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8 marzo 2024
Persone, famiglie e minori
È inammissibile il ricorso contro l’atto di nascita che contiene indicazione di due genitori dello stesso sesso
Il 1° febbraio 2024, il Tribunale di Padova ha dichiarato con decreto l'inammissibilità del ricorso promosso dal PM nei confronti del Comune di Padova, del Ministero dell'Interno e dei genitori del minore, relativamente alla trascrizione dell'atto di nascita di quest'ultimo con l'indicazione di due genitori dello stesso sesso.
di Dott.ssa Veronica Riggi
Il caso

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La parte ricorrente, ovvero il PM presso il Tribunale di Padova, ricorreva avverso l'atto di nascita trascritto nei registri dello Stato Civile dello stesso Comune, richiamando e riportando normativa e giurisprudenza e chiedendo la rettifica dello stesso atto con la conseguente cancellazione del nome della madre non biologica e del suo cognome.
Alla base della richiesta del PM vi era l'art. 449 c.c. (Registri dello Stato Civile e tenuta in conformità delle norme di legge), l'art. 30 del DPR n. 398/2000 (diritto della sola madre biologica ad essere menzionata nell'atto di nascita con il padre di sesso diverso) e la L. n. 40/2004 (sulla PMA che richiede la diversità di sesso tra i genitori richiedenti).
Il Comune di Padova si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato, premettendo che la coppia di genitori aveva fatto ricorso alla PMA all'estero e che aveva manifestato la volontà di far figurare entrambe come genitori del bambino nell'atto di nascita, ed eccepiva poi l'inammissibilità della domanda del PM poiché il ricorso dello stesso non chiedeva una correzione di un errore al momento della formazione dell'atto di nascita, ma la totale rimozione dello status di genitore; in subordine, poi, qualora fosse stata rigettata la domanda, il Comune chiedeva il mantenimento del cognome del genitore intenzionale in quanto segno distintivo dell'identità personale del minore. Aderendo alle richieste del PM relativamente alla conformità degli atti dello Stato civile alla legge, se ne rilevava l'illegittimità, dacché nel nostro ordinamento vero è che non è permessa l'iscrizione di un atto di nascita che riporta genitori dello stesso sesso, ma è anche vero che ciò non è stato dichiarato incostituzionale poiché è a discrezione del Legislatore.
Si costituiva anche il minore, in persona dei propri genitori in quanto esercenti la responsabilità genitoriale, chiedendo il ricorso in Cassazione relativamente all'ammissibilità dell'azione ex art. 95 del DPR n. 396/2000, l'inammissibilità del procedimento, il rigetto del ricorso del PM e sollevando alcune questioni di legittimità costituzionale relativamente alla violazione di norme contenute nella Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, di norme contenute nella Convenzione europea sui diritti del fanciullo e di norme della CEDU (laddove non consentono al bimbo nato da una coppia di donne l'attribuzione dello status di figlio sia della madre biologica che della madre intenzionale o laddove impongano la cancellazione di atti di riconoscimento compiuti da quest'ultima e che hanno, anche per durata, generato l'identità del minore).

Il diritto

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Il Tribunale ha ravvisato una configurabilità delle ragioni, in logica del rapporto interorganico tra Sindaco (quale ufficiale di Governo) e Ministero dell'Interno, rilevando comunque anche un interesse autonomo del Ministero dell'Interno relativamente alla vigilanza sugli uffici finalizzati all'uniformità dell'indirizzo.
Con riguardo alla questione del procedimento di formazione dell'atto di riconoscimento, la Corte si è uniformata ad una pronuncia del Tribunale di Milano su un caso analogo, rilevando come un eventuale vizio della dichiarazione di nascita debba essere fatto valere mediante lo strumento previsto dalla legge ovvero mediante impugnazione del riconoscimento ex art. 263 c.c., distinguendo anche ipotesi di inammissibilità e di illiceità della dichiarazione di riconoscimento del figlio. Infatti, il Tribunale sottolinea come l'inammissibilità deriva da un contrasto tra riconoscimento ed un precedente status; mentre l'illiceità si ha per difetto di veridicità. La differenza sostanziale tra le due sta nelle conseguenze: nel primo caso, l'eliminazione dell'atto può avvenire con un procedimento di rettificazione, nel secondo caso è necessaria, come detto, l'impugnazione ex art. 263 c.c..
Quanto al ricorso di cui all'art. 95 DPR n. 396/2000, esso è volto a garantire la corretta tenuta dei registri dello Stato Civile e l'atto, oltre che con il suddetto articolo, può essere modificato con un procedimento amministrativo da parte dell'ufficiale dello Stato Civile con annotazione a margine dell'atto ma solo per “errori materiali di scrittura”, non essendo utilizzato per i procedimenti di rettificazione dell'atto.
La Corte ha dunque concluso che non basta un “semplice” ricorso ex art. 95 DPR n. 396/2000 a tal fine, poiché esso è diretto ad eliminare una difformità e dunque a rettificare una situazione, invece qui occorre fare ricorso alle relative azioni di status, ritenendo altresì che l'ufficiale dello Stato Civile abbia, in questo caso, ritenuto di poter ricevere la dichiarazione di nascita senza stimare alcun contrasto con la normativa.

L'inammissibilità del ricorso ha anche riguardato l'accertamento incidentale sullo status della persona. Il PM infatti non può promuovere un'impugnazione del riconoscimento dello status di figlio, potendo egli solo formulare una istanza al giudice per la nomina di un curatore in favore del minore. L'iniziativa spetta infatti, ai soli soggetti privati e che abbiano un interesse individuale, di carattere morale o patrimoniale.

Il Collegio, poi, ha concluso affermando che dal momento che le contestazioni dello status di figlio sono azioni tipizzate, qualora si debba accertare il vero legame di filiazione, è necessario esperire un'azione di veridicità dell'atto di nascita poiché esso è formato dalle dichiarazioni dei genitori e dunque, un'azione di stato. È qui esclusa di conseguenza l'azione del PM, non legittimato perché anche se “nell'interesse del minore” ,  questo deve passare dal vaglio del Tribunale.

La lente dell'autore

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La decisione del Collegio di Padova ha tenuto in rilievo le garanzie del minore, sia sostanziali che processuali. Infatti, per poter contestare l'iscrizione dell'atto di nascita nei registri dello Stato Civile, il PM avrebbe dovuto esperire un'azione di stato e non un'azione di rettifica dello status di figlio. Azione di stato che, però, sarebbe dovuta passare dal vaglio del Tribunale che ne avrebbe accertato “l'interesse del minore”.

Dal punto di vista sostanziale, la registrazione dell'evento nascita costituisce un diritto della persona riconosciuto dal nostro ordinamento e fino a quando non esiste l'atto di nascita ovvero non viene registrato, non esistono per la persona i diritti civili che la collegano con l'ordinamento giuridico, come il diritto al nome o il diritto all'identità personale.

Anche la Corte di Cassazione ha chiarito in alcune sue pronunce che il bambino nato da genitori di sesso diverso ha gli stessi diritti del bambino nato in "condizioni diverse" ovvero da genitori dello stesso sesso. Ad esso deve essere attribuito lo status di figlio per il partener della madre che ha condiviso con il genitore genetico il disegno procreativo e che ha concorso a prendersi cura del bambino sin dal momento della nascita, perché da ciò deriva l'identità del minore ed è nel suo miglior interesse.

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