvio dell’istruttoria ed all’irrogazione della sanzione, prospettando che “dalla semplice lettura delle disposizioni del Regolamento EPS emerge, infatti, evidente tutto l’interesse degli EPS a limitare il più possibile (se non ad eludere) il controllo federale al “rispetto di quanto sancito dai Regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali” delle attività agonistiche svolte dagli stessi EPS ed a implementare senza limitazione di sorta la propria “consistenza organizzativa" e “presenza organizzativa nelle regioni e province”. In altri termini, sono gli EPS che hanno tutto l’interesse ad “allargare” la propria attività - e, dunque, i contributi erogati dal CONI - volendo esercitare, si ripete, senza “controllo” alcuno l’attività agonistica e, dunque, senza dover sottostare all’obbligo di convenzionamento” (cfr. pag. 52).
Sarebbe, pertanto, in atto uno scontro molto più radicato, di cui la corrispondenza richiamata nell’impugnato provvedimento darebbe conferma.
Ciò non toglierebbe, comunque, che le “interlocuzioni con gli EPS sono state di merito e non pretestuose, vertendo sostanzialmente sulla diversa interpretazione del “modello” di convenzione FSN/EPS proposto dal CONI: uno schema esaustivo e completo, da adottare senza modifiche in ambito calcistico, secondo la tesi degli EPS; uno schema di minima, contenente alcuni principi di fondo validi per tutti gli sport, al quale “conformarsi”, ma necessariamente da integrare con la regolazione degli aspetti specifici dell’attività calcistica di tipo agonistico, demandati dal CONI alla FIGC” (cfr. pag. 56).
La ricorrente, ancora, ha lamentato che “le asserite condotte intimidatorie poste in essere da FIGC non hanno alcun riscontro oggettivo e documentale, trattandosi di mere segnalazioni verbali che non si basano su elementi di prova tangibili, ma mere asserzioni unilaterali ed apodittiche dei segnalanti” (cfr. pag. 59); ed ha preso posizione circa i singoli episodi assunti quali risultanze istruttorie, oltre che censurare la mancata verifica sulle circostanze che hanno condotto alle segnalazioni della Procura Federale da parte degli EPS, da valutarsi come inidonee a fondare la contestazione di abuso di posizione dominante.
Con riferimento, poi, alla successione dei comunicati ufficiali e, dunque, alla condotta anticoncorrenziale contestata dall’Autorità, la ricorrente ha richiamato a regolamentazione adottata a partire dal Comunicato Ufficiale SGS n. 1° dell’1.7.2015, relativo alla stagione sportiva 2015/2016, fino al Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 10.7.2024, relativo alla stagione sportiva 2024/2025, facendo presente che “nella stagione sportiva 2022/2023 la FIGC richiedeva, per la prima e unica stagione sportiva, la stipula della Convenzione nonché l’autorizzazione della stessa FIGC per la partecipazione dei tesserati federali all’attività agonistica organizzata dagli EPS”; di contro, “sul presupposto che era stata aperta dall’Autorità l’istruttoria che coinvolgeva la FIGC sull’attività agonistica, la Federazione adottava il C.U. SGS relativo alla stagione sportiva 2023/2024 pubblicato in data 7 luglio 2023 dal quale espungeva la lettera “n)”, “liberalizzando” di fatto l'attività degli EPS nell'organizzazione di qualunque attività agonistica”; e, da ultimo, “con il Comunicato Ufficiale SGS n. 1 del 10 luglio 2024 relativo alla stagione sportiva 2024/2025, in corso, la FIGC confermava il testo del previgente Comunicato consentendo alle società affiliate alla FIGC la partecipazione ad attività agonistiche organizzate dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI pur in assenza di apposita convenzione tra l'Ente di Promozione Sportiva e la Federazione”.
Cosicché, l’attività agonistica svolta dagli EPS sarebbe attualmente libera e scevra dall’imposizione del limite di età (cfr. pag. 68).
Ha, infine, censurato la legittimità dei presupposti dell’irrogata sanzione e la sua quantificazione, contestando che in motivazione l’Autorità non avrebbe esplicitato “il motivo per il quale, difformemente da quanto previsto nell’avvio del procedimento ove l’attenzione dell’Autorità si è appuntata esclusivamente sulle stagioni 2021/2022 e 2022/2023, nel provvedimento finale si è giunti a prendere a riferimento anche ulteriori stagioni, a partire dalla stagione 2015/2016, nelle quali non è presente una regolamentazione che prevede una autorizzazione preventiva da parte della Federazione” (cfr. pag. 71).
Si sono costituiti in giudizio l’AGCM (30.9.2024), il Centro Nazionale Sportivo Libertas - CNS Libertas unitamente all’Associazione di Cultura, Sport e Tempo Libero - Associazione di Promozione Sociale (ACSI) e all’Associazione Italiana Cultura Sport (AICS), questi ultimi in data 30.10.2024; e in data 4.10.2024 si è, inoltre, costituita in giudizio l’Unione Italiana Sport Per tutti” Associazione di Promozione Sociale Rete Associativa Nazionale.
In particolare, l’Autorità ha depositato in data 7.10.2024 una memoria nella quale ha eccepito che la “FIGC ha utilizzato strumentalmente il potere regolatorio, tramite i Comunicati suddetti, emanati a partire dalla stagione 2015/2016, imponendo l’obbligo, per gli EPS, di stipulare anche per la c.d. “attività di base”, svolta dai bambini tra i 5 e i 12 anni - che secondo la definizione della stessa FIGC è attività “libera ludico-amatoriale” (e quindi non “agonistica”) - la stipula di convenzioni tra la Federazione e gli EPS, fino a prevedere, a partire dalla stagione 2022/23, anche la pre-autorizzazione dell’evento” (cfr. pag. 14); che “pur potendo ritenersi che la fissazione di un’età minima dell’attività agonistica sia un requisito necessario per l’accesso all’agonismo, proprio per condivisibili ragioni mediche o di salute, tale definizione non può tuttavia costituire un requisito sufficiente, dovendo piuttosto essere declinato alla luce di prestazioni sportive. Infatti, se l’età costituisce un requisito, non è sostenibile la tesi secondo cui è agonistica tutta l’attività sportiva calcistica praticata da chi ha più di 12 anni” (cfr. pag. 16); con richiami alla giurisprudenza comunitaria ha opposto che la condotta tenuta dalla ricorrente avrebbe violato il principio di proporzionalità e, pertanto, si sarebbe tradotta nel contestato abuso di posizione dominante; e, infine, ha sottolineato che “l’utilizzo strumentale e illecito da parte della FIGC del proprio potere regolatorio, accompagnato da comportamenti volti a segnalare alle ASD associate, ai tesserati FIGC e agli EPS le possibili conseguenze derivanti dal mancato rispetto delle regole illegittimamente definite, è risultato idoneo a ostacolare l’attività degli EPS nell’organizzazione di eventi giovanili a carattere ludico-amatoriale, limitando anche la libertà delle ASD affiliate anche alla FIGC, nonché dei giovani tesserati FIGC, di partecipare ai tornei organizzati dagli EPS; e ciò al fine di estendere in tale mercato la posizione della FIGC, peraltro già rilevante, e di accrescere il numero dei propri tesserati” (cfr. pag. 22).
In vista dell’udienza di discussione del ricorso nel merito, fissata per il 5 febbraio 2025, le parti hanno depositato le rispettive memorie e repliche.
