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7 febbraio 2023
Civile e processo
Valida la compravendita di un immobile oggetto del fondo patrimoniale
I genitori che hanno istituito il fondo patrimoniale e conferito il bene immobile, possono decidere di alienarlo senza autorizzazione del giudice tutelare.
di Avv. e Giornalista pubblicista Maurizio Tarantino
Il caso

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Tizio in qualità di curatore speciale dei minori Caio e Mevio, aveva chiesto al giudice di accertare la nullità ai sensi dell'art. 169 c.c. dell'atto di compravendita dell'immobile, unico compendio del fondo patrimoniale costituito dai genitori dei minori. La vendita infatti era avvenuta senza l'autorizzazione del giudice tutelare ed a scapito dei minori, tra l'acquirente Sempronio e la madre del padre dei minori quale formale intestataria dell'immobile. Secondo l'attore, tutta l'operazione era stata orchestrata e portata a termine dal padre dei minori che aveva incassato per il tramite della madre, il prezzo della vendita. La domanda di accertamento della nullità veniva quindi proposta nei confronti di Sempronio, il quale non poteva giovarsi della buona fede ai sensi dell'art. 2652 c.c. Per le ragioni esposte, il curatore aveva chiesto la nullità della clausola derogatoria contenuta nell'atto di istituzione del fondo patrimoniale e per l'effetto aveva chiesto di disporre che l'immobile venisse reintestato al fondo patrimoniale o in via subordinata che i convenuti venissero condannati a reintegrare il fondo patrimoniale.  Costituendosi in giudizio, il padre dei minori eccepiva che il fondo patrimoniale costituto dai coniugi aveva un immobile formalmente intestato a sua moglie, ma di fatto era incapiente perché quell'immobile era in realtà di proprietà esclusiva della madre del convenuto, che aveva finanziato i fondi per comprarlo. Il prezzo della vendita dell'immobile non era stato reinvestito a favore dei figli perché era denaro di proprietà della stessa; sicché, non è vero che il padre non aveva provveduto alle necessità dei figli una volta cessata la convivenza con la moglie. In ogni caso la possibilità di alienare l'immobile era espressamente prevista nell'atto costitutivo del fondo patrimoniale.

Il diritto

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Secondo il Tribunale, nel caso in esame, non ricorreva l'ipotesi di ultrattività del fondo per intervenuto divorzio, in presenza di figli minori, ipotesi in cui si applica sempre l'art. 171 c.c. anche per gli atti di disposizione previsti dall'art.169 c.c., e quindi eventuali clausole di deroga all'autorizzazione dell'autorità giudiziaria contenute nell'atto costitutivo del fondo perdono rilievo poiché l'atto di amministrazione va sempre autorizzato, ai sensi dell'art. 171, comma 3, c.c. Ed infatti la separazione tra i genitori dei minori non era intervenuta all'epoca dell'alienazione dell'immobile oggetto di causa. Quindi, a parere del giudice, ai sensi dell'art. 169 c.c. può essere pattuita una clausola che stabilisce il venir meno di tutte le limitazioni per i coniugi agli atti dispositivi dei beni costituiti in fondo patrimoniale. Nel caso in esame, in particolare, la clausola rispondeva al modello normativo derogatorio e pertanto era ritenuta valida. Ne consegue che i genitori che hanno istituto il fondo patrimoniale e conferito il bene immobile, potevano decidere di alienarlo, senza autorizzazione del Giudice tutelare. Nella vicenda, inoltre, l'atto di compravendita era stato stipulato da dalla madre del padre dei minori per procura rilasciata dall'intestataria dell'immobile, ovvero la madre dei minori, la quale evidentemente aveva dato il suo consenso alla vendita.  A questo proposito, inoltre, ai sensi dell'art. 169 c.c. e della deroga pattizia era quindi sufficiente la concorde volontà dei soggetti che avevano istituto il fondo patrimoniale, di alienare il bene immobile in esso conferito. In definitiva la pattuizione di una clausola derogatoria consente l'atto dispositivo del bene facente parte del fondo patrimoniale sul solo presupposto dell'accordo dei genitori, prescindendo da ogni altra valutazione. In conclusione, le domande di parte attrice sono state rigettate. 

La lente dell'autore

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In base all’art. 169 c.c., se non è stato espressamente consentito nell'atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l'autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio , nei soli casi di necessità od utilità evidente.  In particolare, il fondo patrimoniale indica la costituzione su determinati beni (immobili o mobili registrati o titoli di credito) da parte di uno o di entrambi i coniugi (o anche di un terzo), con convenzione matrimoniale assoggettata a oneri formali pubblicitari di un vincolo di destinazione al soddisfacimento dei bisogni della famiglia. Indica altresì il relativo regime di cogestione da parte dei coniugi. Il vincolo di destinazione impresso ai beni comporta che essi non siano aggredibili per debiti che i creditori conoscevano essere stati contratti per bisogni estranei alla famiglia. A tale stregua, il detto vincolo limita la aggredibilità dei beni conferiti solamente alla ricorrenza di determinate condizioni, rendendo più incerta o difficile la soddisfazione del credito, conseguentemente riducendo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio dei costituenti in violazione dell'articolo 2740 c.c., che impone al debitore di rispondere con tutti i suoi beni dell'adempimento delle obbligazioni, a prescindere dalla relativa fonte.

Premesso ciò, in tema, secondo i giudici di legittimità, la costituzione del fondo patrimoniale può essere dichiarata inefficace nei confronti dei creditori a mezzo di dell’azione revocatoria ordinaria ex articolo 2901 del codice civile, mezzo di tutela del creditore rispetto agli atti del debitore di disposizione del proprio patrimonio, poiché con l'azione revocatoria ordinaria viene rimossa, a vantaggio dei creditori, la limitazione alle azioni esecutive che l'articolo 170 del codice civile circoscrive ai debiti contratti per i bisogni della famiglia, sempre che ricorrano le condizioni di cui all'articolo 2901 comma 1, n. 1, del codice civile, senza alcun discrimine circa lo scopo ulteriore da quest'ultimo avuto di mira nel compimento dell'atto dispositivo (Cass. civ., sez. III, 8 febbraio 2021, n. 2904). Inoltre, nonostante tale premessa di portata generale, come accaduto nella vicenda del Tribunale di Torino, in caso di fondo patrimoniale, pur in presenza di figli minori, la preventiva autorizzazione del giudice al compimento di atti di disposizione, indicati nell'art. 169 c.c., è applicabile solo in mancanza di un'espressa pattuizione in deroga contenuta nell'atto di costituzione del fondo (Cass. civ., sez. I, 4 settembre 2019, n. 22069; Cass., civ., sez. III, 23 luglio 2021, n. 21184). Quindi, in tale circostanza, si deve ritenere che la disciplina legale sancita dall'art. 169 c.c. - e quindi la preventiva autorizzazione del giudice alla alienazione di beni del fondo - si renda applicabile solo in mancanza di deroga prevista nell'atto di costituzione del fondo patrimoniale. Pertanto, come sottolineato anche dal giudice di Torino «l'eliminazione pattizia delle limitazioni di cui all'art. 169 c.c., vale quindi, solo per i coniugi ma non anche per i terzi i quali pur in presenza di una clausola che prevedesse il venir meno di tutte le limitazioni per i coniugi agli atti dispositivi dei beni costituiti in fondo patrimoniale, non per questo si vedrebbero riconosciuto il diritto di imporre vincoli sui beni in questione».

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