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7 marzo 2024
Persone, famiglie e minori
Sulla carta di identità del minore “padre” e “madre” devono lasciare spazio a “genitori”
Il Decreto Salvini del gennaio 2019 aveva mandato in soffitta, nelle carte di identità dei minori, l'indicazione “genitori” prevedendo che l'indicazione da inserire nelle carte di identità dei minori fosse quella di “padre” e “madre”.
di Avv. Fabio Valerini
Il caso

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Le questioni che erano state poste alla Corte di Appello di Roma (e che sono state decise con due sentenze del 24 gennaio 2024) hanno avuto riguardo alla questione dell'indicazione “padre” e “madre” in luogo di quella di “genitore” (dizione che nella vulgata era diventata “genitore 1” e “genitore 2”) voluta dal Ministero dell'Interno che, all'epoca del decreto ministeriale del 2019, era Matteo Salvini.
In entrambi i casi, due donne avevano chiesto di essere indicate come “madre” e “madre” sulla carta di identità dei minori.
A queste richieste, il Comune aveva risposto con una nota nella quale aveva rifiutato l'indicazione sulla carta di identità come richiesto. E ciò sulla base del decreto ministeriale 31 gennaio 2019 a firma Matteo Salvini di modifica del decreto 23 dicembre 2015, recante le modalità tecniche di emissione della carta d'identità elettronica.
L'articolo unico di quel Decreto aveva, infatti, sostituito all'indicazione “genitore” (o chi ne fa le veci) quella di “padre” e “madre” del minore, richiedendo altresì che la domanda di rilascio della carta di identità del minore valida per l'espatrio dovesse essere presentata congiuntamente dal padre e dalla madre (o dai tutori).
Nella versione inglese del documento, “parents” doveva essere, quindi, sostituito con “father and mother's”.

In primo grado, in entrambi i procedimenti, il Tribunale di Roma aveva riconosciuto la fondatezza delle domande proposte.

Il diritto

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Quel decreto ministeriale del 2019, che molto aveva fatto discutere specialmente su sollecitazione e protesta delle famiglie arcobaleno per la mancata considerazione delle “relazioni genitoriali esistenti”, era stato anche oggetto di un ricorso al TAR Lazio.
In quella sede era stato invocato il diritto al rispetto della propria identità sotto il profilo della corretta qualificazione delle relazioni familiari, il diritto a non subire interferenze nelle proprie relazioni familiari, il diritto dei minori a non essere scriminati in relazione all’orientamento sessuale dei genitori nell’esercizio della libertà di circolazione, il diritto al lecito e corretto trattamento dei dati personali, il principio di tutela del prevalente interesse del minore e il principio di buon andamento ove «viene predisposto un assetto organizzativo tale da fornire informazioni sistematicamente non corrispondenti al vero, ponendo gli ufficiali di stato civile in condizione di non rispettare il principio di verità e gli ordini dell’autorità giudiziaria con particolare riguardo agli ordini del giudice civile che ha riconosciuto i rapporti familiari in questione ed ordinato agli ufficiali di stato civile l’attività conseguente».
Il TAR Lazio, con sentenza n. 212 del 9 gennaio 2020, aveva, però, declinato la propria giurisdizione, trattandosi di situazioni giuridiche di diritto soggettivo e non già di interesse legittimo.

Ebbene, avverso le due sentenze il Ministero dell’Interno aveva proposto appello.

La lente dell'autore

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Mentre in un caso la Corte di Appello ha dichiarato inammissibile l'impugnazione del Ministero per tardività (e, quindi, non è entrata nel merito), nell'altro caso la Corte di Appello di Roma ha avuto modo di affrontare nel merito la delicata problematica dell'indicazione che compare sulla carta di identità elettronica circa i genitori del minore.

Secondo il modello predisposto dal Ministero dell'Interno le uniche indicazioni possibili possono essere quelle di “padre” e “madre”.
Per la Corte di Appello, invece, questo modello non può essere seguito come pure l'assunto dal quale muove.
Ed infatti, a voler seguire la tesi del Ministero dell'Interno si arriverebbe a negare al minore il diritto di ottenere una carta di identità valida per l'espatrio «sol perché figlio naturale di un genitore naturale e di uno adottivo dello stesso sesso».
E ciò dimostra secondo i Giudici che l'effetto sarebbe irragionevolee discriminatoriocon la conseguenza che la tesi del Ministero non può trovare ingresso in quanto contrastante con i principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 30, comma 2 Cost..
Del resto, l'esistenza nel nostro ordinamento di istituti come l'adozione in casi speciali (che può dar luogo alla presenza di due genitori dello stesso sesso (l'uno naturale, l'altro adottivo) dimostra – secondo la motivazione della Corte di Appello – che «le diciture previste dai modelli ministeriali (padre/madre) non sono rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e della conseguente filiazione imposte dai modelli ministeriali».

La Corte di Appello ha, invece accolto, parzialmente l'appello incidentale «nella parte in cui [il provvedimento impugnato] impone le modalità con le quali debba essere assicurato il diritto del minore ad ottenere la carta di identità elettronica ed in particolare la dicitura “padre/genitore madre/genitore».
Ed infatti, il Tribunale nell'accogliere la domanda aveva così statuito «accoglie la domanda attrice e, per l'effetto, previa disapplicazione per illegittimità del decreto ministeriale del 31/01/2019 ordine al Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., di indicare sulla carta d'identità elettronica del minore …. “genitore” o in alternativa “padre/genitore madre/genitore in corrispondenza dei nomi».