In particolare:
- nella memoria del 16.1.2025 l’Autorità ha ribadito le proprie argomentazioni;
- nella memoria del 20.1.2025 gli EPS controinteressati hanno eccepito che “il Collegio di Garanzia del CONI, nella Decisione 23/2018, ha chiarito che si intende attività agonistica quella volta a conseguire prestazioni sportive di livello. In estrema sintesi, va operata una netta distinzione tra la determinazione di una età minima (varabile da sport a sport) per la pratica di attività agonistica e la qualificazione di una attività come agonistica, qualificazione che prescinde dall’età. Una cosa è dire che per praticare attività agonistica bisogna aver compiuto almeno 12 anni, altro è dire, come pretenderebbe la F.I.G.C. che al compimento dei 12 anni tutti i praticanti debbono qualificarsi come atleti agonisti” (cfr. pag. 5); che il “Procuratore federale interregionale della F.I.G.C.” avrebbe disposto il deferimento di “più di 200 a.s.d. e 200 Dirigenti delle stesse, molte delle quali avevano partecipato solo con categorie sotto i 12 anni, innanzi al Tribunale Federale Territoriale c/o il Comitato regionale Campania”, e ciò per omissione della richiesta dell’autorizzazione federale preventiva all'organizzazione e realizzazione di campionati/tornei organizzati da un EPS; nell’occasione, il giudice federale avrebbe, però, statuito che tale, peculiare, regime sarebbe compatibile con le norme federali; ed ancora, hanno evidenziato che il principio del doppio tesseramento sarebbe stabilmente innestato nell’ordinamento di settore, a riprova dell’autonomia degli EPS; che “il comportamento della F.I.G.C. ha avuto effetti concreti sull’attività degli E.P.S., sia sul piano reputazionale che economico comportando una rilevante limitazione all’ espansione delle attività degli E.P.S. con conseguente perdita di introiti per gli E.P.S. e ha ridotto l'offerta di manifestazioni alternative a quelle federali per gli atleti under 17, indebolendo così la concorrenza nel mercato. In relazione a ciò di nessun rilievo possono essere dati di crescita degli E.P.S. poiché per quanto sopra esposto è evidente che la crescita avrebbe potuto essere maggiore e la giurisprudenza euro comunitaria e del Consiglio di Stato hanno chiarito che non è necessario provare l'effettivo danno alla concorrenza, essendo sufficiente la condotta potenzialmente lesiva. I dati di crescita degli E.P.S. non escludono che gli stessi sarebbero potuti crescere in modo maggiore” (cfr. pag. 28); che l’ostruzionismo strabordante in abuso di posizione dominante sarebbe provato dal fatto “che nessuna delle modifiche richieste dagli E.P.S. sia stata accolta e che ad oggi nessuna convenzione in un decennio sia stata firmata”, ciò deponendo per una “una mancanza di flessibilità e di volontà di compromesso da parte della F.I.G.C., soprattutto considerando la sua posizione dominante nel mercato” (cfr. pag. 35);
- nella memoria del 20.1.2025 la FIGC ha fatto presente che “in ottemperanza al provvedimento AGCM n. 31263/2024 e all’esito dell’audizione svoltasi in data 21 novembre 2024, la FIGC ha elaborato una nuova bozza di convenzione nella quale è stato previsto in maniera inequivoca, al punto 1.3, che essa avrà cura di valutare in via preliminare la conformità dei Tornei esclusivamente a carattere agonistico organizzati dagli EPS, confermando, dunque, che l’attività ludico-amatoriale è libera. Tale bozza è stata trasmessa all’Autorità con nota del 06/12/2024, a cui essa ha riscontrato, prendendo atto e senza formulare ulteriori osservazioni. Tuttavia, nonostante il testo della Convenzione sia stato adeguato alle osservazioni formulate dall’Autorità nel corso del procedimento, nessuno degli EPS è addivenuto alla stipula (e men che meno ad una richiesta in tal senso). Quanto detto prova (sebbene la prova non spetti certo alla federazione) che nessuna condotta escludente è stata posta in essere e che la mancata stipula delle convenzioni è stato il frutto di un contegno strumentale degli EPS. In altri termini, se davvero le clausole delle bozze di convenzioni fossero state tali da non consentire la stipula agli EPS, non si comprende come mai ad oggi nessun EPS abbia chiesto di sottoscrivere una convenzione ormai validata dalla stessa Autorità. L’attuale regime, peraltro, determina un grave rischio per la tenuta del sistema perché, essendo stati censurati i legittimi poteri di controllo della Federazione e in assenza della stipula delle convenzioni, l’attività degli EPS che coinvolge le tesserate FIGC rischia di essere allo stato totalmente priva di garanzie regolamentari, tecniche e assicurative” (cfr. pag. 20).
Nessuna sostanziale novità è stata prospettata dalle parti nelle memorie di replica e, all’udienza pubblica del 5 febbraio 2025, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente, non è inopportuno soffermarsi sull’evoluzione giurisprudenziale che ha riguardato i presupposti per accertare l’abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 102 TFUE.
Con ordinanza del Consiglio di Stato, sez. VI, 20 luglio 2020, n. 4646, è stato disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea delle seguenti questioni:
“1) se le condotte che inverano lo sfruttamento abusivo di posizione dominate possano essere di per sé del tutto lecite ed essere qualificate “abusive” unicamente in ragione dell’effetto (potenzialmente) restrittivo ingenerato nel mercato di riferimento; oppure se le stesse debbano essere contrassegnate anche da una specifica componente di antigiuridicità, costituita dal ricorso a «metodi (o mezzi) concorrenziali diversi» da quelli «normali»; in quest’ultimo caso, sulla base di quali criteri si possa stabilire il confine tra la concorrenza «normale» e quella «falsata»;
(…)
3) se, in caso di abuso di posizione dominante consistito nel tentare di impedire che permanga il livello di concorrenza ancora esistente o il suo sviluppo, l’impresa dominante sia comunque ammessa a provare che – nonostante l’astratta idoneità dell’effetto restrittivo – la condotta è risultata priva di concreta offensività; se, in caso di risposta positiva, ai fini della valutazione in ordine alla sussistenza di un abuso escludente atipico, l’articolo 102 TFUE vada interpretato nel senso di ritenere sussistente in capo all’Autorità l’obbligo di esaminare in maniera puntuale le analisi economiche prodotte dalla parte sulla concreta capacità della condotta oggetto di istruttoria di escludere dal mercato i propri concorrenti;
4) se l’abuso di posizione dominante debba valutarsi soltanto per i suoi effetti (anche soltanto potenziali) sul mercato, senza alcun riguardo al movente soggettivo dell’agente; oppure se la dimostrazione dell’intento restrittivo costituisca un parametro utilizzabile (anche in via esclusiva) per valutare l’abusività del comportamento dell’impresa dominante; oppure ancora se tale dimostrazione dell’elemento soggettivo valga soltanto a ribaltare l’onere della prova in capo all’impresa dominante (la quale sarebbe onerata, a questo punto, di fornire la prova che l’effetto escludente è mancato)”.
Il giudice comunitario (9 dicembre 2021, C 377/20), a tale riguardo, ha statuito che:
“l’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che una pratica attuata da un’impresa in posizione dominante, indipendentemente dalla sua legittimità alla luce di branche del diritto diverse dal diritto della concorrenza, non può essere qualificata come abusiva, ai sensi di tale disposizione, soltanto in ragione della sua capacità di produrre un effetto preclusivo nel mercato rilevante, poiché tale comportamento non deve essere assimilato ad un effetto restrittivo della concorrenza, a meno che non sia dimostrato che tale impresa ha fatto ricorso a mezzi diversi da quelli che rientrano in una concorrenza basata sui meriti. In linea di principio, una pratica di esclusione che può essere replicata da concorrenti in maniera economicamente redditizia non rappresenta un comportamento che può dar luogo ad una preclusione anticoncorrenziale e rientra dunque nella concorrenza basata sui meriti.
L’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, al fine di accertare l’esistenza di un abuso di posizione dominante, un’autorità garante della concorrenza è tenuta a dimostrare, avuto riguardo a tutte le circostanze rilevanti e tenuto conto in particolare degli elementi invocati dall’impresa, che il comportamento di tale impresa avesse la capacità di restringere la concorrenza, analizzando, se del caso e a tal riguardo, anche gli elementi di prova invocati dall’impresa dominante, secondo i quali il comportamento in questione non avrebbe prodotto effetti anticoncorrenziali nel mercato rilevante.
L’articolo 102 TFUE deve essere interpretato nel senso che, per qualificare come abusiva una pratica di esclusione di un’impresa in posizione dominante, non è necessario dimostrare il suo intento soggettivo di escludere i suoi concorrenti. Tale intento può cionondimeno essere preso in considerazione, quale circostanza fattuale, segnatamente per dimostrare che tale comportamento è in grado di restringere la concorrenza. La prova di un supposto intento escludente non comporta alcuna inversione dell’onere della prova della natura abusiva di detto comportamento”.
Nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5054/2024, sulla cui portata ai fini del presente giudizio le parti si sono vivamente confrontate (in quanto era controversa la legittimità di un provvedimento sanzionatorio emesso da AGCM nei confronti della Federazione italiana sport equestri sull’assunto che questa avesse violato gli impegni in precedenza assunti e che, con la propria condotta, avesse integrato un abuso di posizione dominante), si è sottolineato che “sul piano generale giova ricordare che l’abuso di posizione dominante è integrato da tre elementi: la posizione dominante individuale o collettiva, lo sfruttamento abusivo della stessa, l’assenza di giustificazioni obiettive preminenti sugli effetti restrittivi della concorrenza. Con riferimento al concetto di posizione dominante, esso consiste nella situazione di potenza economica grazie alla quale l’impresa che la detiene è in grado di ostacolare la persistenza di una concorrenza effettiva sul mercato di cui trattasi ed ha la possibilità di tenere comportamenti alquanto indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori. Per provarne l’esistenza vengono solitamente presi in considerazione i seguenti indici indiretti: la quota di mercato dell’impresa; le possibilità di espansione dei concorrenti già presenti sul mercato ovvero di ingresso di imprese esterne ad esso; l’eventuale contro-potere degli acquirenti”.
