
Svolgimento del processo
1.GRANDE DISTRIBUZIONE MERIDIONALE – GDM S.p.A. in Amministrazione Straordinaria, ha notificato in data 28 aprile 2015, nei confronti di BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.p.A., azione revocatoria ex art. 67, secondo comma, l. fall., in relazione ad alcune rimesse affluite sul c/c n. 10237.90 nel semestre precedente la proposizione in data 5 aprile 2011 della domanda di concordato preventivo di GDM S.p.A. presso il Tribunale di Milano. L’attrice, facendo valere la consecutio tra le procedure, ha chiesto la condanna della banca convenuta alla restituzione di complessivi € 201.912,48.
2.La banca convenuta ha eccepito preliminarmente la decadenza e la prescrizione dell’azione a termini dell’art. 69-bis l. fall.
3.Il Tribunale di Milano ha rigettato la domanda, dichiarando la decadenza dell’attore dalla proposizione della domanda a termini dell’art. 69-bis, primo comma, l. fall. per mancata proposizione dell’azione nel termine triennale, decorrente dall’accertamento dello stato di insolvenza.
4.La Corte di Appello di Milano, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello dell’Amministrazione Straordinaria. Ha ritenuto il giudice di appello che – in base al combinato disposto degli artt. 49 d. lgs. n. 270/1999 e 69-bis l. fall. – il termine per la proposizione delle azioni revocatorie è di decadenza e non di prescrizione e decorre dalla dichiarazione dello stato di insolvenza, intendendosi riferita a tale evento l’indicazione che l’art. 69-bis l. fall. opera in relazione alla sentenza dichiarativa di fallimento.
5.Propone ricorso per cassazione GDM in A.S., affidato a un unico motivo, cui resiste con controricorso la banca.
Motivi della decisione
1.Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 49 d. lgs. n. 270/1999 e 69-bis l. fall., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di far decorrere il termine di decadenza triennale di cui all’art. 69-bis l. fall. dalla data della dichiarazione dello stato di insolvenza di GDM S.p.A. anziché dalla data di autorizzazione del programma commissariale di cessione dei complessi aziendali. Osserva parte ricorrente che, a seguito della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza in data 9 febbraio 2012 e della apertura della procedura di Amministrazione Straordinaria di GDM S.p.A. in data 6 aprile 2012, il MISE (oggi MIMIT) ha approvato il Programma commissariale nelle forme della cessione dei complessi aziendali in data 31 ottobre 2012. Deduce, al riguardo, il ricorrente che prima di tale data l’azione revocatoria non sarebbe proponibile a termini dell’art. 2935 cod. civ., costituendo l’approvazione del programma commissariale di cessione dei complessi aziendali condizione dell’azione ex art. 49 d. lgs. n. 270/1999, disposizione assente nella disciplina previgente. Osserva, inoltre, come non sarebbe rilevante la qualificazione del termine previsto dall’art. 69-bis l. fall. come di decadenza o di prescrizione.
2.Sotto un secondo profilo, parte ricorrente deduce che la disposizione dell’art. 69-bis l. fall. non sarebbe applicabile alla disciplina dell’amministrazione straordinaria, atteso il favor verso la conservazione dei livelli occupazionali, nonché stante l’assenza di un espresso rinvio recettizio a tutte le norme del fallimento.
3.Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per mancanza di autorizzazione ad agire. Al di là del diverso profilo entro cui inquadrare la dedotta eccezione, fondata sull’assenza di autorizzazione ad agire del giudice delegato al «commissario giudiziale» laddove l’azione è proposta dal commissario straordinario, va evidenziato che il commissario straordinario – con le sole eccezioni indicate dall’art. 42 d. lgs. n. 270/1999 - ha pieni poteri nell’esercizio delle proprie funzioni e non necessita ai fini del promovimento dell’azione revocatoria fallimentare dell’autorizzazione preventiva dell’Autorità di Vigilanza, come già avveniva sotto il regime della disciplina abrogata di cui al d.l. n. 26/1979, conv. nella l. n. 95/1979 (Cass., n. 9453/2016).
4.Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per essere lo stesso contrario alla giurisprudenza di legittimità, avendo il ricorrente evidenziato un mutamento nella giurisprudenza di questa Corte (dovuto, peraltro, all’evoluzione normativa), mutamento in parte ancora precedente la pronuncia di primo grado.
5.Il ricorso è fondato in relazione a entrambi i profili. Dispone l’art. 49 d. lgs. n. 270/1999 che «le azioni per la dichiarazione di inefficacia e la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori previste dalle disposizioni della sezione III del capo III del titolo II della legge fallimentare possono essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento». Dispone, invece, l’art. 69-bis, primo comma, l. fall. «le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto». Tale ultima norma introduce (al di là del profilo definitorio, qui non decisivo e cioè se sotto pena di decadenza o di prescrizione o per mera decorrenza oggettiva) termini per la proposizione delle azioni di massa («disciplinate nella presente sezione») ed è stata innestata nella disciplina del fallimento dall’art. 55 d. lgs. n. 5/2006, dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 270/1999. Diversamente, l’art. 49 d. lgs. cit. (come osservato dal ricorrente) non contiene alcun riferimento a una disciplina specifica di termini di proposizione delle azioni di massa.
6.L’art. 69-bis l. fall. non può applicarsi al caso di specie per una duplice e concomitante ragione. In primo luogo, la disciplina dell’amministrazione straordinaria costituisce disciplina speciale della crisi di impresa rispetto alla disciplina generale del fallimento; sicché una norma generale entrata in vigore successivamente (luglio 2006) non può derogare a una precedente disciplina speciale, che pertanto sopravvive nella sua portata regolatoria.
