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13 aprile 2023
Lavoro e previdenza sociale
Illegittimo il licenziamento del lavoratore che si reca allo stadio durante la malattia
Recarsi ad un evento sportivo durante lo stato di malattia non pregiudica il rapporto fiduciario intercorrente tra lavoratore e datore di lavoro: il Tribunale di Arezzo conferma l'illegittimità del licenziamento del dipendente che si reca allo stadio fuori dalla fascia oraria di reperibilità per la visita fiscale.
di Specialista giuridico legale finanziario presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri Ida Lomonte
Il caso

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Un lavoratore dipendente di una società per azioni, con mansioni di affilatore, veniva licenziato per essersi recato allo stadio per assistere ad una partita di Serie A durante lo stato di malattia.
A giudizio della società datrice di lavoro, lo stato di malattia del dipendente non risultava né genuino né veritiero, in quanto il lavoratore, nonostante la diagnosi di lombosciatalgia, veniva visto alla guida della sua autovettura, in perfette condizioni fisiche e senza alcuna sofferenza apparente.
La società giustificava il licenziamento sulla base di asseriti indizi gravi e concordanti in grado di ritenere la condotta tenuta dal lavoratore artatamente posta in essere per assistere alla partita di calcio. Il lavoratore, in altri termini, avrebbe ottenuto un certificato medico per attestare una lombosciatalgia in realtà non sussistente al solo scopo di non recarsi al lavoro e poter così assistere al summenzionato evento sportivo.
Indizio univoco e concordante circa la non genuinità della certificazione medica, secondo la società datrice di lavoro, consisteva nell'aver acquistato il biglietto di ingresso allo stadio in epoca antecedente alla malattia stessa ma successiva al momento in cui il lavoratore prendeva contezza dei turni lavorativi.
Il lavoratore impugnava il licenziamento intimatogli ed otteneva ordinanza di accertamento dell'illegittimità dello stesso, nonché di condanna della società alla reintegrazione nel posto di lavoro con il riconoscimento di un'indennità corrispondente a cinque mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto percepita.
Con ricorso si opponeva alla predetta ordinanza la società datrice di lavoro.

Il diritto

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Con la sentenza in commento, il Giudice del lavoro di Arezzo ha respinto l'opposizione, giudicando il ricorso in opposizione infondato, ed ha confermato l'ordinanza impugnata.
Il Giudice si è soffermato sulla congruità della sanzione, verificando se il comportamento oggetto di addebito possa ritenersi talmente grave da giustificare la sanzione espulsiva
Giova ricordare che, in tema di licenziamento, in virtù della natura fiduciaria del rapporto di lavoro, risultano idonei a far venir meno la fiducia tra le parti – e dunque a costituire giusta causa di recesso - anche fatti estranei alle obbligazioni contrattuali.
Secondo giurisprudenza consolidata, infatti, il lavoratore deve osservare comportamenti corretti e rispettosi anche al di fuori dell'ambito lavorativo ed eventuali condotte illecite connotate da caratteri di gravità possono anche determinare l'irrogazione della sanzione espulsiva, seppur attuate al di fuori del contesto lavorativo (Trib. Roma, Sez. Lav., n. 266/2023).
In altri termini, la fiducia, che condiziona la permanenza del rapporto di lavoro, può venir meno non solo in conseguenza di specifici inadempimenti contrattuali, ma anche in ragione di condotte extra lavorative talmente gravi da ledere irrimediabilmente il vincolo fiduciario (Cfr. Cass. n. 24023/2016 e Cass. n. 17166/2016).
Nel caso di specie, l'indizio grave e concordante alla base del licenziamento viene giudicato dal Tribunale di Arezzo inidoneo a dimostrare la fondatezza delle asserzioni della società datrice di lavoro ed elemento suscettibile di diverse interpretazioni. Il Giudice sottolinea la totale ininfluenza della data di acquisto dei biglietti della partita.
La partita, difatti, era originariamente fissata per un giorno differente rispetto a quello in cui si sarebbe poi concretamente svolta, ovvero in un giorno in cui il dipendente sapeva di non dover recarsi a lavoro.

La lente dell'autore

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Recarsi ad un evento sportivo durante lo stato di malattia può pregiudicare il rapporto fiduciario intercorrente tra lavoratore e datore di lavoro? Questo è l'interrogativo centrale a cui offre risposta la decisione in commento.

La giurisprudenza di legittimità è unanime nel ritenere che in tema di licenziamento per giusta causa è sempre necessario operare una valutazione di proporzionalità sul comportamento tenuto dal dipendente. Ovvero occorre sempre verificare in concreto se la condotta tenuta dal lavoratore, per la sua gravità, sia suscettibile di minare la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la prosecuzione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali (Cass. n. 28927/2019).
La Cassazione, in precedenti decisioni sul tema, ha ritenuto illegittimo il licenziamento di un lavoratore assente per malattia ma in grado di svolgere un'attività lavorativa “domestica”, in quanto il licenziamento può considerarsi legittimo solo dove sia ravvisabile una grave violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà (Cfr. Cass. Lav., n. 27333/2017 e Cass. Lav., n. 21667/2017).
Nella sentenza in commento il Giudice non ha reputato la condotta del lavoratore alla stregua di un grave inadempimento tale da giustificare l'adozione di una sanzione espulsiva, in quanto «il fatto di recarsi ad una partita non necessariamente implica l'aggravarsi della malattia lamentata dal lavoratore».
Non sussiste, ad avviso del Giudicante, un obbligo di riposo assoluto in pendenza di malattia ove non oggetto di espressa prescrizione medica. Il lavoratore, infatti, si era recato allo stadio «in orario in cui egli era non reperibile per la visita fiscale, così pienamente esplicando il proprio diritto di libera circolazione assicurato a ogni cittadino che non sia destinato di provvedimenti restrittivi promanati dall'autorità giudiziaria».
L'assistere ad una partita, evidenzia il Giudice del lavoro di Arezzo, non aggrava lo stato di malattia poiché non richiede particolari sforzi, estendendosi per un arco temporale decisamente più breve rispetto all'intera giornata lavorativa, a differenza dell'attività di affilatore che richiede il maneggio di pesanti carichi.