Una pronuncia la cui utilità è, principalmente, rinvenibile nella doverosa verifica di concreti effetti correlati al contestato abuso di posizione dominante.
Ulteriore osservazione preliminare è che in ottemperanza al provvedimento n. 31263/2024, emesso dall’AGCM in esito dell’audizione del 21.11.2024, la FIGC ha elaborato una nuova bozza di convenzione, trasmessa in data 5.12.2024, nella quale è stata prevista una valutazione preliminare della FIGC circa la conformità dei tornei esclusivamente a carattere agonistico organizzati dagli EPS, escludendosi, invece, espressamente l’attività ludico-amatoriale, la quale, pertanto, è liberamente organizzabile. Si tratta di un accordo sopravvenuto in corso di giudizio, di cui l’Autorità ha preso atto con nota del 18.12.2024 e che riflette l’inquadramento normativo che definisce le competenze e le prerogative dei soggetti coinvolti nel presente giudizio.
Tanto precisato, si impone l’esame della disciplina di base sulla corretta distribuzione delle funzioni e dei compiti regolatori in tema di attività agonistica e non agonistica.
Anzitutto, lo Statuto del CONI prevede:
- all’art. 20 che “le Federazioni sportive nazionali sono costituite dalle società, dalle associazioni sportive e, nei soli casi previsti dagli statuti in relazione alla particolare attività, anche da singoli tesserati” (comma 2); “le Federazioni sportive nazionali sono rette da norme statutarie e regolamentari in armonia con l’ordinamento sportivo nazionale ed internazionale e sono ispirate al principio democratico e al principio di partecipazione all’attività sportiva da parte di chiunque in condizioni di uguaglianza e di pari opportunità” (comma 3); “le Federazioni sportive nazionali svolgono l’attività sportiva e le relative attività di promozione, in armonia con le deliberazioni e gli indirizzi del CIO e del CONI, anche in considerazione della rilevanza pubblicistica di specifici aspetti di tale attività. Nell’ambito dell’ordinamento sportivo, alle Federazioni sportive nazionali è riconosciuta l’autonomia tecnica, organizzativa e di gestione, sotto la vigilanza del CONI” (comma 4);
- all’art 23 che “ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1999, n. 242, e successive modificazioni e integrazioni, oltre quelle il cui carattere pubblico è espressamente previsto dalla legge, hanno valenza pubblicistica esclusivamente le attività delle Federazioni sportive nazionali relative all’ammissione e all’affiliazione di società, di associazioni sportive e di singoli tesserati; alla revoca a qualsiasi titolo e alla modificazione dei provvedimenti di ammissione o di affiliazione; al controllo in ordine al regolare svolgimento delle competizioni e dei campionati sportivi professionistici; all’utilizzazione dei contributi pubblici; alla prevenzione e repressione del doping, nonché le attività relative alla preparazione olimpica e all’alto livello, alla formazione dei tecnici, all’utilizzazione e alla gestione degli impianti sportivi pubblici” (comma 1); “nell’esercizio delle attività a valenza pubblicistica, di cui al comma 1, le Federazioni sportive nazionali si conformano agli indirizzi e ai controlli del CONI ed operano secondo principi di imparzialità e trasparenza. La valenza pubblicistica dell’attività non modifica l’ordinario regime di diritto privato dei singoli atti e delle situazioni giuridiche soggettive connesse” (comma 1 bis);
- all’art. 28 che “sono Enti di promozione sportiva le associazioni riconosciute dal CONI, a livello nazionale o regionale, che hanno per fine istituzionale la promozione e la organizzazione di attività fisico-sportive con finalità ricreative e formative, e che svolgono le loro funzioni nel rispetto dei principi, delle regole e delle competenze del CONI, delle Federazioni sportive nazionali e delle Discipline sportive associate” (comma 1); “possono essere stipulate apposite convenzioni tra Federazioni sportive nazionali o Discipline sportive associate ed Enti di promozione sportiva per il miglior raggiungimento delle rispettive finalità” (comma 2); “lo statuto, in armonia con i principi fondamentali del CONI, stabilisce l’assenza di fini di lucro e garantisce l’osservanza del principio di democrazia interna e di pari opportunità” (comma 3).
Le ragioni di contrasto si sono concentrate, anzitutto, sulla definizione di “attività agonistica”.
In merito a tale definizione, il CONI ha sottolineato nel corso del procedimento che “si tratta di regole stabilite per le attività organizzate nell’ambito federativo che non dovrebbero influenzare l’attività degli EPS, che possono organizzare liberamente manifestazioni ludico-amatoriali anche con atleti di età superiore a quelle stabilite dalle singole FSN in relazione all’inizio dell’attività agonistica”.
Tale posizione riflette la piana disciplina di cui al Regolamento EPS del CONI del 2014, in cui si prevede all’art. 2 che “gli Enti di Promozione Sportiva promuovono e organizzano attività multidisciplinari per tutte le fasce di età e categorie sociali secondo la seguente classificazione (…) 3) attività agonistiche di prestazione, connesse al proprio fine istituzionale, nel rispetto di quanto sancito dai Regolamenti tecnici delle Federazioni Sportive Nazionali o delle Discipline Sportive Associate, ai quali dovranno fare esclusivo riferimento, unitamente ai propri affiliati, per il miglior raggiungimento delle specifiche finalità previa stipula di apposite Convenzioni conformi al fac simile emanato dal CONI”.
Occorre osservare, però, che in attuazione della sopra indicata previsione del Regolamento EPS, la Giunta nazionale del CONI, con delibera n. 324 del 27.7.2015 ha approvato un Modello di Convenzione (Modello Convenzione FSN_DSA_EPS) finalizzato a facilitare la sottoscrizione degli accordi tra i diversi organismi sportivi, in conformità alle disposizioni per l’implementazione del Sistema Nazionale di Qualifiche degli Operatori Sportivi (SNAQ).
A ciò è seguita una situazione di inerzia nella relativa sottoscrizione: il che è comprovato dal fatto che soltanto con delibera n. 68 del 26.2.2019, quindi quasi dopo ulteriori 4 anni, la Giunta nazionale del CONI ha approvato un nuovo modello di convenzione che nella sostanza riprende il contenuto del precedente.
In tale intertempo si innesta (buona parte del) la disciplina dei Comunicati ufficiali della FIGC.
Segnatamente:
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2015 relativo alla stagione sportiva 2015/2016: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “in attesa di ridefinire il protocollo d’ intesa tra la FIGC e gli Enti di promozione sportiva non è al momento consentita alle società affiliate alla FIGC la partecipazione ad attività organizzate dagli enti stessi”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2016 relativo alla stagione sportiva 2016/2017: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “in attesa di ridefinire il protocollo d’ intesa tra la FIGC e gli Enti di promozione sportiva non è al momento consentita alle società affiliate alla FIGC la partecipazione ad attività organizzate dagli enti stessi”.
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2017 relativo alla stagione sportiva 2017/2018: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “alle Società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività organizzate esclusivamente dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico. Eventuali accordi di convenzione con Enti di Promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 2 luglio 2018 relativo alla stagione sportiva 2018/2019: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “alle Società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività organizzate esclusivamente dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico. Eventuali accordi di convenzione con Enti di Promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 2 luglio 2019 relativo alla stagione sportiva 2019/2020: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “alle Società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività organizzate esclusivamente dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico. Eventuali accordi di convenzione con Enti di Promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2020 relativo alla stagione sportiva 2020/2021: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “alle Società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività organizzate esclusivamente dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico. Eventuali accordi di convenzione con Enti di Promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2021 relativo alla stagione sportiva 2021/2022: “Attività con Enti di Promozione Sportiva”, secondo cui “alle Società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività organizzate esclusivamente dagli Enti di Promozione Sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico. Eventuali accordi di convenzione con Enti di Promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 1 luglio 2022 relativo alla stagione sportiva 2022/2023: in tale comunicato si è stabilito, quanto alle “attività con enti di promozione sportiva”, che “alle società affiliate alla FIGC è consentita la partecipazione ad attività di torneo a rapido svolgimento organizzati esclusivamente dagli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI con i quali è stata sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile Scolastico nonché regolarmente autorizzati dagli uffici FIGC competenti a livello nazionale, regionale o territoriale. A tale proposito viene costituita a partire dalla stagione sportiva 2022-23 apposita commissione interna di monitoraggio delle convenzioni sottoscritte. Gli accordi di convenzione con enti di promozione saranno comunicati con apposito Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico. Si specifica che al momento della pubblicazione sono in corso di sottoscrizione specifiche convenzioni con EPS che condividono le regolamentazioni federali a tutela dei minori e del loro sviluppo psico-fisico così come disciplinato dal presente comunicato ufficiale”;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 7 luglio 2023 relativo alla stagione sportiva 2023/2024: non è stata prevista alcuna disposizione riguardante gli EPS;
- Comunicato Ufficiale SGS n. 1° del 10 luglio 2024 relativo alla stagione sportiva 2024/2025: non è stata prevista alcuna disposizione riguardante gli EPS.