7.In secondo luogo, l’art. 49 d. lgs. cit. è privo di qualsiasi richiamo testuale a termini di decadenza o prescrizione o comunque ad un più specifico computo dei termini per la proposizione dell’azione, limitandosi al comma 2 a dettare una disciplina di raccordo tra la decorrenza del periodo sospetto delle azioni di massa proposte dal commissario straordinario e la disciplina del fallimento, agganciando tale decorrenza alla dichiarazione dello stato di insolvenza. Né l’art. 49 è stato modificato successivamente per effetto della mutata disciplina concorsuale generale; ciò, già menzionando l’assenza nella l. n. 80/2005 di delega legislativa in tal senso, conferma che il rinvio contenuto nell’art. 49 cit. alla l. fall. resta fermo alla proponibilità delle azioni di massa del fallimento e al computo del periodo sospetto, non anche ai termini di proposizione delle azioni.
8.Ne consegue che all’Amministrazione straordinaria non è applicabile alcun termine di cui all’art.69-bis comma 1 l. fall., per la proposizione di azioni di massa. Si rende, invero, applicabile la disciplina della prescrizione dell’azione revocatoria fallimentare, per la quale - in difetto del regime dell’art. 69-bis l. fall. o di altra norma specifica - deve operarsi (come per i fallimenti dichiarati sotto il vigore della disciplina previgente il d. lgs. n. 5/2006) un rinvio alla disciplina della prescrizione di cui all’art. 2903 cod. civ. previsto per l’azione revocatoria ordinaria, rinvio operato «in via analogica» (Cass., n. 11015/2013; Cass., n. 16152/2000; Cass. n. 12317/1999).
9.Fondato è il ricorso anche in tema di decorso del termine di prescrizione dell’azione. Questa Corte, già sotto il vigore della disciplina di cui all’abrogato d.l. n. 26/1979, conv. nella l. n. 95/1979 - in conformità al diritto dell’Unione, volto a evitare vantaggi selettivi per le imprese che operano in regime di amministrazione straordinaria (decisione della Commissione 16 maggio 2000 (2001/212/CE), Corte di Giustizia UE, 17 giugno 1999, Piaggio, C- 295/97, punti 42-44) - ha ritenuto che l’azione revocatoria fallimentare proposta nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi è proponibile dal solo «momento in cui inizia la liquidazione dei beni» (Cass., n. 12936/2003; Cass., n. 18915/2004; Cass., n. 11519/1996).
10.In assenza di una norma ad hoc, sotto il regime abrogato si è ritenuta procedibile l'azione revocatoria a decorrere dalla data del decreto che dispone l'apertura della procedura e dalla nomina del commissario e non dalla dichiarazione di insolvenza (Cass., Sez. U., n. 437/2000; Cass., n. 4214/2006).
11.Questo orientamento è mutato in forza della sopravvenuta disciplina dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, che al comma 1 dell’art. 49 d. lgs. n. 270/1999 ha previsto che le azioni di massa «possono essere proposte dal commissario straordinario soltanto se è stata autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali, salvo il caso di conversione della procedura in fallimento». Tale disposizione – che sposta in avanti il termine di decorrenza della prescrizione - ha la funzione di evitare «all’imprenditore insolvente di ristrutturarsi (…) a spese dei terzi assoggettati a revocatoria» (Corte cost., n. 172/2006), subordinando l’esperimento delle azioni recuperatorie all’adozione del decreto ministeriale che autorizza il programma di cessione dei complessi aziendali. In tal modo, si preclude alla società in amministrazione straordinaria di proseguire il suo percorso di risanamento, da un lato mantenendo la continuità soggettiva nella prosecuzione dell’attività di impresa, dall’altro avvantaggiandosi degli effetti delle azioni revocatorie concorsuali; in tal modo si ingenererebbe un potenziale effetto distorsivo sulla concorrenza rispetto alle imprese in bonis, le quali non possono impugnare atti negoziali che, in assenza di dichiarazione di insolvenza, sarebbero legittimi.
12.In mancanza di autorizzazione di un Programma di cessione dei complessi aziendali manca, pertanto, una condizione giuridica per la proposizione dell’azione revocatoria, per cui è solo dal verificarsi di tale evento che l’esercizio del diritto può essere fatto valere. Ne consegue che la disposizione dell’art. 49 d. lgs. n. 270/1999 costituisce «avveramento di una specifica condizione per l'esperimento dell'azione non richiesta né prospettabile in passato (Cass. n. 8539/2000) (…) non è più sufficiente la nomina del Commissario quale unico soggetto legittimato all'esercizio dell'azione perché il diritto, ex art. 2935 cod. civ., possa essere fatto valere, ma occorre anche, affinché "le azioni .... possano essere proposte dal Commissario straordinario", che sia stata "autorizzata l'esecuzione di un programma di cessione dei complessi aziendali"» (Cass., n. 31194/2018; già Cass., n. 21516/2017; conf. Cass., n. 35272/2023; Cass., n. 35309/2023). La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
13.Il ricorso va, pertanto, accolto, cassandosi la sentenza impugnata con rinvio al giudice a quo per l’esame delle questioni rimaste assorbite. Al giudice del rinvio è rimessa anche la regolazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la regolazione e la liquidazione delle spese processuali del giudizio di legittimità.