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Si suole dire che “pecunia non olet”. Talvolta, però, l'odore dei soldi (e la conoscenza della sua provenienza) potrebbero portare a configurare fattispecie di reato anche in capo all'avvocato che riceve il pagamento della sua parcella da un cliente che utilizza soldi di provenienza illecita. |
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Vediamo innanzitutto la prospettazione del Pubblico Ministero nella richiesta di misura interdittiva nei confronti degli avvocati. |
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Quali sono state le ragioni per le quali il Giudice per le indagini preliminari ha rigettato la richiesta di misure cautelari interdittive nei confronti degli avvocati dell'indagato?
A tal proposito, il GIP ricorda come per la giurisprudenza della Corte costituzionale tedesca il reato a carico del professionista è possibile soltanto quando questo abbia piena ed attuale consapevolezza dell'origine delittuosa del denaro, lasciando fuori dall'area della rilevanza penale situazioni di mero sospetto. La prima conclusione alla quale giunge il GIP è che un avvocato difensore penale potrà essere punibile solo se ha acquisito, al momento dell'accettazione, la certezza che il denaro proviene da reato, senza che si possano imporre a questi obblighi di indagine sulle fonti di reddito (legali o illegali) del cliente restando escluso qualsiasi spazio per il dolo eventuale. Venendo all'accertamento del dolo, il GIP ha escluso che dagli atti depositati dalla Procura potesse emergere un rapporto anomalo tra i due difensori e il loro assistito, condotte di favoreggiamento dei difensori o qualcosa che, sotto il profilo penale o anche solo deontologico, possa far ipotizzare una cointeressenza patologica. Del resto, la natura dell'accusa nei confronti dell'assistito è un dato neutro per il difensore, non solo in ossequio alla presunzione costituzionale di non colpevolezza ma anche in relazione all'esigenza di non paralizzare, in una logica prettamente circolare, l'attività difensiva (peraltro per il GIP la conoscenza pregressa dell'assistito riguardava reati diversi da quelli poi oggetto di incolpazione). Per il GIP l'unico dato equivoco sarebbe il mezzo del pagamento utilizzato e cioè il contante. Tuttavia, anche qui potrebbe esserci una lettura alternativa: il ricorso al contante potrebbe trovare spiegazione in ciò, che l'assistito potrebbe sostenersi tramite somme provenienti da soggetti ancora residenti in patria, i quali invierebbero le somme necessarie in contanti. Inoltre, la possibilità che l'avvocato possa aver preferito il contante al bonifico per ragioni fiscali sarebbe per il GIP una spiegazione seppur non encomiabile del contante. Alla luce di questa ricostruzione il GIP ha escluso in capo agli avvocati, a titolo di gravità indiziaria, il dolo di ricettazione, con la conseguente impossibilità di dare seguito alla richiesta misura interdittiva. Così il GIP del Tribunale di Milano, ordinanza cautelare del 3 maggio 2024. |