Ciò riassunto, occorre rilevare – a quanto consta dagli atti del giudizio – che nessuno di tali provvedimenti è stato mai impugnato da alcuna società affiliata alla FIGC o doppiamente affiliata alla stessa FIGC ed anche ad un EPS, cioè da soggetti che avrebbero potuto ritenersi astrattamente lesi da regole restrittive della libera partecipazione ad eventi sportivi organizzati dagli stessi EPS.
Eppure, ai sensi dell’art. 86, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva è consentito ricorrere agli organi di giustizia sportiva per l’annullamento delle deliberazioni dell’Assemblea e del Consiglio federale da parte – tra gli altri – dei tesserati o degli affiliati titolari di una situazione giuridicamente protetta dall’ordinamento federale che abbiano subito un pregiudizio diretto ed immediato dalle deliberazioni, e ciò tutte le volte in cui tali provvedimenti si rivelino contrari alla legge, allo Statuto del CONI e ai principi del CONI, allo Statuto e alle norme federali.
Non è stata, dunque, mai impedita una possibile delibazione sulla legittimità di decisioni della FIGC imponenti il divieto ad associazioni sportive dilettantistiche, a quest’ultima affiliate, di partecipare ad “attività organizzate dagli enti stessi” (cioè dagli EPS): e ciò sia sotto forma di divieto assoluto e incondizionato (comunicati del 2015 e 2016), sia sotto la condizione della previa stipulazione di “apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico” (comunicati 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 e 2022).
Del resto, nelle proprie conclusioni l’Autorità ha specificato che la strategia della FIGC che si sarebbe tradotta nel contestato abuso avrebbe avuto origine “quantomeno a partire dalla stagione sportiva 2015/16, cioè la prima stagione successiva al Regolamento EPS del 2014, ed è tuttora in corso almeno con riferimento ai comportamenti attinenti alla mancata stipula delle Convenzioni con gli EPS per l’attività agonistica, illegittimamente estesa dalla FIGC anche alle attività ludico-amatoriali svolte dagli EPS con i ragazzi di età compresa tra i 12 e i 17 anni”.
E, sempre nelle proprie conclusioni, ha ritenuto “utile evidenziare, al riguardo, che tutte le ASD hanno un chiaro interesse a mantenere l’affiliazione alla FIGC – oltre che ad un EPS – dal momento che la Federazione organizza i tornei agonistici e riconosce alle società presso le quali si sono formati i giovani talenti il premio di formazione allorquando questi intraprendano successivamente una carriera professionistica”.
Ed ancora, nel preambolo dell’impugnata deliberazione si legge che “né, (…) quanto meno fino alla stagione sportiva 2021/2022, era prevista alcuna autorizzazione preventiva della Federazione per la partecipazione a tornei organizzati dagli EPS da parte di società affiliate alla FIGC. L’unico requisito richiesto era che si trattasse di EPS riconosciuti dal CONI con i quali fosse stata “sottoscritta apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico”: ciò lasciando intendere che, nel lasso di tempo compreso tra il 2015 ed il 2022 – nonostante la mancata sottoscrizione della Convenzione prevista dall’art. 2 del Regolamento EPS – non fosse stata formalmente preclusa agli stessi EPS di organizzare competizioni di carattere ludico-sportivo.
Nondimeno, nella diacronìa degli eventi si è fatto cenno ad episodi intimidatori che avrebbero interessato alcuni EPS (nella specie, “ACSI ha riferito di due casi riguardanti tornei a rapido svolgimento, il primo dei quali si è svolto nel periodo natalizio nel 2018 in provincia di Cuneo, a seguito del quale diverse ASD e relativi dirigenti sono stati deferiti, multati e sospesi per 6 mesi per aver partecipato a tornei organizzati in ambito EPS in assenza dell’autorizzazione da parte della Federazione”).
Resta, però, il fatto che a fronte delle riferite intimidazioni nessuno dei succitati atti di regolazione è stato impugnato dalle associazioni sportive.
A ciò si deve aggiungere una disciplina ulteriormente modificata dopo il 2015.
Si fa riferimento, in particolare, alla determinazione trasfusa nel Comunicato ufficiale dell’1.7.2022, nella quale, oltre alla condizione della stipulazione di convenzioni con SGS, si è disposta l’ulteriore condizione che gli EPS dovessero essere anche “autorizzati dagli uffici FIGC competenti a livello nazionale, regionale o territoriale” (c.d. pre-autorizzazione).
Anche tale disciplina avrebbe potuto rivestire carattere lesivo: e ciò tanto più in ragione che, nel preambolo dell’impugnato provvedimento, si è fatto cenno ad episodi di “dissuasione” cronologicamente allocati a partire dal 2023 (“ACSI ha riferito di un torneo, denominato REGINS, svoltosi nel periodo pasquale 2023 in Emilia Romagna e organizzato da una ASD sua affiliata, in quanto ACSI non poteva, non essendo mai riuscito a stipulare una Convenzione con la FIGC”; “lo stesso comportamento da parte di rappresentanti federali è stato confermato anche dal CSI, che ha riferito di diversi episodi di minacce nei confronti di società sportive, al fine di dissuaderle dal partecipare a eventi promossi dagli EPS. Tali episodi sono stati confermati anche dal Centro Sportivo Educativo Nazionale (CSEN) in un documento inviato nel novembre 2023, in cui si afferma che in diversi casi “le minacce ed intimidazioni per sanzioni si sono concretizzate in messaggi verbali”, mentre in altri sono invece pervenute comunicazioni scritte da parte degli organi regionali della FIGC indirizzate alle ASD, le quali, tuttavia, per timore di ritorsioni nei loro confronti non hanno voluto trasmettere tale documentazione”).
Ma, come si è precedentemente evidenziato, nessuno di tali provvedimenti regolatori risulta essere stato impugnato da soggetti comunque titolari di una posizione qualificata e giuridicamente protetta, in tutto analoga a quella degli altri soggetti tesserati, espressamente contemplati dall’art. 86, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva; da associazioni sportive, cioè, concretamente operanti nel mondo delle attività non agonistiche, ossia ludico-amatoriali, cioè da quelle aggregazioni che avrebbero potuto subire condotte sostanzialmente inibitorie o, peggio, prevaricatrici da parte di “rappresentanti” della FIGC e tali da impedire ai propri atleti di esercitare la disciplina calcistica.
Tanto premesso, se dal fronte impugnatorio non si sono registrate iniziative, resta da analizzare l’andamento dei rapporti nel processo di elaborazione e mancata sottoscrizione della Convenzione, quest’ultima sempre imputata alla responsabilità della ricorrente.
Sul punto, si è fatto cenno, anzitutto, alla circostanza che in “una lettera del 14 ottobre 2015 inviata al Presidente del SGS, il Presidente del CSI sottolineava la necessità di trovare una soluzione che superasse la disposizione del C.U. n.1 del 2015, secondo la quale non era consentita alle ASD affiliate alla FIGC la partecipazione alle attività degli EPS stante l’assenza di un Protocollo di Intesa. Il CSI evidenziava, in particolare, come tale disposizione avesse creato “non pochi problemi” sul territorio, non sapendo le ASD come comportarsi”.
Tale iniziativa sarebbe stata corroborata da un “sollecito del mese di gennaio 2016”, sempre da parte del CSI (in cui si paventava che le ASD “rischiano di lasciare a casa alcuni ragazzi, terrorizzati dalla poca chiarezza di quello che possono o non possono fare”) e una email dell’8.4.2016, “inviata dal Presidente dell’ACSI alla segreteria del SGS”.
Sono, però, seguiti oltre sei anni di assenza comunicativa.
Infatti, soltanto “in data 19 ottobre 2022, è stata formulata alla FIGC, da parte del CNS Libertas, una richiesta di convenzionamento, che evidenzia come la Convenzione possa rappresentare uno strumento utile a favorire la piena e completa ripresa dell’attività sportiva a beneficio dei praticanti e dell’associazionismo di base dopo il troppo lungo e deleterio periodo di stasi che abbiamo tutti subito negli ultimi anni”.
Una ripresa delle interlocuzioni provata da “alcune documentate comunicazioni interne alla Federazione relative al contenuto della Convenzione da proporre”, alle quali, tuttavia, “non è stata data risposta. Successivamente, nel marzo 2023, è avvenuto un ulteriore scambio di email tra la Federazione e la CNS Libertas al fine di pervenire a una bozza condivisa che, tuttavia, non si è poi concluso con la stipula di alcuna Convenzione”.
