Per il CNF, il professionista ha violato il dovere e l'obbligo di formazione continua. Tuttavia, ridetermina la sanzione irrogatagli dal CDD da sospensione a censura.
La vicenda trae origine da una segnalazione del COA di Bologna, con cui era stato comunicato al CDD competente il mancato assolvimento dell'obbligo di formazione continua nel triennio 2011-2013 da parte del ricorrente.
All'esito della attività istruttoria, il CDD riteneva l'avvocato responsabile della violazione degli artt. 15 C.d.f. e 11 L. n. 247/2012 per non aver conseguito alcun credito nel triennio, venendo meno in tal modo all'obbligo e al dovere di formazione continua e di aggiornamento professionale e di certificare il percorso formativo seguito. Ne conseguiva l'irrogazione della sanzione di sospensione dall'esercizio della professione forense per due mesi.
L'avvocato propone ricorso dinanzi al CNF, lamentando l'illegittimità della sanzione irrogatagli, avendo il CDD «confuso l'obbligo di aggiornamento professionale con l'obbligo di frequentazione dei corsi di formazione e aggiornamento ed omesso di considerare la conoscenza reale del diritto da parte dell'incolpato». Nella stessa sede, lamenta l'eccessività e la sproporzione della sanzione irrogatagli, essendo, «allo stato, privo di sanzioni disciplinari».
Nelle sue argomentazioni, il CNF ricorda in via preliminare che «il dovere di competenza di cui all'art. 14 del Codice Deontologico Forense (art. 12 Codice Previgente) – che costituisce il presupposto dell'obbligo di aggiornamento professionale previsto dall'art. 15 del Codice Deontologico Forense (art. 13 Codice Previgente) – ha la finalità di garantire la parte assistita che l'accettazione dell'incarico da parte dell'avvocato implicitamente racchiuda il possesso di quella preparazione professionale acquisita, appunto, con la regolare frequenza delle attività di aggiornamento». Alla luce di tale osservazione, il CNF ritiene che le censure mosse dal professionista non appaiono condivisibili e la decisione impugnata risulta corretta non risultando neppure contestata la mancata acquisizione dei crediti formativi. Secondo il Giudice, il ricorrente si era infatti limitato a dedurre l'autoreferenziale richiamo alla propria reale competenza, «dimenticando, tuttavia, di considerare che l'acquisizione dei crediti professionali è proprio il sistema attraverso il quale provare l'aggiornamento professionale richiesto dal Codice Deontologico».
Per quanto attiene il trattamento sanzionatorio, il CNF dà ragione al ricorrente. La sanzione prevista in caso di omesso conseguimento dei crediti formativi va individuata e determinata, ricorda il Consiglio, «sulla base dei criteri di cui agli articoli 21 e 22, tenendo conto della complessiva valutazione dei fatti (art. 21 cdf), avuto riguardo alla gravità dei comportamenti contestati, al grado della colpa o all'eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell'incolpato precedente e successivo al fatto, alle circostanze – soggettive e oggettive – nel cui contesto è avvenuta la violazione».
Nel caso in esame, nonostante la condotta del ricorrente risulta aggravata dal fatto che per l'intero triennio, lo stesso non ha conseguito alcun credito formativo, «in armonia con la costante giurisprudenza di questo Consiglio in casi analoghi, si ritiene congruo applicare la sanzione disciplinare della censura, in luogo della sospensione dall'esercizio delle attività professionale per la durata di mesi 2 irrogata dal COA territoriale, che appare obiettivamente eccessiva».
Con la sentenza n. 197 del 5 novembre 2021, il Consiglio Nazionale Forense accoglie parzialmente il ricorso e ridetermina la sanzione nellacensura.