Nella rappresentazione dei fatti l’Autorità ha evidenziato, altresì, che la giustificazione opposta alla mancata stipulazione sarebbe stata che “gli EPS sono fra loro molto diversificati e perseguono interessi non sempre coincidenti, ciò ha determinato l’impossibilità di arrivare ad un accordo”; e che, dunque, “solo a partire dalla fine del 2022 le trattative con i singoli EPS sono poi riprese, ma il CSI ha ritenuto che non ci fossero in ogni caso le condizioni per arrivare ad un accordo stante il contenuto della Convenzione imposto dalla Federazione”.
Un contenuto oggetto di diverse proposte di modifica del testo, di cui, però, nessuno dei controinteressati ha dato evidenza documentale.
Genericamente, gli EPS hanno eccepito di non avere “alcun interesse a non stipulare la convenzione con la F.I.G.C., la stessa tuttavia dovrebbe essere conforme ai principi stabiliti in quella proposta dal C.O.N.I.. Il fatto che nessuna delle modifiche richieste dagli E.P.S. sia stata accolta e che ad oggi nessuna convenzione in un decennio sia stata firmata, evidenzia una mancanza di flessibilità e di volontà di compromesso da parte della F.I.G.C., soprattutto considerando la sua posizione dominante nel mercato” (cfr. pag. 35 della memoria conclusiva).
La ricorrente ha, di contro, sostenuto (memoria procedimentale del 23.10.2023) di aver provveduto, in spirito di “leale collaborazione nei confronti dell’Autorità”, a modificare il contenuto del Comunicato ufficiale n. 1 dell’1.7.2023 SGS, con il quale si sarebbe eliminata “la parte in cui era prevista, per la partecipazione di società affiliate alla FIGC ad attività di torneo a rapido svolgimento organizzate dagli EPS, la sottoscrizione di una Convenzione tra l’EPS e la Federazione e la pre-autorizzazione del torneo stesso”.
L’Autorità ha sostenuto che “il modello proposto dalla FIGC, profondamente diverso da quello predisposto dal CONI, non risponderebbe all’esigenza di essere completato e adattato in relazione alle specificità della disciplina del calcio e/o alle dinamiche del settore, ma rifletterebbe piuttosto la volontà della Federazione di imporne unilateralmente i contenuti. In particolare, il modello proposto imponeva la necessità della richiesta di autorizzazione per qualsiasi manifestazione competitiva per tutti gli over 12 anni e, quanto meno fino alla stagione sportiva 2022/23, anche per quelli under 12 anni”.
Ma tale assunto è da ritenersi travisato, non corrispondendo affatto alla disciplina trasfusa nei Comunicati ufficiali sopra riportati, nei quali, al contrario, è assente qualsiasi prescrizione relativa alla c.d. pre-autorizzazione, per nessuna categoria ed età degli atleti (con isolata eccezione per la stagione sportiva 2022/2023); piuttosto, è vero che fino alla stagione sportiva 2022/2023 è stato richiesto un adempimento ben diverso, ossia la stipulazione di “apposita convenzione con il Settore Giovanile e Scolastico”; e neppure tale, sopravvenuta, prescrizione è stata, comunque, oggetto di impugnazione da parte degli EPS.
Per rinvigorire la sostanza della propria contestazione, l’Autorità ha quindi operato una valutazione comparativa tra il modello di Convenzione del CONI del 2019 ed il modello proposto dalla FIGC.
Nel dettaglio, ha osservato che “il modello di Convenzione del CONI del 2019 pone le parti su un piano paritario prevedendo in particolare: i) il reciproco impegno delle Parti a svolgere le iniziative necessarie per coordinare e disciplinare in modo armonico e razionale la pratica sportiva nelle diverse forme e definire congiuntamente i limiti di esercizio della pratica sportiva; ii) la costituzione di una Commissione paritetica – formata da una rappresentanza delle rispettive commissioni tecniche, incaricata di definire i programmi tecnici e i calendari dell’attività sportiva; iii) l’assenza di specifici riferimenti alla tipologia di attività che un EPS può organizzare, ossia se solo tornei a rapido svolgimento o anche con altre modalità e durata; iv) l’assenza di sanzioni disciplinari in caso di mancato rispetto delle previsioni della Convenzione”.
E che “per contro, anche con riferimento alle Attività di base, il modello proposto dalla FIGC: i) limita ai soli tornei giovanili a rapido svolgimento le manifestazioni che gli EPS possono organizzare e svolgere anche con società affiliate alla FIGC; ii) prevede che il SGS valuti in via preliminare la conformità di qualsiasi torneo organizzato dagli EPS ai Regolamenti federali al fine di autorizzare la partecipazione delle proprie società affiliate; iii) impone agli EPS il rispetto delle modalità tecniche, di gioco, classifica stabilite dalla FIGC; iv) non prevede alcuna Commissione paritetica”.
Ha, quindi, concluso che “tali clausole, se confrontate con le previsioni contenute nel modello del CONI del 2019, assumono un’indubbia valenza restrittiva e aiutano a comprendere la difficoltà per gli EPS di addivenire alla stipula delle Convenzioni. Sul punto, gli EPS sentiti in audizione hanno definito la bozza di Convenzione tramessa loro dalla FIGC più simile ad una “concessione” che ad una “convenzione”, in quanto contenente condizioni imposte e non concordate, ritenute inaccettabili e finanche “vessatorie””.
Ad avviso del Collegio, tuttavia, tale argomentazione, oltre a sindacare le valutazioni di merito tecnico di competenza federale, non tiene conto di una più radicata difficoltà regolatoria.
Assai significativo è, infatti, che il Segretario del Settore Giovanile Scolastico (SGS), cioè dell’organo che “promuove, organizza, disciplina e sviluppa l’attività sportiva e formativa dei giovani atleti dai 5 anni fino agli under 17, su tutto il territorio nazionale, attraverso una struttura centrale e coordinamenti regionali a cui è demandato il compito di promuovere, organizzare e valorizzare le attività SGS nei rispettivi territori”, ha riscontrato una comunicazione del 5.4.2019 della Direzione generale della FIGC evidenziando, nella comunicazione dell’8.4.2019, che “la convenzione standard FSN EPS (…) rimane molto generica lasciando di fatto alle parti gli accordi tecnici ed operativi”: cioè l’ammissione che occorresse un’elaborazione articolata di contenuti, che il medesimo rappresentante SGS ha espressamente riferito a: “differenze nei regolamenti e nelle modalità tecniche di gioco; criticità nell’adeguamento delle norme di sicurezza degli atleti e delle infrastrutture; mancato accordo sul tesseramento degli atleti; eccessiva difformità delle coperture assicurative; garanzia del rispetto a livello territoriale degli impegni intrapresi a livello nazionale”.
Alla luce della singolare tempistica del contraddittorio tra le parti circa la sottoscrizione della Convenzione, contrappuntato da lunghi periodi di stasi reciproca, ed all’esistenza di complessi profili di regolazione di carattere sostanziale, e non solo procedurale, ad avviso del Collegio non è fondatamente contestabile l’intenzionalità dell’operato “ostruzionistico e/o dilatorio da parte della FIGC nella stipula delle Convenzioni, che ha determinato di fatto l’impossibilità per gli EPS di svolgere attività agonistica di prestazione a livello giovanile, precludendo del tutto a questi ultimi l’accesso a tale mercato”.
Ad avviso del Collegio, pertanto, è indimostrato l’assunto secondo cui “la strategia abusiva della FIGC si è realizzata, in primo luogo, nel mercato dell’organizzazione di manifestazioni giovanili a carattere agonistico, dove la Federazione, attraverso la mancata stipula delle Convenzioni, ha precluso agli EPS l’accesso a tale mercato, rendendo di fatto non contendibile la propria posizione dominante ivi detenuta”.
Né, tantomeno, gli episodi di condotta intimidatoria, indicati nel provvedimento, possono surrogare la precarietà probatoria dell’abuso di posizione dominante.
Si tratta di episodi isolati e privi di diretta riferibilità della condotta di (anonimi) rappresentanti della FIGC ad una “regia” della stessa FIGC.
Quasi lambisce, poi, il paradosso la prova costituita dal “carattere strumentale dei deferimenti”, compendiata da quanto esposto dagli EPS e, in particolare, da “quanto segnalato dalla CNS Libertas relativamente al procedimento disciplinare avviato dalla FIGC n. 15075/119pfi22-23/PM/fm del 3 marzo 2023”: con riferimento a tale procedimento si è rimarcato che “il Procuratore Generale interregionale FIGC ha deferito oltre 200 soggetti – ASD e dirigenti delle stesse – affiliate sia alla FIGC che a EPS attivi in Campania, per presunta violazione dell’art. 4 co. 1 del Codice di Giustizia Sportiva in relazione alla disposizione contenuta nella Sezione 9 (“Regolamentazione dei tornei organizzati dalle società”), all’art. 9.3, lett. a2) (“Tornei a carattere nazionale”), del Comunicato Ufficiale del Settore Giovanile e Scolastico n. 1, del 1° luglio 2021, riferito alla stagione sportiva 2021-2022. In particolare, i soggetti colpiti dall’atto di deferimento avrebbero partecipato a diversi tornei organizzati da EPS (tra i quali la stessa CNS Libertas) attivi nella regione Campania, senza verificare se fosse stata richiesta l’autorizzazione federale preventiva all’organizzazione e realizzazione di campionati/tornei organizzati da tali Enti”.
A tale riguardo, nella memoria conclusiva gli EPS controinteressati hanno lamentato che “i deferimenti sopra richiamati (e anche altri) che hanno portato all'irrogazione di sanzioni da parte degli Organi di Giustizia Sportiva della F.I.G.C., sono stati formalizzati in relazione alle predette norme, (come inequivocabilmente si evince da quanto sopra riportato) e la Giustizia sportiva le ha ritenute applicabili ai tornei degli E.P.S.” (cfr. pag. 9).
In altri termini, vicende che afferiscono alla giustizia sportiva sostanzierebbero le doglianze poste a fondamento dell’abuso contestato alla FIGC intesa in senso istituzionale.
L’Autorità ha, nei fatti, dimostrato di condividere tale prospettazione, avendo rilevato che “diversamente da quanto vorrebbe sostenere la FIGC, la CNS Libertas ha ribadito che i deferimenti sono il portato dell’abuso di posizione dominante della FIGC che definisce i regolamenti su cui si basano. Anche ACSI ha sottolineato che ciò che viene contestato non è il procedimento della procura federale e le sanzioni inflitte dagli organi di giustizia, bensì i regolamenti sui quali si fondano detti procedimenti e sanzioni, volti a limitare illegittimamente l’attività degli EPS. In questo contesto, l’attività degli EPS risulta sempre più penalizzata soprattutto in talune regioni, sia in termini di numero di eventi organizzati sia di affiliati e di tesserati, con conseguenze rilevanti anche sotto il profilo economico”.
Ad avviso del Collegio, però, costituisce null’altro che una macroscopica congettura la tesi che intenderebbe profilare una connivenza tra la Procura Federale Nazionale e la Corte Federale di Appello per il fatto che quest’ultima, con la decisione resa a sezioni unite n. 0008/CFA pubblicata il 13 luglio 2023, ha accolto il reclamo della predetta Procura e, in riforma della decisione impugnata (emessa dal Tribunale federale territoriale presso il Comitato Regionale Campania n. 44/TFT del 1° giugno 2023), ha dichiarato procedibile il deferimento della Procura Federale e, per l’effetto, ha irrogato le sanzioni ai soggetti incolpati.
E tutto ciò per favorire il “disegno” della Federazione.
Fin troppo evidente che la tesi degli EPS e, soprattutto, la condivisione sostanziale di AGCM di tale teorema non tengono conto che l’art. 45, comma 2 del Codice di Giustizia Sportiva prevede che “gli organi del sistema della giustizia sportiva agiscono nel rispetto dei principi di piena indipendenza, autonomia e terzietà”.
Eppure, nel corso del procedimento la ricorrente ha pertinentemente sottolineato che “la nomina dei Giudici del Tribunale Federale avviene da parte del Consiglio Federale, scegliendo tra coloro che hanno presentato domanda a seguito della pubblicazione di una richiesta di manifestazione di interesse alla quale possono rispondere soggetti che abbiano determinati requisiti, quali avvocati dello Stato, professori universitari di ruolo in materie giuridiche e magistrati”.
Non certo per ultimo, va esaminata la motivazione a sostegno della rilevata violazione di abuso di posizione dominante.
In particolare, l’Autorità ha concluso che la “strategia escludente è stata estesa anche al mercato dell’organizzazione di manifestazioni giovanili a carattere ludico-amatoriale. In particolare, FIGC, attraverso un uso illegittimo del potere regolatorio conferitole dal CONI, da un lato, ha usato strumentalmente la definizione di agonismo riferita all’attività federale, applicandola anche all’attività organizzata dagli EPS con atleti di età compresa tra i 12 e i 17 anni seppur svolta a livello amatoriale; dall’altro, ha inserito nei propri Comunicati Ufficiali n. 1 l’obbligatorietà per gli EPS di stipulare Convezioni con la FIGC anche per l’Attività di base (attività svolta con atleti fino ai 12 anni e, per definizione, ludico-amatoriale) ai fini della partecipazione delle ASD associate alla Federazione a eventi giovanili a carattere ludico-amatoriale organizzati dagli stessi EPS (arrivando da ultimo a prevedere nella stagione 2022/23 addirittura una pre-autorizzazione federale di tali manifestazioni). La mancata stipula delle Convenzioni, dovuta alle inaccettabili condizioni imposte dalla FIGC, è quindi risultata idonea a ostacolare, se non escludere, gli EPS anche dal mercato dell’organizzazione degli eventi a carattere ludico-amatoriale (per tutti gli atleti under 17), consentendo in tal modo alla Federazione di estendere e rafforzare la propria posizione anche in questo mercato. Tale condotta, unitamente all’introduzione della pre-autorizzazione nella stagione 2022/23, ha determinato una restrizione all’accesso degli EPS anche al mercato dell’organizzazione di eventi a carattere amatoriale, che secondo il Regolamento EPS del 2014 può essere svolta liberamente, senza che sia necessaria alcuna Convenzione”.
Nel corso del procedimento, “CNS Libertas, in particolare, ha sottolineato come “[…] la competizione organizzata solo al fine di far fare sport e finalizzata al diletto dei partecipanti, anche se competitiva, può essere una competizione non agonistica”. Ha inoltre sottolineato come le norme indicate dalla FIGC a supporto della definizione di agonismo riguardano la tutela sanitaria e la determinazione dell’età minima a partire dalla quale si può svolgere attività agonistica, precisando che “una cosa è la tutela sanitaria richiesta per svolgere attività per gli over 12 anni, […] un’altra cosa è l’attività effettivamente svolta che può essere sia amatoriale che agonistica””.
In più banali termini, la contestazione allude ad una dilatazione illegittima, da parte della FIGC, dell’ambito dell’attività agonistica, la cui regolazione anche in chiave limitativa è infatti ascritta ai poteri federali, e ciò mediante la previsione dell’età di 12 anni quale criterio informatore e definitorio.
Sul punto si rendono necessarie alcune considerazioni in chiave ricostruttiva.
In primo luogo, assume importanza il legame tra l’agonismo e l’obbligo di possedere apposite certificazioni sanitarie perché, diversamente, si potrebbe propugnare una visione dell’attività agonistica come esasperazione incontrollata dello sforzo fisico, quindi in aperto contrasto con la visione dello sport promossa in tempi recenti dalla Costituzione, la quale all’art. 33, comma 7 prevede che “la Repubblica riconosce il valore educativo, sociale e di promozione del benessere psicofisico dell’attività sportiva in tutte le sue forme”.
Lo sport è, quindi, concepito come elemento di promozione del benessere psico-fisico, in piena sintonìa con la tutela della salute, cioè di un diritto fondamentale dell’individuo.
Non si tratta, a ben vedere, di una teorizzazione inedita.
Sul punto, già la legge 1055/1950 aveva previsto l’obbligo di certificazione sanitaria per alcune attività sportive e, in tale ambito, la legge istitutiva del S.S.N. n. 833/1978 aveva ritenuto la tutela sanitaria nell’attività sportiva uno degli obiettivi del servizio sanitario nazionale, includendola tra i compiti delle USL e prevedendo l’obbligo di certificazione per chiunque intendesse svolgere attività agonistica.
L’obbligo di certificazione è stato previsto dall’art. 7 della legge 91/1981, in cui si prevedeva che “l’attività sportiva professionistica è svolta sotto controlli medici, secondo norme stabilite dalle federazioni sportive nazionali ed approvate, con decreto del Ministro della sanità, sentito il Consiglio sanitario nazionale, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Le norme di cui al precedente comma devono prevedere, tra l’altro, l’istituzione di una scheda sanitaria per ciascuno sportivo professionista, il cui aggiornamento deve avvenire con periodicità almeno semestrale”.
L’art. 5 del D.L. 663/1979 ha rimesso l’individuazione dei criteri generali sui controlli sanitari per le attività sportive ai medici della Federazioni medico sportive italiane (FMSI), d’intesa tra le Regioni e il CONI, da approvarsi con decreto ministeriale.
Tale disciplina è stata tradotta in concreto con il DM del Ministero della Salute 18 febbraio 1982, la cui violazione è stata dedotta in giudizio dalla ricorrente: normativa integrata da due DM del 28 febbraio 1983 (per l’attività agonistica e per l’attività non agonistica).
Il DM 18 febbraio 1982, all’art. 1, ha previsto che “la qualificazione agonistica a chi svolge attività sportiva è demandata alle Federazioni sportive nazionali o agli enti sportivi riconosciuti”.
La circolare n. 7/1983 del Ministero della Salute ha compendiato sul piano argomentativo tale previsione, evidenziandosi che “si tratta di una forma di attività sportiva praticata sistematicamente e/o continuativamente e soprattutto in forme organizzate dalle Federazioni sportive nazionali, dagli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI e dal Ministero della Pubblica Istruzione per quanto riguarda i Giochi della Gioventù a livello nazionale per il conseguimento di prestazioni sportive di un certo livello. L’attività sportiva agonistica non è quindi sinonimo di competizione. L’aspetto competitivo, infatti, che può essere presente in tutte le attività sportive, da solo non è sufficiente a configurare nella forma agonistica un’attività sportiva”.
Riferimenti normativi evidenziati dalla ricorrente in sede istruttoria.
Il Ministero della Salute ha, quindi, conseguenzialmente approvato le tabelle per l’età minima di accesso all’attività sportiva agonistica che il CONI ha predisposto sulla base delle determinazioni a livello federale, in accordo con la Federazione Medico Sportiva Italiana; nella specie, per il calcio è prevista l’età di 12 anni.
In considerazione della risalenza di tale dato, non è, quindi, fondatamente sostenibile che la ricorrente abbia intenzionalmente dilatato l’area anagrafica per comprimere le prerogative degli EPS.
E le tabelle, allegate in giudizio dalla ricorrente, comprovano una chiara base regolamentare, caratterizzata da un riferimento anagrafico (12° anno) che nettamente si oppone e si fa preferire – in assenza di alternative, sempre enucleabili in futuro, ma oggi profilabili in linea puramente teorica – a definizioni di matrice concettuale su cosa si debba intendere per attività agonistica.
Per l’attività ludico-motoria, invece, non è obbligatoria alcuna certificazione medica, prevedendosi all’art. 42 bis del DL 69/2013, convertito nella legge 98/2013, ben anteriore alle vicende che avrebbero dato la stura all’abuso della FIGC, che “al fine di salvaguardare la salute dei cittadini promuovendo la pratica sportiva, per non gravare cittadini e Servizio sanitario nazionale di ulteriori onerosi accertamenti e certificazioni, è soppresso l'obbligo di certificazione per l'attività ludico-motoria e amatoriale”.
Ancor più significativo è che il DM 24 aprile 2013, recante la “Disciplina della certificazione dell'attività sportiva non agonistica e amatoriale”, prevede all’art. 2 (rubricato “Definizione dell'attività amatoriale. Certificazione”) che “ai fini del presente decreto è definita amatoriale l'attività ludico-motoria, praticata da soggetti non tesserati alle Federazioni sportive nazionali, alle Discipline associate, agli Enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI, individuale o collettiva, non occasionale, finalizzata al raggiungimento e mantenimento del benessere psico-fisico della persona, non regolamentata da organismi sportivi, ivi compresa l'attività che il soggetto svolge in proprio al di fuori di rapporti con organizzazioni o soggetti terzi”.
Pertanto, il tesseramento con la Federazione (e, a fortiori, il doppio tesseramento, con la Federazione e con un ente di promozione sportiva; ma anche il singolo tesseramento con un EPS riconosciuto dal CONI) preclude la qualificazione della relativa attività come “amatoriale” e, dunque, non agonistica.
Tale disposizione smentisce l’assunto delle EPS controinteressate, secondo le quali “una competizione organizzata solo al fine di far fare sport e finalizzata al diletto dei partecipanti, anche se competitiva, anche se svolta da ultra dodicenni può essere una competizione non agonistica” (cfr. pag. 7 della memoria conclusiva), senza, però, considerare se quegli atleti fossero, o meno, dei tesserati federali e, addirittura, anche dei tesserati degli stessi EPS riconosciuti dal CONI.
La confusione su tale aspetto è decisiva sul piano interpretativo; si tratta di un punto critico che l’Autorità avrebbe dovuto valutare, avendone ottenuto contezza sulla scorta di quanto rappresentato nel “recente documento del 20 aprile 2023, sempre di provenienza del CONI, reperito nel corso delle ispezioni e riguardante il “Tavolo di lavoro sui rapporti tra FSN/DSA ed EPS””.
L’Autorità ha dato atto che in tale documento si afferma che “nell’analisi della pratica sportiva, emerge che tutte le attività sportive, anche quelle prive di dimensione propriamente agonistica, possono essere connotate da competitività. La distinzione tra attività agonistica e non agonistica non è quindi esclusivamente ricercabile nella presenza dell’aspetto competitivo, ma anche nell’intensità che si riserva alla prestazione, espressa al massimo nella prima ipotesi e quasi trascurabile nella seconda. In alcune discipline sportive, che implicano un livello elevato della prestazione tecnica, è più facile ipotizzare la pressoché inesistenza di attività non agonistiche, ma nella maggior parte dei casi il confine è più labile perché risulta complessa la definizione univoca del concetto di prestazione”. Il CONI ha – si direbbe lapidariamente – evidenziato che “agonismo” non è sinonimo di “competitività” e che la definizione del concetto di agonismo varia a seconda della tipologia di disciplina sportiva, in quanto riguarda il grado più o meno elevato di prestazione tecnica che una specifica disciplina implica.
Nel calcio si è ritenuto a livello regolamentare che tale soglia sia individuabile nel 12° anno di età.
Non esistono, perciò, criteri discretivi che possano prescindere da riferimenti al diritto positivo.
Ciò è talmente vero che la Corte Costituzionale, nella sentenza 17 dicembre 1987, n. 517, nel delibare sulla legittimità di disposizioni legislative finalizzate ad introdurre misure urgenti per la costruzione o l'ammodernamento di impianti sportivi e per la realizzazione o completamento di strutture sportive di base, ha statuito che l’art. 56 del DPR 616/1977 (in tema di ripartizione delle competenze fra Stato e regioni) ha profilato un’interpretazione secondo cui “la vera e unica linea di divisione fra le predette competenze è quella fra l'organizzazione delle attività sportive agonistiche, che sono riservate al C.O.N.I., e quella delle attività sportive di base o non agonistiche, che invece spettano alle regioni”; e che “sotto il profilo organizzatorio, non può prescindere dal collegamento, tramite le Federazioni nazionali di settore, con l’ordinamento sportivo internazionale”.
Non sussistono, pertanto, validi argomenti per sostenere che la ricorrente, avendo riferito l’attività agonistica a quella svolta a partire dal 12° anno di età da atleti tesserati (singolarmente o doppiamente, poco rileva), abbia abusato di una posizione dominante; l’esercizio di tali prerogative altro non è che il riflesso di una legislazione posta nell’ordinamento di settore.
Immotivatamente, quindi, l’AGCM ha ritenuto che la definizione dell’attività agonistica, basata solo sull’età e non su criteri prestazionali oggettivi, sia stata strumentalmente finalizzata ad incidere sul mercato concorrenziale della libera organizzazione degli eventi sportivi, sostanzialmente imponendo una barriera in ingresso al mercato.
Nel corso del procedimento sono state evocate recenti decisioni della Corte di Giustizia dell’Unione europea (cfr. 21 dicembre 2023, C-124/21 P e 21 dicembre 2023, C-333/21: i noti arresti International Skating Union Company e Superleague Company).
In tali decisioni è stata affermata l’incidenza dal punto di vista concorrenziale del potere autorizzatorio e conformativo delle Federazioni, che determinerebbe un abuso di posizione dominante derivante dall’approfittare di un vantaggio sui concorrenti in assenza di criteri sostanziali e processuali e senza che siano fissati limiti, obblighi processuali e sostanziali e controlli nell’esercizio di questo potere.
Dunque, in linea di principio è condivisibile che la mancata, preventiva, adozione di un quadro di criteri sostanziali e di regole procedurali trasparenti, oggettive, non discriminatorie e proporzionate possa essere idonea ad integrare un abuso di posizione dominante.
Non è, infatti, seriamente dubitabile che, come ha osservato il giudice comunitario, “l’attribuzione di diritti esclusivi o speciali che conferiscono un siffatto potere all’impresa interessata, o l’esistenza di una situazione analoga sui mercati pertinenti, deve essere accompagnata da limiti, obblighi e controlli idonei a escludere il rischio di uno sfruttamento abusivo da parte dell’impresa della sua posizione dominante, affinché essa non violi l’articolo 102 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 106 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, MOTOE, C 49/07, EU:C:2008:376, punto 53)”.
Tali statuizioni devono, però, essere contestualizzate per fondare una contestazione di tale gravità.
La sentenza Superleague, infatti, ha considerato legittima la possibilità di adottare, come fatto da UEFA e FIFA, norme sull’approvazione preventiva delle competizioni e sulla partecipazione dei club e dei tesserati alle stesse, ove volte a garantire il rispetto di regole comuni, non potendosi pertanto affermare che l’adozione di tali norme, la loro attuazione né tantomeno le sanzioni collegate, costituiscano in via di principio un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.
L’adozione o attuazione di tali norme e sanzioni, per essere legittima, richiede la preventiva adozione di un quadro di criteri sostanziali e regole procedurali che consentano di qualificare il sistema di preventiva autorizzazione come trasparente, oggettivo, non discriminatorio e proporzionato.
Ciò vuol dire che i compiti e le prerogative di FIGC, dunque, vanno inquadrate in un contesto che, da un lato, deve evitare forme di incertezza regolatoria sui limiti dell’attività dilettantistica (non agonistica) e, soprattutto, sulla tutela dei giovani atleti; dall’altro, però, non può trascorrere nell’esercizio di un controllo preventivo sull’attività che impedisca – a soggetti qualificati dall’ordinamento sportivo, come gli EPS – di organizzare liberamente le rispettive competizioni.
Sul piano giuridico, perciò, la questione è se esista – nell’ordinamento di settore – un criterio o, addirittura, un parametro per valutare l’esercizio del potere regolatorio di FIGC (cioè quello di organizzare lo svolgimento della competizione, che è stato assegnato alle Federazioni, enti non lucrativi, non solo per profitto, ma per garantire uniformità regolamentare e di tutele alla pratica sportiva) e, nella specie, se tale potere sia stato esercitato in modo proporzionato a queste finalità, come invece non sarebbe stato ravvisato da AGCM.
Nella specie, il reticolo normativo evidenzia ad avviso del Collegio una coerenza legata alla peculiare natura dell’attività agonistica, che implica l’accettazione del rischio da essa derivante da parte di coloro che vi partecipano, per cui i danni eventualmente sofferti, e rientranti nell’alea normale della prestazione, ricadono sugli stessi: la Federazione ha fissato la regola che, a partire dal 12° anno di età, sia tecnicamente congrua l’accettazione del predetto rischio quale prodromo dell’attività agonistica.
Del resto, la stessa sentenza Superleague ha puntualmente affrontato, tra i vari aspetti e sempre con riferimento a tutte le disposizioni che tutelano la concorrenza interna (artt. artt. 56, 101 e 102 TFUE), l’incidenza di possibili cause di esenzione e giustificazione su un accertamento, per così dire, scriteriato di un abuso di posizione dominante.
In sostanza, tale pronuncia ha inteso ribadire come l’adozione di norme sull’approvazione preventiva delle competizioni calcistiche tra club e sulla partecipazione delle società di calcio professionistiche e dei giocatori a tali competizioni possono, in via di principio, essere giustificate dall’esigenza di garantire che tali competizioni siano organizzate nel rispetto dei principi, dei valori e delle regole su cui si fonda il calcio professionistico, e anche di assicurare che le medesime si integrino nel sistema organizzato di competizioni nazionali, europee e internazionali.
Si è osservato, insomma, che la definizione di attività agonistica, che le Federazioni individuano autonomamente, sovente facendo riferimento – come nel caso del calcio – all’età minima a partire dalla quale si può svolgere attività agonistica, richiede un quadro di regole sostanziali e procedurali che deve necessariamente informare ogni sistema regolatorio e autorizzativo, nei termini precisati dalla Corte di Giustizia nella sentenza “Superlega”.
Seppure tali regole perseguano un obiettivo legittimo afferente al potere istituzionale volto ad assicurare il corretto e ordinato svolgimento delle competizioni, tale obiettivo deve essere valutato in termini di proporzionalità della restrizione alla concorrenza.
Nella specie, la verifica riguardante il test di proporzionalità ricadeva sull’AGCM, la quale, però, ha censurato – contro l’evidenza normativa – la condizione (anagrafica) per l’esercizio dell’agonismo, correlando a tale critica, ammissibile in sola chiave de iure condendo, un pesante addebito nei confronti dell’istituzione sportive federale, fondato su elementi di carattere suggestivo, collegati ad episodi materiali di dubbia verificabilità, e non, piuttosto, a fermi presupposti di tenore ordinamentale.
Il risultato di tale, insufficiente, prospettiva è, peraltro, contraddetto dai dati che afferiscono alla gestione dell’attività da parte degli EPS: quanto meno dai dati direttamente ricavabili dal provvedimento impugnato e dai dati che sono ricavabili dai documenti allegati in giudizio.
La finalità anticoncorrenziale assunta quale capisaldo delle contestazioni, ossia l’intento di FIGC di “ostacolare e finanche escludere gli EPS dal mercato dell’organizzazione di eventi a carattere ludico amatoriale, al fine di accrescere la propria posizione in tale mercato e aumentare il numero dei tesserati, a danno degli EPS, delle ASD e, in definitiva, degli atleti under 17”, non è stata supportata da alcun dato concreto.
La ricorrente ha opposto che, “dopo il periodo pandemico, l’attività degli EPS ha ripreso a crescere a pieno ritmo e, nel periodo 2021/2022 – 2022/2023, il numero totale di tesserati giovanili degli EPS (che per definizione sono tutti amatori) è cresciuto del 10% (da 346.000 a 380.000), mentre quello dei tesserati under 12 della FIGC (che sono, invece, gli unici amatori in ambito FIGC) solo del 9% (da 440.000 a 480.000). Tale dato è coerente con quello ricavabile dal Rapporto “i Numeri dello Sport 2021-2022” del CONI, che certifica come, tra il 2021 e il 2022, gli atleti tesserati per le FSN siano aumentati del 16,3%, mentre i praticanti degli EPS del 21,2%” (cfr. pag. 6 della memoria conclusiva FIGC).
Nel documento “Osservatorio permanente sullo sport di base”, redatto da alcune EPS ma allegato dalla ricorrente, è decisivo il dato riguardante il “numero di organizzazioni sportive affiliate ad una fsn/dsa, eps trend (2016-2022)”: un settennato di attività che, rapportato alle questioni controverse, fornisce un quadro oggettivo.
Ebbene, tale numero era di 118.812 nel 2016; di 121.815 nel 2017; di 110.409 nel 2018; di 120.635 nel 2019; di 115.469 nel 2020; di 109.800 nel 2022: un numero, nel 2022, leggermente più contenuto, a dimostrazione di un calo che, ad avviso del Collegio, ha inciso nel dato che riguarda il confronto numerico tra amatori EPS e amatori FIGC, di cui vi è menzione nel provvedimento impugnato (cfr. tabella n. 1, pag. 46).
Sulla scorta delle rilevazioni dell’AGCM gli amatori degli EPS risultano essere circa 380.000 nella stagione 2022/2023 e gli amatori della FIGC (che, in quanto under 12, non possono svolgere attività agonistica poiché non potrebbero neppure ottenere la relativa certificazione) risultano essere circa 480.000: una differenza di 100.000 che, nella stagione 2022/2023 è razionalmente ascrivibile al calo di affiliazioni (di cui si è detto sopra) che inevitabilmente ha portato con sé un calo di atleti.
Non a caso nella stagione 2020/2021 la differenza è stata, invece, di appena 30.000 atleti amatori (300.000 FIGC vs 270.000 EPS).
Nel medesimo documento, inoltre, si è precisata “l’offerta di eventi sportivi ruota attorno alle gare” per il 2021 e, in particolare, si sono stimati in “oltre 180mila eventi sportivi organizzati dal Sistema EPS”, positivamente concludendosi che “si arresta la contrazione registrata negli anni precedenti”, dovuta al Covid.
Sono facilmente leggibili picchi decisamente significativi negli anni prepandemici, ossia il 2017 (277.447), 2018 (299.243) e 2019 (196.931), cioè proprio in quegli anni nei quali – a seguire la prospettazione accusatoria dell’Autorità – si sarebbe consumato l’abuso di posizione dominante perpetrato dalla Federazione mediante una strategia che avrebbe generato le riferite restrizioni della concorrenza.
Senza contare che il documento in questione evidenzia il “pareggio di bilancio nel 2021 e volumi in crescita”, cioè una media di “6,5 milioni di euro per Ente” e “58 mila euro per sede”.
I riscontri econometrici, pertanto, depongono in senso diametralmente opposto agli assunti sui quali è stata formulata la contestazione di abuso di posizione dominante.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sanzione impugnata va annullata.
La novità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese legali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi espressi in motivazione.
Spese compensate.